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Autore: Melanto    12/03/2020    9 recensioni
Il primo compleanno fuori casa era il momento di passaggio tra l’essere un ‘ragazzo’ e l’essere un ‘adulto’.
Ora che ha iniziato a giocare come professionista nella JLeague, Yuzo si trova ad affrontare il suo primo compleanno fuori Nankatsu. Niente più le solite abitudini, niente più vecchie tradizioni e, soprattutto, niente più amici di sempre.
Suona malinconico, vero?
Anche a lui.
Ma chissà, i compleanni sono sempre dei giorni molto particolari.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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...right till the end

Nota Iniziale: se a chiusura dell'anno scorso ho infilato una shottina di compleanno per Mamoru, a maggior ragione oggi ne dovevo infilare una per Yuzo. *-* Potevo lasciare il mio bimbo luminoso senza shot di augurio? :*

Complice un po' anche questa quarantena, be'... scritta in mattinata, tra una cosa e l'altra XD

Auguri, gioia. ♥

 

Buona lettura :3

 

 

 

 

 

 

...right till the end

 

 

 

 

 

 

 

Il primo compleanno fuori casa era il momento di passaggio tra l’essere un ‘ragazzo’ e l’essere un ‘adulto’.

O, almeno, Yuzo lo stava vivendo in questo modo. Okay che aveva festeggiato già il seijin no hi con i suoi amici a gennaio, ma i vent’anni non li aveva ancora compiuti allora e quindi, anche se avevano fatto bisboccia ufficiale per la prima volta, lui si era sentito sempre un po’ a cavallo tra le due sponde.

Per l’occasione, la Federazione aveva dato un paio di giorni liberi ai neomaggiorenni, poi tutti erano rientrati nelle rispettive città di adozione calcistica e gli allenamenti erano ripresi a pieno regime. Dovevano farsi le ossa, erano novellini e gli allenatori – soprattutto quello dei portieri – non davano tregua. L’obiettivo era farli arrivare in fretta al livello degli altri compagni più grandi.

Yuzo ci si stava impegnando molto, e l’impegno era quasi al novanta per cento composto da sacrificio.

Tra cui rinunciare al suo compleanno a Nankatsu, per esempio.

Tanto non ci sarebbe stato nessuno con cui festeggiarlo, comunque, a parte la famiglia: gli amici erano tutti impegnati negli allenamenti, esattamente come lui. Una magra consolazione. E forse da un lato era pure meglio: avrebbe potuto fingersi preso dalla preparazione atletica e simulare un po’ di studiata indifferenza.

Tattica che aveva attuato già dalla mattina, quando erano iniziati ad arrivare i primi messaggi di auguri.

Hajime, Teppei, Ryo, Shingo. Manabu era stato il primo in assoluto, a mezzanotte spaccata, e Genzo gli aveva mandato un vocale.

E poi Takeshi che gli aveva fatto trovare la colazione pronta, quella mattina, ma che purtroppo aveva già degli impegni per la serata.

Anche se non come al solito, il calore dei suoi amici non era mancato, e forse questo un po’ aveva stemperato la malinconia della tradizione che veniva messa da parte. A Nankatsu, i compleanni li festeggiavano andando in giro per la città tutti insieme, dopo l’allenamento. Mangiavano qualcosa ai chioschetti, si raggruppavano al parco e poi spuntava sempre una torta da dividere e una candelina da spegnere. Poteva sembrare una sciocchezza, ma a lui piaceva.

Quella sera, però, lo aspettava un compleanno solitario a casa. Takeshi era scappato via subito dopo gli allenamenti e Yuzo aveva già deciso che, preda della depressione da tradizione mancata, avrebbe ordinato del cibo da asporto e al diavolo tutto. Un po’ di consolazione calorica era quello che ci voleva; si sarebbe piantato sul divano a guardare qualcosa su Netflix e poi sarebbe andato a dormire. Un programmino semplice e banale, ma lineare.

Quando scese dal bus però, e diede un’occhiata al cellulare, tirò un lungo sospiro un po’ dispiaciuto: Mamoru non si era fatto sentire; poco ma sicuro che quel rimbambito se n’era dimenticato.

Da che si era trasferito a Yokohama si era mostrato sempre super-impegnato; le foto su Instagram parlavano da sole. Lui sì che si era ambientato bene nella nuova città, tanto da invidiargli un po’ quell’abile capacità di adattamento e di accettare il nuovo a braccia sempre aperte.

Yuzo invece sapeva di essere troppo abitudinario, a volte, troppo legato ai bei ricordi, che spesso faticava a crearsene di nuovi. Magari quell’avventura a Shimizu-ku gli sarebbe stata di aiuto da quel punto di vista e l’avrebbe sciolto un po’, aperto di più al mondo.

Ma non quella sera!

Quella sera divano, comfort food e serie tv per ammazzare la malinconia.

Yuzo prese le chiavi dalla tasca laterale del borsone, varcò la soglia del cancelletto sempre aperto e quando alzò lo sguardo s’arrestò un istante per la sorpresa di trovare una figura seduta sulle scalette di casa.

«…sorpresa?» Mamoru aveva le mani alzate e la faccia di bronzo su un sorriso di scuse.

«Che diavolo fai qui?!»

«Oh, anch’io sto bene. Tu come stai?»

Yuzo afflosciò le spalle e gli lanciò un’occhiata ironica a braccia conserte. «Che hai combinato?»

«Auto in panne. Ero andato a Shizuoka per dei documenti e stavo rientrando. Per fortuna che mi ha lasciato a piedi qui a Shimizu-ku. Ho dovuto chiamare un taxi.»

Mamoru si alzò, dando una ripulita ai jeans. Lui venne avanti. «E perché diavolo non mi hai telefonato?»

«Per vedere l’effetto sorpresa?»

«Genio. E se non fossi stato a casa?»

«Oh, andiamo, e che avevi da fare?! Hai la vita mondana di un tricheco spiaggiato!» Mamoru gli mollò una manata sulla spalla e Yuzo girò piano la testa, stringendo gli occhi e abbozzando un sorriso omicida.

«Ti sei scordato che giorno è oggi, vero?»

L’altro fece vagare lo sguardo da un punto all’altro, stringendo le labbra. «…mercoledì? Il mister mi ha già cazziato per il fatto che arriverò tardi all’allenamento di domattina», concluse con uno sbuffo.

Come volevasi dimostrare; Mamoru era davvero rincoglionito. Yuzo scosse il capo, lasciò perdere, e comunque quella compagnia inaspettata gli faceva piacere anche se si era dimenticato del suo compleanno.

«Dai, vieni dentro, fesso.»

«Ah! Sapevo di poter contare sulla tua ospitalità!»

Mamoru gli mollò uno scappellotto e poi gli avvolse il collo col braccio, costringendolo a piegarsi di lato.

«Sì, ma fammi almeno aprire la porta!»

 

Mollarono i rispettivi borsoni all’ingresso, assieme alle scarpe e alle giacche. Era un marzo stranamente caldo, quello, e si parlava addirittura di fioritura dei ciliegi anticipata.

Mamoru si era già tirato su le maniche della maglia e stava sfregando le mani. «Allora? Che offre Casa Morisaki-Kishida?»

«Manco il tempo di togliermi la giacca e già rompi?»

«Sì, ma l’ospitalità!»

«Ma se ci conosciamo da una vita e mezza?! Devo pure servirti da bere?! Prenditelo da solo!» Yuzo indicò la vetrinetta in cui facevano capolino le prime bottiglie di liquore che lui e Takeshi si erano concessi, e che erano soprattutto regali dai compagni più anziani. «La birra è in frigo. Vuoi anche che te la stappi?»

Mamoru incrociò le braccia al petto e si appoggiò allo stipite della porta della cucina con una spalla. «Stanotte qualcuno ha dormito col culo scoperto», ridacchiò.

«E qualcuno è piombato davanti casa mia senza avvisare.»

«Non avevo voglia di chiudermi in albergo. Lo sai che sono un animale sociale. Almeno facciamo due chiacchiere.»

«Sì, lo so che sei un animale.»

Mamoru alzò gli occhi al soffitto. «Okay, questa te l’ho un po’ servita.»

Yuzo ridacchiò, lo raggiunse sulla porta e si appoggiò allo stipite opposto. «Cosa vuoi per cena?»

Mamoru ammiccò. «Cosa mi cucini?»

«Ah, no. Scordatelo. Stasera le cucine sono chiuse, ordiniamo da asporto.»

«Naaah. Roba cucinata da altri. Che brutta cosa», gnaulò.

«Mi spiace, ma gira così. Non ho la minima voglia di mettermi ai fornelli. Non oggi che è il mio-»

«Non dirmi che è il tuo giorno schifezze-free, vero?!» Mamoru lo prese saldamente per le spalle. «No! Stasera schifezze potenti, eh!»

«Ovvio che stasera ci daremo dentro con il colesterolo!»

«Fiù! Per un attimo avevo temuto di trovarmi davanti ancora le solite verdure, lessi e cibi integrali. Giuro, se mangio un’altra fetta biscottata integrale mi trasformerò in un chicco di farro!»

Risero entrambi e Mamoru tornò ad appoggiarsi alla porta della cucina, sollevò il mento.

«Allora, che avevi in mente per sgarrare di brutto dai dettami calorici dei nostri nutrizionisti?»

«Poi tanto lo so che mi sento in colpa e ordino qualcosa di meno unto di quanto vorrei.»

«A-ah! Non stasera, campione. C’è la tua Fatina delle Cattive Azioni con te.»

«Ti dovrebbero rinchiudere.»

«Nah. Sono troppo bello.»

Yuzo gli mollò un calcio leggero col collo del piede, rise apertamente. «Coglione!»

«Come tua Fatina, dai meravigliosi capelli lunghi e fluenti,» aggiunse l’altro passandosi una mano nella chioma, «il mio Pessimo Consiglio è quello di chiamare il gyozaro zozzone che fa quei ravioli megagalattici che digerisci tra due mesi e poi ci facciamo portare hamburger e patatine così, ehi!, mangiamo anche la verdura. Fritta

«La patata non è una vera verdura.»

«Immagina che lo sia.»

«Il mio povero fegato sta già piangendo.»

«Saranno lacrime di gioia, fidati.»

Yuzo rise ancora ed estrasse il cellulare dalla tasca del pantalone della tuta. Si allontanò dalla porta e iniziò a cercare i numeri per le consegne. «E sia, Fatina cara. Serviti da bere, mentre io chiamo il-»

La porta d’ingresso che veniva aperta con le chiavi lo sorprese, soprattutto quando Takeshi comparve sulla soglia.

«Ehi!» salutò. «Ma non dovevi essere al concerto?»

Kishida si destreggiava a fatica con il borsone e un braccio dietro alla schiena. «C’è stato un problema tecnico e l’hanno rimandato.»

«Ah, peccato. Però, dai, nella sfortuna ti è andata bene; hai visto che abbiamo ospiti?»

«Ehilà!» salutò Mamoru, alzando la mano. Takeshi fece altrettanto, richiudendo la porta alle proprie spalle.

«Izawa! Mi sembrava di aver visto un borsone intruso qui all’ingresso.»

Quello blu dei Marinos era circondato da due neri e arancioni della S-Pulse.

«È rimasto appiedato e stanotte si ferma con noi. Essendo io un puro di cuore, l’ho raccolto come un cagnolino abbandonato.»

Mamoru cercò di mollargli una sberla che evitò con uno scatto degno di un portiere. «La tua acidità, oggi, è sconvolgente!»

«Deve essere l’età», rise Takeshi.

«E a cinquant’anni che mi diventerai? Puffo Brontolone? Io ooodio dire ‘io ooodio’

Yuzo gli mostrò il medio e nemmeno allora si risentì del fatto che Mamoru non avesse colto l’osservazione di Kishida per ricordarsi del suo compleanno. Mamoru era fatto così, a volte aveva la testa troppo persa tra le sue cose, dimenticando il mondo che gli ruotava attorno. Ma non era un problema, era già contento di poter passare una serata in compagnia, quando era stato convinto di trovarsi da solo a scaldare il divano.

«Abbiamo pensato di ordinare schifezze terribili, sei dei nostri?» propose infine anche a Takeshi.

«E lo chiedi?! Però non diciamolo a Tsuda-san, o ce la fa pagare cara.»

«Ci sto! Hamburger e patatine?»

«Andata!»

«Ci pensi tu a fare gli onori di casa?» chiese mentre raggiungeva la propria stanza da letto per chiamare quello dei ravioli. «Altrimenti poi Izawa dice che non siamo ospitali.»

«Senti come se l’è legata al dito!»

Yuzo gli mostrò la lingua e poi chiuse la porta della stanza.

No, non stava andando come era solito festeggiare, ma era felice lo stesso. Un sacco. Perché non aveva avuto alcuna aspettativa, perché non era stato organizzato e perché era contento di poter dividere delle porcherie con gli amici. Forse il suo primo compleanno fuori casa si sarebbe dimostrato meno disastroso di quanto creduto e meno malinconico. Per tutti gli altri avrebbe avuto modo di abituarsi, ma intanto il primo sarebbe scivolato via in maniera più dolce.

Mentre ordinava gli hamburger tramite l’applicazione, sentiva dall’esterno provenire un sacco di rumori e la risata piena di Mamoru che da sola bastava a rendere la casa caotica come neppure a Capodanno.

«Oh! Poco casino di là!» urlò dalla stanza e per un attimo fu tentato di affacciarsi per vedere che diavolo stessero combinando tra tonfi strani, sedie spostate e la televisione accesa a palla chissà su quale programma scrauso. Alla fine, li lasciò fare, e telefonò al negozio di ravioli: in cinque minuti mica avrebbero distrutto casa?

Yuzo lo sperò. Tanto poi avrebbe fatto pulire a loro.

 «Mezz’ora ha detto? Perfetto, grazie.»

Il portiere chiuse la conversazione e lasciò la stanza per tornare in salotto e magari iniziare a preparare la tavola. Non che ci fosse chissà cosa da apparecchiare, ma avrebbero potuto cominciare con lo stappare le birre. Aveva la testa nel cellulare, dal quale controllava lo stato dell’ordine degli hamburger.

«Allora, ravioli tra mezz’ora e il resto tra-»

«Sorpresa!»

Yuzo si bloccò all’improvviso appena spuntato dal corridoio. La testa alzata di scatto e qualcosa gli disse che doveva avere una faccia da triglia.

La grande televisione del salotto era accesa, ma non su un programma come aveva creduto: lo schermo era equamente diviso in tante finestrelle dove c’erano… i suoi amici sparsi per il Giappone che gridavano in maniera scoordinata e confusionaria. Hajime da Tokyo, Teppei da Osaka, Yukari, Kumi, Manabu, Nakazato e Oda insieme da Nankatsu, Hanji, Ryo e Taro da Iwata, Nitta da Chiba, Bear da Hiroshima.

– Auguri, Morisaki-kun!

– Kyaaah! Auguri!

– Oh, raga, controllate che Ryo non mangi tutto!

– Pensa ai fatti tuoi, Hajime!

– E nessuno pensa al povero Misaki?

– Aiutatemi…

«Ah! Le belle chiamate di gruppo su Skype! È così che si festeggiano i compleanni nell’era della tecnologia! Boom-shakalaka!» Mamoru batté il cinque Takeshi e poi gli scoccò un’occhiata piena di supponenza e soddisfazione. Pensavi che me lo fossi scordato, eh? Stava dicendo senza bisogno di parlare.

«Sei una brutta persona.» Yuzo gli puntò l’indice contro, senza smettere di sorridere.

«Lo so!» Mamoru allargò le braccia. «Sono o non sono la tua Fatina delle Cattive Azioni

«Stronzo, te l’eri studiata?» Venne avanti e poi si fermò appena dietro al divano. «Maddai! Anche la torta!»

Sul tavolino ce n’era una con tanto di candelina che faceva bella mostra di sé, e aspettava solo d’essere tagliata.

«Quella l’ha presa Takeshi», spiegò Mamoru e fu facile capire il resto.

«Il concerto era una balla, vero?»

Takeshi fece spallucce e lui si passò le mani sul viso perché non aveva sospettato niente ed era un po’ era emozionato, tanto da non saper che dire di preciso se non un semplice – e forse anche troppo banale: «Grazie, ragazzi…»

– Kawaii!

– Sì, ma non ti commuovere adesso!

– Sei troppo vecchio, Morisaki!

«Ora però vieni a soffiare la candelina o qui mangeremo cera e cioccolata!» Mamoru gli fece cenno di prendere posto nel divano e Yuzo non se lo fece ripetere, ma nel passargli accanto gli mollò una spallata cui il centrocampista ridacchiò e poi gli avvolse il collo col braccio. «Ovvio che me la sono studiata. Questo e altro per il mio portiere preferito.»

«Ripeto: che stronzo!»

«Sì, ma sono lo stronzo migliore dell’universo. Ammettilo.»

«Okay, okay!»

E lo era davvero, ma col cavolo che gli avrebbe dato la soddisfazione.

Yuzo prese posto al centro del divano, i due compagni accanto e tutti gli altri amici distanti fisicamente, ma vicinissimi col cuore e il pensiero. Ognuno di loro aveva una fetta di torta davanti, dalle forme e i gusti più disparati. Perché se no che tradizione è? Aveva detto Ishizaki; Urabe aveva aggiunto che era solo una scusa per fottere la loro dieta. Misaki, nel mezzo, continuava a lanciare occhiate di supplica in cui sperava di venire salvato, prima o poi. Quale dieta? Era stata la domanda di Shingo mentre affondava la forchetta in una fetta enorme di Red Velvet. Quella in cui ti metteranno domani se la mangi tutta! Teppei era stato categorico. Ha parlato pollicino, era stato il fischio di Nitta, sbaglio o quelle sono meringhe?!

Oh, ma se la torta è dietetica che gusto c’è? Era stata la domanda di Kumi che aveva messo tutti d’accordo.

Ridevano, si sfottevano, facevano casino.

Yuzo non aveva mai creduto che lo sport avrebbe finito col donargli degli amici come quelli. Dopo le scuole – o già passando da una scuola all’altra – era facile che le strade si perdessero per non farli incontrare più. Vita divisa in compartimenti stagni dove a ogni ciclo corrispondevano amicizie e conoscenze, che nel prossimo sarebbero state dimenticate.

Le sue, per fortuna, parevano immuni a questi salti esistenziali.

«E allora? Lo esprimi o no questo desiderio? Non so te, ma io voglio una fetta! Agli hamburger ci pensiamo dopo», disse Mamoru, spostando lo sguardo da lui alla torta con copertura di cioccolato fondente, ciuffi di crema chantilly e fragoline. La scritta ‘Auguri portiere’ era uno svirgolo di cioccolato bianco.

Yuzo sorrise, con amici così non c’era davvero molto altro che avrebbe potuto desiderare, tranne forse una cosa.

Prese fiato, soffiò.

Che potessero rimanere per sempre.

 

 

“Tendi la mano,

perché gli amici saranno amici…

…fino alla fine!”

 

Friends will be friends – Queen

 

 


 

Nota Finale: Il 'Seijin no hi' è la festa giapponese in cui tutti i ragazzi che hanno compiuto 20 anni - a partire dal 2 Aprile dell'anno precedente e fino al 1 Aprile dell'anno in corso - festeggiano la maggiore età (che, appunto, in Giappone è di 20 anni ma sarà abbassata a 18 nel 2022). Di solito viene festeggiata il secondo lunedì dell'anno.

 

 

 

   
 
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