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Autore: Hoshi_10000    01/03/2020    2 recensioni
Questa storia è una raccolta di one shot per indagare l’atteggiamento dei personaggi di Yuri on Ice di fronte al proprio invecchiamento.
Perché per alcuni sono i 18, per altri i 29; alcuni festeggiano, altri piangono; alcuni si divertono con amici e parenti, altri ne pianificano l’omicidio.
Perché ognuno è diverso e ognuno è speciale, ed un compleanno non è mai solo il giorno in cui celebriamo il fatto di essere nati.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Otabek Altin, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Yuri Plisetsky: Gioia, euforia ed un pizzico di dovuta arroganza
16 anni,
1 marzo
(domenica)

Yuri Plisetsky, altresì conosciuto come Fata di Russia o Tigre dei ghiacci, era un adolescente isterico e ribelle, un Teppista russo indomabile, sempre arrabbiato col mondo intero senza sentire nemmeno il bisogno di una reale motivazione. Ma nessun essere umano può essere arrabbiato sempre, e lui non faceva eccezione.
Ad esempio, quel giorno, quello del suo compleanno, il primo marzo, era semplicemente euforico, seduto sul sedile del passeggiero accanto a suo nonno, diretto all’aeroporto per andare a prendere Otabek.
Normalmente, con gran disperazione di chiunque, sarebbe stato svaccato sul sedile con le gambe poggiate sul cruscotto intento ad aggiornare Instagram o simili, invece, quel giorno era seduto composto o, meglio, saltava sul sedile assillando il povero nonno su quanto fosse felice di rivedere il suo amico, su quanto gli fosse mancato, su come non fosse la stessa cosa vedersi su Skype…
Tanti genitori, dopo mezz’ora così si sarebbero esauriti e avrebbero sbottato, invece Nikolai, che si considerava genitore del ragazzo a tutti gli effetti, sorrideva, ascoltando il suo Yurochka e annuendo di tanto in tanto per dare a intendere che ancora lo seguiva, mentre guidava per le tranquille strade di San Pietroburgo, visto l’orario quantomeno “mattiniero”.
Arrivati in aeroporto parcheggiò l’auto, scendendo poi per seguire il neo-sedicenne che, presagli la mano, se lo tirava dietro ripetendo per forse la centesima volta di come il programma di Otabek al il gran Prix fosse stato meritevole almeno del terzo posto, di come fosse in qualche modo dispiaciuto che non avesse potuto imbarcare la moto e di come anche a lui sarebbe piaciuta una moto simile, senza minimamente curarsi del fatto che non avesse la patente.
Non appena raggiunsero il tabellone degli arrivi, il pattinatore alzò la testa in su, controllando scrupolosamente gli orari di atterraggio e concedendo al nonno una pausa caffè al bar, cosicché si potesse svegliare definitivamente in attesa del tanto atteso amico, il cui volo avrebbe dovuto atterrare di lì a un quarto d’ora.
Per quanto tener testa ad un adolescente fosse impegnativo, Nikolai ci riusciva piuttosto bene, solo le energie non erano più quelle di quando aveva 40 anni, i 73 si facevano sentire, e alzarsi alle 5:20 per fare da autista era piuttosto faticoso, per cui fu piuttosto grato al nipote quando questi rimase al gate in attesa, lasciandolo tranquillo a riposare le stanche membra.




Quel giorno Yuri, come ogni adolescente, era felice per il suo compleanno, e non tanto per i regali né per il diventare grande in sé, semplicemente era felice, senza un motivo preciso. D’altronde, mica occorre un motivo per essere felici. Ma se proprio preferivano poteva sempre mettersi a calciare porte e sbraitare alla foggia di Yakov, eh.
E invece quando vide la figura alta e slanciata di Otabek apparire con un borsone in spalla ed un trolley al seguito, si mise a correre facendosi largo tra gli altri passeggeri e, senza sapere come, quando o perché, si ritrovò abbracciato a koala ad Otabek, sentendo il tonfo del trolley che cadeva e il kazako indietreggiare alzando le braccia ad avvolgergli la vita nel tentativo di mantenere l’equilibrio.
Resosi conto di quello che aveva appena fatto, divenne bordeaux, e svolse le gambe dal busto di Otabek per farsi riappoggiare a terra, chinandosi a prendere il manico del trolley per dare una mano all’amico e, quando iniziarono a muoversi, si tenne sempre davanti a lui per nascondere il rossore che gli colorava le guance, senza far caso al medesimo rossore che campeggiava sul viso di Otabek.
– Com’è andato il volo? Sarai stanco: non avrai nemmeno dormito per prendere il primo volo. Vuoi qualcosa al bar? –
– Sono a posto, grazie. –
– Mh, bene. Allora andiamo a prendere mio nonno al bar, lasciamo le valigie a casa e poi ti faccio fare un giro veloce della zona visto che starai qui una settimana, va bene? –
Otabek annuì, e la conversazione si chiuse lì.




Il primo incontro con Nikolai fu tranquillo: il vecchio russo si sforzava di esprimersi in uno stentato inglese e Otabek a sorpresa gli rispose in russo, non impeccabile forse, ma perfettamente comprensibile. Così, fra le basiche conoscenze di russo del ragazzo e le impeccabili traduzioni del festeggiato, il viaggio in macchina fu all’insegna della convivialità.
Arrivati di fronte al cancello di casa Plisetsky, il nonno mise le chiavi in mano a Yuri, lasciandoli scendere, e con rinnovata energia il biondo saltò giù dall’auto correndo verso la porta con il borsone di Otabek in spalla, esaltato per la settimana che lo attendeva e per la cena a base di pirotzky che Nikolai gli aveva promesso.
Così, assuefatto dall’entusiasmo che non gli permise di accorgersi delle macchine parcheggiate nella via, quando aprì la porta, rimase traumatizzato da un gran numero di fischi che gli trapanarono le orecchie.
– С днем рождения Юрий!* –
Aprendo lentamente gli occhi, chiusi come reazione al rumore improvviso, trovò il soggiorno di casa invaso – sì, invaso – da Yakov, Lilia, Georgi, Mila, Viktor e il suo dannato omonimo, per un motivo non meglio specificato, ma che di certo non contribuì al suo buon umore.
– Yuriooooooooo!!! Buon compleanno! –
Con agilità scartò lateralmente l’abbraccio di Viktor, facendolo sprofondare nella neve sul vialetto, entrando in casa e spogliando la giacca per poi poggiare a lato dell’appendiabiti i bagagli e, solo dopo aver fatto entrare Otabek e chiuso la porta, indifferente alle proteste di Viktor rimasto chiuso fuori, alzò gli occhi sulla comitiva.
– Yakov, che è sta troiata? – Chiese con tono glaciale indicando i festoni colorati, i palloncini, le decorazioni varie e i cappellini di carta che tutti indossavano, incenerendo in particolare Lilia che teneva in braccio Potya e che mostrava di non disdegnare affatto le attenzioni dell’ex ballerina.
– Abbiamo pensato che una festa ti avrebbe fatto piacere. – tentò di approcciarlo Yuuri, nel tentativo di calmarlo, ma soprattutto di aggirarlo per aprire la porta a cui Viktor continuava a bussare, probabilmente prossimo all’ibernazione, a causa dello spiacevole “incidente” che lo aveva visto rimanere chiuso fuori senza giacca.
– Indovina un po’ invece? Non vi volevo affatto qui. Ora, fuori! – Disse girandosi bruscamente e aprendo la porta con un repentino scatto, tirandola sul naso a Viktor, senza alcuna remora.
Tuttavia, mentre tamburellava le dita sulla maniglia, impaziente che la comitiva levasse le tende, Nikolai ebbe la bella idea di fare la sua comparsa, scavalcando Viktor impegnato a rotolarsi a terra per il dolore con le mani sul naso, con uno Yuuri sconvolto al suo fianco intento a cercare d’assicurasi che non fosse rotto.
– Oh Yurotchka, vedo che gli invitati ci sono già tutti, perfetto. Che ne dici di farli accomodare? –
Dopo quelle parole, se prima il pattinatore covava una gelida ira, ora, se non fosse stato per Otabek, si sarebbe strozzato con la sua stessa saliva.
– Li hai invitati tu? – Chiese fra un colpo di tosse e l’altro, rischiando un prematuro infarto nel vedere l’uomo annuire e infilarsi uno degli orridi cappellini di carta, per poi passarne uno pure a Otabek –Quando mi ricapiterà di festeggiare i 16 anni di mio nipote? –




Dopo un primo momento, equivalente in questo caso a circa tre quarti d’ora, in cui Yuri aveva vagato per la sua stessa casa come un estraneo, guardando Yakov e suo nonno parlare di vini, Lilia seduta con Potya in grembo manco la gatta avesse deciso di farsi adottare, Mila parlare ora con questo ora con quello o sbavare dietro a Potya -e qui in effetti un po’ la capiva, Potya era effettivamente la più celestiale delle creature- Viktor parlare con polpetta di riso e polpetta di riso limonare con Viktor, senza aver più visto Georgi, che suppose fosse a fare da tappezzeria da qualche parte, e con sempre Otabek al suo fianco…… oh beh, il punto è che gli tornò il buon umore! Circa. Diciamo che tornò il solito.
– Ehi, vetusto! – Chiamò Viktor, che lo guardò con diffidenza, ancora offeso per l’accoglienza subita – Visto che avete deciso di spararvi ottomila chilometri per venire, che ne dici di darmi il mio regalo? –
Con espressione da bambino permaloso Viktor guardò altrove, incurante dell’ammonimento del suo compagno – Non ti ho portato nulla. Già ho sbagliato a fare un viaggio simile per un ingrato come te, figuriamoci se… –
Non terminò la frase, perché Yuri, con la solita finezza ed eleganza lo mandò al diavolo in modo colorito facendogli notare che era un “barbone incapace di attendere ai suoi doveri sociali” per poi andarsene a parlare con Yakov, commentando alacremente come di fronte ai suoi miglioramenti sul ghiaccio presto tutta la Russia si sarebbe dimenticata di Viktor, con un tono di voce abbastanza alto da farsi sentire da questo.
– Beh se vuoi i regali è presto fatto, tutti in cucina! Georgi, smetti di fare da tappezzeria e vai a prendere le cose in macchina. – Gli ordinò Mila, allontanandosi dal bracciolo della poltrona dove Lilia sedeva con Potya. Obbediente, Georgi interruppe le sue attività di mimetismo e prese le chiavi della propria auto e di quella noleggiata da Viktor, mentre Yuri, prima di raggiungere gli invitati-in-attesa-di-giudizio-basato-sul-regalo in cucina, praticamente si tuffò su Lilya e le portò via di peso Potya, mettendosela sulle spalle come sciarpa e afferrandole subito le zampe prima che gli impiantasse le unghie nelle spalle in modo permanente. Vestirsi sarebbe diventato piuttosto complicato e gli sarebbe venuta la gobba in breve tempo; meglio evitare.
– Forza Georgi, muoviti! Voglio i miei regali e la torta! Perché sappiate che se qualcuno non ha portato almeno una torta gigante, di quelle con due o tre piani vi sbatto fuori tutti! Per festeggiare i 16 anni e la mia prossima vittoria merito questo ed altro! –
Georgi non si diede nemmeno pena di rispondergli, limitandosi a passare un sacchetto sul punto di esplodere e dal peso apparentemente pachidermico a Mila e un voluminoso pacco a Yuuri, visto che Viktor ritrasse le mani nel suo ostinato sdegno.
– Bene Yurio – Cominciò Mila guadagnandosi un’occhiataccia da record – Questo è da parte mia e del musone. – disse indicando Georgi, e poi mise il sacchetto sul tavolo, sollevandolo a due mani con fatica.
Col tempo Yuri aveva imparato a diffidare di Georgi, non perché fosse cattivo, solo troppo introverso, mentre Mila era al contrario fin troppo estroversa, per cui sbirciò nel sacchetto con circospezione, per poi infiammarsi d’entusiasmo in nemmeno un secondo. Fra tutti i vestiti a tema o motivo in qualche modo felino, in particolare di fronte ad una felpa con il retro completamente nero ed il davanti leopardato, con cappuccio con orecchie da gatto praticamente si sciolse, quasi strappandosi di dosso la felpa della nazionale russa, lanciandola da qualche parte, e indossando repentinamente il nuovo capo maculato.
– Te l’avevo detto Georgi, che sarebbe valsa la pena di accompagnarmi. – Commentò Mila guardando il festeggiato correre su per le scale alla ricerca di uno specchio.
– Più che scegliere il regalo per Yuri volevi fare shopping e mi hai portato con te perché ti facessi da tassista e portaborse. – Replicò atono ricordando la giornata, in cui quella peste appena diciottenne lo aveva trascinato per tutto il centro commerciale usandolo come facchino.
– Quello è un dettaglio insignificante. – Rispose a sua volta la ragazza, dandogli un pizzicotto sul braccio, e fosse stato per lei lo avrebbe punzecchiato per la successiva mezz’ora se Yuri non fosse ripiombato in cucina con la violenza di un uragano, investendo Lilia con malagrazia e allungando le mani in attesa dei successivi regali.




Per farla breve, ricevette soldi da Lilia, che senza imbarazzo alcuno dichiarò di “non aver avuto tempo e voglia di capire cosa gli potesse interessare”, e anche da Yakov, più l’autorizzazione di saltare ben tre giorni d’allenamento (due togliendo quello corrente) per mostrare a Otabek la città, mentre Nikolai dimostrò la grande conoscenza dei desideri del ragazzo, dandogli il permesso di prendere un secondo gatto e regalandogli numerosi completini per animali, con cui di sicuro in seguito Yuri si sarebbe divertito ad assillare Potya.
Viktor, con la consueta eccessiva generosità, o meglio mancanza di criterio e limite, decise di rifornire il suo pupillo con una PS5, ancora non fruibile sul mercato, e poiché la sola TV di casa, un modello vecchio ancora a tubo catodico, non era in grado di reggere la console, pensò bene di allegarvi un televisore da una quarantina buona di pollici, affibbiando su due piedi a Georgi il compito d’installarla. Se in un primo istante a Yuri quasi cadde la mascella alla vista di tanta opulenza, tempo un secondo per ricordarsi di essere Yuri Plisetsky, Teppista russo, e assunse una vaga aria di sufficienza e disinteresse, con gli occhi che ancora brillavano a tradimento delle parole cariche di arroganza che nonostante tutto si premurò di rivolgere a Viktor. Se solo fosse riuscito a mantenere quel contegno anziché, proprio all’ultimo, farsi scappare quel “grazie” carico di commozione….
E l’ultimo fu Otabek, che con atteggiamento timido ed impacciato che poco gli si confaceva allungò a Yuri una minuscola scatolina di cartone dal colore neutro con scritto sopra un laconico buon compleanno. Il giovane russo guardò con grande curiosità il minuscolo pacchetto, aprendolo esaltato e capovolgendolo per vedersi cadere in mano un ciondolo, una sorta di simbolo dello Ying e lo Yang formato da due gatti, che ad un’occhiata più attenta si rivelò essere smontabile.
Con occhi estasiati guardò le immagini dei due piccoli felini, passandoci sopra un dito con devozione e provando a separarli con cautela.
– Mi dispiace, è poca roba, però… –
– Lo adoro, Otabek. È splendido. – Lo interruppe il festeggiato, appoggiando la catenina col felino bianco sul tavolo, per avvicinarsi all’amico e allacciargli il ciondolo nero.
– Così ti ricorderai sempre di questa vacanza. – Disse con uno smagliante sorriso, le mani poggiate sulle sue spalle, girandosi poi e pretendendo che tirassero fuori la famosa torta a più piani.
Perché in fondo lo sapevano tutti, il loro Yurio era fatto così, era scostante, spesso arrogante, dispotico e violento, ma non per questo incapace di numerose premure e anaffettivo. Solo, aveva un modo tutto suo di dimostrare i propri sentimenti, e le persone che lo conoscevano, dopo il primo impatto, non potevano che amare quel Teppista russo.







 

с днем ​​рождения

   
 
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