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Autore: RLandH    14/03/2020    0 recensioni
Da capitolo II:
[...]“E quindi hai pensato che abbandonarmi era meglio?” domandò irascibile lei, “Tesoro, nasciamo, viviamo e moriamo soli. Non è mia abitudine aiutare i mortali, mai, neanche i miei figli. Neanche quelli divini, se per questo” aveva detto con un tono infastidito, continuando a limarsi le unghia.[...]
Da capitolo IX:
[...]Era il figlio al prodigo, aveva bisogno di quel padre a cui aveva voltato le spalle, per uno stupidissimo corvo che non avrebbe potuto fare nulla contro un gigantesco uomo alto venti piedi. Le sentì brucianti le lacrime sulle guance.[...]
July vorrebbe aspettare la fine in pace, Carter si sente perso come mai è stato, Heather è in cerca di qualcosa e Bernie di quella sbagliata.
Se si è cosa si mangia: Arvery è una bella persona; Alabaster, lui è quello furbo. Marlon è un anima innocente e Grace è un mostro dal cuore d’oro.
E quando gli Dei decidono di invocare l'aiuto di quegli stessi figli dannati a cui non hanno mai rivolto lo sguardo, non c'è da stupirsi se il mondo intero va rotoli ...
Buona lettura,
Genere: Angst, Avventura, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio, Dei Minori, Le Cacciatrici, Mostri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Eccomi, incredibile che io riesca ad aggiornare così in fretta ma sono successe un paio di cose per cui ho inaspettatamente guadagnato tempo: mi sono ammalata (No, tranquilli, era semplicissima influenza già passata) che mi ha fatto cominciare la quarantena prima, sono rimasta bloccata fuori casa, è cominciata al quarantena e, dunque, visto che è andato tutto male, mi son detta sfruttiamo la situazione per guadagnarci qualcosa di buono, quindi mi sono messa a scrivere.

Allora, so che avevo detto che questo probabilmente sarebbe stato l’ultimo capitolo di questo arco, ma devo, ahimè, utilizzare un altro punto di vista per chiudere la questione.
Comunque per non fossilizzare troppo le cose ho inserito qualcosa per permettere ad un’altra trama di andare avanti.
Oltre questo: si, per scrivere le scene d’azione faccio schifo, non vedo l’ora di scrivere altre cose in futuro, ma era necessario.
Un bacio e buona lettura,
RLand

Ps- Ho fatto un po’ di disegni con stili di colorazione diversi (Digitale, che è ancora mio nemico; Pastello, in realtà due tipi diversi, di uno sono soddisfatto, di uno no; Pantone, che resta per ora il migliore) che probabilmente inserirò a coda del capitolo.

 

IL Crepuscolo degli Idoli

Quando non sai che fare: getta un sasso nell’acqua … e spera rimanga lì.

Jude II

Bellatryx LaFayett era uguale all’ultima volta che l’aveva veduta, come se quell’anno non l’avesse mai toccata, l’unica differenza erano gli incontrollati ciuffi di capelli neri che invece di scendere disordinati sul viso erano serrati in una severa coda cavallina. Per il resto era rimasta inalterata, tranne l’aurea, quella sembrava completamente diversa. Con la giacca di jeans ed il collo di pelo, sopra pantaloni mimetici ed anfibi al ginocchio. Era uguale, eppure tutto di lei ruggiva una notevole differenza. Sembrava più fiera, letale e acuta. Non che in passato Bells non lo fosse sembrato, almeno in confronto a Bernie, che era sempre così intimorita dalla vita.
La Bells dei suoi sogni aveva sorriso, ma non a lui.
Era stata sua madre a condurlo lì, dopo la loro conversazione nel loro mondo onirico; “come stai, bello?” aveva domandato retorica Bells, allungando una mano per grattare il muso di una bestia che a Jude era sembrata per un momento un cavallo, prima di accorgersi che non lo era.
Le zampe anteriori erano da rapace, come la sua testa era di un aquila ed era alato … non era un griffone né un pegaso, era un ippogrifo!
Bells aveva continuato ad accarezzare la bestia, “Va bene, ho ancora una barretta, bello!” aveva detto infilando la mano in una borsa a tracolla ed estrarre una barretta alla frutta, “Sei proprio affamato eh, Theos, ti teneva a pane e acqua” aveva ridacchiato, baciandoli il muso amichevole. “Adesso aspettami qui, che devo incontrare qualcuno e non so perché, bello, ho la sensazione ti piacerà” aveva detto leggermente divertita, ma la sua voce tradiva una certa rigidezza.
“Quella è un cavallo!” aveva esclamato un ragazzo avvicinandosi a lei, era un mortale e la foschia doveva ingannare i suoi occhi. “Che ci fa una ragazzina di notte con un cavallo in un parcheggio di un motel?” aveva domandato quello.
Puzzava di alcool, anche se non era materialmente lì Jude poteva sentirlo, “Mi hai scoperto sono una squillo minorenne ed ho rimorchiato un cavaliere medievale” aveva risposto cinica Bells, prima di ridere.
Aveva dato un’altra carezza al becco rigido dell’ippogrifo, “Non mi avvicinerei troppo, becca” aveva aggiunto allusiva, mentre si allontanava appena.
“Becca?” aveva provato il mortale allungando una mano, ritrovandosi la mano poi serrata nelle fauci del becco aguzzo della bestia.
Bellatryx aveva scosso il capo e preso una scala per raggiungere un ballatoio e Jude l’aveva seguita.
“Dai Bells, hai fatto cose più difficili” si era ripetuta lei, “Tipo esser uccisa” c’era una leggera isteria nella sua voce, “E poi potrò cercare di contattare le altre” aveva aggiunto, prima di arrestarsi davanti una porta, aveva sollevato la manica della giacca per scoprire sull’avambraccio scritto in nero un numero, “212B” aveva aggiunto, “Orual ha detto che il numero era questo” aveva riflettuto, prima di allungare una mano per battere contro la porta della stanza duecentododiciB del motel ‘Crepuscolo’.
Dove si trovava? Perché sua madre glielo stava facendo vedere?
Una testa viola era sbucata dalla porta, un fantasma! No, un lare.
“Oh, buna notte signorina, non è un po’ tardi?” si era sentita richiamare, “E tu saresti?” aveva domandato Bells, “Tu hai bussato” aveva fatto notare lo spettro.
“Bellatryx LaFayett, figlia di Nyx” si era presentata sfacciata lei, “Ho bisogno di vedere una vecchia amica” aveva detto sicura di sé.
“Io sono il Dr. Horward, è un piacere conoscerla” l’aveva palesemente ignorata, “Ricambio” aveva risposto Bernie, “Ora potrei …” aveva cominciato ad ipotizzare, quando la porta si era aperta investendo in pieno lo spettro e attraversandola, mentre Bells aveva fatto un passo indietro.
Oh.
Alabaster era comparso sull’uscio della porta.
E Jude era rimasto con il fiato spezzato in gola.
“Torrington, mi aspettavo July Goldenapple” aveva ammesso ferace Bellatryx, riconquistando immediatamente la compostezza che aveva perso per un momento.
Gli occhi verdissimi di Al non avevano avuto un mezzo tentennamento invece, “Be, anche io mi sarei aspettato perfino Chris Rodriguez che te” aveva ammesso poi.
“Be, un traditore per un altro, spero vada bene uguale” aveva risposto Bells, con un sorriso caustico sul viso.

 

 

“Pensi si sveglierà, mai?” aveva sentito una voce.
“Certo che lo farà, prima o poi, quando il suo spirito sarà pronto a riunirsi al suo corpo.”
“Immaginavo, Grande Madre Idea, ma confessò che con quella sua maledizione forse io avrei già messo fine alla mia vita.”
“Lo hai fatto, ti ricordo. E ti sei anche mutilato senza remore come tributo” aveva riso amaramente la prima voce, era femminile.
“Si può smettere di fare l’amore fisicamente, ma emotivamente?”
“Non saprei sai. Lo so che il mio aspetto mi fa apparire una creaturina da cinquecento anni al massimo, Attis, ma sono una dea ultra-millenaria, credo che l’ultimo amore della mia vita sia stato intorno ai sei-o-cinque-mila anni fa.”
“Ma non può lei, che è così potente, sciogliere il suo male?”
“No”
“No?”
“Una maledizione non è una cosa semplice da sciogliere, cosa pensi, ragazzino.”
“Ho tre mila e seicento dodici anni, Signora.”
“Undici. Tremila e seicento undici, Attis, il tuo compleanno non è ancora arrivato.”
“Bene. Tremila e seicento undici.”
“Comunque un ragazzino ancora in esperto.”
C’era stato un lungo momento di silenzio.
“Be, allora, questa maledizione che mina le capacità anche della più antica delle dee.”
“Per favore ragazzino, Gaia è molto più vecchia di me. E poi cosa pensi: che pungendomi sull’orgoglio mi muoverai a fare qualcosa che non posso fare?”
L’altro non aveva risposto.
“Le maledizioni sono un affare oscuro. Una volta lanciate non possono essere semplicemente ritirate o annullate con il pensiero. Anche Moros stesso dovrebbe ficcarsi le mani in … dove sa lui.”
Si era leggermente spazientita.
“Neanche se ritrovasse la Defissione?”
Sapeva cosa fosse una defissione, glielo aveva spiegato Quilly, era un modo per scagliare una maledizione, era quello che era stato usato su di lui, quando ancora non era che un bambino urlante.
Tavolette di piombo sottile su cui era incisa una dannazione, fissare da un chiodo e gettate nelle profondità delle acqua o della terra, dove riposavano i morti.


“Prima di tutto dovrebbe avere la capacità di spazzolare il fondale di ogni mare, fiume e lago o ogni tomba da qui all’inizio dell’universo e trovasse la sua maledizione … cosa che trovo assai improbabile, tutto sommato lui resta ancora umano, figlio di una dea, ma ancora umano.”
“… Ma è figlio di …”
“Anche solo per questo Ade non avrebbe il minimo interesse nel favorirlo nel cercare tra i morti la definissione. Potrebbe provare con Poseidone, ma quando mai quel Pesciaiolo in camice hawaiane ha mai trovato interessante aiutare qualcuno all’infuori di sé stesso ed i suoi figli.”
“E se trovasse il dio che gli ha scagliato la maledizione.”
“Te l’ho detto: una maledizione è un affare ghignoso, non è semplicemente questione di uccidere qualcuno.”
Aveva sentito una mano posarsi su di lui, sul suo petto, “Anche se immagino da questo simbolo che qualcuno lo abbia illuso del contrario.”
“Questa pendula è una moneta.”
“Non è un pendente, è un amuleto, atto a mitigare il male che affligge il ragazzo; però guardala meglio.”
“È una moneta romana, mi pare, da un lato c’è Harmonia, figlia di Marte.”
“Dall’altro, cosa vedi?”
“L’effige di una signorina di profilo, con un signor naso. L’epigrafe dice D. IULIA AQUILIA SEVERA AVG. Un’augusta immagino, forse la moglie o la madre di un imperatore.”
“Si, un’augusta moglie di un imperatore. Giulia Aquilia Severa, ma anche una Vestale – forse in questa veste te la ricordi meglio.”
“Una vestale ed anche la moglie di un imperatore? Che str… oh sì, ricordo. Meglio suo marito che lei, se devo essere onesto.”
“Che ieri ci ha onorato di una visita a sorpresa.”
“Non pensi fosse il Sole Invitto?”
“Se il Sole Invitto fosse libero, Attis, posso assicurarti che te ne accorgeresti senza ombra di dubbio.”
“Hai cambiato discorso, Grande Madre Idea, stavamo parlando delle maledizioni.”
“Si, anche trovando modo di porre fine all’esistenza del dio che lo ha maledetto, l’incanto non troverebbe soluzione.”
“Quindi è destinato a conviverci per il resto della vita. Jude Mortimer il Mortifero.”
“Attius, sei stato vittima tu stesso della maledizione di Adgistis, sai come funziona: una maledizione può consumarti, come è accaduto a te – non lasciandoti altra possibilità che porre fine alla tua vita, oppure puoi essere tu a consumare lei, come è accaduto a Zagreo, che è diventato la sua maledizione”
Aveva sentito un bacio toccarlo sulla tempia.
“Allora è condannato a portare sventura a chiunque ami e che gli sia vicino. Povera anima, io ero solo figlio della mia angoscia per i tradimenti compiuti. A modo mio, ero colpevole.”
“Quasi mai chi è maledetto lo ha meritato, Attis. Hai tremila e seicento undici anni, dovresti aver capito ormai come funziona il mondo … Però …”
“Però?”
“Immagino tu non sia avvezzo alle favole dei mortali, hanno trattato per secoli le maledizioni. Hanno scoperto sempre che ogni maledizione ha il suo, per usare il loro gergo, cavillo.”
“Uhm …?”
“Tutte le maledizioni possono essere rotte, ma da me, non dalle mani di chi lo ha scagliato, forse neanche dalle sue.”
Aveva sentito qualcuno sfiorare le sue dita.
“Non starai facendo riferimento ad una cosa così fatua come il bacio del vero amore, Grande Madre Idea?”
“Temo Attis, che se Jude posasse le sue labbra su chi più lo ama ed ali ama, troverà null’altro che una morte senza scampo.”
“E non sai come potrebbe fare?”
“Io no, forse il dio che lo ha maledetto”
“Sai chi è?”
“Non lo capisci da solo, amore mio? Ho sempre pensato fossi un uomo intelligente.”

“Se glielo dicessi potresti dargli una mano.”
“Non la vuole, davvero, o si sarebbe già svegliato, alle suppliche della sua compagna.”
“Ripeto: ho subito una maledizione sulla mia pelle, non era così crudele come la sua eppure ha guidato la lama al mio corpo.”
“Se dovesse poi invocare il mio aiuto, come si conviene per una dea, sarò lieta di dirgli il nome che vuole, ma fino a quel momento, come Dea non mi è concesso intervenire. Per questo, io e te Attis, siamo qui, mentre Atalanta e Melanione hanno accompagnato il resto del C.I.B.E.L.E.”
“A proposito di questo: mentre lasciavano questo posto il tuo viso mi era sembrato oltremodo turbato.”
“Stavamo per confrontarci in una guerra contro Sciiri e le forze di Gea.”
“Conosco il tuo viso come i palmi delle mie mani, Signora. Riconosco ogni ombra del tuo viso.”
“Strano, mi era parso di recente, che oltre la virilità ti fossi cavato anche gli occhi.”
“Sei ingiusta con me.”
“Uno dei nostri ospiti nasconde una più insidiosa natura.”
“Parli della mezzo-sangue, la figlia di Apollo? C’era su di lei un’aurea oscura, anche lei era maledetta?”
“No, su Heather la morte aleggia senza malizia. E no, Attis, neanche il satiro.”
“L’arpia, allora.”
“Perché a te quella sembrava un’arpia?”
“Si?”
“Bene, lavati gli occhi da fonti più limpide, amore mio. Perché non era che un aspetto fittizio.”
“Un’ingannatrice?”
“Una dea subdola, che differentemente tra noi può agire come meglio crede.”
“Un’estranea.”
“Questo concetto: estranei, barbari, stranieri, termini vuoti. In fin dei conti Attis anche io sono adottata da un pantheon che mi era estraneo, non sono nata né greca né romana.”
“Quindi chi è?”
“Te l’ho detto: una dea subdola.”
“Anche i tuoi occhi sono stati ingannati, vedo, mia Signora.”
“Sicuramente vedo molto meglio di te, Attis.”
Aveva sentito le voci dei due farsi più lontane, come sussurri.
Avevano lasciato il suo capezzale.
Jude aveva aperto gli occhi a fatica, sentendo le palpebre più pesanti di quanto fosse stato fino a quel momento.
Sentiva tutto il suo corpo intorpidito, come se fosse stato immerso nell’acqua gelida; nelle orecchie poteva ancora sentire la voce carezzevole della sua divina madre, mischiarsi con quello che avevano detto i due sconosciuti e le preghiere di Heather.
Aveva realizzato presto di essere steso un letto morbido, ampio, con un baldacchino con pesanti tendaggi di porpora che scendevano ad offuscare la luce del giorno dalle finestre e coperte rimboccate fin sotto al mento, ciò che solo sfuggiva al loro caldo abbraccio era l’amuleto di Quilly.
Ricordò quando l’aveva messo intorno al collo, per mitigare quel male su cui non aveva controllo.
Lo aveva preso sentendo suo braccio pesare mortalmente.
Non era arrabbiato con Quilly, sapeva che se la donna avesse potuto dire la verità lo avrebbe fatto, ma El-G non lo avrebbe mai permesso.
Che lui avesse mentito, quando lo aveva mandato da Luke, che uccidendo il dio che l’aveva maledetto si sarebbe sciolto il suo male.
Alabaster lo aveva confermato, tutto sommato Quilly ed El-G non erano che dei diversi.

Jude aveva cercato di alzarsi, sentendo ancora il corpo pesante come un macigno, mentre con gli occhi spiava la stanza abbandonata nell’oscurità in cerca della sua lama, ma l’unico oggetto che aveva trovato erano state delle lattine di Dr. Pepper mangiucchiate – Qbert!
Avevano bisogno di lui, Heather, che lo aveva supplicato di svegliarsi, Qbert il satiro, paranoico ed Ennoia … la finta arpia, secondo quanto avevano detto quei due.
Chi erano poi?
Attis e Grande Madre Idea.
Non conosceva il primo, ma aveva sospetti sull’identità della seconda.
Ma non avrebbe potuto far comunque nulla, contro di loro, con loro, né con Heather, né per la sua maledizione. La Grande Madre Idea aveva detto che avrebbe risposto alla sua domanda su chi l’aveva maledetto, sapeva di dover porre quella domanda, sua stessa lo aveva spronato a trovare l’uscita del regno onirico, promettendoli quella risposta al suo risveglio e Grande Madre Idea aveva confermato quello.
 Ma non avrebbe potuto aiutare Heather ne ottenere il suo nome, se non fosse riuscito a trovare un modo per sollevarsi dalla posizione supina.
Ne scoprire perché aveva visto Bells e Alabaster.
“Madre, dammi la forza” la pregò, ricordando le parole che la stessa avesse detto, riuscendo con enorme fatica a tirarsi nella posizione seduta.
“Oh! Ti sei svegliato, finalmente” aveva sentito una voce femminile cinguettare nel suo orecchio, lì sullo stipite della porta c’era sua zia Jane, con una gonna morbida dai motivi floreali ed un vassoio con del succo e dei biscotti, “Non ne ero sicura ma ho letteralmente sentito il cambio nell’aria” aveva stabilito lei gentile.
Zia Jane non somigliava all’ultima immagine che aveva di lei, ma una più lucida, pulita, come nelle lunghe giornate nel Wyoming, quando era bimbo ed il male sembrava lontano. Una donna dal viso ambrato e lunghi capelli biondi imbevuti del sole, così somigliante ad Alice.
“Zia Jane …” aveva sussurrato lui, stringendo le coperte tra le dita, la sua voce era rauca, trovava difficile parlare. “No, tesoro mi dispiace” aveva detto la donna, sedendosi al suo capezzale, posando il vassoio su un lato del letto.
La voce, Jude la riconosceva, era quella che aveva sentito prima.
“Grande Madre Idea” aveva aggiunto poi.
“Be, per essere un tipo taciturno ti ho sentito parlare parecchio” aveva ridacchiato la dea, allungando un bicchiere di succo contro di lui.
“La tua amica mi ha detto che non ti piace parlare, in vero, non ti piace comunicare con il mondo” aveva detto la Grande Madre Idea, “Non mi stupisce con la maledizione che ti tormenta; il linguaggio è il primo mezzo per entrare in sintonia con gli altri” aveva aggiunto.
Qualcosa che Jude non aveva mai potuto permettersi.
Aveva abbassato lo sguardo colpevole, guardando le sue mani fin troppo bianche, “Dai bevi, ho messo un goccino d’ambrosia in questa spremuta, così finirai di risanare il tuo corpo subito e potrai aiutare i tuoi amici” aveva insistito la dea.
A Jude non piacevano gli dei, o fidarsi degli dei in generale, mai, però Grande Madre Idea sembrava gentile, forse perché indossava il viso di sua zia.
Aveva fatto scattare lo sguardo verso di lei, allarmato, pensando a Heather, Qbert e … Ennoia.
“Si, vedi, i tuoi amici hanno accompagnato i miei adepti al Castello di Sciro, hai presente? Per recuperare la stella di Erebo che permette di erigere una protezione invulnerabile, che Gea …” la dea aveva cominciato a spiegare tutta la storia, di Gaia, di che posto fosse quello, di perché avessero deciso o meno di fare quest’azione, però tutta l’attenzione di Jude era stato catturato dal nome Sciro.
Anche le tre grigie l’avevano nominato, durante la folle corsa, dopo il bacio che Qbert lo aveva costretto a dare, si era anche chiesto perché avessero accettato un così ambiguo pagamento.
Avevano detto che Sciro era un posto oltre cui anche loro non potevano andare e ricordava avessero detto che anche la figlia della Notte si fosse trovata nei confini.
Alabaster le aveva detto che Bernie e Bells erano le prime figlie della dea Nyx ad aver camminato sul suolo terrestre in oltre mille e trecento anni.
Certo magari poteva esserne nata una nell’arco di quell’anno, perché Jude non credeva che qualcuno potesse scappare alla magia di Al o l’occhio attento di Crono.
Perciò non avrebbe potuto essere null’altro che una delle due, e se Jude non fosse stato certo fosse Bernie – Ennoia aveva citato un Arvey, e Jude ricordava distintamente un certo lestrigone Arvey sempre dietro quella figlia di Nyx – prima, dopo il suo sogno ne doveva essere certo.
Si era conservato fino a quel momento la speranza fosse Bells; quando erano stati nell’esercito, Jude aveva fiancheggiato le due, ma come per ogni persona della sua vita – o quasi – aveva cercato di tenerla a distanza, ma dopo Manhattan era fuggito con Bernie.
Erano stati assieme, si erano trovati bene, si erano affezionati.
Per Jude era stato bello, ma aveva capito che l’avrebbe uccisa in questa maniera e così l’aveva piantata, dal giorno alla notte, senza nessun avvertimento.
Non sapeva perciò come avrebbe dovuto comportarsi poi con lei.
Non era bravo con le persone.
Non voleva esserlo.
Ma ormai era sicuro fosse Bernie, perché Bells era al ‘Crepuscolo’ con Al, un'altra persona la cui assenza Jude sentiva come una spada che trafiggeva il suo petto. Avrebbe dato tutto per raggiungerlo, ora che sua madre gli aveva fatto sapere dove era, ma non poteva, sapeva di non potere, o lo avrebbe ucciso per davvero.


“Tieni tesoro, stai piangendo” aveva detto la Grande Madre Idea porgendoli un fazzoletto. Lui aveva allungato una mano, raccogliendo l’oggetto per tamponarsi gli occhi e le guance, non se n’era nemmeno accorto.
“Ora, Jude, bevi o mangia qualcosa, lo dico per il tuo corpo” lo aveva invitato la Grande Madre Idea, “La pestilenza ti ha provato sul fisico ma ha ferito anche il tuo animo già sanguinante, però hai dato grande forza d’animo risvegliandoti” aveva rivelato lei, “Adesso guarisce le ultime fatiche” aveva detto.
Jude aveva allungato una mano per raccogliere il bicchiere e berlo di un solo sorso sapeva di arancio, ma Jude poteva riconoscere il retrogusto dell’ambrosia, per il suo gusto ricordavano i french-toast bruciacchiati da un lato che venivano serviti sulla Principessa Andromeda durante il turno di cucina di Alabaster e la sua squadra.
Si era sentito ristorato nuovamente nel corpo, come nello spirito, riuscendo finalmente a muovere le gambe, per poter provare a sgusciare fuori dal letto, non percepiva ne nausea ne vertigini. “Ti vedo in salute” aveva detto la dea, alzandosi dal letto, dopo aver battuto le mani, “Ora puoi raggiungere i tuoi amici, cosa che mi farebbe volentieri bene, oppure andare via, cosa che mi dispiacerebbe, o aspettare, qui, con me” aveva commentato con voce amorevole.
Jude aveva inclinato il capo, chiudendo gli occhi e forzandosi di sorridere.
“Lo prenderò per un vado dai miei amici” aveva tradotto la dea, “Riguardo alla tua spada, la ha presa la tua giovane amica figlia di Apollo. Ora, lungi sapere come una figlia del sole possa utilizzare una spada infernale, ma immagino che le vie scelte dal Fato siano molteplici e misteriose” aveva aggiunto.
Jude rimase di stucco per un secondo, percependo come la Grande Madre Idea non stesse facendo riferimento ad un ipotetico fato, quanto ad una presenza, in qualche maniera, più concreta; poi realizzò di percepire la mancanza del suo ferro.
La spada era stato l’ultimo lascito di sua madre per lui, quando lo aveva ricondotto alle braccia di suo padre, era sua, ovunque Jude la lasciasse o dimenticasse la spada tornava sempre da lui, una volta l’aveva anche buttata, sapeva che cedere volentieri un’arma era l’unico modo per perderne la potestà, ma la spada era tornata comunque.
Alabaster aveva valutato che sopra ci fosse intessuto un potente incantesimo, la spada era di Jude e non avrebbe mai avuto altro possessore.
Però non era tornata da lui, perciò accettava il suo temporaneo possessore, Heather – o Bernie.
Jude poteva chiaramente percepirlo, in quel momento.
Doveva andare.
Forse il suo sguardo lo aveva comunicato alla dea, “Chiederò ad Attis di accompagnarti, se vuoi …” ma prima che potesse aggiungere altro, Jude era scivolato nell’ombra.

Quando era riemerso non era sicuro di dove fosse, era lungo un corridoio con una fila di finestre bifore, con piccole colonnine sottili, il clangore di piccoli scontri rimbombavano in tutto il corridoio.
Non erano lì.
Prima che potesse però scivolare di nuovo in cerca di Heather, Bernie o chiunque altro, una voce lo aveva catturato.
“Finalmente riesco a trovare un semideo” aveva detto un voce cavernosa, “Sembrano squagliarsi tutti al mio passaggio” aveva aggiunto, Jude si era voltato per incrociare una visione che lo aveva lasciato confuso, “Ma tu non lo farai vero, sacco di carne?” aveva chiesto retorica.
Era letteralmente una statua, di una sfumatura ambigua, però era viva, ogni suo movimento era strano e sinistro da spiegare, non aveva giunture mobili ma camminava come un essere umano normale, eppure ogni suo gesto sembrava innaturale ed accompagnato da rumori continui di fratture e crepitii. L’incarnato, come i capelli, erano eburneo con nuance d’azzurro, di vera stoffa erano fatti i vestimenti: una dalmatica d’oro con clavi purpurei; l’unica cosa umana rimasta di lei erano i suoi occhi, una sclera bianca umana screziata di rosse e iridi di miele sporco[1].
Jude aveva guardato le sue mani. Era fuggito con così tanta fretta dalla stanza dalla dimora della Grande Dea Madre, che aveva accidentalmente dimenticato di prendere un’arma, la forza dell’abitudine di poter contare sulla sua lama oscura.
“Oh, sei senza un’arma. Peccato” aveva detto la donna, avanzando verso di lui, aveva gambe lunghe e movimenti pesanti, ma nulla scalfiva il suo corpo, “Allora permetti di renderlo indolore, non ti conoscono e non ho nulla contro di te” aveva detto cercando di essere accomodante, aveva mosso le sue labbra si erano curvate in un sorriso sinistro, che aveva sfigurato la sua faccia la sua faccia,  come se qualcuno avesse scalpellato un sorriso sul viso di una statura dall’espressione sinistra, accompagnato da una serie di crepe e scricchiolii.
“Siccome sono una donna educata mi presenterò: io sono Niobe, figlia di Tantalo” aveva detto la donna ruggente, la sua voce era difficile da descrivere, era come sentire nel sottofondo di una pietra battere contro un’altra.
Jude era avanzato un passo indietro, cheto, non aveva un’arma con sé, non avrebbe potuto fare un altro salto nell’ombra, il suo corpo era ancora provato dalla pestilenza ed era su un corridoio di un piano sopraelevato, non c’era terra sotto i suoi piedi, non c’era terra per molti metri, non aveva molte opzioni … così era finito per fuggire via.
Solo che il pavimento stesso sotto i suoi piedi lo aveva tradito. Niobe era pietra ed era in relazione con tutto ciò che la circondava in qualche maniera, incluso il pavimento di marmo su cui erano. Il pavimento si scombinava sotto i piedi di Jude, letteralmente.
Era letteralmente inciampato nel marmo, quando si era aperta una crepa.

Jude si era tirato su, dopo aver frenato con i gomiti la sua caduta, quando la punta della sua scarpa da ginnastica si era intercettato contro un pezzo di marmo che era spuntato dal pavimento come uno spuntone.
Si era messo a carponi cercando di recuperare le sue forze, voleva sparire tra le ombre.
“Ti prego giovane mezzosangue, non fuggire” aveva detto Niobe, il suo tono non era stato particolarmente collerico, “Ho bisogno di una sfida” aveva valutato leggermente offesa.
Jude non aveva per nulla voglia di essere quella sfida, sapeva combattere, gli aveva insegnato durante gli anni sulla principessa Andromeda, ma non era un guerriero, anche se sua madre  gli aveva donato una spada.
Uccideva già troppo con la sua maledizione, non voleva doverlo fare anche attivamente.
Aveva voltato il capo verso Niobe alzando una mano verso di lei a palmo aperto, le piante, i germogli, erano troppo lontani perché potesse farli fiorire, non era un figlio di Demetra, non aveva quel potere. Si era morso il lato interno della guancia, senza la sua spada non aveva una via d’uscita chiara, inoltre anche utilizzando l’oscurità della sua maledizione, non avrebbe potuto nulla contro Niobe, non era una creatura viva, fatta di carne marcescibile, era pietra. Vibrante. Nuda pietra.
“Non sei un chiacchierone, vero?” aveva domandato retorico Niobe mentre percorreva  i metri che li separavano, i suoi talloni nudi battevano come pietra sul marmo dei pavimenti, “Mi dispiace a me parlare è sempre piaciuto” aveva valutato armoniosa Niobe, mentre il suo viso si modificava ancora con una sedie di crepe e scricchiolii, in un sorriso che non aveva nulla di rassicurante.
L’attimo dopo che sulla sua faccia si era schiantata una palla infuocata.
Il suo viso si era annerito, ma non era stato neanche incrinato.
“Oh! Ci speravo!” aveva squittito una voce che Jude conosceva bene; aveva fatto scattare lo sguardo nella direzione opposta di Niobe, riconoscendo il satiro dai riccioli serpentini, con la sua fionda da battaglia in mano, accompagnato da altre due persone.
Erano due sconosciuti.
Uno aveva una mano fasciata alla men e meglio che non smetteva di far gocciolare sangue e l’espressione pesta in viso.
“Non è stato carino, ma lo accetto” aveva detto Niobe con un tono secco, “Voi siete?” aveva domandato  mentre con le sue dite eburnee toglieva tracce di bruciature dalla sua faccia, “Io sono Niobe, figlia di Tantalo e orba[2] di moltissimi figli” aveva detto, la sua voce raschiante, si era incrinata, appena. Jude era stato confuso per un secondo, gli sembrava che la donna avesse due begli occhi molto vispi, oltre che non trovare relazioni precise con l’avere o meno figli.
“Oh! Sono così rari i mostri gentili” aveva valutato uno degli sconosciuti, un giovane bello dall’aspetto pulito, “Io sono Josh Melchiorre, figlio di Ermes” aveva detto il ragazzino, sorridendo splendente, “Loro sono Qbert e Odoacre” aveva detto Josh sorridente ammiccando agli altri due.
Jude era scattato in piedi subito.
“Oh ti sei svegliato bell’addormentato!” lo aveva preso in giro il satiro prima di zampettare verso di lui per abbracciarlo, un gesto che lo aveva colto per un secondo di sorpresa non abituato a tanto gratuito affetto. Aveva sorriso di rimando, stringendo tra le braccia il satiro, prima di ricordare la maledizione che gravava sulle sue spalle, staccandosi in mediatamente.
“Se possibile la tua anima sembra ancora più tumultuosa di prima” aveva valutato a mezza-voce il satiro.
Niobe aveva fatto battere tra loro le sue dita di pietra, evocando un eco sinistro e roborante, “Trovo queste scene sempre molto carine” aveva commentato, “Anche i miei figli erano così belli e vivaci, come voi” aveva raccontato, “Prima che Apollo ed Artemide decidessero di ucciderli tutti” il suo tono si era incrinato.
“Oh dei del cielo” aveva commentato offeso Odoacre, “Ecco, l’ennesimo soldato di Gea” aveva detto, “Non posso essere stato l’unico ad aver detto che quella tizia era pazza” aveva ammesso con un certo disgusto.
Jude aveva guardato nuovamente Niobe che fissava loro con una certa acredine, non si sentiva di giudicare la donna di pietra se ciò che cercava era vendetta per l’omicidio dei suoi figli, in fin dei conti lui stesso aveva scelto di issare il vessillo di Crono in favore di una guerra contro gli olimpi.
Non conosceva Josh.
Non conosceva Odoacre.
E forse conosceva poco anche Qbert.
Però avrebbe voluto dire a Niobe che la capiva, sì, come avrebbe voluto dirgli che loro quattro non erano certamente il suo nemico, che non avrebbero potute fare nulla contro il volere di Apollo ed Artemide, perché erano solo uomini, tra le mani degli Dei. Però come in tutti i grandi momenti della sua vita, la voce, le parole, la sua lingua, non riuscivano a tradurre i suoi pensieri.
Jude non lo sapeva perché fosse nato così storto, storto in tutto.
Secondo Alabaster – e Quilly – era una conseguenza della sua maledizione, un effetto del suo desiderio di voler tenere il mondo fuori, per volerlo difendere da lui.
“Senta signora Niobe, noi non abbiamo desideri bellici, il C.I.B.E.L.E. è un posto pacifico” aveva detto Josh, l’attimo dopo che Niobe aveva sollevato una mano verso di loro, con il dorso verso il pavimento e le dita a coppa, come se avesse voluto raccogliere dell’acqua da una fonte, ma poi le sue dita si erano sbriciolate come sabbia.
Per un secondo non era accaduto nulla, poi quella stessa sabbia si era fatta incandescente, poi una ragnatela di crepe si era frammentata nel pavimento di marmo che aveva reso il pavimento sotto i loro piedi morbido come biscotti ammorbidi dal latte, prima che una voragine si fosse aperta lungo il pavimento, facendoli precipitare al piano di sotto, mentre il corridoio veniva giù con loro.
“Nessuna offesa, giovanotti” aveva detto Niobe, mentre scivolava attraverso i detriti.

Qbert si era chinato verso Josh la cui gamba si era aperta in un taglio che l’attraversava dal ginocchio alla caviglia, tranciando anche i pantaloni. “Credo si sia spezzato” aveva detto Josh, “Dai è solo un taglio, brutto ma un taglio, ai miei tempi i giovani erano più resistenti” aveva professato Odoacre, mentre si toglieva i detriti di dosso, “Parlavo del braccio, quello sotto la grossa lastra di Greco Scritto[3]” aveva strillato il ragazzino.
Jude aveva una mano offesa, per colpa dei detriti ed anche un lancinante dolore alla gamba, ma nel peggio di quella situazione, aveva trovato qualcosa di positivo.
Non sapeva quanto si fossero avvicinati al suolo ma lo poteva sentire molto più vicino, poteva percepirne l’energia.
Si trovava nell’Antelopee Canyon, quasi tutto desertico, ma poteva sentire la terra sotto di lei.
Niobe era pietra, inerte e senza vita, ma la terra era viva, era solo questione di capire come usarla in quel momento.
“Tanto dolore” aveva valutato Niobe, “Mi sforzo di essere cortese, eppure vi guardo e non provo empatia, forse perché un tempo avevo cuore ed ora ho solo pietra” aveva rivelato, toccandosi il petto niveo, “Anche il pensiero dei miei figli non mi ristora, ne dolore, ne nostalgia” aveva detto.
“Speravo che aiutare Gea a compiere la sua vendetta, lei che con me ha visto i suoi figli distrutti, avrebbe potuto alleviarmi” aveva aggiunto, “Ma forse dovrei concentrarmi sulle seguaci di Artemide e la prole di Apollo?” aveva ammesso con un tono di voce greve.
Ogni suo passo le lastre di marmo si incrinavano come sotto un peso incontenibile, mentre fenditure si aprivano in ogni direzione.
“Dopo lo scontro con il cartaginese sono furioso” si era lamentato Odoacre tirandosi su, “Potrei provare con il panico ma ho l’impressione che contro una donna di pietra possa fare poco” aveva detto Qbert, lasciandosi sfuggire un belato di puro terrore.
Jude aveva guardato Josh che dopo aver tirato fuori il braccio dai detriti sembrava paralizzato dal dolore, recuperando la sua spada.
Era una lama bastarda di bronzo celeste, più leggera di quella a cui era abituato, in qualche modo sapeva sarebbe stata scomoda.
“Giovane mezzosangue non puoi fare nulla per me, con nessuna delle tue armi” aveva detto Niobe acre giungendo a poco da lui, tanto che la punta della lama aveva vibrato contro la dura epidermide del torso, sotto i vestiti, della donna di pietra, “A meno che tu non abbia una schiacciasassi” aveva valutato con una punta di divertimento, nonostante quanto avesse detto in precedenza sui suoi sentimenti.
Fece un passo indietro, urtando con un piede un frammento di lastra,
La pietra poteva essere spezzata, in qualche maniera.
Sicuramente i mortali avevano i loro modi[4], ma Jude aveva il suo.
Sorrise divertito verso Niobe e sollevò la mano con cui non teneva la spada, schioccando le dita, lasciando confusa la donna, che aveva aggrottato i suoi occhi, deformando il suo orrido viso, ma l’attimo dopo era lei che era scomparsa, inghiottita in un buco nero.
“Mie dee!” aveva esclamato Odoacre, “Dove l’hai mandata?” aveva domandato retorico l’uomo, “20°S 80°E[5]” aveva risposto, sentendo la sua voce quasi raschiante nella sua gola.
Nell’oceano indiano, non sapeva perché lo aveva scelto, forse era solo colpa di un documentario che aveva visto da bambino con Alice, non credeva comunque che avrebbero tenuto Niobe lontana per molto, Gea era la madre della terra e di certo aveva qualche divinità marina sotto il suo ombrello, eppure questo forse avrebbe allontanato abbastanza Niobe da loro, perché potessero uscire tutti vivi o forse sarebbe stato il problema di altri mezzosangue.
“Sei un figlio di Ade!” aveva detto sconvolto Josh, mentre si aggrappava a Qbert, “Pensavo ne avesse avuti solo due” aveva commentato, “Tre, se si considera la romana” aveva aggiunto, “No!” aveva ammesso Qbert, “Ho annusato Nico di Angelo” aveva risposto il satiro, “L’odore di Jude somiglia di più a quello dei figli di Demetra, anche se più putrido” aveva proseguito il satiro, prima di aggiungere con nervosismo: “Senza offesa, Jude, ti adoro” aveva confessato spontaneamente.
Jude gli aveva sorriso, “Persefone” aveva sussurrato.
“Io … wow” aveva ammesso Qbert, “Non credevo Persefone avesse figli mezzosangue” aveva detto il satiro, mentre Jude sollevava le spalle, non avendo risposte a quello.
Per quel che ne sapeva Jude, Persefone non aveva mai avuto altri figli, in base a quello che sapeva della mitologia oltre suo padre ed Ade aveva amato Adone, se non ricordava male, perciò forse nel corso del tempo c’erano stati altri uomini, quindi forse altri figli.
Ma Crono aveva reso chiaro che Jude, ai giorni attuali, era l’unico.
Suo padre aveva teorizzato che la maledizione che gli era stata scagliata fosse stata ad opera di Ade, ma era stata Persefone stessa a scagionare suo marito, Ade era un dio fin troppo ligio al suo dovere per maledire un ragazzino innocente solo perché figlio di sua moglie.
Anche Quilly aveva confermato che tra i due  signori degli inferi quella più spietata  era Persefone.

E poi il mondo era piombato in una coltre di oscurità. Un pesante velo, spesso quanto una coperta di cotone, era scivolato su di loro, composto di ombre e oscurità, come se fosse scesa una notte improvvisa.
Jude si era sentito rinvigorito da quello, aveva sentito la note vibrargli nel torace, “Oh mio dio questo dolore è atroce” aveva piagnucolato Qbert, si, poteva percepirlo l’angoscia che permeava quel velo, era sensibile per lui che era un solo semidio, figurarsi per i satiri che percepivano l’empatia.
Qualsiasi cosa fosse successa aveva sconvolto Bernie, perché solo lei avrebbe potuto fare quello, far sprofondare tutti, per chi sa quante leghe, nel buio pesto, solo il potere di una figlia di una dea protogena.
“Immagino sia opera della figlia di Nyx” aveva valutato Odoacre, cercando a tentoni Josh nelle ombre, “Deve essere lei” aveva confermato Qbert con una voce lacrimosa.
Jude aveva allungato la mano, nonostante sembrasse fitta come una coperta l’aria era rimasta intoccabile, eppure lui poteva percepire con vigore quel potere, aveva focalizzato tutte le attenzioni sulla punta delle dita nel tentativo di rendere tangibile quell’oscura area, poi quando le aveva sentito, una ribollente rabbia che fagocitava un dolore sordo, Jude si era immerso come sotto l’acqua scrociante di una cascata.
Si era sentito pregno di quell’oscurità, come se annegasse nelle gelide acque di un lago, prima di tornare ad un ambiente naturale.
Aveva oltrepassato le ombre di Bernie.
Era stato diverso rispetto quando viaggiava attraverso le sue, non sapeva descriverlo bene, ma era stato come indossare un vestito troppo inamidato.
Poi una forte luce aveva inondato il suo campo visivo, avvolti in quel buio era stato come guardare direttamente il sole.
“C’è qualcuno! Ma non sono loro!”
“Jude!”
Aveva sentito due voci sovrapporsi, ma non era riuscito a capire da dove venissero, essendo ancora la sua vista scossa dalla luce.
Poi aveva sentito una mano calda toccare le sue dita.
Gli esseri umani a loro modo erano sempre caldi, ma in quell’occasione il calore da cui era stato investito era stato molto, molto più potente, come se avesse imitato Muzio Scevole[6].
“Fa male” era riuscito a dire, sfuggendo alla presa immediatamente, “Scusami!” aveva detto la voce onesta e Jude l’aveva riconosciuta.
“È un cibeliano?” aveva domandato un'altra voce, sconosciuta, di uomo, “No, ma è un amico” aveva confermato Heather.
Socchiudendo gli occhi era in grado anche di guardare cos’era quella luce, un informe macchia dall’aspetto di una persona che cominciava man mano a diminuire, come se qualcuno avesse regolato l’emissione.
“Scusami Jude, ma il bagliore segue un po’ l’andamento delle mie emozioni ed ero molto felice di vederti” aveva aggiunto Heather, quando il suo corpo non era rimasto altro che un tiepido bagliore, come raggi del sole filtrati da una tenda chiara.
Lui aveva aggrottato le sopracciglia, “Non so perché brillo deve essere una risposta ai poteri di Bernie” aveva tentato di indovinare lei i suoi dubbi, prima di ammiccare allo stangone al suo fianco, un ragazzone dalle spalle ampie, biondo con le lentiggine sulla faccia, sembrava lo stereotipo del ragazzo cool delle serie tv americane liceali che Alice guardava.
“Jude-Puma, Puma-Jude” aveva detto frettolosa lei, “Qui siamo tutti amici e stiamo cercando Bernie, sospettiamo sia vicino al Cartiglio del sole invitto quindi  prego seguire la mano luminosa” aveva detto la figlia di Apollo immediatamente, posandoli una mano poi sul braccio, più tiepida.
Jude aggrottò le sopracciglia, era strano ma Heather sembrava in tutto più  mite, anche la sua espressione frizzantina sembrava essersi ammorbidita ed anche il sorriso non riusciva a raggiungere gli occhi.
“Non sono Qbert o Ennoia, non riesco ad interpretare le tue sopracciglia” aveva cercato di sdrammatizzare.
Si, Jude era frustrato da quello, se era sempre stata una cosa di cui si era sempre servito, in quel momento lo trovava castrante, c’era qualcosa che non andava in Heather e non era il fievole luccichio che permeava la pelle … ma il nome dell’arpia aveva immediatamente fatto rizzare tutti i suoi peli, la Grande Madre Idea aveva detto fosse una dea travestita.
Aveva afferrato il braccio di Heather, “Okay, questa è preoccupazione” aveva mormorato la ragazza, guardando la sua mano sul braccio.
“Non parla molto, eh?” aveva domandato retorico Puma, “Si, è diciamo che io non parlo molto il Judese” aveva cercato di giustificarsi la rossa, “Ma immagino che la questione possa riguardare Bernie e se così non fosse può aspettare che troviamo Bernie?” aveva domandato il ragazzo biondo avvicinandosi a lui.
Jude aveva annuito freneticamente.
“Perfetto, allora seguite la mano luminosa come se foste bambini in gita scolastica” aveva canticchiato, alzando una mano, sul dorso della sua mano c’era una luminosa chiazza di rossetto lasciata da quello che doveva essere un bacio. Il figlio di Persefone poté sentire i brividi galoppare sulla sua schiena, un’idea malsana aveva affollato i suoi pensieri.
“Heather” si era lasciato sfuggire.
Probabilmente non aveva mai parlato così tanto.
Heather, chi ti ha dato quel bacio?
Heather, cosa ti è successo?
Heather, perché puoi trovare il Sol Invitto?
Heather, perché sei tiepida?
La ragazza si era voltata verso di lui, il verde degli occhi di Heather sembravano meno accesi, ma non come la prima volta che l’aveva accidentalmente incontrata in bagno, con lo sguardo triste rivolto ad un’immagine nell’arcobaleno che scompariva, però in quel momento era diverso.
Era frustrante realizzare che c’era qualcosa che non andava ma non riusciva a capire cosa, non riusciva a vedere dove, non riusciva a dirlo.
“La spada” aveva detto alla fine posizionando una mano sul suo fianco, alla cintola sprovvista di spada di ferro di Stige e fodero infernale.
Heather era avvampata, “Dei immortali, che imbarazzo” aveva ammesso, “Lo ho lasciata a Bernie” aveva ammesso.

“Rossa! Rossa!” la loro corsa dietro la figlia di Apollo era stata interrotta da una voce, Puma si era frapposto tra lei e l’oscurità con la lama sguainata, “Per lo sfintere di Apopi[7] se non brilli rossa!” aveva detto una voce maschile, a tentoni dalle tenebre era giunto un ragazzo dall’incarnato di tek ed i riccioli nerissimi, teneva con ambedue le mani un enorme pietra piatta di poco spessore.
“Trevor!” aveva detto Heather, “Dov’è Bernie?” aveva chiesto immediatamente Puma, “Dove è Xander?” aveva risposto di rimando il ragazzo piccato da quell’irruenza, “E Polisenna?” aveva aggiunto.
“Lei ha ritrovato suo fratello, lui è andato a salvare la ragazza incinta” aveva risposto alla fine Puma lievemente risentito, “Bernie?” aveva inquisito ancora.
Jude poteva percepire l’apprensione nella sua voce.
Trevor stava per rispondere, quando era comparsa un’altra figura dalle tenebre, con il viso grigio, le sclere screziate di rosse ed il tanfo della morte cucito addosso, un ghoul.
Però non un semplice ghoul.
“Dopo lo scontro con Neottolemo, lei ed Arvey si erano appartati, ma poi …” aveva detto con voce spenta Jake Evandor, il mappatore del labirinto.
“Oh, l’amico di Al” aveva valutato proprio quest’ultimo, prima di essere afferrato  per la collottola da Puma e sollevato di qualche centimetro da terra, “Dove  cazzo è Bernie?” aveva ringhiato di nuovo.
Jude aveva allungato una mano verso di lui picchiettando con le sue spalle, attirando la sua attenzione, prima di sollevare la mano e cercare nuovamente di rendere tangibile l’oscurità, questa volta non l’aveva immaginata come acqua in cui immergersi, ma come spessi fili che si stendevano su di loro.
Quella Vacca di Hathor[8]” si era lasciato sfuggire Trevor, “Penso dovremmo seguirlo” aveva proposto Heather.

Jude aveva seguito i fili, guidato dal potere, dove sempre si manifestavano più intensi ed oscuri …. Atavici.
Al lo aveva detto, Jude lo ricordava ancora, quando per la prima volta l’aveva vista, ‘C’è qualcosa di caotico in loro, un potere capace di oscurare il giorno’.
Aveva avuto ragione.
“Non credevo che Bernie fosse così … tosta, Neottolemo giocava con il fuoco” aveva sentito Trevor alle sue spalle, “Non è figlia di Apopi, vero?” aveva inquisito poi, con una certa cautela.
“No, è figlia di Nyx” aveva rivelato Heather, “Una dea protogena, della nostra mitologia” aveva spiegato didascalica.
“Buona o cattiva?” aveva domandato Trevor sfacciatamente, c’era stato un momento di esitazione nella voce di Heather e Jude ebbe la sgradevole certezza che stesse rivolgendo i suoi occhi verso di lui, perché riconosceva che forse il giudizio di uno poteva essere diametrale a quello dell’altro.
“Neutra direi, è la notte, scende per tutti uguale. Fredda e splendente” aveva risposto alla fine Heather, cercando di apparire rispettosa.
Un ragionamento così sarebbe potuto valere anche per suo padre: Apollo, signore del sole, musica e medicina, tutte e tre le cose, infondo, non avevano parti, appartenevano agli uomini. Eppure Jude non lo avrebbe comunque considerato un dio buono.
Neanche Nyx.
Non credevano esistessero dei buoni, neanche sua madre.
Jude aveva deciso di ignorare il resto del discorsi per concentrarsi solo sul potere di Bernie, quando aveva sentito Heather chiedere indiscrezioni sulla lastra, che Trevor aveva assicurato fosse la manifestazione della prigione di una divinità egizia nota come l’Aten.
“Sei sicuro che non contenga il potere del Sol Invitto?” aveva inquisito, “Affermativo, è la custodia di Aten, ancora tutta integra” aveva risposto schietto l’altro.

Lui aveva arrestato il suo incedere, quando aveva trovato la fonte di quel potere, un’oscura figura, nera come il vantablack[9],  che a malapena ricordava una figura umana.
Ai suoi piedi stava la spada oscura di Jude, era bastato che sollevasse appena la mano perché questa vibrasse nuovamente alla sua mano, il movimento aveva aperto una fenditura nel buio, abbastanza perché riconoscesse inginocchiata, adorante, lì vicino, di nere piume Ennoia.
Ora che aveva nuovamente la sua spada in mano si sentiva potente, l’energia di Bernie rinvigoriva il suo spirito, nonostante fosse pregna di rabbia e dolore.
Jude si era avventata sull’arpia con vigore, questa si era ritratta, strarnazzante, quasi ad imitare una gallina. A guardarla in quel momento, con occhio attento, non riusciva comunque a distinguerla da qualsiasi altra delle sue compagne, se non per l’assenza di crine, anche nei capelli Ennoia aveva una cascata di piume di pece.
“Tu sveglio! Ennoia molto felice” aveva starnazzato l’arpia.
Ma Jude non aveva abbandonato la sua spada.  
“Ma che ti prende, è solo Ennoia” aveva cercato di intervenire Heather, mettendo una mano sulla sua nel tentativo di fargli abbassare la lama.
Ma lui non aveva desistito, prima di inclinare il capo verso la figlia di Apollo.
Puma, Jake e Trevor erano invece inghiottiti dalla figura oscura che emanava quella potenza, “Diva” aveva mormorato Puma, prima di lanciarsi su di lei, ma era stato rigettato da quella macchia nera con estrema potenza.
Jude aveva deglutito, sentiva la lingua intorpidita.
“Il sole” era riuscito a dire, solamente.
Heather aveva sbuffato, “Jude, sei un ragazzo pieno di sorprese ed ho capito che hai difficoltà ad interagire ma se quella è Bernie devi venirmi incontro” aveva detto la ragazza, sembrava esausta.
Lo sapeva.
“Il sole” aveva ripetuto, “Tu sei il sole” aveva detto poi.
Tu porti la luce, avrebbe voluto aggiungere, con la tua voce hai il potere di calmare gli animi.
Prima dell’incontro con Metelda e durante la sua degenza, l’aveva sentita intonare con la sua armonica.
“E lei mente” aveva aggiunto con rancore ammiccando ad Ennoia.
L’arpia aveva assunto una faccia stupita, ma era stata della durata di un minuto, prima di curvare le labbra in un sorriso arcigno, “Ennoia non mente, Jude, Ennoia è vostra amica” aveva riportato, ma la voce aveva perso la sua gentile innocenza, in favore di un tono più stucchevole.
Jude aveva sollevato la spada per colpirla, ma l’arpia era saltata indietro, svolazzando le ali oscure, “Jude!” aveva strillato Heather.
“Ragazzi, non so se lo avete notato ma c’è un enorme informe palla di materia oscura” aveva provato Trevor, nervoso, stringendo al petto la sua pietra.
Jake il ghoul aveva aiutato Puma a sollevarsi, il biondo aveva una ferita sulla fronte da cui scivolavano rivoli di sangue, “Che cazzo sta succedendo a Bernie, dove cazzo è Arvey?” aveva ringhiato allora il giovane.
“È stata lei” aveva latrato Jude, attirando l’attenzione nuovamente su di lui puntando la lama contro l’arpia. “Ennoia?” aveva domandato retorica Heather, sgranando gli occhi, “L-ei è una … dea” aveva buttato fuori.
La creatura aveva sorriso nuovamente, poi il suo aspetto aveva cominciato a mutare nuovamente, le piume nere sul suo capo avevano cominciato a mutare in neri capelli di seta, le ali erano rimaste, ma come putrida ribollente carne erano sorte due braccia di grigi avorio.
I connotati del viso si erano trasformati in quelli di un’attraente giovane donna con iridi gialle e pupille aguzze come serpenti, le piume del suo corpo erano scomparse lasciando la carne nuda di un corpo morbido, rovinato solo dall’incarnato grigiognolo, l’unica cosa che era rimasta dell’aria erano le zampe  artigliate da rapaci, dal ginocchio in giù.

“Signorina si copra!” aveva strillato in imbarazzato Trevor, alludendo alla nudità della dea, “Chi cazzo sei?” aveva domandato invece Jake.
Ennoia aveva ridacchiato, “Giovani d’oggi” aveva detto alla fine, allungando una mano verso l’oscurità e rendendola tangibile al suo tocco, molto meglio di come Jude avrebbe mai potuto fare, e sfilacciandola come una stoffa per indossarlo sul corpo nudo, le si era plasmato addosso e l’attimo la dea indossava una lunga  interula[10] scura puntellata di puntini luminosi, stelle!
Puma aveva aggrottato gli occhi, ma Jude poteva riconoscere la confusione albergare sul viso di Heather.
“Grazie, mi ero stufata di parlare in quel mondo demente: Ennoia vuole questo, Ennoia vuole quello” aveva ridacchiato quella.
“Tu …” aveva provato Heather, “Si, io” aveva ghignato la dea, “Ottimo acume Jude-carissimo, quando lo hai capito?” aveva domandato lei avvicinandosi,  toccando con il polpastrello del suo indice la punta della spada di ferro di stinge, “Sono contenta di sapere che oltre ad essere bello sei anche intelligente” aveva ghignato.
Jude aveva strizzato gli occhi, “Ah certo, non lo hai capito tu, è stata Grande Madre Idea, sapevo sarebbe stato un rischio, ma ormai ho trovato quello che cercavo” aveva detto allusiva la dea, “Non importa sei comunque abbastanza carino per permetterti di essere stupido” aveva esclamato.
 “Chi cazzo sei e cosa vuoi?” aveva domandato allora Heather con irruenza.
“Oh! Io sono Lilith, la Vergine Oscura[11].”



[1] Allora, se avete letto questa ff, per tempo questa descrizione potrebbe ‘stonarvi’ però se tornate al capitolo 6 ho modificato la descrizione di un personaggio che appare in quel capitolo (nel sogno di July) per mera esigenza estetica, mi piaceva di più l’idea dell’aspetto marmoreo che di terracotta.

[2] Ecco: in italiano non esiste un termine specifico per una persona che rimane priva di figli, però in latino esiste ed è Orbus (se lo ho scritto bene) che in italiano, Orbo, è finito per diventare ‘mancante di un occhio’ ma in latino chi era orbo, non era chi mancava della vita, ma chi aveva una mancanza così grande che non avrebbe mai potuto essere sanata e per questo veniva utilizzato per i genitori che perdevano i figli. Almeno da quello che mi ricordo delle lezioni di latino. Quindi so che il termine è sbagliato, però mi piaceva molto (avevo pensato di farlo alla Gladiatore maniera, ‘Padre di un figlio assassinato’), però rendendomi conto di questa licenza ho aggiunto Jude che non capisce.

[3] Il Greco Scritto è un tipo di marmo, il suo nome deriva dalle sfumature di colore che richiamano come forma proprio la scrittura (non è vero, ma spiegarlo ai marmologhi è inutile). E che personalmente trovo molto bello.

[4] Per esperienza personale vi dico che spezzare una pietra è davvero, davvero, difficile. Perfino con un piccone.

[5] Secondo GeoHack sono le coordinate dell’oceano Indiano.

[6] La celebre legenda (mi pare che lo fosse) di Gaio Muzio Scevola che per punire il suo stesso errore mise la sua mano nel fuoco dei sacrifici. Lo so era una nota inutile, ma va be.

[7]  Apopi è la divinità delle tenebre, del caos ed altre cose poco belline (Poi mi pare di aver capito che nelle KC sia il cattivo, ma come detto non lo so).

[8] Sono una persona pessima, lo so; comunque Hathor per certi versi è il corrispottivo egizio di Afrodite (infatti è dea della gioia, della bellezza e dell’amore), però è anche chiamata La Signora dell’Occidente (aka la Signora dei Morti, perché il regno dei morti era ad occidente del Nilo), che accoglieva le anime dei defunti all’aldilà, ma soprattutto era raffigurata come una vacca. Quindi si sono pessima.

[9] Il vantablack è un materiale nero, ritenuto il secondo più scuro al mondo.

[10] Sarebbe la Camicia medievale, in realtà sarebbe una sottoveste lunga fino ai piedi con una scollatura quadrata, era un abbigliamento intimo, comunque non ho idea del perché Jude dovrebbe sapere cosa è un’interula.

[11] Non avete idea da quanto tempo desiderassi introdurla; l’iconografia la ho presa da dal rilievo di Burney (https://it.wikipedia.org/wiki/Rilievo_Burney) che non sono certi sia Lilith al 100 %, ma ne sono abbastanza sicuri. Comunque, non poteva essere una serie con più pantheon e non ficcarci qualcosa di Cristiano, anche se ad onor del vero Lilith è una dea babilonese (e scegliere lei e non Oannes è stato davvero difficile). Eh, si, effettivamente Niobe non era l’antagonista di questa piccola porzione di storia, ma come ha valutato Jude: tornerà.
















Jude "Il Mortiferaio" Mortimer

Bernie LaFayett

Lilith La Vergine Oscura

Niobe, la donna di pietra

Heather Shine
   
 
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