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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    25/02/2020    0 recensioni
[Mairimashita, Iruma-kun!]
I genitori di Iruma-kun contattano Sullivan perchè vogliono indietro il figlio.
Ma il Direttore della Babylis è un osso duro.
Durissimo.
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nickname: SHUN DI ANDROMEDA/Charlie

Fandom: Mairimashita, Iruma-kun!

Rating: Verde

Personaggi/Pairing: Opera, Sullivan, Iruma-kun

Tipologia: One-shot

Genere: Fluff, hurt/comfort, sentimentale

Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono.

Note: Dedicata a G. I personaggi non mi appartengono.

HARD LESSON LEARNT

"Che piacere, che piacere rivedervi!"

La voce squillante di Sullivan risuonò con un riverbero metallico nello spazio oscuro e striato di rosso che circondava sia lui che i due individui raggomitolati a terra davanti al demone, in piedi ed elegante, ben piantato e senza un bottone fuori posto.

Loro, al contrario, erano in condizioni piuttosto pietose, laddove la donna aveva i capelli sporchi e tagliati corti alla bell'e meglio e il suo compagno sembrava aver bisogno di una doccia e di una sbarbata, a giudicare dalla puzza penetrante proveniente dai suoi vestiti lisi e dalla sua barba lucida.

Avevano entrambi un'aria esausta e sperduta.

Ciononostante, fu la donna la prima ad alzarsi in piedi e lo fece con fare altezzoso; dopo essersi scrollata i vestiti, lei guardò prima il marito e poi il demone, quest'ultimo con espressione a metà tra il furente e l'irritazione di dover collaborare con quella che - glielo si leggeva negli occhi - reputava una specie inferiore.

"Siamo venuti a riprenderci Suzuki-kun." disse lei mentre alzava una mano: “Dov’è?”

“Suzuki-kun?” disse con voce tranquilla Sullivan: “Non conosco nessun Suzuki-kun.” aggiunse con un inchino profondo, “Qui ci siamo soltanto io, il mio maggiordomo e il mio adorabile nipotino.” Nel nominare quest’ultimo, la donna sentì la voce del demone diventare più stridula e - quasi non osava dirlo, dal momento che non ne comprendeva il motivo, - sentimentale, ma dopotutto non le importava granché, doveva ammetterlo.

Aveva un problema e doveva risolverlo.

“Suzuki-kun, nostro figlio. La polizia ci sta addosso e se non lo portiamo da loro in fretta rischiamo di finire in carcere. Te lo abbiamo affidato e ora ce lo riprendiamo.” disse lei, digrignando i denti: “Non farmi perdere tempo, daccelo, così lo portiamo alla polizia, lo facciamo vedere e lo riportia-.”

“Ah, errore.”

Sullivan la bloccò, alzando un dito: con un gesto, le tappò la bocca come se fosse stata una cerniera, e la stessa cosa fece con il marito di lei; dopodiché, la spinse indietro con un altro gesto e la fece cadere sull’uomo prima di troneggiare su di loro con l’aura magica oscura che si espandeva a macchia d’olio attorno alla sua figura alta e slanciata; con gli occhi sgranati, i due esseri umani lo videro avvicinarsi con passo pesante, ad ogni posare del piede si udiva lo stesso riverbero metallico della sua voce e la combinazione di entrambi rendeva entrambi confusi e intontiti.

Quando Sullivan fu quasi del tutto sopra di loro, e sembrava più imponente di quanto non fosse in realtà, questi si inginocchiò accanto a loro e allungò una mano adunca verso il collo della donna, i cui occhi si sgranarono per il terrore.

Ma il demone non la toccò, si fermò al mento, prendendoglielo tra le dita: “Errore, errore madornale.” sussurrò lui con tono suadente: “Voi non mi avete affidato Suzuki-kun, voi l’avete venduto, e avete ricevuto in cambio ricchezze inimmaginabili per dei comuni mortali… No, non interrompermi, cara.” flautò, vedendola cercare di parlare, “Non è educazione. Dicevo, quando me l’avete venduto, avete fatto la vostra scelta, e io ho fatto la mia. Non ci sono rimborsi. Ora dovete risolvere il vostro problema da soli. E comunque, Suzuki-kun non c’è più.”

Gli sguardi dei due umani diventarono attoniti: la donna si agitò e cercò di parlare, ma la bocca era ancora sigillata dalla magia di Sullivan, così come quella del marito alle sue spalle.

“Non lo sapete? Quando vendete l’anima a un demone, quest’anima viene divorata per alimentare la magia e la forza vitale del demone. E Suzuki-kun è ormai parte di me.” sogghignò Sullivan, mostrando i denti bianchissimi e appuntiti, “Credo che il vostro problema sia irrisolvibile.”

Il viso della donna si trasfigurò in un’espressione di rabbia e disgusto, cercò di parlare ma non riuscì a emettere alcun suono.

Il suo cuore però era perfettamente leggibile dall’anziano demone.

“Un mostro? Io? Mia cara, qui gli unici mostri che vedo sono davanti a me.” sorrise mellifluo: “Suzuki-kun era un ragazzino, che doveva soltanto andare a scuola, divertirsi con gli amici e avere una famiglia amorevole. Ma non ha avuto nulla di tutto questo. L’avete venduto dopo averlo ridotto praticamente uno schiavo per farvi mantenere. Qui non c’è alcun mostro, se non voi. È ora il momento di affrontare le conseguenze della vostra scelta.”

Con un movimento rapido del polso, Sullivan li fece sparire e, al posto della nube oscura velata di rosso, apparve la linea sinuosa dei mobili del suo studio privato a palazzo.

In quel momento, senza neppure bussare, entrò Opera: “Signore, Iruma-sama si è svegliato e chiede di lei, ha ancora la febbre un po’ alta.”, il demone con le orecchie rosse le mosse appena in segno di fastidio, “Se lo permette, vado a preparargli del Tè Infernale per la gola.”

Senza neppure rispondergli, Sullivan lo superò e sparì nel corridoio buio, i suoi passi di corsa erano diretti verso la stanza del piccolo umano ammalato, che raggiunse in pochi secondi: esattamente come aveva fatto il maggiordomo con lui, non si disturbò a bussare ma aprì la porta con una leggera spinta, che si mosse con un cigolio, e mise la testa all’interno della stanza illuminata da un abat-jour sul comodino.

Disteso sotto il baldacchino e avvolto in tre coperte, Sullivan vide il corpo minuto del nipote adottivo, dal viso rosso e dal respiro affannoso; forse percependone la presenza, il ragazzino aprì gli occhi e, vedendolo, gli sorrise: “Nonno…” mormorò Iruma mentre estraeva da sotto la coperta una mano pallida, “Forse non dovevo permettere a Clara di gettarmi nel lago di ghiaccio…” disse lui con tono scherzoso, prima di tossire.

Sullivan gli scostò i capelli sudati dalla fronte e gliela accarezzò: “Non è niente, Iruma-kun, è solo un po’ di raffreddore. Opera sta portando un po’ di tè, poi potrai tornare a dormire.”

Accoccolandosi maggiormente sotto le coperte, il ragazzino annuì e chiuse gli occhi: “Mi è sembrato di sentire delle voci familiari, nonno… Sono passati Az-kun e Clara?”

“Era solo un sogno, Iruma-kun… Dormi. Domani starai meglio e Opera preparerà una bella zuppa calda.”

Mormorando una ninnananna infernale, Sullivan accarezzò la fronte di Iruma che, a poco a poco, scivolò di nuovo in un sonno forse un po’ agitato per la febbre ma sicuramente protetto: sapeva che non gli sarebbe accaduto nulla finché ci fosse stato l’anziano demone al suo fianco.

“Ti voglio bene… Nonno."

   
 
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