Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Dihanabi    26/02/2020    0 recensioni
"Ballano su una melodia inesistente che Hoseok canticchia piano, con la voce bassa, roca e leggermente nasale. Sorride, di un sorriso vulnerabile, senza nessuna fortezza a proteggerlo e nessun nome a imprigionarlo."
|Yoonseok|
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jung Hoseok/ J-Hope, Min Yoongi/ Suga
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I PARTE


A volte cado ancora nella depressione e nell'ossessione

diavolo no, forse è semplicemente questo il vero me

Dannazione, mi sento estraniato dalla realtà

(Min Yoongi, The last)


Come si erano ritrovati in quella situazione, Min Yoongi, non lo sa.

O meglio, lo sa, ma è ancora molto confuso.

Sa che si era arrabbiato ma non ne comprende più il motivo. Sa di aver urlato e anche se ricorda poco di quello che ha detto sicuramente non lo intendeva.

Lo sguardo ferito di Hoseok, però, se lo ricorda bene. Gli si era bruciato nella mente, ma non istantaneamente, solo dopo, quando la rabbia era scemata e tutto quello che era rimasto era insoddisfazione e sensi di colpa.

Litigare con Jung -sono un sole- Hoseok era cosa più unica che rara e Yoongi davvero non riesce a ricordare un buon motivo per essere arrivato a tanto.


Stavano per partire per la tanto agognata vacanza in un’isola abbastanza isolata da dargli un po’ di pace dalla loro carriera e l’umore già non era dei migliori.

Namjoon lo aveva bloccato a notte fonda, mentre strisciava pigramente verso il suo letto e aveva pronunciato una singola parola tanto efficace da non far prendere sonno a Yoongi per almeno tre ore. “Piantala.”

Non era la parola in se, ma il tono: duro e crudo, che non ammette replica. La parola del leader, e Yoongi, per quanto possa contare sull’età per far leva su Namjoon, non aveva osato proferire sillaba. Aveva torto, torto marcio.


L’aero partiva di mattina presto, così presto che se aveva avuto un paio d’ore di sonno era stato un miracolo. La scarsità di riposo non era un problema se era stato occupato in qualcosa, come comporre musica ad esempio, ma non dormire perché ci si arrovella il cervello e ci si sente una merda era stancante come una maratona di 2 giorni senza neanche la pausa toilette.


In aeroporto Jung Hoseok era un sole come sempre, con il sorriso così brillante da illuminare pure le 5 del mattino. Un sorriso tirato, si, per non rovinare l’umore del team proprio prima della settimana libera.

Yoongi si era mosso verso di lui come un bradipo con l’ansia. Aveva posato una mano sulla sua spalla e aveva chiesto scusa, con una voce così bassa che solo Hoseok avrebbe potuto sentirlo. L’uomo gli sorrise e scrollò le spalle, come se nulla fosse successo, eppure era come se nulla fosse finito. Forse, scesi dall’aereo sarà tutto come prima, si ripeteva.

La sua azione però fu efficace a risollevare l’umore del gruppo, che avendoli visti parlare tirarono un respiro di sollievo e tornarono ad essere dei casinisti schifosamente rumorosi, con Kim Taehyung appeso a Hobi e con un Park Jimin al seguito.


Erano arrivati a Saint-Marie alle 18, in una calma sera di Marzo. La ricerca dei bagagli apparentemente scomparsi gli aveva quasi fatto perdere il tramonto sulle immense spiagge caraibiche.

Quasi, per fortuna.

Namjoon aveva indossato il suo cappello di paglia troppo grande e si era allontanato con un sorriso ebete verso quel sole iridescente.

La prima cosa che il cervello di Yoongi ha registrato è il caldo: a Saint-Marie faceva sempre caldo, anche a Marzo, quando solitamente in Corea si usa il capotto e per quanto consciamente ne fosse già stato informato, questo non impedisce al suo corpo di stupirsene.

La seconda cosa è che Jungkook si era già tolto le scarpe e correva a piedi nudi sulla spiaggia con un pazzo. I bagagli tutti abbandonati.




L’hotel dove avrebbero soggiornato era una piccola pensione in legno chiaro e con il tetto verde, a mezzo chilometro dalla spiaggia.

Sembrava irreale, a guardarlo, come se vagasse in un sogno.

Quando si svegliò la mattina la sensazione non scomparve. Il lenzuolo era fresco sulla pelle pallida, ma il sole che entrava dalla finestra era di un tepore tremendamente piacevole. Era ancora presto, ma l’alba era già passata.

Da quando era arrivato sull’isola gli era sembrato di essere in coma, come se tutto non fosse altro che uno strano sogno prodotto dalla sua mente addormentata.

Iniziò a chiedersi se il caldo non gli stesse dando alla testa, o lo sbalzo di temperatura l’avesse fatto ammalare.

Quando Taehyung lo chiamò per uscire con loro dice che li raggiungerà più tardi e che non si sente troppo bene. Seokjin lo guardò inquisitorio, a metà tra il preoccupato e l’arrabbiato, quasi pensasse fosse ancora per il suo stupido battibecco con Hoseok.

Ora, nel silenzio dell’abitazione, con sottofondo il ticchettio dell’orologio e il mare in lontananza, quel malessere sembra amplificarsi.

Si sente come se sprofondasse in un passato lontano, ai 18 anni e quando la depressione lo ha divorato.

Scuote la testa e stringe i denti. Per quanto uccida quei giorni sembra non esserci mai soluzione o via d’uscita permanente.

Felicità esagerata e farfalle nello stomaco, poi vuoto e un’ansia schiacciante.

Sembra che si alternino senza motivo, senza alcun controllo.


Chiude gli occhi e si chiede se non sia tutto finto. Se in realtà quel Min Yoongi non lo ha mai superato. Se in realtà non sia impazzito anni fa e quello non sia tutto un sogno.


Che i Bangtan non siano mai esistiti?


Il pensiero di perderli è quello che lo ferisce di più.

Inaspettatamente il suo egoismo muore, la natura umana si piega in rispetto a qualcosa di più grande.


Quando era piccolo sognava spesso di correre. All’infinito, senza una metà. Per sempre.

Quei sogni si erano trasformati in sensazioni, come se tutti i suoi sforzi non lo conducessero ad altro che un perenne vagare.

I suoi sogni sembravano condannarlo, quasi a farlo soffrire ancora di più, piuttosto che aiutarlo.

Con gli anni aveva capito che non faceva altro che fuggire da se stesso, come se ne avesse paura. Aveva capito che il sogno doloroso era tutto ciò a cui poteva aggrapparsi.







II PARTE




Sarà tutto mio

Esattamente come immaginavo

Ma non sarà per sempre.

(Jung Hoseok, Daydream)



Quando bussa alla sua porta Hoseok non sorride. Rimane nervoso, dritto sulla soglia senza aprir bocca.

La pioggia batte così forte sul legno da fa sembrare quella piccola casa la più fragile delle postazioni.

Yoongi lo fa entrare senza dire nulla. Negli ultimi giorni si erano parlati con naturalezza ma nulla di più.

Sarebbero dovuti partire quel giorno per tornare in Corea, ma il volo è stato cancellato per l’imminente Uragano che sarebbe passato vicino all’isola.

Il tempo era terribile nonostante l’Uragano fosse lontano. Il clima caldo e surreale di Saint-Marie era stato spazzato via e Yoongi ne era quasi grato.

Ma è solo quando Hoseok si aggrappa con le braccia a lui che gli sembra di respirare per la prima volta da quando è su quell’isola.


Le loro pelli sono umide e appiccicaticce ed è la prima cosa che sembra reale da quando sono lì. Il sorriso di Hoseok è incerto e lievemente spaventato dai forti rumori proveniente dall’esterno.


Yoongi ha sempre invidiato Hoseok per questo. Lui aveva fatto del suo nome la sua identità, la sua forza. Jhope si era sbarazzato delle sue debolezze e aveva reso quel sorriso una fortezza che lo proteggeva e lo imprigionava allo stesso tempo.

Hoseok, invece, era debole quanto lui. Ed era morbido, tanto morbido da piangere troppo spesso e da avere così tante paure da rendere impossibile elencarle tutte.

E tanto morbido da sapere che un sogno ti divora e che non dura mai per sempre.


È morbido. Così morbido da aggrapparsi a Yoongi come se fosse la sua ancora di salvezza in mezzo a quel temporale che era Saint-Marie e che era la sua anima, quando invece era sempre stato lui la salvezza di Yoongi, e la sua batteria quando aveva perso tutta la carica e la fiducia in se stesso.


Rimangono così per un tempo indefinibile. Aggrappati alla speranza, ad un sogno ad occhi aperti.


A Saint-Marie sembrava di aver toccato il passato. Si sentivano come bambini cresciuti troppo presto.

In Corea si sentivano come rincorressero un futuro sempre troppo avanti.

Mai nel tempo giusto, ma il momento giusto.

Non potevano toccare la realtà con mano, mai stringersi tra loro.

Hanno perso il conto delle notti spese a chiedersi se loro due avessero un futuro, se il loro legame li avrebbe condannati.


In quel temporale tutto si era fermato, per una singola volta avevano smesso di correre.

Per una singola volta erano nel presente, le dita di Hoseok che si trascinano sul braccio di Yoongi fino a posarsi sul suo collo, fino ad accarezzare la mandibola con il pollice.

In arte è impossibile fingere, e la danza è un’arte. Hoseok prende la mano di Yoongi e inizia a muoversi con tanta leggerezza da essere appena percettibile.

Lasciami fare.” gli aveva detto, prima di guidarlo in una danza improvvisata.


Ballano su una melodia inesistente che Hoseok canticchia piano, con la voce bassa, roca e leggermente nasale. Sorride, di un sorriso vulnerabile, senza nessuna fortezza a proteggerlo e nessun nome a imprigionarlo.


E Yoongi lascia che il suo corpo si affidi a lui e a quel singolo momento di piena realtà.

Respira sulle labbra di Hoseok, sperando che la pioggia non smetta di cadere.





Sto vivendo nel modo giusto?

Perché sono solo io ad essere in uno spazio temporale diverso?

non posso chiamarvi, non posso stringervi

non posso

 

Riuscirò un giorno trovare il mio tempo?

(BTS, My time)





NOTE DELL’AUTRICE:

Lo so, le mie fic Yoonseok sono tutte uguali, anche dopo tutto questo tempo. Ciò nonostante non mi pento di niente,

Anime pie giunte fin qui, mi spiace. Se vi è piaciuta lasciate un commentino e se invece siete inorriditi non mi offendo.

  
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