Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Hoshi_10000    25/02/2020    1 recensioni
Ogni scelta ha un prezzo, questo chiunque lo sa, ma quale può essere il prezzo per vivere nel segreto? Quali saranno le condizioni per continuare a vivere normalmente, quando un imprevisto entra nella tua vita? E Sinbad e Ja’far saranno pronti a pagare il prezzo delle loro decisioni?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Judal, Sinbad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La dura strada per riappacificarsi





-Judal, che ne dici di cucinare qualcosa questa sera?-
Aprì un occhio, per nulla interessato ad aprire anche il secondo: erano sì e no a metà aprile e faceva un caldo infernale, tanto che iniziava a rimpiangere Kou.
-Perché scusa il resto della settimana che ho fatto?- chiese permaloso, sistemandosi più comodamente nella vasca e raccogliendo un po’ di schiuma da lanciare addosso a Ja’far.
-Intendo per tutti. Questo litigio è durato anche troppo, è tempo che la finiate, quindi questa sera daremo una cena per chiarire la situazione, d’accordo?-
Il magi sospirò, seccato, lasciando che la schiena scivolasse contro il bordo della vasca finché non fu completamente immerso nell’acqua. Gli piaceva il tepore dell’acqua e il senso di estraneazione dal mondo che dava, senza contare i suoi lunghi capelli neri sciolti che si allargavano nell’acqua come fossero dotati di vita propria.
-Judal, rispondimi.- lo incitò Ja’far, immergendo una mano nella vasca e pizzicandogli il naso per costringerlo a riemergere.
-Va bene, per quanti?- borbottò, ancora troppo stanco per carburare a dovere.
-17.-
Annuì. Erano solo le sette e già non ne poteva più, che fortuna.
Ja’far ridacchiò divertito, ricacciandogli la testa sott’acqua.
-Devo andare al lavoro, fa il bravo con Koumei.- e se ne andò, non curandosi di chiudere la porta del bagno e anzi lasciando che Koumei entrasse liberamente e si mettesse comodo.
Non aveva fatto propriamente pace con Sinbad, ma avevano smesso di litigare: se avesse scoperto quanto “intimi” erano lui e Koumei sarebbero scorsi fiumi di sangue, ma occhio non vede e cuore non duole.
-Judal muoviti, Kikiriku ci aspetta sulla mura.-
E ti pareva, mai un attimo di pace, altro che intimità.
 


 
-Più vicine quelle mani. No, di meno. Ah, così.- Koumei non era nato per essere un’insegnante, non aveva esattamente l’energia o la voglia necessaria a seguire un ragazzo che stava appena imparando, ma ci provava.
-Vai, prova.- lo incoraggiò monocorde come al solito, e Kikiriku eseguì, concentrato ed evidentemente molto felice di avere qualcuno che gli insegnasse.
-No no no. Non ci siamo, aspetta.-
Imparare l’arte del combattimento senza un avversario, però, non era cosa semplice. Tiro con l’arco si poteva imparare da soli, ma l’arte della scherma, della lancia o della mazza si imparavano battendosi con dei maestri più forti.
Koumei sospirò. Non aveva mai amato il combattimento, e la lancia non gli era mai piaciuta, ma a quel ragazzo serviva un maestro, e lui pareva essere l’unico con abbastanza tempo libero.
Si piegò a raccogliere il secondo bastone da terra, impugnando la “lancia” ad una mano.
-Prova ad attaccarmi.- ordinò socchiudendo gli occhi infastidito dal sole -Beh? Non preoccuparti di ciò che faccio io, tu attacca.-
Kikiriku obbedì, caricando come avrebbe fatto un toro, senza saltare per non farsi riprendere nuovamente almeno su quello, ma il principe respinse l’attacco con facilità, senza fare alcun passo.
Gli fece volare la lancia, lo colpì di piatto sulle dita, spostandosi di giusto un passo lo fece cadere sulla roccia. Non c’era scontro, solo una continua umiliazione dell’allievo: il morale di Kikiriku, all’inizio alla stelle, ora era ai minimi storici. Era avvilito, teneva la testa basta e i suoi attacchi mancavano d’intensità e passione.
Non pretendeva di battere il suo maestro, ma era più grosso di lui, contava di avere almeno un pizzico di confronto.
-Non preoccuparti Kikiriku, migliorerai.- tentò d’incoraggiarlo Judal, ma Koumei non colse il tentativo e Kikiriku restò fermo in attesa, ad osservare il suo maestro battersi pigramente la lancia sulla spalla mentre guardava il cielo sopra la nebbia creata da Judal.
-Iniziamo dalla difesa. Pronto?-
Il ragazzo annuì, alzando la lancia intimidito, con scarso entusiasmo.
Poi dal nulla Koumei parve prendere vita e attaccò.
Si teneva sempre ad almeno cinquanta centimetri/un metro dall’allievo, mandando avanti la lancia, mentre Kikiriku pur in difficoltà e tutto, parava gli attacchi.
Poi cercò di saltare indietro e Koumei lo mandò a gambe all’aria.
Annuì, soddisfatto -Non saltare.- ripeté e Kikiriku annuì.
C’era margine di miglioramento, tutto stava nel dare tempo al tempo.
 
 


-Cosa mangiamo di buono questa sera?-
-Insalata di riso, tramezzini al salmone e finocchi.-
-Ti sei proprio superato oggi.- lo schernì Ja’far osservandolo tagliare i finocchi e decorare la crostata. Alle pesche ovviamente.
-Col caldo che fa di certo non accendevo il forno.- replicò senza girarsi, mentre Robin giocava in braccio a Sinbad in salotto e Ja’far si allungava sopra di lui per prendere i piatti e apparecchiare.
In qualche modo erano davvero organizzati, alle volte. Lui cucinava, Ja’far apparecchiava e Sinbad si spupazzava Robin.
-Tutto bene? Sembri stanco.-
Dopo aver assistito agli allenamenti di Kikiriku tutta la mattina, aver preparato il pranzo e la cena, aveva pur il diritto di essere stanco, no? E poi era alla 36esima settimana, che cavolo! In tre settimane si sarebbe ritrovato a tenere le cosce in aria e spingere per far uscire dal suo utero un bambino con la testa di dimensione di una noce di cocco. Ma a quello preferiva non pensare.
Sentì bussare alla porta e con suo grande sollievo Sinbad andò ad aprire, mentre Ja’far finiva di apparecchiare e lui appoggiava la torta in forno, in attesa di cuocerla alla fine della cena. Torta calda era meglio di torta fredda.
-Ciao Dracoon.-
Sentendo le parole di Sinbad Judal ghignò: in quelle due settimane era andato spesso a parlare con Saher e ormai si poteva dire che andavano d’accordo.
Non era male come persona, faceva parte anche lei dei maghi di Sindria, ma pur essendo più vecchia di Yamuraiha e dotata di una discreta esperienza si accontentava di ricevere ordini, e lavorava per lo più da casa come medico e maga a servizio del popolo.
Dracoon era una persona sensata, allo stesso modo, e con buona probabilità l’unico motivo per cui non avevano fatto pace fino a quel momento era l’imbarazzo.
Ma Judal non intendeva chiedere scusa perché non sentiva di doverlo fare, e lo stesso valeva per i generali: il vantaggio stava nel fatto che non erano costretti a farlo, bastava solo che passassero oltre.
-Cos’abbiamo qui?-
-Insalata di riso, tramezzini al salmone, finocchi e crostata alle pesche.-
-Buoni.-
Già, il cibo era un ottimo modo per lasciarsi le cose alle spalle.
 


 
Il menù era semplice, neanche lontanamente elaborato come quelli precedenti, ma i generali non commentarono, concentrandosi sulla cena e sulla compagnia.
All’inizio della cena, mentre Sinbad e Ja’far servivano in tavola per non far alzare Judal, suddetto magi si era attardato un po’ ad osservare i commensali.
Masrur pareva sonnolento come al solito, ma anche in qualche modo teso; Myron era vestita con grande eleganza e chiacchierava con Yamuraiha alla sua sinistra con tono affabile: anche lei non era in vena.
Yamuraiha pareva tremendamente a disagio, continuava ad accarezzarsi le spalle con fare nervoso, osservando Sharrkan di fronte a lei mordendosi il labbro, per poi spostare subito lo sguardo su Myron.
Lo spadaccino era allegro, discuteva con Dracoon e Saher, e al suo arrivo lo aveva salutato come se nulla fosse, battendogli una mano sulla spalla e chiedendo informazioni sull’imminente nascita con allegria. In qualche modo il suo essere stupido alle volte era utile, pareva aver scordato i dissapori.
Hinahoho, al contrario, pareva ricordarlo molto bene, e quando aveva scoperto il tranello organizzato da Ja’far aveva pure tentato di andarsene, ma i figli si erano opposti: per loro il fatto che Koumei fosse presente non rappresentava un problema, accettavano la cosa e anzi le gemelle parevano esserne felici. Per qualche strano motivo da quando lo avevano incontrato avevano subito sviluppato una grande adorazione per il principe, mentre Sasanato si dimostrava non più timido del solito e Kikiriku allegro e disponibile come al solito, anche se un pelo più impacciato, come ogni bambino di fronte al proprio maestro.
-Judal, hai scoperto il sesso del bambino alla fine?- chiese allegra Naname, saltellando sul posto e guardando Koumei quasi con devozione: più che fare una domanda a lui sembrava cercare una scusa per rivolgere la parola al principe che ufficialmente non conosceva, fortuna che Hinahoho parve non notarlo.
Scosse il capo, battendo una mano sulla coscia a Koumei e fornendo alle due ragazze il primo argomento che gli venne in mente come scusa per attaccar bottone con il principe.
-Come farete con due neonati?- chiese Sharrkan con un ghigno bastardo a decorargli il volto.
-In qualche modo faremo.- rispose Ja’far distrattamente, sedendosi e attendendo che Sinbad gli passasse la ciotola comune.
-Ah sicuro, già vi vedo con le occhiaie sotto i piedi, un bambino tenuto su con un braccio e uno con l’altro, due piccoli urlanti, uno affamato uno da cambiare. Decisamente non credo di volere figli.-
Judal scrollò le spalle -Per ora non è andata male, Robin perlopiù dorme, è quasi monotono occuparsi di lui.-
All’altro capo del tavolo Spaltos sbuffò. -Dorme, sì, come no.-
Di tutti i generali, era forse il più guardingo. Non alzava quasi gli occhi dal proprio piatto, fingendo di non notare la presenza di Koumei. Non sembrava arrabbiato, ma ascoltava con grande attenzione tutte le differenti conversazioni che si svolgevano attorno al tavolo, come nel tentativo di formarsi un giudizio.
Alzò le spalle con indifferenza: dopo la settimana in cui avevano dovuto tenerlo, Spaltos e Pisti non si erano più fatti vedere.
In effetti, Pisti nemmeno si era presentata.
Avvertì una fitta di tristezza stringergli lo stomaco: fino a poco tempo prima erano amici, andavano d’accordo, perché così d’improvviso si rifiutava di parlargli con tanta ostinazione?
Boccheggiò, piegato in due dal dolore.
-Judal, stai bene?- chiese Koumei al suo fianco, allarmato, e Judal annuì.
Era solo una fitta di mal di pancia, molto intensa forse, ma anche molto breve, di fatto in un secondo era passata, o almeno il peggio lo era, così non ci fece caso, raddrizzandosi e riprendendo a mangiare.
-Judal, sei certo che vada tutto bene?-
Domandò Sinbad allarmato, poggiandogli una mano sulla spalla mezz’ora dopo, vedendolo piegato in due per l’ennesima volta, pallido e boccheggiante.
Scosse il capo, tremando. -Credo abbia deciso di anticipare.-
Ci fu un orribile suono stridulo di sedie che strisciavano sul pavimento, e quando sollevò il capo vide tutte le persone in precedenza sedute al tavolo in piedi, che si guardavano allarmate.
Perfino coloro che sembravano serbargli ancora ancora accantonarono le ostilità, guardandolo con preoccupazione. Sinbad iperventilava più di quando non facesse lui.
-Ogni quando sono le contrazioni?- chiese Ja’far pragmatico, allungandosi sopra il tavolo, mentre Koumei gli poggiava le mani sulle spalle, anche lui talmente pallido che si sarebbe potuto credere fosse il padre.
-Più o meno cinque minuti.- rispose soffiando come tutti i libri di gravidanza consigliavano, appoggiando le mani al tavolo e cercando di alzarsi.
-Judal, siediti.-
-Che facciamo?-
-L’ospedale è dall’altro lato dell’isola, loro sapranno cosa fare.-
-Non possiamo fargli attraversare tutta la città, il bambino finirà per nascere per le strade!-
-Sì ma non può partorire in casa, non c’è assistenza qui!-
Sharrkan suggerì di far fare nuovamente a Yamuraiha da ginecologa, ma come in risposta la ragazza corse in bagno a vomitare.
Nella follia generale arrivò una nuova contrazione.
Cazzo, se non fosse stato così doloroso Judal avrebbe probabilmente riso per la sua condizione.
-Se portassimo qui un’ostetrica?-
-Sono le dieci di sera, dove la troviamo?-
-Irene e Myers abitano sopra lo studio, non lontano da qui.- suggerì Spaltos, avendo ben presente il luogo a seguito della gravidanza di Pisti.
-Vado a prenderla.-
Le tre parole più belle che Judal avesse mai sentito.
Quando staccò la fronte dal tavolo vide solo la schiena di Masrur che si dirigeva verso il terrazzo e il giovane Fanalis aprire la finestra e saltare giù dal terrazzo senza timore.
Un bravo amico si sarebbe preoccupato per la sorte del Fanalis, una persona in travaglio, come Judal, lo avrebbe implorato di fare in fretta.
 
 

 
Dieci minuti più tardi, Masrur piombò nell’appartamento come un tuono, tenendo in braccio Irene che urlava e strepitava, offesa per il modo in cui era evidentemente stata strappata al suo letto e trascinata lì contro la sua volontà.
-So volare anch’io, non c’era bisogno di saltare a questo modo sopra tutta la città! E darmi almeno il tempo per cambiarmi sarebbe stato oltremodo elegante, dannazione.-
In un altro momento avrebbe compreso, in quel momento ansimava come un bue, seduto sul divano scosso dalle contrazioni e tormentato in ogni momento dal dolore.
La maga sospirò con il volto ancora arrossato dalla rabbia, sistemandosi velocemente i capelli e avvicinandosi a Judal.
-Le contrazioni hanno un intervallo di circa cinque minuti, e sono iniziate circa un’ora fa.- la informò Ja’far e la maga annuì.
-Quanto tempo fa si sono rotte le acque?-
Judal alzò il capo. Non era abituato al dolore, non a quel tipo di dolore, per cui continuava ad ansimare con la fronte grondante sudore.
-Non lo so, non le ho sentite rompersi.-
Irene tentennò -Quando hai detto che sono iniziate le contrazioni?-
-Un’ora fa circa.-
-E gli intervalli sono sempre stati di cinque minuti?-
Annuì.
-Il dolore è aumentato progressivamente?-
Scosse il capo, spaventato: cioè sarebbe diventato peggio di così?
La maga sospirò, storcendo un labbro e poggiandogli le mani sulla pancia. Sembrava allarmata.
-Non so come dirtelo- disse tormentandosi le mani -ma sono solo false doglie. Sono piuttosto frequenti prima del parto, servono al corpo come preparazione.-
Tutto il gruppo la guardò -Vuol dire che il bambino non sta nascendo?- chiese Sinbad, e Irene annuì.
-False doglie?-
-Cioè in pratica sono una presa in giro?- di nuovo, la maga annuì.
-Ok,- disse Judal, quasi rantolando -come si fa a farle passare?-
False o meno, l’unica cosa che gli interessava era che finissero.
-Non esiste alcun modo.- disse Irene -Puoi solo attendere che passino da sole.-
E lì, Judal desiderò morire: se quello era il prezzo, dopo quel primo figlio avrebbe imparato ad andare in bianco.
 
   
 
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