Questa storia partecipa al COWT10
M2: Giappone
Con una mano appoggiata sulle fredde sbarre della cella in cui era stato confinato, Kariya Matou guardò fuori da una piccola e squadrata finestra che si riversava direttamente verso il giardino della tenuta, mostrandogli un ragazzino intento a calciare un pallone con tutta la propria forza, cercando di colpire una bambina di poco più giovane che se ne stava ferma senza dire una parola.
Gli occhi della giovane erano spenti, vuoti, come se la propria anima fosse stata risucchiata e sigillata all'interno di quegli specchi senza più alcuna emozione.
Nemmeno quando il pallone la raggiunse violentemente, andando a colpire il suo braccio sinistro, cambiò espressione, e il compagno di giochi, infastidito da quel comportamento, incominciò nuovamente a urlarle contro.
Quella stessa mano andò a stringersi a pugno per poi colpire il gelido muro della cella in un gesto che racchiudeva tutte le emozioni che traboccavano dalla sua mente per riversarsi con violenza unicamente verso se stesso.
Non poteva vedere nessuno.
Non poteva parlare con nessuno.
Nel buio, c’erano solo lui e la sua ombra, il suo Servant, che continuava a osservarlo attendendo l'occasione propizia per ribellarsi e divorarlo.
Poteva sentire il suo respiro pesante che non lo lasciava un momento, poteva vedere il fumo che emetteva in un angolo della cella.
Attendeva solamente che fosse troppo debole per contrastarlo.
Nonostante avesse timore nei suoi confronti, Berserker gli faceva ricordare tutto quello che aveva perduto e che aveva tentato di riprendere partecipando ai progetti del proprio padre.
Aveva dato tutto per quella bambina. Per vedere nuovamente su di lei un sorriso invece del volto senza alcuna espressione che ormai era solita mostrare in giro. Per poterle dare nuovamente una famiglia, una vita, la libertà cui aveva diritto.
E lui, per lei aveva dato tutto. La sua famiglia. La sua vita.
La sua libertà.
E alla fine, nonostante tutti i sacrifici, in quel momento sentiva come di aver fallito il suo intento.
No.
Non doveva pensare che avesse fallito. Non poteva permettersi di farlo.
Poteva fare ancora qualcosa.
Poteva ancora salvarla da una vita che mai avrebbe voluto per lei.
Era un uomo in trappola, ma avrebbe dato qualsiasi cosa per vedere nuovamente un sorriso sul volto di Sakura.
Un sorriso che sarebbe arrivato, fino a far splendere anche quello della propria madre.
Così come aveva visto tante volte in passato, Aoi avrebbe nuovamente sorriso per lui.
Ormai nemmeno le lacrime riuscivano a scendere dai suoi occhi talmente quegli insetti si erano radicati dentro la sua pelle e il suo spirito.
La schiena gli s'incurvò appena e le braccia si piegarono contro il muro, facendolo pian piano scivolare sull’umido pavimento di pietra in un lamento silenzioso che, anche se avesse raggiunto i suoi carcerieri, non avrebbe suscitato in loro la minima reazione.
L’ombra scattò sull’attenti, pronta a intervenire se l’occasione l’avesse richiesto.
-S-sakura...- a quel nome, pronunciato come un'evocazione, s'accompagnò la scia argentea di una lacrima, che scese dall'occhio ormai perduto dell'uomo, per poi staccarsi lungo il suo profilo e cadere a terra silenziosa e invisibile.