Eccomi,
incredibile che io riesca ad aggiornare così in fretta ma
sono successe un paio
di cose per cui ho inaspettatamente guadagnato tempo: mi sono ammalata
(No,
tranquilli, era semplicissima influenza già passata) che mi
ha fatto cominciare
la quarantena prima, sono rimasta bloccata fuori casa, è
cominciata al
quarantena e, dunque, visto che è andato tutto male, mi son
detta sfruttiamo la
situazione per guadagnarci qualcosa di buono, quindi mi sono messa a
scrivere.
Allora,
so che avevo detto che questo probabilmente sarebbe stato
l’ultimo capitolo di
questo arco, ma devo, ahimè, utilizzare un altro punto di
vista per chiudere la
questione.
Comunque per non fossilizzare troppo le cose ho inserito qualcosa per
permettere
ad un’altra trama di andare avanti.
Oltre questo: si, per scrivere le scene d’azione faccio
schifo, non vedo l’ora di
scrivere altre cose in futuro, ma era necessario.
Un bacio e buona lettura,
RLand
Ps-
Ho fatto un po’ di disegni con stili di colorazione diversi
(Digitale, che è
ancora mio nemico; Pastello, in realtà due tipi diversi, di
uno sono soddisfatto,
di uno no; Pantone, che resta per ora il migliore) che probabilmente
inserirò a
coda del capitolo.
IL
Crepuscolo degli Idoli
Quando
non sai che fare: getta un sasso nell’acqua … e
spera rimanga lì.
Jude II
Bellatryx
LaFayett era uguale all’ultima volta che l’aveva
veduta, come se quell’anno non l’avesse mai
toccata, l’unica differenza erano
gli incontrollati ciuffi di capelli neri che invece di scendere
disordinati sul
viso erano serrati in una severa coda cavallina. Per il resto era
rimasta
inalterata, tranne l’aurea, quella
sembrava completamente diversa. Con
la giacca di jeans ed il collo di pelo, sopra pantaloni mimetici ed
anfibi al
ginocchio. Era uguale, eppure tutto di lei ruggiva una notevole
differenza.
Sembrava più fiera, letale e acuta. Non che in passato Bells
non lo fosse
sembrato, almeno in confronto a Bernie, che era sempre così
intimorita dalla
vita.
La Bells dei suoi sogni aveva sorriso, ma non a lui.
Era stata sua madre a condurlo lì, dopo la loro
conversazione nel loro mondo
onirico; “come stai, bello?” aveva domandato
retorica Bells, allungando una
mano per grattare il muso di una bestia che a Jude era sembrata per un
momento
un cavallo, prima di accorgersi che non lo era.
Le zampe anteriori erano da rapace, come la sua testa era di un aquila
ed era
alato … non era un griffone né un pegaso, era
un ippogrifo!
Bells aveva continuato ad accarezzare la bestia, “Va bene, ho
ancora una
barretta, bello!” aveva detto infilando la mano in una borsa
a tracolla ed
estrarre una barretta alla frutta, “Sei proprio affamato eh,
Theos, ti teneva a
pane e acqua” aveva ridacchiato, baciandoli il muso
amichevole. “Adesso
aspettami qui, che devo incontrare qualcuno e non so perché,
bello, ho la
sensazione ti piacerà” aveva detto leggermente
divertita, ma la sua voce
tradiva una certa rigidezza.
“Quella è un cavallo!” aveva esclamato
un ragazzo avvicinandosi a lei, era un
mortale e la foschia doveva ingannare i suoi occhi. “Che ci
fa una ragazzina di
notte con un cavallo in un parcheggio di un motel?” aveva
domandato quello.
Puzzava di alcool, anche se non era materialmente lì Jude
poteva sentirlo, “Mi
hai scoperto sono una squillo minorenne ed ho rimorchiato un cavaliere
medievale” aveva risposto cinica Bells, prima di ridere.
Aveva dato un’altra carezza al becco rigido
dell’ippogrifo, “Non mi avvicinerei
troppo, becca” aveva aggiunto allusiva, mentre si allontanava
appena.
“Becca?” aveva provato il mortale allungando una
mano, ritrovandosi la mano poi
serrata nelle fauci del becco aguzzo della bestia.
Bellatryx aveva scosso il capo e preso una scala per raggiungere un
ballatoio e
Jude l’aveva seguita.
“Dai Bells, hai fatto cose più
difficili” si era ripetuta lei, “Tipo esser
uccisa” c’era una leggera isteria nella sua voce,
“E poi potrò cercare di
contattare le altre” aveva aggiunto, prima di arrestarsi
davanti una porta,
aveva sollevato la manica della giacca per scoprire
sull’avambraccio scritto in
nero un numero, “212B” aveva aggiunto,
“Orual ha detto che il numero era
questo” aveva riflettuto, prima di allungare una mano per
battere contro la
porta della stanza duecentododiciB del motel
‘Crepuscolo’.
Dove si trovava? Perché sua madre glielo stava
facendo vedere?
Una testa viola era sbucata dalla porta, un fantasma! No, un
lare.
“Oh, buna notte signorina, non è un po’
tardi?” si era sentita richiamare, “E
tu saresti?” aveva domandato Bells, “Tu hai
bussato” aveva fatto notare lo
spettro.
“Bellatryx LaFayett, figlia di Nyx” si era
presentata sfacciata lei, “Ho
bisogno di vedere una vecchia amica” aveva detto sicura di
sé.
“Io sono il Dr. Horward, è un piacere
conoscerla” l’aveva palesemente ignorata,
“Ricambio” aveva risposto Bernie, “Ora
potrei …” aveva cominciato ad
ipotizzare, quando la porta si era aperta investendo in pieno lo
spettro e
attraversandola, mentre Bells aveva fatto un passo indietro.
Oh.
Alabaster era comparso sull’uscio della porta.
E Jude era rimasto con il fiato spezzato in gola.
“Torrington, mi aspettavo July Goldenapple” aveva
ammesso ferace Bellatryx,
riconquistando immediatamente la compostezza che aveva perso per un
momento.
Gli occhi verdissimi di Al non avevano avuto un mezzo tentennamento
invece,
“Be, anche io mi sarei aspettato perfino Chris Rodriguez che
te” aveva ammesso
poi.
“Be, un traditore per un altro, spero vada bene
uguale” aveva risposto Bells,
con un sorriso caustico sul viso.
“Pensi si
sveglierà, mai?” aveva sentito una voce.
“Certo che lo farà, prima o poi, quando il suo
spirito sarà pronto a riunirsi
al suo corpo.”
“Immaginavo, Grande Madre Idea, ma confessò che
con quella sua maledizione
forse io avrei già messo fine alla mia vita.”
“Lo hai fatto, ti ricordo. E ti sei anche mutilato senza
remore come tributo”
aveva riso amaramente la prima voce, era femminile.
“Si può smettere di fare l’amore
fisicamente, ma emotivamente?”
“Non saprei sai. Lo so che il mio aspetto mi fa apparire una
creaturina da
cinquecento anni al massimo, Attis, ma sono una dea ultra-millenaria,
credo che
l’ultimo amore della mia vita sia stato intorno ai
sei-o-cinque-mila anni fa.”
“Ma non può lei, che è così
potente, sciogliere il suo male?”
“No”
“No?”
“Una maledizione non è una cosa semplice da
sciogliere, cosa pensi, ragazzino.”
“Ho tre mila e seicento dodici anni, Signora.”
“Undici. Tremila e seicento undici,
Attis, il tuo compleanno non è
ancora arrivato.”
“Bene. Tremila e seicento undici.”
“Comunque un ragazzino ancora in esperto.”
C’era stato un lungo momento di silenzio.
“Be, allora, questa maledizione che mina le
capacità anche della più antica
delle dee.”
“Per favore ragazzino, Gaia è molto più
vecchia di me. E poi cosa pensi: che
pungendomi sull’orgoglio mi muoverai a fare qualcosa che non
posso fare?”
L’altro non aveva risposto.
“Le maledizioni sono un affare oscuro. Una volta lanciate non
possono essere
semplicemente ritirate o annullate con il pensiero. Anche Moros stesso
dovrebbe
ficcarsi le mani in … dove sa lui.”
Si era leggermente spazientita.
“Neanche se ritrovasse la Defissione?”
Sapeva cosa fosse una defissione, glielo aveva spiegato Quilly, era un
modo per
scagliare una maledizione, era quello che era stato usato su di lui,
quando
ancora non era che un bambino urlante.
Tavolette di piombo sottile su cui era incisa una dannazione, fissare
da un
chiodo e gettate nelle profondità delle acqua o della terra,
dove riposavano i
morti.
“Prima di tutto dovrebbe avere la capacità di
spazzolare il fondale di ogni
mare, fiume e lago o ogni tomba da qui all’inizio
dell’universo e trovasse la
sua maledizione … cosa che trovo assai improbabile, tutto
sommato lui resta
ancora umano, figlio di una dea, ma ancora umano.”
“… Ma è figlio di
…”
“Anche solo per questo Ade non avrebbe il minimo interesse
nel favorirlo nel
cercare tra i morti la definissione. Potrebbe
provare con Poseidone, ma
quando mai quel Pesciaiolo in camice hawaiane ha mai trovato
interessante
aiutare qualcuno all’infuori di sé stesso ed i
suoi figli.”
“E se trovasse il dio che gli ha scagliato la
maledizione.”
“Te l’ho detto: una maledizione è un
affare ghignoso, non è semplicemente
questione di uccidere qualcuno.”
Aveva sentito una mano posarsi su di lui, sul suo petto,
“Anche se immagino da
questo simbolo che qualcuno lo abbia illuso del contrario.”
“Questa pendula è una moneta.”
“Non è un pendente, è un amuleto, atto
a mitigare il male che affligge il
ragazzo; però guardala meglio.”
“È una moneta romana, mi pare, da un lato
c’è Harmonia, figlia di Marte.”
“Dall’altro, cosa vedi?”
“L’effige di una signorina di profilo, con un
signor naso. L’epigrafe dice D.
IULIA AQUILIA SEVERA AVG. Un’augusta immagino,
forse la moglie o la madre
di un imperatore.”
“Si, un’augusta moglie di un imperatore. Giulia
Aquilia Severa, ma anche una
Vestale – forse in questa veste te la ricordi
meglio.”
“Una vestale ed anche la moglie di un imperatore? Che
str… oh sì, ricordo.
Meglio suo marito che lei, se devo essere onesto.”
“Che ieri ci ha onorato di una visita a
sorpresa.”
“Non pensi fosse il Sole Invitto?”
“Se il Sole Invitto fosse libero, Attis, posso assicurarti
che te ne
accorgeresti senza ombra di dubbio.”
“Hai cambiato discorso, Grande Madre Idea, stavamo parlando
delle maledizioni.”
“Si, anche trovando modo di porre fine
all’esistenza del dio che lo ha
maledetto, l’incanto non troverebbe soluzione.”
“Quindi è destinato a conviverci per il resto
della vita. Jude Mortimer il
Mortifero.”
“Attius, sei stato vittima tu stesso della maledizione di
Adgistis, sai come
funziona: una maledizione può consumarti, come è
accaduto a te – non
lasciandoti altra possibilità che porre fine alla tua vita,
oppure puoi essere
tu a consumare lei, come è accaduto a Zagreo, che
è diventato la sua
maledizione”
Aveva sentito un bacio toccarlo sulla tempia.
“Allora è condannato a portare sventura a chiunque
ami e che gli sia vicino.
Povera anima, io ero solo figlio della mia angoscia per i tradimenti
compiuti.
A modo mio, ero colpevole.”
“Quasi mai chi è maledetto lo ha meritato, Attis.
Hai tremila e seicento undici
anni, dovresti aver capito ormai come funziona il mondo …
Però …”
“Però?”
“Immagino tu non sia avvezzo alle favole dei mortali, hanno
trattato per secoli
le maledizioni. Hanno scoperto sempre che ogni maledizione ha il suo,
per usare
il loro gergo, cavillo.”
“Uhm …?”
“Tutte le maledizioni possono essere rotte, ma da me, non
dalle mani di chi lo
ha scagliato, forse neanche dalle sue.”
Aveva sentito qualcuno sfiorare le sue dita.
“Non starai facendo riferimento ad una cosa così
fatua come il bacio del vero
amore, Grande Madre Idea?”
“Temo Attis, che se Jude posasse le sue labbra su chi
più lo ama ed ali ama,
troverà null’altro che una morte senza
scampo.”
“E non sai come potrebbe fare?”
“Io no, forse il dio che lo ha maledetto”
“Sai chi è?”
“Non lo capisci da solo, amore mio? Ho sempre pensato fossi
un uomo
intelligente.”
“Se glielo
dicessi
potresti dargli una mano.”
“Non la vuole, davvero, o si sarebbe già
svegliato, alle suppliche della sua
compagna.”
“Ripeto: ho subito una maledizione sulla mia pelle, non era
così crudele come
la sua eppure ha guidato la lama al mio corpo.”
“Se dovesse poi invocare il mio aiuto, come si conviene per
una dea, sarò lieta
di dirgli il nome che vuole, ma fino a quel momento, come Dea non mi
è concesso
intervenire. Per questo, io e te Attis, siamo qui, mentre Atalanta e
Melanione
hanno accompagnato il resto del C.I.B.E.L.E.”
“A proposito di questo: mentre lasciavano questo posto il tuo
viso mi era
sembrato oltremodo turbato.”
“Stavamo per confrontarci in una guerra contro Sciiri e le
forze di Gea.”
“Conosco il tuo viso come i palmi delle mie mani, Signora.
Riconosco ogni ombra
del tuo viso.”
“Strano, mi era parso di recente, che oltre la
virilità ti fossi cavato anche
gli occhi.”
“Sei ingiusta con me.”
“Uno dei nostri ospiti nasconde una più insidiosa
natura.”
“Parli della mezzo-sangue, la figlia di Apollo?
C’era su di lei un’aurea
oscura, anche lei era maledetta?”
“No, su Heather la morte aleggia senza malizia. E no, Attis,
neanche il
satiro.”
“L’arpia, allora.”
“Perché a te quella sembrava
un’arpia?”
“Si?”
“Bene, lavati gli occhi da fonti più limpide,
amore mio. Perché non era che un
aspetto fittizio.”
“Un’ingannatrice?”
“Una dea subdola, che differentemente tra noi può
agire come meglio crede.”
“Un’estranea.”
“Questo concetto: estranei, barbari, stranieri, termini
vuoti. In fin dei conti
Attis anche io sono adottata da un pantheon che mi era estraneo, non
sono nata
né greca né romana.”
“Quindi chi è?”
“Te l’ho detto: una dea subdola.”
“Anche i tuoi occhi sono stati ingannati, vedo, mia
Signora.”
“Sicuramente vedo molto meglio di te, Attis.”
Aveva sentito le voci dei due farsi più lontane, come
sussurri.
Avevano lasciato il suo capezzale.
Jude aveva aperto gli occhi a fatica, sentendo le palpebre
più pesanti di
quanto fosse stato fino a quel momento.
Sentiva tutto il suo corpo intorpidito, come se fosse stato immerso
nell’acqua
gelida; nelle orecchie poteva ancora sentire la voce carezzevole della
sua
divina madre, mischiarsi con quello che avevano detto i due sconosciuti
e le
preghiere di Heather.
Aveva realizzato presto di essere steso un letto morbido, ampio, con un
baldacchino con pesanti tendaggi di porpora che scendevano ad offuscare
la luce
del giorno dalle finestre e coperte rimboccate fin sotto al mento,
ciò che solo
sfuggiva al loro caldo abbraccio era l’amuleto di Quilly.
Ricordò quando l’aveva messo intorno al collo, per
mitigare quel male su cui
non aveva controllo.
Lo aveva preso sentendo suo braccio pesare mortalmente.
Non era arrabbiato con Quilly, sapeva che se la donna avesse potuto
dire la
verità lo avrebbe fatto, ma El-G non lo avrebbe mai permesso.
Che lui avesse mentito, quando lo aveva mandato da Luke, che uccidendo
il dio
che l’aveva maledetto si sarebbe sciolto il suo male.
Alabaster lo aveva confermato, tutto sommato Quilly ed El-G non erano
che dei
diversi.
Jude aveva cercato di alzarsi, sentendo ancora il corpo pesante come un
macigno, mentre con gli occhi spiava la stanza abbandonata
nell’oscurità in
cerca della sua lama, ma l’unico oggetto che aveva trovato
erano state delle
lattine di Dr. Pepper mangiucchiate – Qbert!
Avevano bisogno di lui, Heather, che lo aveva supplicato di
svegliarsi,
Qbert il satiro, paranoico ed Ennoia … la finta arpia,
secondo quanto avevano
detto quei due.
Chi erano poi?
Attis e Grande Madre Idea.
Non conosceva il primo, ma aveva sospetti
sull’identità della seconda.
Ma non avrebbe potuto far comunque nulla, contro di loro, con loro,
né con
Heather, né per la sua maledizione. La Grande Madre Idea
aveva detto che
avrebbe risposto alla sua domanda su chi l’aveva maledetto,
sapeva di dover
porre quella domanda, sua stessa lo aveva spronato a trovare
l’uscita del regno
onirico, promettendoli quella risposta al suo risveglio e Grande Madre
Idea
aveva confermato quello.
Ma non avrebbe
potuto aiutare Heather ne
ottenere il suo nome, se non fosse riuscito a trovare un modo per
sollevarsi
dalla posizione supina.
Ne scoprire perché aveva visto Bells e Alabaster.
“Madre, dammi la forza” la pregò,
ricordando le parole che la stessa avesse
detto, riuscendo con enorme fatica a tirarsi nella posizione seduta.
“Oh! Ti sei svegliato, finalmente” aveva sentito
una voce femminile cinguettare
nel suo orecchio, lì sullo stipite della porta
c’era sua zia Jane, con una gonna
morbida dai motivi floreali ed un vassoio con del succo e dei biscotti,
“Non ne
ero sicura ma ho letteralmente sentito il cambio
nell’aria” aveva stabilito lei
gentile.
Zia Jane non somigliava all’ultima immagine che aveva di lei,
ma una più
lucida, pulita, come nelle lunghe giornate nel Wyoming, quando era
bimbo ed il
male sembrava lontano. Una donna dal viso ambrato e lunghi capelli
biondi
imbevuti del sole, così somigliante ad Alice.
“Zia Jane …” aveva sussurrato lui,
stringendo le coperte tra le dita, la sua
voce era rauca, trovava difficile parlare. “No, tesoro mi
dispiace” aveva detto
la donna, sedendosi al suo capezzale, posando il vassoio su un lato del
letto.
La voce, Jude la riconosceva, era quella che aveva sentito prima.
“Grande Madre Idea” aveva aggiunto poi.
“Be, per essere un tipo taciturno ti ho sentito parlare
parecchio” aveva
ridacchiato la dea, allungando un bicchiere di succo contro di lui.
“La tua amica mi ha detto che non ti piace parlare, in vero,
non ti piace
comunicare con il mondo” aveva detto la Grande Madre Idea,
“Non mi stupisce con
la maledizione che ti tormenta; il linguaggio è il primo
mezzo per entrare in sintonia
con gli altri” aveva aggiunto.
Qualcosa che Jude non aveva mai potuto permettersi.
Aveva abbassato lo sguardo colpevole, guardando le sue mani fin troppo
bianche,
“Dai bevi, ho messo un goccino d’ambrosia in questa
spremuta, così finirai di
risanare il tuo corpo subito e potrai aiutare i tuoi amici”
aveva insistito la
dea.
A Jude non piacevano gli dei, o fidarsi degli dei in generale, mai,
però Grande
Madre Idea sembrava gentile, forse perché indossava il viso
di sua zia.
Aveva fatto scattare lo sguardo verso di lei, allarmato, pensando a
Heather,
Qbert e … Ennoia.
“Si, vedi, i tuoi amici hanno accompagnato i miei adepti al
Castello di Sciro,
hai presente? Per recuperare la stella di Erebo che permette di erigere
una
protezione invulnerabile, che Gea …” la dea aveva
cominciato a spiegare tutta
la storia, di Gaia, di che posto fosse quello, di perché
avessero deciso o meno
di fare quest’azione, però tutta
l’attenzione di Jude era stato catturato dal
nome Sciro.
Anche le tre grigie l’avevano nominato, durante la folle
corsa, dopo il bacio
che Qbert lo aveva costretto a dare, si era anche chiesto
perché avessero
accettato un così ambiguo pagamento.
Avevano detto che Sciro era un posto oltre cui anche loro non potevano
andare e
ricordava avessero detto che anche la figlia della Notte si fosse
trovata nei
confini.
Alabaster le aveva detto che Bernie e Bells erano le prime figlie della
dea Nyx
ad aver camminato sul suolo terrestre in oltre mille e trecento anni.
Certo magari poteva esserne nata una nell’arco di
quell’anno, perché Jude non
credeva che qualcuno potesse scappare alla magia di Al o
l’occhio attento di
Crono.
Perciò non avrebbe potuto essere null’altro che
una delle due, e se Jude non
fosse stato certo fosse Bernie – Ennoia aveva citato un
Arvey, e Jude ricordava
distintamente un certo lestrigone Arvey sempre dietro quella figlia di
Nyx – prima,
dopo il suo sogno ne doveva essere certo.
Si era conservato fino a quel momento la speranza fosse Bells; quando
erano
stati nell’esercito, Jude aveva fiancheggiato le due, ma come
per ogni persona
della sua vita – o quasi –
aveva cercato di tenerla a distanza, ma
dopo Manhattan era fuggito con Bernie.
Erano stati assieme, si erano trovati bene, si erano affezionati.
Per Jude era stato bello, ma aveva capito che l’avrebbe
uccisa in questa
maniera e così l’aveva piantata, dal giorno alla
notte, senza nessun
avvertimento.
Non sapeva perciò come avrebbe dovuto comportarsi poi con
lei.
Non era bravo con le persone.
Non voleva esserlo.
Ma ormai era sicuro fosse Bernie, perché Bells era al
‘Crepuscolo’ con Al, un'altra
persona la cui assenza Jude sentiva come una spada che trafiggeva il
suo petto.
Avrebbe dato tutto per raggiungerlo, ora che sua madre gli aveva fatto
sapere
dove era, ma non poteva, sapeva di non potere, o lo avrebbe ucciso per
davvero.
“Tieni tesoro, stai piangendo” aveva detto la
Grande Madre Idea porgendoli un
fazzoletto. Lui aveva allungato una mano, raccogliendo
l’oggetto per tamponarsi
gli occhi e le guance, non se n’era nemmeno accorto.
“Ora, Jude, bevi o mangia qualcosa, lo dico per il tuo
corpo” lo aveva invitato
la Grande Madre Idea, “La pestilenza ti ha provato sul fisico
ma ha ferito
anche il tuo animo già sanguinante, però hai dato
grande forza d’animo
risvegliandoti” aveva rivelato lei, “Adesso
guarisce le ultime fatiche” aveva
detto.
Jude aveva allungato una mano per raccogliere il bicchiere e berlo di
un solo
sorso sapeva di arancio, ma Jude poteva riconoscere il retrogusto
dell’ambrosia, per il suo gusto ricordavano i french-toast
bruciacchiati da un
lato che venivano serviti sulla Principessa Andromeda durante il turno
di
cucina di Alabaster e la sua squadra.
Si era sentito ristorato nuovamente nel corpo, come nello spirito,
riuscendo
finalmente a muovere le gambe, per poter provare a sgusciare fuori dal
letto,
non percepiva ne nausea ne vertigini. “Ti vedo in
salute” aveva detto la dea,
alzandosi dal letto, dopo aver battuto le mani, “Ora puoi
raggiungere i tuoi
amici, cosa che mi farebbe volentieri bene, oppure andare via, cosa che
mi
dispiacerebbe, o aspettare, qui, con me” aveva commentato con
voce amorevole.
Jude aveva inclinato il capo, chiudendo gli occhi e forzandosi di
sorridere.
“Lo prenderò per un vado dai miei amici”
aveva tradotto la dea,
“Riguardo alla tua spada, la ha presa la tua giovane amica
figlia di Apollo.
Ora, lungi sapere come una figlia del sole possa utilizzare una spada
infernale, ma immagino che le vie scelte dal Fato siano molteplici e
misteriose” aveva aggiunto.
Jude rimase di stucco per un secondo, percependo come la Grande Madre
Idea non
stesse facendo riferimento ad un ipotetico fato, quanto ad una
presenza, in qualche
maniera, più concreta; poi realizzò di percepire
la mancanza del suo ferro.
La spada era stato l’ultimo lascito di sua madre per lui,
quando lo aveva
ricondotto alle braccia di suo padre, era sua, ovunque Jude la
lasciasse o
dimenticasse la spada tornava sempre da lui, una volta
l’aveva anche buttata,
sapeva che cedere volentieri un’arma era l’unico
modo per perderne la potestà,
ma la spada era tornata comunque.
Alabaster aveva valutato che sopra ci fosse intessuto un potente
incantesimo,
la spada era di Jude e non avrebbe mai avuto altro possessore.
Però non era tornata da lui, perciò accettava il
suo temporaneo possessore,
Heather – o Bernie.
Jude poteva chiaramente percepirlo, in quel momento.
Doveva andare.
Forse il suo sguardo lo aveva comunicato alla dea,
“Chiederò ad Attis di
accompagnarti, se vuoi …” ma prima che potesse
aggiungere altro, Jude era
scivolato nell’ombra.
Quando era
riemerso non era sicuro di dove fosse, era lungo un corridoio con una
fila di
finestre bifore, con piccole colonnine sottili, il clangore di piccoli
scontri
rimbombavano in tutto il corridoio.
Non erano lì.
Prima che potesse però scivolare di nuovo in cerca di
Heather, Bernie o
chiunque altro, una voce lo aveva catturato.
“Finalmente riesco a trovare un semideo” aveva
detto un voce cavernosa,
“Sembrano squagliarsi tutti al mio passaggio” aveva
aggiunto, Jude si era
voltato per incrociare una visione che lo aveva lasciato confuso,
“Ma tu non lo
farai vero, sacco di carne?” aveva chiesto retorica.
Era letteralmente una statua, di
una sfumatura ambigua,
però era viva, ogni suo movimento era strano e sinistro da
spiegare, non aveva
giunture mobili ma camminava come un essere umano normale, eppure ogni
suo
gesto sembrava innaturale ed accompagnato da rumori continui di
fratture e
crepitii. L’incarnato, come i capelli, erano eburneo con
nuance d’azzurro, di
vera stoffa erano fatti i vestimenti: una dalmatica d’oro con
clavi purpurei;
l’unica cosa umana rimasta di lei erano i suoi occhi, una
sclera bianca umana
screziata di rosse e iridi di miele sporco[1].
Jude aveva guardato le sue mani. Era fuggito con
così tanta fretta dalla
stanza dalla dimora della Grande Dea Madre, che aveva accidentalmente
dimenticato di prendere un’arma, la forza
dell’abitudine di poter contare sulla
sua lama oscura.
“Oh, sei senza un’arma. Peccato” aveva
detto la donna, avanzando verso di lui,
aveva gambe lunghe e movimenti pesanti, ma nulla scalfiva il suo corpo,
“Allora
permetti di renderlo indolore, non ti conoscono e non ho nulla contro
di te”
aveva detto cercando di essere accomodante, aveva mosso le sue labbra
si erano
curvate in un sorriso sinistro, che aveva sfigurato la sua
faccia la sua
faccia, come se
qualcuno avesse
scalpellato un sorriso sul viso di una statura
dall’espressione sinistra,
accompagnato da una serie di crepe e scricchiolii.
“Siccome sono una donna educata mi presenterò: io
sono Niobe, figlia di
Tantalo” aveva detto la donna ruggente, la sua voce era
difficile da
descrivere, era come sentire nel sottofondo di una pietra battere
contro
un’altra.
Jude era avanzato un passo indietro, cheto, non aveva un’arma
con sé, non
avrebbe potuto fare un altro salto nell’ombra, il suo corpo
era ancora provato
dalla pestilenza ed era su un corridoio di un piano sopraelevato, non
c’era
terra sotto i suoi piedi, non c’era terra per molti metri,
non aveva molte
opzioni … così era finito per fuggire via.
Solo che il pavimento stesso sotto i suoi piedi lo aveva tradito. Niobe
era
pietra ed era in relazione con tutto ciò che la circondava
in qualche maniera,
incluso il pavimento di marmo su cui erano. Il pavimento si scombinava
sotto i
piedi di Jude, letteralmente.
Era letteralmente inciampato nel marmo, quando si era aperta una crepa.
Jude si era tirato
su, dopo aver frenato con i gomiti la sua caduta, quando la punta della
sua
scarpa da ginnastica si era intercettato contro un pezzo di marmo che
era
spuntato dal pavimento come uno spuntone.
Si era messo a carponi cercando di recuperare le sue forze, voleva
sparire tra
le ombre.
“Ti prego giovane mezzosangue, non fuggire” aveva
detto Niobe, il suo tono non
era stato particolarmente collerico, “Ho bisogno di una
sfida” aveva valutato
leggermente offesa.
Jude non aveva per nulla voglia di essere quella sfida, sapeva
combattere, gli
aveva insegnato durante gli anni sulla principessa Andromeda, ma non
era un
guerriero, anche se sua madre gli
aveva
donato una spada.
Uccideva già troppo con la sua maledizione, non voleva
doverlo fare anche attivamente.
Aveva voltato il capo verso Niobe alzando una mano verso di lei a palmo
aperto,
le piante, i germogli, erano troppo lontani perché potesse
farli fiorire, non
era un figlio di Demetra, non aveva quel potere. Si era morso il lato
interno
della guancia, senza la sua spada non aveva una via d’uscita
chiara, inoltre anche
utilizzando l’oscurità della sua maledizione, non
avrebbe potuto nulla contro
Niobe, non era una creatura viva, fatta di carne marcescibile, era
pietra.
Vibrante. Nuda pietra.
“Non sei un chiacchierone, vero?” aveva domandato
retorico Niobe mentre
percorreva i metri
che li separavano, i
suoi talloni nudi battevano come pietra sul marmo dei pavimenti,
“Mi dispiace a
me parlare è sempre piaciuto” aveva valutato
armoniosa Niobe, mentre il suo
viso si modificava ancora con una sedie di crepe e scricchiolii, in un
sorriso
che non aveva nulla di rassicurante.
L’attimo dopo che sulla sua faccia si era schiantata una
palla infuocata.
Il suo viso si era annerito, ma non era stato neanche incrinato.
“Oh! Ci speravo!” aveva squittito una voce che Jude
conosceva bene; aveva fatto
scattare lo sguardo nella direzione opposta di Niobe, riconoscendo il
satiro
dai riccioli serpentini, con la sua fionda da battaglia in mano,
accompagnato
da altre due persone.
Erano due sconosciuti.
Uno aveva una mano fasciata alla men e meglio che non smetteva di far
gocciolare sangue e l’espressione pesta in viso.
“Non è stato carino, ma lo accetto”
aveva detto Niobe con un tono secco, “Voi
siete?” aveva domandato
mentre con le
sue dite eburnee toglieva tracce di bruciature dalla sua faccia,
“Io sono Niobe,
figlia di Tantalo e orba[2]
di moltissimi figli” aveva detto, la sua voce raschiante, si
era incrinata,
appena. Jude era stato confuso per un secondo, gli sembrava che la
donna avesse
due begli occhi molto vispi, oltre che non trovare relazioni precise
con l’avere
o meno figli.
“Oh! Sono così rari i mostri gentili”
aveva valutato uno degli sconosciuti, un
giovane bello dall’aspetto pulito, “Io sono Josh
Melchiorre, figlio di Ermes”
aveva detto il ragazzino, sorridendo splendente, “Loro sono
Qbert e Odoacre”
aveva detto Josh sorridente ammiccando agli altri due.
Jude era scattato in piedi subito.
“Oh ti sei svegliato bell’addormentato!”
lo aveva preso in giro il satiro prima
di zampettare verso di lui per abbracciarlo, un gesto che lo aveva
colto per un
secondo di sorpresa non abituato a tanto gratuito affetto. Aveva
sorriso di
rimando, stringendo tra le braccia il satiro, prima di ricordare la
maledizione
che gravava sulle sue spalle, staccandosi in mediatamente.
“Se possibile la tua anima sembra ancora più
tumultuosa di prima” aveva
valutato a mezza-voce il satiro.
Niobe aveva fatto battere tra loro le sue dita di pietra, evocando un
eco
sinistro e roborante, “Trovo queste scene sempre molto
carine” aveva
commentato, “Anche i miei figli erano così belli e
vivaci, come voi” aveva
raccontato, “Prima che Apollo ed Artemide decidessero di
ucciderli tutti” il
suo tono si era incrinato.
“Oh dei del cielo” aveva commentato offeso Odoacre,
“Ecco, l’ennesimo soldato
di Gea” aveva detto, “Non posso essere stato
l’unico ad aver detto che quella
tizia era pazza” aveva ammesso con un certo disgusto.
Jude aveva guardato nuovamente Niobe che fissava loro con una certa
acredine,
non si sentiva di giudicare la donna di pietra se ciò che
cercava era vendetta
per l’omicidio dei suoi figli, in fin dei conti lui stesso
aveva scelto di
issare il vessillo di Crono in favore di una guerra contro gli olimpi.
Non conosceva Josh.
Non conosceva Odoacre.
E forse conosceva poco anche Qbert.
Però avrebbe voluto dire a Niobe che la capiva,
sì, come avrebbe voluto dirgli
che loro quattro non erano certamente il suo nemico, che non avrebbero
potute
fare nulla contro il volere di Apollo ed Artemide, perché
erano solo uomini,
tra le mani degli Dei. Però come in tutti i grandi momenti
della sua vita, la
voce, le parole, la sua lingua, non riuscivano a tradurre i suoi
pensieri.
Jude non lo sapeva perché fosse nato
così storto, storto in tutto.
Secondo Alabaster – e Quilly – era una
conseguenza della sua maledizione,
un effetto del suo desiderio di voler tenere il mondo fuori, per
volerlo
difendere da lui.
“Senta signora Niobe, noi non abbiamo desideri bellici, il
C.I.B.E.L.E. è un
posto pacifico” aveva detto Josh, l’attimo dopo che
Niobe aveva sollevato una
mano verso di loro, con il dorso verso il pavimento e le dita a coppa,
come se
avesse voluto raccogliere dell’acqua da una fonte, ma poi le
sue dita si erano
sbriciolate come sabbia.
Per un secondo non era accaduto nulla, poi quella stessa sabbia si era
fatta
incandescente, poi una ragnatela di crepe si era frammentata nel
pavimento di
marmo che aveva reso il pavimento sotto i loro piedi morbido come
biscotti
ammorbidi dal latte, prima che una voragine si fosse aperta lungo il
pavimento,
facendoli precipitare al piano di sotto, mentre il corridoio veniva
giù con
loro.
“Nessuna offesa, giovanotti” aveva detto Niobe,
mentre scivolava attraverso i
detriti.
Qbert si era chinato verso Josh la cui gamba si era aperta in un taglio
che
l’attraversava dal ginocchio alla caviglia, tranciando anche
i pantaloni.
“Credo si sia spezzato” aveva detto Josh,
“Dai è solo un taglio, brutto ma un
taglio, ai miei tempi i giovani erano più
resistenti” aveva professato Odoacre,
mentre si toglieva i detriti di dosso, “Parlavo del braccio,
quello sotto la
grossa lastra di Greco Scritto[3]”
aveva strillato il ragazzino.
Jude aveva una mano offesa, per colpa dei detriti ed anche un
lancinante dolore
alla gamba, ma nel peggio di quella situazione, aveva trovato qualcosa
di
positivo.
Non sapeva quanto si fossero avvicinati al suolo ma lo poteva sentire
molto più
vicino, poteva percepirne l’energia.
Si trovava nell’Antelopee Canyon, quasi tutto desertico, ma
poteva sentire la
terra sotto di lei.
Niobe era pietra, inerte e senza vita, ma la terra era viva, era solo
questione
di capire come usarla in quel momento.
“Tanto dolore” aveva valutato Niobe, “Mi
sforzo di essere cortese, eppure vi
guardo e non provo empatia, forse
perché un tempo avevo cuore ed ora ho
solo pietra” aveva rivelato, toccandosi il petto niveo,
“Anche il pensiero dei
miei figli non mi ristora, ne dolore, ne nostalgia” aveva
detto.
“Speravo che aiutare Gea a compiere la sua vendetta, lei che
con me ha visto i
suoi figli distrutti, avrebbe potuto alleviarmi” aveva
aggiunto, “Ma forse
dovrei concentrarmi sulle seguaci di Artemide e la prole di
Apollo?” aveva
ammesso con un tono di voce greve.
Ogni suo passo le lastre di marmo si incrinavano come sotto un peso
incontenibile, mentre fenditure si aprivano in ogni direzione.
“Dopo lo scontro con il cartaginese sono furioso”
si era lamentato Odoacre
tirandosi su, “Potrei provare con il panico ma ho
l’impressione che contro una
donna di pietra possa fare poco” aveva detto Qbert,
lasciandosi sfuggire un
belato di puro terrore.
Jude aveva guardato Josh che dopo aver tirato fuori il braccio dai
detriti
sembrava paralizzato dal dolore, recuperando la sua spada.
Era una lama bastarda di bronzo celeste, più leggera di
quella a cui era
abituato, in qualche modo sapeva sarebbe stata scomoda.
“Giovane mezzosangue non puoi fare nulla per me, con nessuna
delle tue armi”
aveva detto Niobe acre giungendo a poco da lui, tanto che la punta
della lama
aveva vibrato contro la dura epidermide del torso, sotto i vestiti,
della donna
di pietra, “A meno che tu non abbia una
schiacciasassi” aveva valutato con una
punta di divertimento, nonostante quanto avesse detto in precedenza sui
suoi
sentimenti.
Fece un passo indietro, urtando con un piede un frammento di lastra,
La pietra poteva essere spezzata, in qualche maniera.
Sicuramente i mortali avevano i loro modi[4],
ma Jude aveva il suo.
Sorrise divertito verso Niobe e sollevò la mano con cui non
teneva la spada,
schioccando le dita, lasciando confusa la donna, che aveva aggrottato i
suoi
occhi, deformando il suo orrido viso, ma l’attimo dopo era
lei che era scomparsa,
inghiottita in un buco nero.
“Mie dee!” aveva esclamato Odoacre, “Dove
l’hai mandata?” aveva domandato
retorico l’uomo, “20°S 80°E[5]”
aveva risposto, sentendo la sua voce quasi raschiante nella sua gola.
Nell’oceano indiano, non sapeva perché lo aveva
scelto, forse era solo colpa di
un documentario che aveva visto da bambino con Alice, non credeva
comunque che
avrebbero tenuto Niobe lontana per molto, Gea era la madre della terra
e di
certo aveva qualche divinità marina sotto il suo ombrello,
eppure questo forse
avrebbe allontanato abbastanza Niobe da loro, perché
potessero uscire tutti
vivi o forse sarebbe stato il problema di altri mezzosangue.
“Sei un figlio di Ade!” aveva detto sconvolto Josh,
mentre si aggrappava a
Qbert, “Pensavo ne avesse avuti solo due” aveva
commentato, “Tre, se si
considera la romana” aveva aggiunto,
“No!” aveva ammesso Qbert, “Ho annusato
Nico di Angelo” aveva risposto il satiro,
“L’odore di Jude somiglia di più a
quello dei figli di Demetra, anche se più putrido”
aveva proseguito il
satiro, prima di aggiungere con nervosismo: “Senza
offesa, Jude, ti
adoro” aveva confessato spontaneamente.
Jude gli aveva sorriso, “Persefone”
aveva sussurrato.
“Io … wow” aveva ammesso Qbert,
“Non credevo Persefone avesse figli mezzosangue”
aveva detto il satiro, mentre Jude sollevava le spalle, non avendo
risposte a
quello.
Per quel che ne sapeva Jude, Persefone non aveva mai avuto altri figli,
in base
a quello che sapeva della mitologia oltre suo padre ed Ade aveva amato
Adone,
se non ricordava male, perciò forse nel corso del tempo
c’erano stati altri
uomini, quindi forse altri figli.
Ma Crono aveva reso chiaro che Jude, ai giorni attuali, era
l’unico.
Suo padre aveva teorizzato che la maledizione che gli era stata
scagliata fosse
stata ad opera di Ade, ma era stata Persefone stessa a scagionare suo
marito,
Ade era un dio fin troppo ligio al suo dovere per maledire un ragazzino
innocente solo perché figlio di sua moglie.
Anche Quilly aveva confermato che tra i due
signori degli inferi quella più spietata
era Persefone.
E poi il mondo era
piombato in una coltre di oscurità. Un pesante velo, spesso
quanto una coperta
di cotone, era scivolato su di loro, composto di ombre e
oscurità, come se
fosse scesa una notte improvvisa.
Jude si era sentito rinvigorito da quello, aveva sentito la note
vibrargli nel
torace, “Oh mio dio questo dolore è
atroce” aveva piagnucolato Qbert, si,
poteva percepirlo l’angoscia che permeava quel velo, era
sensibile per lui che
era un solo semidio, figurarsi per i satiri che percepivano
l’empatia.
Qualsiasi cosa fosse successa aveva sconvolto Bernie, perché
solo lei avrebbe
potuto fare quello, far sprofondare tutti, per chi sa quante leghe, nel
buio
pesto, solo il potere di una figlia di una dea protogena.
“Immagino sia opera della figlia di Nyx” aveva
valutato Odoacre, cercando a
tentoni Josh nelle ombre, “Deve essere lei” aveva
confermato Qbert con una voce
lacrimosa.
Jude aveva allungato la mano, nonostante sembrasse fitta come una
coperta
l’aria era rimasta intoccabile, eppure lui poteva percepire
con vigore quel
potere, aveva focalizzato tutte le attenzioni sulla punta delle dita
nel
tentativo di rendere tangibile quell’oscura area, poi quando
le aveva sentito,
una ribollente rabbia che fagocitava un dolore sordo, Jude si era
immerso come
sotto l’acqua scrociante di una cascata.
Si era sentito pregno di quell’oscurità, come se
annegasse nelle gelide acque
di un lago, prima di tornare ad un ambiente naturale.
Aveva oltrepassato le ombre di Bernie.
Era stato diverso rispetto quando viaggiava attraverso le sue, non
sapeva
descriverlo bene, ma era stato come indossare un vestito troppo
inamidato.
Poi una forte luce aveva inondato il suo campo visivo, avvolti in quel
buio era
stato come guardare direttamente il sole.
“C’è qualcuno! Ma non sono
loro!”
“Jude!”
Aveva sentito due voci sovrapporsi, ma non era riuscito a capire da
dove
venissero, essendo ancora la sua vista scossa dalla luce.
Poi aveva sentito una mano calda toccare le sue dita.
Gli esseri umani a loro modo erano sempre caldi, ma
in quell’occasione
il calore da cui era stato investito era stato molto, molto
più potente, come
se avesse imitato Muzio Scevole[6].
“Fa male” era riuscito a dire, sfuggendo alla presa
immediatamente, “Scusami!”
aveva detto la voce onesta e Jude l’aveva riconosciuta.
“È un cibeliano?” aveva domandato
un'altra voce, sconosciuta, di uomo, “No, ma
è un amico” aveva confermato Heather.
Socchiudendo gli occhi era in grado anche di guardare cos’era
quella luce, un
informe macchia dall’aspetto di una persona che cominciava
man mano a diminuire,
come se qualcuno avesse regolato l’emissione.
“Scusami Jude, ma il bagliore segue un po’
l’andamento delle mie emozioni ed
ero molto felice di vederti” aveva aggiunto Heather, quando
il suo corpo non
era rimasto altro che un tiepido bagliore, come raggi del sole filtrati
da una
tenda chiara.
Lui aveva aggrottato le sopracciglia, “Non so
perché brillo deve essere una
risposta ai poteri di Bernie” aveva tentato di indovinare lei
i suoi dubbi,
prima di ammiccare allo stangone al suo fianco, un ragazzone dalle
spalle
ampie, biondo con le lentiggine sulla faccia, sembrava lo stereotipo
del
ragazzo cool delle serie tv americane liceali che Alice guardava.
“Jude-Puma, Puma-Jude” aveva detto frettolosa lei,
“Qui siamo tutti amici e
stiamo cercando Bernie, sospettiamo sia vicino al Cartiglio del sole
invitto
quindi prego
seguire la mano luminosa”
aveva detto la figlia di Apollo immediatamente, posandoli una mano poi
sul
braccio, più tiepida.
Jude aggrottò le sopracciglia, era strano ma Heather
sembrava in tutto più mite,
anche la sua espressione frizzantina
sembrava essersi ammorbidita ed anche il sorriso non riusciva a
raggiungere gli
occhi.
“Non sono Qbert o Ennoia, non riesco ad interpretare le tue
sopracciglia” aveva
cercato di sdrammatizzare.
Si, Jude era frustrato da quello, se era sempre stata una cosa di cui
si era
sempre servito, in quel momento lo trovava castrante, c’era
qualcosa che non
andava in Heather e non era il fievole luccichio che permeava la pelle
… ma il
nome dell’arpia aveva immediatamente fatto rizzare tutti i
suoi peli, la Grande
Madre Idea aveva detto fosse una dea travestita.
Aveva afferrato il braccio di Heather, “Okay, questa
è preoccupazione” aveva
mormorato la ragazza, guardando la sua mano sul braccio.
“Non parla molto, eh?” aveva domandato retorico
Puma, “Si, è diciamo che io non
parlo molto il Judese” aveva cercato di giustificarsi la
rossa, “Ma immagino
che la questione possa riguardare Bernie e se così non fosse
può aspettare che
troviamo Bernie?” aveva domandato il ragazzo biondo
avvicinandosi a lui.
Jude aveva annuito freneticamente.
“Perfetto, allora seguite la mano luminosa come se foste
bambini in gita
scolastica” aveva canticchiato, alzando una mano, sul dorso
della sua mano c’era
una luminosa chiazza di rossetto lasciata da quello che doveva essere
un bacio.
Il figlio di Persefone poté sentire i brividi galoppare
sulla sua schiena,
un’idea malsana aveva affollato i suoi pensieri.
“Heather” si era lasciato sfuggire.
Probabilmente non aveva mai parlato così tanto.
Heather, chi ti ha dato quel bacio?
Heather, cosa ti è successo?
Heather, perché puoi trovare il Sol Invitto?
Heather, perché sei tiepida?
La ragazza si era voltata verso di lui, il verde degli occhi
di Heather
sembravano meno accesi, ma non come la prima volta che
l’aveva accidentalmente
incontrata in bagno, con lo sguardo triste rivolto ad
un’immagine
nell’arcobaleno che scompariva, però in quel
momento era diverso.
Era frustrante realizzare che c’era qualcosa che
non andava ma non riusciva
a capire cosa, non riusciva a vedere dove, non riusciva a dirlo.
“La spada” aveva detto alla fine posizionando una
mano sul suo fianco, alla
cintola sprovvista di spada di ferro di Stige e fodero infernale.
Heather era avvampata, “Dei immortali, che
imbarazzo” aveva ammesso, “Lo ho
lasciata a Bernie” aveva ammesso.
“Rossa!
Rossa!” la
loro corsa dietro la figlia di Apollo era stata interrotta da una voce,
Puma si
era frapposto tra lei e l’oscurità con la lama
sguainata, “Per lo sfintere di
Apopi[7]
se non brilli rossa!” aveva detto una voce maschile, a
tentoni dalle tenebre
era giunto un ragazzo dall’incarnato di tek ed i riccioli
nerissimi, teneva con
ambedue le mani un enorme pietra piatta di poco spessore.
“Trevor!” aveva detto Heather,
“Dov’è Bernie?” aveva chiesto
immediatamente
Puma, “Dove è Xander?” aveva risposto di
rimando il ragazzo piccato da
quell’irruenza, “E Polisenna?” aveva
aggiunto.
“Lei ha ritrovato suo fratello, lui è andato a
salvare la ragazza incinta”
aveva risposto alla fine Puma lievemente risentito,
“Bernie?” aveva inquisito
ancora.
Jude poteva percepire l’apprensione nella sua voce.
Trevor stava per rispondere, quando era comparsa un’altra
figura dalle tenebre,
con il viso grigio, le sclere screziate di rosse ed il tanfo della
morte cucito
addosso, un ghoul.
Però non un semplice ghoul.
“Dopo lo scontro con Neottolemo, lei ed Arvey si erano
appartati, ma poi …”
aveva detto con voce spenta Jake Evandor, il mappatore del labirinto.
“Oh, l’amico di Al” aveva valutato
proprio quest’ultimo, prima di essere
afferrato per la
collottola da Puma e
sollevato di qualche centimetro da terra, “Dove cazzo
è Bernie?” aveva ringhiato di
nuovo.
Jude aveva allungato una mano verso di lui picchiettando con le sue
spalle,
attirando la sua attenzione, prima di sollevare la mano e cercare
nuovamente di
rendere tangibile l’oscurità, questa volta non
l’aveva immaginata come acqua in
cui immergersi, ma come spessi fili che si stendevano su di loro.
“Quella Vacca di Hathor[8]”
si era lasciato sfuggire Trevor, “Penso dovremmo
seguirlo” aveva proposto
Heather.
Jude aveva seguito
i fili, guidato dal potere, dove sempre si manifestavano più
intensi ed oscuri
…. Atavici.
Al lo aveva detto, Jude lo ricordava ancora, quando per la prima volta
l’aveva
vista, ‘C’è qualcosa di caotico in loro,
un potere capace di oscurare il
giorno’.
Aveva avuto ragione.
“Non credevo che Bernie fosse così …
tosta, Neottolemo giocava con il fuoco”
aveva sentito Trevor alle sue spalle, “Non è
figlia di Apopi, vero?” aveva
inquisito poi, con una certa cautela.
“No, è figlia di Nyx” aveva rivelato
Heather, “Una dea protogena, della nostra
mitologia” aveva spiegato didascalica.
“Buona o cattiva?” aveva domandato Trevor
sfacciatamente, c’era stato un
momento di esitazione nella voce di Heather e Jude ebbe la sgradevole
certezza
che stesse rivolgendo i suoi occhi verso di lui, perché
riconosceva che forse
il giudizio di uno poteva essere diametrale a quello
dell’altro.
“Neutra direi, è la notte, scende per tutti
uguale. Fredda e splendente” aveva
risposto alla fine Heather, cercando di apparire rispettosa.
Un ragionamento così sarebbe potuto valere anche per suo
padre: Apollo, signore
del sole, musica e medicina, tutte e tre le cose, infondo, non avevano
parti,
appartenevano agli uomini. Eppure Jude non lo avrebbe comunque
considerato un
dio buono.
Neanche Nyx.
Non credevano esistessero dei buoni, neanche sua madre.
Jude aveva deciso di ignorare il resto del discorsi per concentrarsi
solo sul
potere di Bernie, quando aveva sentito Heather chiedere indiscrezioni
sulla
lastra, che Trevor aveva assicurato fosse la manifestazione della
prigione di
una divinità egizia nota come l’Aten.
“Sei sicuro che non contenga il potere del Sol
Invitto?” aveva inquisito,
“Affermativo, è la custodia di Aten, ancora tutta
integra” aveva risposto schietto
l’altro.
Lui aveva
arrestato il suo incedere, quando aveva trovato la fonte di quel
potere,
un’oscura figura, nera come il vantablack[9],
che a malapena
ricordava una figura
umana.
Ai suoi piedi stava la spada oscura di Jude, era bastato che sollevasse
appena
la mano perché questa vibrasse nuovamente alla sua mano, il
movimento aveva
aperto una fenditura nel buio, abbastanza perché
riconoscesse inginocchiata,
adorante, lì vicino, di nere piume Ennoia.
Ora che aveva nuovamente la sua spada in mano si sentiva potente,
l’energia di
Bernie rinvigoriva il suo spirito, nonostante fosse pregna di rabbia e
dolore.
Jude si era avventata sull’arpia con vigore, questa si era
ritratta,
strarnazzante, quasi ad imitare una gallina. A guardarla in quel
momento, con
occhio attento, non riusciva comunque a distinguerla da qualsiasi altra
delle
sue compagne, se non per l’assenza di crine, anche nei
capelli Ennoia aveva una
cascata di piume di pece.
“Tu sveglio! Ennoia molto felice” aveva starnazzato
l’arpia.
Ma Jude non aveva abbandonato la sua spada.
“Ma che ti prende, è solo Ennoia” aveva
cercato di intervenire Heather,
mettendo una mano sulla sua nel tentativo di fargli abbassare la lama.
Ma lui non aveva desistito, prima di inclinare il capo verso la figlia
di Apollo.
Puma, Jake e Trevor erano invece inghiottiti dalla figura oscura che
emanava
quella potenza, “Diva” aveva mormorato Puma, prima
di lanciarsi su di lei, ma
era stato rigettato da quella macchia nera con estrema potenza.
Jude aveva deglutito, sentiva la lingua intorpidita.
“Il sole” era riuscito a dire, solamente.
Heather aveva sbuffato, “Jude, sei un ragazzo pieno di
sorprese ed ho capito
che hai difficoltà ad interagire ma se quella è
Bernie devi venirmi incontro”
aveva detto la ragazza, sembrava esausta.
Lo sapeva.
“Il sole” aveva ripetuto, “Tu
sei il sole” aveva detto poi.
Tu porti la luce, avrebbe voluto aggiungere, con la tua voce hai il
potere di
calmare gli animi.
Prima dell’incontro con Metelda e durante la sua degenza,
l’aveva sentita
intonare con la sua armonica.
“E lei mente” aveva aggiunto con rancore ammiccando
ad Ennoia.
L’arpia aveva assunto una faccia stupita,
ma era stata della durata di
un minuto, prima di curvare le labbra in un sorriso arcigno,
“Ennoia non mente,
Jude, Ennoia è vostra amica” aveva riportato, ma
la voce aveva perso la sua
gentile innocenza, in favore di un tono più stucchevole.
Jude aveva sollevato la spada per colpirla, ma l’arpia era
saltata indietro,
svolazzando le ali oscure, “Jude!” aveva strillato
Heather.
“Ragazzi, non so se lo avete notato ma
c’è un enorme informe palla di materia
oscura” aveva provato Trevor, nervoso, stringendo al petto la
sua pietra.
Jake il ghoul aveva aiutato Puma a sollevarsi, il biondo aveva una
ferita sulla
fronte da cui scivolavano rivoli di sangue, “Che cazzo sta
succedendo a Bernie,
dove cazzo è Arvey?” aveva ringhiato allora il
giovane.
“È stata lei” aveva latrato Jude,
attirando l’attenzione nuovamente su di lui
puntando la lama contro l’arpia. “Ennoia?”
aveva domandato retorica
Heather, sgranando gli occhi, “L-ei è una
… dea” aveva buttato fuori.
La creatura aveva sorriso nuovamente, poi il suo aspetto aveva
cominciato a
mutare nuovamente, le piume nere sul suo capo avevano cominciato a
mutare in
neri capelli di seta, le ali erano rimaste, ma come putrida ribollente
carne
erano sorte due braccia di grigi avorio.
I connotati del viso si erano trasformati in quelli di
un’attraente giovane
donna con iridi gialle e pupille aguzze come serpenti, le piume del suo
corpo
erano scomparse lasciando la carne nuda di un corpo morbido, rovinato
solo
dall’incarnato grigiognolo, l’unica cosa che era
rimasta dell’aria erano le
zampe artigliate da
rapaci, dal
ginocchio in giù.
“Signorina
si
copra!” aveva strillato in imbarazzato Trevor, alludendo alla
nudità della dea,
“Chi cazzo sei?” aveva domandato invece Jake.
Ennoia aveva ridacchiato, “Giovani
d’oggi” aveva detto alla fine, allungando
una mano verso l’oscurità e rendendola tangibile
al suo tocco, molto meglio di
come Jude avrebbe mai potuto fare, e sfilacciandola come una stoffa per
indossarlo sul corpo nudo, le si era plasmato addosso e
l’attimo la dea
indossava una lunga interula[10]
scura puntellata di puntini luminosi, stelle!
Puma aveva aggrottato gli occhi, ma Jude poteva riconoscere la
confusione
albergare sul viso di Heather.
“Grazie, mi ero stufata di parlare in quel mondo demente:
Ennoia vuole questo,
Ennoia vuole quello” aveva ridacchiato quella.
“Tu …” aveva provato Heather,
“Si, io” aveva ghignato la dea, “Ottimo
acume
Jude-carissimo, quando lo hai capito?” aveva domandato lei
avvicinandosi, toccando
con il polpastrello del suo indice
la punta della spada di ferro di stinge, “Sono contenta di
sapere che oltre ad
essere bello sei anche intelligente” aveva ghignato.
Jude aveva strizzato gli occhi, “Ah certo, non lo hai capito
tu, è stata Grande
Madre Idea, sapevo sarebbe stato un rischio, ma ormai ho trovato quello
che
cercavo” aveva detto allusiva la dea, “Non importa
sei comunque abbastanza
carino per permetterti di essere stupido” aveva esclamato.
“Chi cazzo
sei e cosa vuoi?” aveva
domandato allora Heather con irruenza.
“Oh! Io sono Lilith, la Vergine Oscura[11].”
[1]
Allora,
se avete letto questa ff, per tempo questa descrizione potrebbe
‘stonarvi’ però
se tornate al capitolo 6 ho modificato la descrizione di un personaggio
che
appare in quel capitolo (nel sogno di July) per mera esigenza estetica,
mi
piaceva di più l’idea dell’aspetto
marmoreo che di terracotta.
[2]
Ecco: in
italiano non esiste un termine specifico per una persona che rimane
priva di
figli, però in latino esiste ed è Orbus (se lo ho
scritto bene) che in italiano,
Orbo, è finito per diventare ‘mancante di un
occhio’ ma in latino chi era orbo,
non era chi mancava della vita, ma chi aveva una mancanza
così grande che non
avrebbe mai potuto essere sanata e per questo veniva utilizzato per i
genitori
che perdevano i figli. Almeno da quello che mi ricordo delle lezioni di
latino.
Quindi so che il termine è sbagliato, però mi
piaceva molto (avevo pensato di
farlo alla Gladiatore maniera, ‘Padre di un figlio
assassinato’), però
rendendomi conto di questa licenza ho aggiunto Jude che non capisce.
[3]
Il Greco
Scritto è un tipo di marmo, il suo nome deriva dalle
sfumature di colore che
richiamano come forma proprio la scrittura (non è vero, ma
spiegarlo ai
marmologhi è inutile). E che personalmente trovo molto bello.
[4]
Per
esperienza personale vi dico che spezzare una pietra è
davvero, davvero,
difficile. Perfino con un piccone.
[5]
Secondo
GeoHack sono le coordinate dell’oceano Indiano.
[6]
La
celebre legenda (mi pare che lo fosse) di Gaio Muzio Scevola che per
punire il
suo stesso errore mise la sua mano nel fuoco dei sacrifici. Lo so era
una nota
inutile, ma va be.
[7] Apopi è la
divinità delle tenebre, del caos
ed altre cose poco belline (Poi mi pare di aver capito che nelle KC sia
il
cattivo, ma come detto non lo so).
[8]
Sono una
persona pessima, lo so; comunque Hathor per certi versi è il
corrispottivo
egizio di Afrodite (infatti è dea della gioia, della
bellezza e dell’amore),
però è anche chiamata La Signora
dell’Occidente (aka la Signora dei Morti,
perché il regno dei morti era ad occidente del Nilo), che
accoglieva le anime
dei defunti all’aldilà, ma soprattutto era
raffigurata come una vacca. Quindi
si sono pessima.
[9]
Il
vantablack è un materiale nero, ritenuto il secondo
più scuro al mondo.
[10]
Sarebbe
la Camicia medievale, in realtà sarebbe una sottoveste lunga
fino ai piedi con
una scollatura quadrata, era un abbigliamento intimo, comunque non ho
idea del perché
Jude dovrebbe sapere cosa è un’interula.
[11]
Non
avete idea da quanto tempo desiderassi introdurla;
l’iconografia la ho presa da
dal rilievo di Burney (https://it.wikipedia.org/wiki/Rilievo_Burney)
che non sono certi sia Lilith al 100 %, ma ne sono abbastanza sicuri.
Comunque,
non poteva essere una serie con più pantheon e non ficcarci
qualcosa di
Cristiano, anche se ad onor del vero Lilith è una dea
babilonese (e scegliere
lei e non Oannes è stato davvero difficile). Eh, si,
effettivamente Niobe non
era l’antagonista di questa piccola porzione di storia, ma
come ha valutato
Jude: tornerà.
Jude "Il Mortiferaio" Mortimer
Bernie LaFayett
Lilith La Vergine Oscura
Niobe, la donna di pietra
Heather Shine