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Autore: stellinabg    17/03/2020    0 recensioni
Conoscere Monica ha aperto in Denver una serie di pensieri contrapposti: la presa di coscienza dei sentimenti che prova, in opposizione alla consapevolezza di non potersi abbandonare agli stessi.
"Doveva piantarla di farsi i suoi viaggi mentali [...] e concentrarsi sul piano. Solo su quello."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Denver, Monica Gaztambide
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Dagli questo per favore…!»

Denver non era mai stato un tipo sveglio, non a caso la sua vita era stata una collezione continua di errori e situazioni di merda che lo avevano condotto a fare di quella rapina la sua via d’uscita dall’ennesima cazzata: ed infatti, quel colpo rappresentava la sua unica speranza per potersi salvare da un tizio che voleva fargli la pelle perché non aveva i soldi per ripagarlo della roba che gli aveva perso.
Ma anche in quella situazione, era riuscito a complicare ogni cosa: perché sì, Monica poteva aver rubato quel cellulare, portando Berlino a ordinare a Denver di ucciderla, ma se lui non l’avesse fermata tanto a lungo con discorsi in cui non si sarebbe dovuto intromettere, probabilmente le cose avrebbero preso una piega ben diversa. Che cazzo gli era passato per la mente? Cosa mai poteva interessare a lui se la ragazza avrebbe portato avanti o meno la gravidanza?  Non lo sapeva, così come non riusciva a spiegarsi come mai le avesse risparmiato la vita, mettendo a repentaglio la propria per inscenare la sua morte e tenerla ben nascosta da tutti. Dentro di sé, continuava a ripetersi che era un ladro, non un assassino; tuttavia, era consapevole che stava rischiando troppo. Probabilmente quello sarebbe stato l’ennesimo sbaglio della propria vita e lo sarebbe stato ancora di più se avesse consegnato quel bigliettino ad Arturo da parte di Monica. Eppure, non era riuscito a dirle di no, non nelle condizioni in cui si trovava in quel momento a causa sua. Probabilmente, se la situazione fosse stata diversa, le avrebbe urlato di smetterla di perdere tempo dietro ad un tipo infimo come “Arturito”, il classico ometto di mezz’età che, per sentirsi ancora giovane e desiderabile, l’aveva incastrata in una relazione che non aveva alcun futuro e in cui l’uomo non era così coinvolto come lo era lei. Conosceva poco Monica, anche se negli ultimi giorni era riuscito a comprenderla meglio e, persino per un tipo poco sveglio come lui, era molto chiaro che meritava uno decisamente meglio di quel tipo. Probabilmente persino un tossico come Denver stesso, pieno di problemi e dalla vita dissennata sarebbe stato molto meglio di Arturito. Ma non spettava a lui mettere becco nella sua relazione clandestina; lui era decisamente l’ultimo a poter fare la morale a qualcuno.

Così, con il bigliettino in tasca, Denver raggiunse il luogo in cui il banchiere era pronto per l’operazione, deciso a rispettare il volere della ragazza, ma quel proposito andò completamente in fumo quando sentì Arturo parlare al telefono con la moglie. A quel punto, non seppe dire se era infastidito più da quelle frasette piene di amore e false promesse o se per il fatto che sul finale aveva erroneamente pronunciato il nome di Monica; fatto stava che ancora una volta l’uomo confermava quanto era viscido e falso, del tutto indegno a stare con una persona meravigliosa e coraggiosa come la bionda. Inoltre, Denver non era sicuro di volere che l’uomo conoscesse un segreto tanto importante: finché aveva rivelato tale informazione a sua padre, era un conto, di lui poteva fidarsi ciecamente, ma Arturo avrebbe potuto parlare a sproposito mettendolo in serio pericolo. No, non poteva rischiare.
Fanculo la promessa, non avrebbe messo la propria vista nelle mani di quell’uomo. E poi, in quel modo faceva un favore anche a Monica. Le  avrebbe evitato l’ennesima umiliazione a cui quel tipo continuava a sottoporla con le sue falsità.
Almeno  così era convinto, fino a quando non ritornò nella stanza blindata dove la ragazza attendeva di venire operata da Mosca.

«Hai detto ad Arturo che sto bene? Hai detto ad Arturo che sono viva?»

Non era una novità per Denver non essere in grado di rispondere ad una domanda, così come non era nuovo per lui doversi arrampicare sugli specchi per dare la risposta più giusta. In quel caso non fu diverso: come poteva dirle che non aveva esaudito il suo desiderio dopo che l’aveva messa così tanto a rischio? come poteva confessarle di aver lasciato che le proprie emozioni prendessero il sopravvento? Ma la domanda principale era: perché cazzo Monica pensava a quello lì, quando lottava per la vita e la morte?
Non ne aveva idea. L’unica cosa che sapeva, era che non voleva deluderla, non in un momento del genere Così eccogli ripetere quelle parole che “Arturito” aveva detto al telefono alla moglie, certo che potessero essere di conforto alla ragazza. Ma si sbagliava. Come al solito aveva commesso una delle sue puttanate: non solo le aveva fatto capire di non avergli assolutamente riferito il messaggio, ma Monica aveva persino intuito che l’amante aveva avuto dei contatti con la consorte; perché quella che per Denver pareva un’ottima storiella da raccontarle per rassicurarla, non era altro che uno dei desideri che aveva la donna del banchiere. Ed ecco che ancora una volta il ragazzo si sentì in colpa: quella rivelazione pareva essere una ferita persino più dolorosa dello sparo che aveva colpito la gamba di Monica. Decisamente molto molto di più. Glielo poteva leggere in quel viso che, persino nel momento del pericolo, mai era stato solcato da una così profonda tristezza. E Denver era consapevole che questa volta non c’era alcun modo che potesse rimediare a quell’errore, a parte quello di permetterle di incontrarsi faccia a faccia con l’amante. E sebbene detestasse molto l’idea, ancora una volta, per il bene della ragazza, si ritrovò a fare qualcosa che, probabilmente in una situazione diversa, non avrebbe mai fatto nemmeno sotto tortura. Ma d’altronde, le parole che Monica gli aveva rivolto qualche ora prima che prendesse quella decisione, avevano spazzato via l’illusione che si era creato in testa che tra loro due si fosse instaurato un certo tipo di legame. Credeva che Monica avesse iniziato a provare simpatia nei suoi confronti, ma evidentemente la sua stupidità gli aveva fatto fraintendere ogni cosa. Monica non aveva alcuna stima in lui, né le era grata per avergli risparmiato la vita…No, nulla di tutto ciò. Si sentiva umiliata, in trappola come un topo in gabbia, con negato pure il diritto di usare un cesso per fare i bisogni. Come aveva detto lei stessa poteva essere stato “il più bravo dei nazisti”, ma era comunque uno di loro. Lei era un ostaggio, lui un rapinatore e un sequestratore. Nulla di più. E poco importava che l’avesse salvata anche una seconda volta da quel pazzo di Berlino perché rimaneva sempre un tossico buono a nulla, capace solo di fare danni. Decisamente indegno di venire trattato con riconoscenza, figurarsi se poteva pensare di poter suscitare interesse in lei, di poter superare nel suo cuore un direttore di banca che, nonostante fosse una testa di cazzo, viscido e falso, era sempre meglio di una spazzatura come lui. Che poi, perché continuasse a tormentarsi con pensieri del genere o a rischiare la vita per lei, ancora Denver non riusciva a comprenderlo. O meglio, credeva di saperlo, ma non voleva accettarlo. Quale stupido poteva innamorarsi in tre giorni di un ostaggio? E anche se fosse stato, quante possibilità c’erano che anche Monica provasse gli stessi sentimenti per lui? Era una follia persino provare a considerarla un’eventualità del genere, figurarsi se poi potesse realizzarsi sul serio.
Doveva piantarla di farsi i suoi viaggi mentali, peggiori di quelli che si faceva quando era sotto l’effetto delle droga, e concentrarsi sul piano. Solo su quello.
   
 
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