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Autore: Fiore di Giada    04/03/2020    1 recensioni
[Questa storia partecipa al contest “November Rain” indetto da Mary London sul sito di EFP]
Lo sguardo di Claudio Serafino, vitreo di stanchezza, contemplava il campo di battaglia.
Il suo braccio destro, rosso di sangue, squarciato dall’artiglio di un demone, pendeva inerte sul suo fianco e decine di strappi si aprivano sulla sua divisa, rivelando la carne, offesa da lividi e ferite sanguinanti.
Sotto i suoi occhi, si allargavano, come macchie di petrolio, due ecchimosi e la sua bocca, tumefatta, era arrossata da una bava sanguigna.
– Quanti miei compagni sono morti… – mormorò, incurante del dolore. Fino al giorno prima, credeva che la guerra contro i demoni fosse una santa impresa, che circonfondeva gli Arcieri di Sirio d’una aureola di gloria…
Vedeva negli Arcieri di Sirio dei sacri guerrieri, che lottavano senza posa contro i demoni, animati da una indomabile brama di giustizia..
Ma quella era la luce, proclamata dalle parole di Santa Romana Chiesa?
Scorgeva solo un immondo carnaio.
Claudio Serafino and Original Character
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La pioggia, fragorosa, si riversava sulle strade di Torino e lampi lividi dilaniavano il cielo, grigio di nubi, illuminando la città di una luce spettrale.
Decine di corpi di Arcieri di Sirio, mutilati, dilaniati da orribili ferite, contorti in pose innaturali ingombravano le vie del capoluogo piemontese e il sangue si mescolava all’acqua, tingendola d’un rosso chiaro.
Lo sguardo di Claudio Serafino, vitreo di stanchezza, contemplava il campo di battaglia.
Il suo braccio destro, rosso di sangue, squarciato dall’artiglio di un demone, pendeva inerte sul suo fianco e decine di strappi si aprivano sulla sua divisa, rivelando la carne, offesa da lividi e ferite sanguinanti.
Sotto i suoi occhi, si allargavano, come macchie di petrolio, due ecchimosi e la sua bocca, tumefatta, era arrossata da una bava sanguigna.
Quanti miei compagni sono morti… – mormorò, incurante del dolore. Fino al giorno prima, credeva che la guerra contro i demoni fosse una santa impresa, che circonfondeva gli Arcieri di Sirio d’una aureola di gloria…
Vedeva negli Arcieri di Sirio dei sacri guerrieri, che lottavano senza posa contro i demoni, animati da una indomabile brama di giustizia..
Ma quella era la luce, proclamata dalle parole di Santa Romana Chiesa?
Scorgeva solo un immondo carnaio.
Era quello il battesimo di ogni esorcista?
Guardò il cielo. L’acqua era stata considerata un simbolo di purificazione e di rinascita.
Eppure, in quel momento, il gelido tocco della pioggia novembrina acutizzava le sue sofferenze.
Per cosa abbiamo combattuto? – si domandò, il cuore pesante d’amarezza. Fin da quando erano fanciulli, erano stati addestrati a considerare gloriosa la guerra alle creature demoniache, che abitavano le etre profondità dell’Inferno.
Eppure, in quel momento, avvertiva un senso dilaniante di tradimento stringergli la gola in una morsa d’acciaio, che gli rendeva difficoltoso il respiro.
A stento, trattenne un singhiozzo. Come avrebbe voluto tornare indietro al giorno prima e recuperare le illusioni del suo cuore…
Desiderava riconquistare i sogni, che, nel corso di quella battaglia, si erano frantumati.
Sospirò e, con un gesto lento, meccanico, si passò una mano tra i folti capelli neri. No, non sarebbe stato possibile.
Quella battaglia, così cruenta, aveva scolpito un confine, irto di spine, che lui non avrebbe più potuto oltrepassare.
Ormai, era un soldato, appartenente alla gloriosa organizzazione degli Arcieri di Sirio.
Non poteva più rifugiarsi nelle sue fantasie di gloria ed eroismo.

Una mano, leggera, si appoggiò sulla spalla di Claudio, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.
Il giovane, d’istinto, si girò e i suoi occhi d’ardesia si fissarono nelle iridi di carbone, dal taglio rotondo, di un giovane uomo alto e robusto, il volto circondato da una criniera di ricci castani, che, umidi di pioggia, si abbandonavano sul suo collo taurino.
Diversi tagli si aprivano sul suo volto, macchiandolo di sangue e la sua divisa, strappata, era rossa di sangue sulla spalla.
Gabriele… – sussurrò Claudio, il tono vibrante di commozione. Il suo caro amico, figlio della splendida città di Napoli, era sopravvissuto a quella battaglia, che aveva richiesto le vite di tanti loro compagni…
Gli prese le mani e gliele strinse. Poteva sentire il calore delle sue grandi mani contro le proprie.
Non era un sogno, ma una luminosa realtà, in quell’incubo insanguinato.
La sua mente, in quel momento, era inondata dai ricordi dolci e amari della loro comune infanzia…
Forse, era rimasto un frammento dei suoi sogni.
L’altro esorcista, silenzioso, allargò le braccia e lo strinse contro di sé.
Ce l’hai fatta… – mormorò Gabriele, la voce lenta e calma. Durante la battaglia, erano stati separati e, nel corso dei suoi combattimenti, aveva temuto per la vita del suo sagace amico piemontese.
Grazie alla sua fedele amicizia, era riuscito a superare i momenti più duri del suo addestramento.
Quando erano bambini, si erano ripromessi di combattere sempre insieme, ma, nel corso di quella battaglia, avevano scoperto la dissonanza tra le loro aspirazioni e la crudele realtà.
Quale orribile scoperta era stata la guerra.
E, presto, il suo amico sarebbe stato costretto a sopportare un’ulteriore pena…

Ad un tratto, con un lungo gemito, Gabriele si afflosciò su stesso, come un sacco privo d’aria.
Claudio, allarmato, lo strinse con più forza contro di sé, poi si lasciò cadere a terra e, pur con fatica, lo aiutò a sollevare il busto e gli fece appoggiare la testa sulle sue ginocchia.
Il suo sguardo, sgomento, indugiò sul corpo dell’amico. Certo, era ferito, ma le sue ferite, per quanto gravi, non parevano mortali…
Vedendo l’espressione sgomenta negli occhi dell’amico, l’esorcista napoletano accennò ad un sorriso.
Vorrei poterti seguire, amico mio… Ma la sorte ha preteso altro… – mormorò, il tono dispiaciuto. Certo, entrambi avevano liberato il mondo da una potenziale minaccia, che aleggiava sul mondo, ma tale risultato aveva richiesto uno straziante tributo.
Claudio sarebbe rimasto solo e il peso degli Arcieri di Sirio si sarebbe abbattuto sulle sue spalle.
L’esorcista piemontese provò a muovere le labbra, ma le parole si persero in un flebile mormorio, e lacrime rigarono le sue guance, portandosi via il sangue.
No, amico mio… Non voglio perderti…, pensò il giovane esorcista. La chiarezza della situazione si esplicava nella sua crudeltà…
Presto, la solitudine sarebbe stata sua compagna.
E lui, in quel momento, desiderava gridare il suo dolore, ma la sua forza si spegneva nella sua gola, come una candela priva di ossigeno.
Con uno sforzo supremo, sollevò le braccia, scosse da tremiti.
Claudio… Te ne prego… Dammi la tua mano… – lo supplicò. In quell’estremo momento, desiderava una ulteriore intimità col suo fraterno amico…
Serrando a stento i gemiti di dolore, questi allungò il braccio sano e Gabriele sfiorò la sua mano con le proprie dita.
Poi, girò un poco la testa e i suoi occhi si specchiarono nelle iridi, lucide di lacrime, dell’altro.
Sei stato per me un fratello… Addio, figlio delle Langhe… – sussurrò.
Qualche istante dopo, le sue braccia caddero al suolo, con un sinistro tonfo, e il suo corpo si rilassò nella morte.

Claudio rimase immobile, lo sguardo vitreo.
No… – soffiò, il tono stralunato. In quel momento, avrebbe desiderato precipitare nella silenziosa oscurità della morte, pur di non avvertire nessuna sensazione.
Invece, la chiarezza della realtà, come un mostro crudele, urlava la perdita delle sue illusioni e dei suoi sogni.
Ormai non poteva più cullarsi in fantasie d’eroismo e di gloria.
Quel grido spietato si mescolava con la pioggia novembrina, che, crudele, straziava il suo corpo ferito di brividi di freddo.
Aveva creduto di potere mantenere il legame terreno con Gabriele, ma l’imperscrutabile volontà divina aveva preso altre decisioni.
Quale disegno era celato dietro simili scelte?
Una risata stridula, isterica, folle ad un tratto, risuonò sulle sue labbra e il suo corpo, di scatto, si inarcò all’indietro. Perché perdeva tempo in simili, stupidi quesiti?
La realtà, sincera, urlava la sua infinita crudeltà e pretendeva il suo cuore.
E, forse, era meglio così.
Le emozioni lo condannavano ad un atroce tormento ed era meglio liberarsene...
Sì, Dio… Prenditi le mie illusioni… Fai quello che devi… Affinché io non soffra più! – urlò.
Un tuono esplose in una violenta detonazione e le sue parole si persero nella pioggia.










   
 
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