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Autore: Shireith    27/02/2020    3 recensioni
«Sicura di volerlo fare? Guarda che non si torna più indietro.»
[...] «Lo so meglio di te che non si torna indietro, Kudo: così come il veleno, l’antidoto l’ho progettato io.» Richiuse la scatolina di plastica che custodiva tra le mani, quella da cui aveva estratto le due dosi, e la ripose sul tavolo. «Ovviamente», proseguì, «ho calcolato anche i rischi e posso assicurarti che sono minimi: l’antidoto è sicuro.»
Questa storia partecipa alla “Infinity Prompt Challenge” indetta da HarrietStrimell sul forum di EFP.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Hiroshi Agasa, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Shiho Miyano/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Potevi anche non svenire


  Afferrò la dose di antidoto che lei gli porgeva, scrutandola con serietà da dietro le lenti. «Sicura di volerlo fare? Guarda che non si torna più indietro.»
  Ai gli scoccò un’occhiata penetrante, di quelle che, a distanza di più di un anno dalla loro prima conoscenza, ancora riuscivano a metterlo a disagio. Curioso, pensò, che fosse proprio Conan a chiederglielo – lui, che aveva sempre fatto carte false pur di riacquisire anche solo per un giorno le sue vere sembianze.
  «Lo so meglio di te che non si torna indietro, Kudo: così come il veleno, l’antidoto l’ho progettato io.» Richiuse la scatolina di plastica che custodiva tra le mani, quella da cui aveva estratto le due dosi, e la ripose sul tavolo. «Ovviamente», proseguì, «ho calcolato anche i rischi e posso assicurarti che sono minimi: l’antidoto è sicuro.»
  Conan non replicò: non era quello il punto. Conosceva Ai abbastanza da sapere quanto fosse meticolosa, specie se si trattava di salvaguardare la sua salute e quella di un suo caro amico. Quello di cui aveva dubitato, almeno all’inizio, era se Ai fosse davvero intenzionata ad assumere l’antidoto. Sembrava avesse riscoperto, grazie ad Ai Haibara, l’innocenza di un’infanzia mai vissuta, e non aveva mai mostrato particolare interesse a tornare nei panni di Shiho Miyano. Certo, si era detto Conan, se anche lui fosse stato ricercato dagli uomini dell’Organizzazione, anziché esser stato dato per morto, probabilmente sarebbe stato cauto quanto lei. Ma, Organizzazione o no, Ai non gli aveva mai dato l’impressione di rivolere indietro la sua vecchia persona.
  Ai – Shiho – ci aveva riflettuto a lungo. A che pro, aveva concluso, rimanere nel corpo di una bambina, se una bambina non lo era più? Era vero che l’identità fasulla assunta da quando viveva sotto il tetto del professor Agasa l’aveva aiutata a riscoprire una parte di sé, a riscoprire la vita ­– ma questo solo apparentemente. La mente non era quella di una bambina di sette anni, né lo sarebbe mai stata. Poteva tornare là fuori anche senza vestire un corpo che non le apparteneva, ora che l’Organizzazione non costituiva più un pericolo.
  «Be’», disse allora, scuotendo appena il capo, «io vado. Tu, se hai finito di fare domande stupide, puoi fare lo stesso.» Conan le scoccò un’occhiata seccata. Ricambiando con un sorriso sardonico, Ai salì le scale e sparì al piano di sopra, dove si rifugiò in camera sua. Shinichi le fu dietro poco dopo ed entrò in un’altra stanza.
   
  «Shinichi? Shi-ni-chi
  Aprì gli occhi di scatto, come risvegliatosi da un brutto incubo. Un uomo corpulento e dalla montatura spessa lo osservava dall’alto, le folte sopracciglia aggrottate con preoccupazione. «Professore», bofonchiò Shinichi, riconoscendo gli interni della stanza dove si trovavano mentre si metteva a sedere, «che cosa è successo? L’antidoto!» disse d’impeto, senza dare al professore la possibilità di rispondere. «Io…» Si guardò le mani, poi scoccò un’occhiata all’anziano senza il bisogno di sollevare il mento all’insù. «Sono di nuovo Shinichi Kudo.» Per un lungo, terribile istante, aveva temuto si fosse trattato di un sogno – di un incubo.
   «Sì», confermò il professore con un ampio sorriso. «Sei svenuto e hai dormito per quasi un’ora, ma stai bene.»
  Nella mente di Agasa riaffiorarono le parole di Ai – Shiho?
  «È solo svenuto, professore», aveva commentato la ragazza. «Se vuole svegliarlo, possiamo rovesciargli addosso un secchio d’acqua fredda.» Aveva sorriso con vago divertimento e tuttora Agasa non era sicuro che il suo fosse stato solo uno scherzo – probabilmente no. Comunque, nessun secchio d’acqua fredda era stato rovesciato addosso a Shinichi.
  «Dov’è Haibara?» domandò lui, scostandosi dagli occhi un ciuffo appiccicatosi alla fronte per via del sudore.
  «Di sotto.»
  «Mh, penso andrò anch’io. Lei viene?»
  «Dopo – ho una cosa da fare qui.»
  Mentre Agasa si recava in un’altra stanza, Shinichi scese di sotto.
  Era strano girovagare in casa del professore nel suo vecchio corpo. Come quando era diventato Conan e aveva dovuto abituarsi a tutti i cambiamenti che il rimpicciolimento aveva comportato, essere di nuovo Shinichi significava vedere il mondo come non lo vedeva da più di un anno. Era vero, sì, che di tanto in tanto era ricorso all’antidoto – con estremo disappunto di qualcuno – ma in tutti i casi gli effetti non erano durati abbastanza da permettergli di riabituarsi al liceale di un tempo.
  Al piano di sotto, in cucina, Ai non c’era. Senza porsi troppe domande, Shinichi si avvicinò ai fornelli e cercò con lo sguardo la pentola carica di riso al curry che il professore aveva preparato quello stesso giorno a pranzo e di cui era avanzato qualcosa. Quando la individuò, la scoperchiò, lo stomaco gorgogliante che implorava di essere saziato, ma quello che trovò lo lasciò incredulo. «È vuota
  Qualcuno ridacchiò alle sue spalle e Shinichi si volse: sulla porta, la spalla poggiata contro un battente, c’era Ai di nuovo diciottenne.
  Shinichi non l’aveva mai osservata con particolare attenzione. L’unica volta che l’aveva vista adulta in una situazione non di pericolo era stato mesi prima, quando lei aveva assunto l’antidoto per salvare Ayumi, Genta e Mitsuhiko da una baita in fiamme. Era successo sul tardi, sotto un cielo scuro, e sul momento Shinichi – allora Conan – non aveva prestato molta attenzione, perché era stato più impegnato a riflettere sui fatti accaduti durante la giornata.
  Ora, tuttavia, si trovò a squadrarla con maggiore interesse, come se ci fosse dell’altro – qualcosa che non aveva mai notato, o meglio, che non aveva avuto la possibilità di notare prima. «Che cos’hai da sorridere tanto?» indagò, pur immaginando già la risposta.
  «Il riso al curry l’abbiamo finito io e il professore», spiegò lei in tono neutro.
  «Be’, grazie per aver pensato a me.»
  Lei sorrise – un sorriso sardonico, sbeffeggiante, ben lontano dai classici sorrisi di affetto o felicità. «Potevi anche non svenire», commentò, e Shinichi le rivolse un’occhiata estremamente seccata. «Comunque», proseguì Shiho, raggiungendolo vicino agli scaffali per agguantare una tazza, «quando dormi sbavi.»
  Pur piccato, Shinichi non ribatté.
  Era una sua impressione, o da adulta Haibara era decisamente più antipatica?
   
   
N.d.A. È da poco che ho ripreso a scrivere su Ai e Conan/Shiho e Shinichi – non seguivo il manga da circa due, forse tre anni – e non sono sicura di aver azzeccato la loro caratterizzazione. Si può dire che Ai, nel corso del tempo, si sia addolcita, ed è sacrosanto che sia così, non avendo mai avuto la possibilità di comportarsi come le sue coetanee. Tuttavia, mi sembra comunque che abbia conservato una parte del carattere di un tempo. Onestamente è così che ho sempre interpretato il rapporto tra lei e Conan: una base solida di amicizia e fiducia – e romanticismo, magari, perché a me le ship canoniche che possono darmi qualche soddisfazione non piacciono! – contornato però da una certa dose di punzecchiamenti.
  Comunque, in realtà la ShinRan non mi dispiace, anzi sono contenta che dopo appena vent’anni – quisquilie – Aoyama abbia deciso di renderli canonici. Sono però del parere che Conan e Ai abbiano delle dinamiche più interessanti, motivo per cui li ho sempre preferiti e li preferisco tuttora alla ShinRan.  
   
 
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