Nickname:
SHUN DI ANDROMEDA/Charlie
Fandom:
Mairimashita,
Iruma-kun!
Rating:
Verde
Personaggi/Pairing:
Opera, Sullivan, Iruma-kun
Tipologia:
One-shot
Genere: Fluff, hurt/comfort, sentimentale
Disclaimer:
Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama
ufficiale da cui ho
elaborato la seguente storia, non mi appartengono.
Note:
Dedicata a G.
I personaggi non mi appartengono.
HARD LESSON LEARNT
"Che
piacere, che piacere rivedervi!"
La
voce squillante di Sullivan risuonò con un
riverbero metallico nello spazio oscuro e striato di rosso che
circondava sia
lui che i due individui raggomitolati a terra davanti al demone, in
piedi ed
elegante, ben piantato e senza un bottone fuori posto.
Loro,
al contrario, erano in condizioni piuttosto
pietose, laddove la donna aveva i capelli sporchi e tagliati corti alla
bell'e
meglio e il suo compagno sembrava aver bisogno di una doccia e di una
sbarbata,
a giudicare dalla puzza penetrante proveniente dai suoi vestiti lisi e
dalla
sua barba lucida.
Avevano
entrambi un'aria esausta e sperduta.
Ciononostante,
fu la donna la prima ad alzarsi in
piedi e lo fece con fare altezzoso; dopo essersi scrollata i vestiti,
lei
guardò prima il marito e poi il demone, quest'ultimo con
espressione a metà tra
il furente e l'irritazione di dover collaborare con quella che - glielo
si
leggeva negli occhi - reputava una specie inferiore.
"Siamo
venuti a riprenderci Suzuki-kun."
disse lei mentre alzava una mano:
“Dov’è?”
“Suzuki-kun?”
disse con voce tranquilla Sullivan:
“Non conosco nessun Suzuki-kun.” aggiunse con un
inchino profondo, “Qui ci
siamo soltanto io, il mio maggiordomo e il mio adorabile
nipotino.” Nel
nominare quest’ultimo, la donna sentì la voce del
demone diventare più stridula
e - quasi non osava dirlo, dal momento che non ne comprendeva il
motivo, -
sentimentale, ma dopotutto non le importava granché, doveva
ammetterlo.
Aveva
un problema e doveva risolverlo.
“Suzuki-kun,
nostro figlio. La polizia ci sta
addosso e se non lo portiamo da loro in fretta rischiamo di finire in
carcere.
Te lo abbiamo affidato e ora ce lo riprendiamo.” disse lei,
digrignando i
denti: “Non farmi perdere tempo, daccelo, così lo
portiamo alla polizia, lo
facciamo vedere e lo riportia-.”
“Ah,
errore.”
Sullivan
la bloccò, alzando un dito: con un gesto,
le tappò la bocca come se fosse stata una cerniera, e la
stessa cosa fece con
il marito di lei; dopodiché, la spinse indietro con un altro
gesto e la fece
cadere sull’uomo prima di troneggiare su di loro con
l’aura magica oscura che
si espandeva a macchia d’olio attorno alla sua figura alta e
slanciata; con gli
occhi sgranati, i due esseri umani lo videro avvicinarsi con passo
pesante, ad
ogni posare del piede si udiva lo stesso riverbero metallico della sua
voce e
la combinazione di entrambi rendeva entrambi confusi e intontiti.
Quando
Sullivan fu quasi del tutto sopra di loro, e
sembrava più imponente di quanto non fosse in
realtà, questi si inginocchiò
accanto a loro e allungò una mano adunca verso il collo
della donna, i cui
occhi si sgranarono per il terrore.
Ma
il demone non la toccò, si fermò al mento,
prendendoglielo tra le dita: “Errore, errore
madornale.” sussurrò lui con tono
suadente: “Voi non mi avete affidato Suzuki-kun, voi
l’avete venduto, e avete
ricevuto in cambio ricchezze inimmaginabili per dei comuni
mortali… No, non
interrompermi, cara.” flautò, vedendola cercare di
parlare, “Non è educazione.
Dicevo, quando me l’avete venduto, avete fatto la vostra
scelta, e io ho fatto
la mia. Non ci sono rimborsi. Ora dovete risolvere il vostro problema
da soli.
E comunque, Suzuki-kun non c’è
più.”
Gli
sguardi dei due umani diventarono attoniti: la
donna si agitò e cercò di parlare, ma la bocca
era ancora sigillata dalla magia
di Sullivan, così come quella del marito alle sue spalle.
“Non
lo sapete? Quando vendete l’anima a un demone,
quest’anima viene divorata per alimentare la magia e la forza
vitale del
demone. E Suzuki-kun è ormai parte di me.”
sogghignò Sullivan, mostrando i
denti bianchissimi e appuntiti, “Credo che il vostro problema
sia
irrisolvibile.”
Il
viso della donna si trasfigurò in un’espressione
di rabbia e disgusto, cercò di parlare ma non
riuscì a emettere alcun suono.
Il
suo cuore però era perfettamente leggibile
dall’anziano demone.
“Un
mostro? Io? Mia cara, qui gli unici mostri che
vedo sono davanti a me.” sorrise mellifluo:
“Suzuki-kun era un ragazzino, che
doveva soltanto andare a scuola, divertirsi con gli amici e avere una
famiglia
amorevole. Ma non ha avuto nulla di tutto questo. L’avete
venduto dopo averlo
ridotto praticamente uno schiavo per farvi mantenere. Qui non
c’è alcun mostro,
se non voi. È ora il momento di affrontare le conseguenze
della vostra scelta.”
Con
un movimento rapido del polso, Sullivan li fece
sparire e, al posto della nube oscura velata di rosso, apparve la linea
sinuosa
dei mobili del suo studio privato a palazzo.
In
quel momento, senza neppure bussare, entrò Opera:
“Signore, Iruma-sama si è svegliato e chiede di
lei, ha ancora la febbre un po’
alta.”, il demone con le orecchie rosse le mosse appena in
segno di fastidio,
“Se lo permette, vado a preparargli del Tè
Infernale per la gola.”
Senza
neppure rispondergli, Sullivan lo superò e
sparì nel corridoio buio, i suoi passi di corsa erano
diretti verso la stanza
del piccolo umano ammalato, che raggiunse in pochi secondi: esattamente
come
aveva fatto il maggiordomo con lui, non si disturbò a
bussare ma aprì la porta
con una leggera spinta, che si mosse con un cigolio, e mise la testa
all’interno della stanza illuminata da un abat-jour sul
comodino.
Disteso
sotto il baldacchino e avvolto in tre
coperte, Sullivan vide il corpo minuto del nipote adottivo, dal viso
rosso e
dal respiro affannoso; forse percependone la presenza, il ragazzino
aprì gli
occhi e, vedendolo, gli sorrise:
“Nonno…” mormorò Iruma mentre
estraeva da
sotto la coperta una mano pallida, “Forse non dovevo
permettere a Clara di
gettarmi nel lago di ghiaccio…” disse lui con tono
scherzoso, prima di tossire.
Sullivan
gli scostò i capelli sudati dalla fronte e
gliela accarezzò: “Non è niente,
Iruma-kun, è solo un po’ di raffreddore. Opera
sta portando un po’ di tè, poi potrai tornare a
dormire.”
Accoccolandosi
maggiormente sotto le coperte, il
ragazzino annuì e chiuse gli occhi: “Mi
è sembrato di sentire delle voci
familiari, nonno… Sono passati Az-kun e Clara?”
“Era
solo un sogno, Iruma-kun… Dormi. Domani starai
meglio e Opera preparerà una bella zuppa calda.”
Mormorando
una ninnananna infernale, Sullivan
accarezzò la fronte di Iruma che, a poco a poco,
scivolò di nuovo in un sonno
forse un po’ agitato per la febbre ma sicuramente protetto:
sapeva che non gli
sarebbe accaduto nulla finché ci fosse stato
l’anziano demone al suo fianco.
“Ti
voglio bene… Nonno."