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Autore: DanilaCobain    04/03/2020    0 recensioni
A pochi mesi dalla rottura con il fidanzato, Sveva torna in Italia per lavoro dopo aver vissuto a lungo a New York. Si aspetta di trovare un po' di tranquillità e riposo dalla vita frenetica newyorkese ma deve presto ricredersi. Suo fratello Enrico, calciatore professionista, è determinato a farle trascorrere un'estate indimenticabile tra festini, serate in barca, vacanze improvvisate insieme ai suoi compagni di calcio, compreso Kieran, l'uomo più arrogante che Sveva abbia mai conosciuto. Tra i due è odio a prima vista. Kieran non sopporta l'aria saccente di Sveva, Sveva detesta i modi di fare di Kieran. Enrico non ha nessuna intenzione di rinunciare al suo migliore amico né tantomeno ai suoi piani per la sorella. Di tempo insieme ne passeranno parecchio e chissà che dietro tutto quel disprezzo possa nascondersi qualcosa di più potente.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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6.


Quando Enrico gli aveva chiesto di aspettare la sorella Kieran si era preparato al peggio. La sera prima non erano stati molto carini e l’umore di quel momento non era dei migliori. Non era stata una giornata facile, Evangeline la mattina gli aveva intimato di lasciare la casa libera perché non voleva vederlo e doveva prendere le sue cose prima di partire, ma lui non aveva nessuna intenzione di trascinare oltre quella situazione. Si era fatto trovare a casa e tra le urla, i pianti e gli insulti avevano deciso di chiudere la loro relazione.
Aveva ancora negli occhi il volto di Eve trasfigurato dalla rabbia e dalle lacrime. Odiava vedere piangere una donna, e si odiava per esserne stato la causa. Ma cos’altro poteva fare? Ormai era finita, lo sapevano entrambi.
Anche Sveva doveva aver pianto quel giorno, lo aveva notato subito quando era entrata in casa; le sue iridi blu erano circondate da un alone rosso. Però era bella, anche mentre lo insultava, anche se era davvero antipatica. E lui ci stava prendendo gusto a farla arrabbiare. C’era quella particolare espressione da saccente che proprio non sopportava, ma il modo in cui si infervorava alle sue provocazioni lo divertiva.
Dopo quelle scuse, che gli erano costate care ma aveva sentito di dovergliele, non avevano più aperto bocca. In macchina la radio era accesa; Kieran, una mano sul volante e l’altra sul cambio, sbirciò il volto di Sveva. Sembrava tranquilla. Aveva indossato un completo nero giacca e pantalone e un top di satin beige, le scarpe col tacco mettevano in evidenza le sue caviglie eleganti. Guardava dritto davanti a sé e di tanto in tanto si voltava, facendo correre lo sguardo sui palazzi e sui passanti.
Kieran parcheggiò e scesero.
La festa di Valentina consisteva in un evento organizzato per far conoscere ad amici e persone influenti la sua nuova collezione di intimo; da modella Valentina era passata a fare l’imprenditrice.
L’unica cosa interessante per Kieran era l’open bar che avrebbe trovato. Veniva spesso invitato a eventi di cui non gli importava nulla, ma a questo era andato solo perché si trattava della fidanzata di Enrico.
Valentina era raggiante quando li accolse. Indossava un vestito lungo dorato con uno spacco fin sopra alla gamba. Baciò e abbracciò Kieran, si presentò a Sveva e la prese sottobraccio per presentarla agli altri ospiti. Enrico, invece, si diresse con lui verso l’angolo bar. L’appartamento di Valentina era un loft estroso e colorato, al centro era stata allestita una piccola passerella e tutt’intorno erano state distribuite le sedute. Kieran notò come si prestasse benissimo a eventi del genere.
Enrico prese due bicchieri e vi versò del vino rosso, senza aspettare che lo facesse il barman.
«Allora? Tu e Sveva avete chiarito?» porse un bicchiere a Kieran.
«Diciamo.»
Enrico fece un sorriso. «Te lo avevo detto che le sarebbe passato.»
«Abbiamo raggiunto una tregua solo per farti stare tranquillo.»
Il suo sguardo cadde su di lei. Stringeva qualche mano, sorrideva. Sembrava a suo agio, completamente tranquilla, eppure il sorriso era spento e i suoi occhi tradivano tanta tristezza.
Enrico, accanto a lui, rise. «Una tregua, addirittura. Vi odiate così tanto?»
Bevve un sorso di vino e si appoggiò con il gomito al bancone. «Ieri hai detto che sta passando un momento particolare. Di che si tratta?»
Enrico esitò. giocherellò con il bicchiere, guardando nel liquido scuro come se potesse trovarvi dentro le risposte. «Si è lasciata da poco.»
Kieran sollevò le sopracciglia e stava per fare una battuta pungente ma si voltò di nuovo verso Sveva. E così, anche lei… «Siamo in due», la voce era appena udibile.
L’amico aggrottò la fronte. «Come dici?»
Lui bevve ancora, guardò Enrico negli occhi e prese un profondo respiro. «Evangeline e io ci siamo lasciati.» Realizzò che era la prima persona a cui lo diceva.
«Cazzo» Enrico lasciò il bicchiere e mise una mano sulla spalla dell’amico «stai bene?»
«Sì, sì. Sai com’è. Le cose tra noi non andavano più.»
«Ma sei sicuro? Cioè, voglio dire, ultimamente Eve era insofferente e si percepiva che c’era qualcosa che non andava, però forse è solo un periodo. Magari quello che vi serve è solo una pausa per ritrovarvi.»
Kieran chiuse gli occhi per un secondo e si aggiustò i capelli dietro l’orecchio. «Non lo so, non è più la Eve di cui mi ero innamorato. E ci ho provato a capire cosa le stesse succedendo, l’ho assecondata in tutto pur di farla stare meglio, ma ho trovato solo un muro davanti. Sai, credo che lei si fosse stancata di stare con me, ha solo avuto paura di prendere la decisione e ha aspettato che lo facessi io.»
«È probabile che sia come dici tu.» Fece un ampio gesto con la mano, abbracciando tutta la sala. «Stasera però non ci pensi, ok? Qua è pieno di ragazze bellissime e tra poco arriveranno anche le modelle in bikini. Divertiti e basta.» Riempì un altro bicchiere, di prosecco. «Vado a portare da bere a Sveva.»
Kieran rimase vicino alla zona bar. Mandò giù qualche stuzzichino e si intrattenne con qualche conoscente, lasciandosi trasportare dalla musica di sottofondo e dal chiacchiericcio allegro dei presenti. Aveva bisogno di non pensare alle brutture della sua relazione, alle cattiverie che erano arrivati a sputarsi in faccia.
Scrutò la sala fino a soffermarsi su Sveva. Anche lei sentiva quell’assurdo vuoto dentro?
Aveva apprezzato le sue scuse, anche perché si era accorto che erano sincere e non di circostanza. Si sorprendeva sempre quando si accorgeva di come i giudizi della gente potessero ferirlo ancora, come quando era solo un ragazzino e veniva chiamato zingaro per via dell’etnia della madre, croata di nascita.
Il temperamento lo aveva preso tutto da quella terra, irruento, istintivo, duro. Non era mai stato disposto a farsi mettere i piedi in testa da qualcuno o a farsi dire se fosse in  grado o meno di fare qualcosa. Aveva imparato presto che se non ci credeva lui per primo in sé stesso nessuno lo avrebbe fatto. Nessuno gli avrebbe dato un aiuto, un supporto. E alla fine ce l’aveva fatta, era diventato uno dei calciatori più conosciuti e amati in tutto il mondo.
La musica nella sala cambiò e la voce gioiosa e squillante di Valentina invitò tutti a prendere posto. Kieran rimase in piedi e continuò a bere. Sveva era seduta in prima fila, proprio di fronte a lui, accanto al fratello e alla padrona di casa. I lunghi capelli biondi le accarezzavano le spalle nude. Pensò che fossero bellissimi e, al quarto bicchiere di vino, Kieran stava immaginando di infilarci le mani e saggiarne la morbidezza.
La sfilata terminò tra gli applausi. La bottiglia che aveva accanto Kieran era ormai vuota. Enrico e altri amici lo raggiunsero e continuarono a bere. In quel torpore si sentiva bene. I pensieri erano ovattati, Eve non c’era più. C’erano solo quei ragazzi, le battutine stupide, le risate e la testa leggera.
Ad un certo punto della serata Kieran vide Sveva avvicinarsi. Sorrideva a lui e a Enrico, che stavano seduti su un divano giallo.
«Ragazzi, che dite, vogliamo andare?»
Solo in quel momento Kieran si rese conto che non era rimasto nessuno.
«Oh, no. Io rimango a dormire qui» disse Enrico.
«Kieran?»
«Ho la mia macchina» rispose lui, facendole un sorrisetto sfrontato.
«Ah, è vero, me l’hai prestata oggi» Enrico rise senza motivo.
«Beh, ma tu non puoi guidare così. Ti accompagno io» disse Sveva.
«Così come?»
«Sei ubriaco.»
«Ubriaco? Ho guidato anche in condizioni peggiori, non preoccuparti per me.»
«Stai scherzando, spero. Non puoi guidare così.»
Sveva aveva l’aria seria ma i due ragazzi non riuscivano a restare seri neanche per qualche secondo.
«Tu hai la tua macchina, no? Quindi puoi andare se vuoi.»
«Dai Sveva, lascialo stare.»
«Enrico non ti ci mettere anche tu! Riuscite a fare i seri per due minuti? Non siete più dei ragazzini.»
«Appunto» rispose Kieran.
Vide Sveva sistemarsi la borsa sulle spalle. Negli occhi scintillava quel fuoco della rabbia che tanto lo divertiva.
«Fate come vi pare» si voltò.
«Tua sorella è davvero acida, secondo me ha bisogno di una bella sco…» qualcosa lo colpì in faccia e non riuscì a terminare la frase.
«Kieran!»
Enrico gli aveva lanciato un piattino di plastica. Lo scagliò di nuovo contro il mittente e entrambi risero.
Intanto Sveva non si era girata, era andata a salutare la padrona di casa ed era uscita.
   
 
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