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Autore: Freddie36    17/03/2020    0 recensioni
Il dinamitardo ha colpito di nuovo
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Anderson, John Watson, Lestrade, Sherlock Holmes
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
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Buon giorno a tutti, mi scuso per la mia imperdonabile assenza, ma vi dico sinceramente non sapevo cosa scrivere. In questi giorni sono successe tantissime cose, a parte il coronavirus ma si mettono anche i pacchi bomba che non si sa da dove provengono!
ma tornando a noi, vi auguro buona lettura.

Stavano suonando interrottamente alla porta. Ma cosa sarà mai di così urgente? era impossibile che ci fosse un nuovo caso, altrimenti Sherlock sarebbe stato il primo a saperlo: Lestrade non l'aveva chiamato da giorni e sul giornale a dette di John, non c'era niente; ancora peggio, neanche nella sua casella di posta elettronica.
John entrò trafelato insieme a Lestrade; John, ma quando era andato via? già, era andato a fare la spesa, mancava il latte. Forse anche qualcos'altro... ora Sherlock non ricordava ciò che gli aveva detto.
"Sherlock, aiutami. I giornalisti sono col fiato sul mio collo e io non so dare una risposta, mi chiedo perché non funziona mai con il cosidetto silenzio-stampa" "dev'essere qualcosa di veramente grave, o forse no..." Lestrade lo guardò. "Scotland Yard non riesce a risolvere anche i casi da cique, quindi mi posso aspettare che sia un caso da nulla" Lestrade e Watson gli lanciarono un'ochiataccia; quest'ultimo aprì la bocca per rimproverarlo, ma Holmes alzò gli occhi al cielo. Ormai dovevano conoscere che non diceva sul serio. Sì, rimaneva della sua opinione: Scotlanyard senza di lui non se la sarebbe cavata, ma per un caso da sette o forse più.
"Tre persone sono state gravemente ferite, di cui una è in terapia intensiva, da dei pacchi bomba ricevuti tramite posta; l'indirizzo è sconosciut." "interessante" mormorò Sherlock, unendo le dita sotto il mento pensando. "Questi pacchi sono delle dimensioni di una scatola d'orologi. All'interno si trovava una bomba artigianale, dopo come abbiam potuto capire dalle analisi" John intervenne: "qualche preferenza per Le vittime?" "erano uomini tutt'e tre. tra i 27 ed i 35 anni". "Vorrei vedere la scena" disse Sherlock uscendo dal suo palazzo mentale.
Presero un taxi per andare in Trafalguare street; Anderson e Donnovan erano già lì. Il nastro della polizia era esteso per circa 10 metri, per poi interrompersi per altri cinque, lasciando spazio a due case, e ricominciare per altri tre metri.
"non ha scelto tutte le case..." disse Sherlock piano. "forse perché in entrambe abitavano due donne..." replicò Donnovan. John gli si affiancò; Sherlock prese la lente per guardare la posta. "Avete controllato in casa?" "E perché mai? hanno ricevuto una lettera nella casella postale, non in casa" Lo sbeffeggiò Anderson. Sherlock stava per ribattere con una battuta pungente, ma Lestrade ordinò loro di controllare in casa.
Anderson e Donnovan con uno sbuffo eseguirono. Nelle prime due case non si trovava niente di rilevante, con Gioia di Anderson; invece nella terza casa si trovavano delle impronte vicino alla porta d'entrata. "Saranno del proprietario..." affermò con ovvietà Donnovan. Sherlock la ignorò. "Lestrade hai interrogato le vittime?" "Sono in condizioni pessime, come avrei potuto? e..." "Bene. John, vai con lui. Magari riesci a fare qualcosa affinché recuperino prima le forze" quest'ultimo annuì e uscì con Lestrade dalla porta.
Sherlock rimase da solo con i due impiccioni. "Vorrei che mi descriveste le vittime."  "Tutte tre le vittime hanno i capelli neri, corti, magri, viso affilato..." iniziò Anderson. "si direbbe che aveva una preferenza per gli uomini assomiglianti a te" lo interruppe Donnovan. "Queste impronte non sono della vittima numero tre. Scarpe 37... alta cira 1.55..." i due lo guardarono con incredulità. "Mi servirebbe le tre buste per analizzarle..." disse Sherlock perentorio. "Fanno parte delle prove" ribatté Donnovan. "Se volete venirne a capo, dovete darmele" insisté Sherlock. Anderson, con riluttanza gliele porse.
Holmes diede un'occhiata veloce, poi prese la lente. Non c'era nessuna impronta, nessuna traccia. Decise di tenerle per analizzarle meglio. "Non puoi tenerle" sbottò Donnovan. "Sì che posso, per qualche ora." ribatté Holmes in risposta. "Ma aspettiamo cosa dice il tuo capo. Qui ho finito. Andiamo fuori" annuncò, uscendo di casa, seguito dagli altri due.
Iniziò ad analizzare, una per una, le caselle postali. Trovò, su due di esse, dei capelli biondi, sembravano di donna. Sulla terza un capello nero, sembrava di un uomo. Li prese; anche Donnovan e Anderson fecero lo stesso.
"Quindi sono stati in tre..."  disse Donnovan. "Sembrerebbe, ma non si spiegherebbe perché solo in una casa abbiamo trovato le impronte di un solo paio di scarpe, mentre sulla caselle erano tre diverse tipologie di capelli" Donnovan si acciglò. "E se ti fossi sbagliato. Se quelle erano impronte della moglie o figlia?" "Aveva una figlia una moglie? comunque non mi sono sbagliato" disse Holmes in modo deciso. Sally non rispose. "Io qui ho finito" disse Holmes e si avviò verso backer Street pensieroso.
Arrivato a casa analizzò i tre capelli che aveva trovato. Proveniva da tre diverse parrucche; in parte Donnovan aveva ragione: non poteva sepere con certezza se l'aggressore era uomo o donna. Poi analizzò le buste, niente. Non nascondevano nessuna scritta, la carta era solo della semplice carta da regali. Proprio quando stava per mettere giù la boccetta di reagente, notò in un piccolo angolo di una busta la scritta: non mi fermerò fin quando non ti troverò.
Erano circa le nove di sera, John arrivò stanco e si buttò direttamente sulla sua poltrona. Appena lo vide Sherlock gli chiese di quello che aveva scoperto. "Ciao sherlock" rispose lui piccato. "Lestrade non è con te?" "aveva un impegno, ma tutte le prove sono state archiviate" rispose. "il primo uomo si chiamava James e non aveva nessuno, a parte la sua famiglia che vive in Florida..." "Va bene John. Non mi interessano i loro nomi o i loro familiari. Per gli interrogatori si occuperà Scotland Yard. Dimmi solo se ha visto qualcosa" John sembrò pensarci. "Una settimana fà, mi ha raccontato che il terzo uomo ha organizzato una cena, per festeggiare il suo fidanzamento, a casa di quest'ultimo. Il giorno successivo, una volta ritornati ciascuno a casa propria, avevano visto che avevano una lettera nella posta. La aprirono, non dubitando di niente, pensando che era di qualcuno che li conoscevano" "Quanti invitati erano alla cena, oltre ai tre? e quale era il colore dei capelli della ragazza?" "Lei era castana. Erano circa in venti..." "Qualcuno con la parrucca?" "Con la parrucca? ma anche se fosse, le parrucché d'oggi sono davvero veritiere" Holmes annuì. Watson riprese: "Perché?" Sherlock gli spiegò cosa aveva scoperto. John ascoltava rapito, infine sorrise.  Sei fantastico come sempre." "Questa volta mi sembra strano che la polizia non abbia notato niente di niente... persino Lestrade" disse John. "questo è un caso da nove" disse semplicemente Holmes. Watson annuì. 
"Mangi qualcosa Sherlock? sto morendo di fame" "Lo sai che non mangio durante un caso..." "Sì lo so, ti rallenta" disse John con uno sbuffo.
Al mattino, quando John scese per la colazione, vide Sherlock con una penna in mano che scarabocchiava qualcosa sul suo tacquino.
"Buon giorno John. Dormito bene?" "Sì. Tu hai dormito?" "forse dovrei essermi appisolato per 10 minuti..." rispose irritato, John sorrise, sembrava un bambino. "Comunque sia, vuoi una tazza di te?" Sherlock scosse la testa. John finse di non notarlo e preparò due tazze di te. "Non capisco" sbottò sherlock battendo il pugno sul tavolo "Questa scrittura sembra di un bambino, ma lo stile è di un uomo" John gli porse la tazza di te. Sherlock la bevve in un fiato, non facendo neanche caso al sapore, concentrato com'era a decifrare il misterioso foglietto. "Non credi che sia un'adolescente a scrivere sulla busta?" Sherlock ammutolì. "A volte le cose più difficili hanno la spiegazione più banale" John gli tocco una spalla e sorrise. Poi, accorgendosi di ciò che aveva fatto, ditolse lo sguardo. Sherlock non disse nulla, ma era con gli occhi sul foglio. "Cosa farei senza il mio coduttore di luce" disse piano.
Dopo due ore arrivò Lestrade chiedendo a Sherlock le tre buste. Questo gliele restituì, spiegando per filo e per segno cosa aveva scoperto, inclusi i capelli; "lo so, Anderson e Donnovan stanno festeggiando: potrebbero aver ragione, anche se ancora ne dubito..." "E se gli aggressori, o l'aggressore, volessero depistarci?" intervenne John. "Perché lo pensi?" chiese Lestrade. "Le parrucche erano finte... e poi, Sherlock ha detto che nella terza casa c'erano come impronte solo un paio di scarpe" 
Lestrade sembrava dubbioso; Sherlock annuì "E probabilmente era uno dei invitati. Andiamo a fare una visita in ospedale" e senza attendere risposta si avviò verso la porta.
James era sveglio, seduto nel letto. Appena vide Sherlock il suo viso si illuminò e gli chiese un autografo. Questi arrossì e con una grafia elegante firmò la fotografia che gli porgeva; guardando meglio quella foto, John capì che era fatta con il photoshop: era lui insieme a Sherlock che sorridevano innamorati.
"Come ha fatto ad avere questa foto?" domandò Holmes. "Il proprietario l'ha venduta per cento mila sterline..." John era confuso. Poi ricordò del treno maledetto a Parigi, un caso davvero spaventoso. Ricordò di quella sera che lui e Sherlock avevano fatto quella foto, a richiesta di una ragazza, e pensò che era davvero fortunato ad averlo anche se solo come amico.
"Vorresti parlarci di quella cena della settimana scorsa?" John si riprese dai suoi pensieri.
"Will e Jane ci avevano annunciato il giorno prima che ci volevano invitare ad una cena, me, Chris e Sarah; per festeggiare il loro fidanzamento. Quando sono arrivato io, erano già al completo, almeno credo... eravamo circa..." "Va bene James. C'era qualcuno con una parrucca bionda o mora?" James pensò. "Stephen ha una parrucca mora, a quanto ne so... ma sapete, lui è calvo e per questo ha la parrucca" "è anziano?" chiese John. "Una quarantina d'anni, non direi..." rispose. "andiamo John" Watson ringraziò il paziente e uscì insieme a Holmes.
"John, andiamo a mangiare. Ho una fame..." "Non andiamo a parlare con Stephen?" "è noioso. Se ne occuperà Lestrade. Non mi sembra un tipo pericoloso. James quando ne parlava non ne aveva timore, anzi, possiamo dire che era un suo amico"
Più tardi, al 221B, si sentiva un suono dolce di un violino. Era Sherlock che suonava. Aveva un viso così luminoso, chissà a cosa stava pensando, si chiedeva John. Per quanto riguarda lui, stava pensando alla foto: sarà stato uno scherzo di luci e ombre, non poteva essere che aveva pensato a due sorrisi innamorati. Sherlock si voltò e sorrise, annuendo. Questo lo confuse ancora di più. 
"Cosa?" chiese. "da ieri sera sto pensando. Chi ha potuto scrivere il biglietto, perché un bambino? gliel'ha detto qualcuno? e percé? a chi era rivolta la minaccia?" "Quindi hai capito qualcosa?" chiese John dubbioso. Come non detto, Sherlock non era interessato a lui. "Se l'ha scritta un bambino, di certo qualcuno gliel'avrà ordinato, in cambio di qualcosa." "Ma ci sono un sacco di bambini" "sì. Ma dobbiamo restringere il campo in quetta zona e cercare tutti i bambini dislessici." John aprì bocca "Le lettere non sono fatte in modo perfetto, e poi non sono allineate" "Sì, ma potrebbe anche non vedere" ribatté John. "Se non avesse visto bene, le lettere sarebbero state disordinate e distanziate fra di loro" John si disse d'accordo "Fantastico" Holmes sorrise; era la sua immaginazione, oppure quello era un sorriso uguale a quello nella foto? oppure Sherlock gli sorrideva sempre così...
Stephen non centrava niente; ma ha detto che ha visto il bambino di un'amica, Sam si chiamava, andare in bagno con un foglio e delle matite, con la scusa che voleva disegnare e non potendolo fare a causa del rumore: sua madre gli aveva creduto e anche Stephen, che era lì vicino. Quando Lestrade ha parlato con il bambino lui ha risposto che un signore che non aveva le mani, con due signore gliel'avevano detto di farlo, in cambio di un leccalecca alla fragola. "Erano tre persone quindi?" chiese Lestrade. "No. un signore, e a destra e sinista una faccia con i capelli lunghi biondi e un'altra con i capelli neri". "Sai descrivermi com'era quel signore?" "Era alto, occhi verdi, capelli corti corti neri, normale... però il suo tono di voce mi ha fatto paura" rispose Sam. "Com'era vestito?" "Aveva dei Jeans neri ed una camicia bianca. E delle adidas" "Sam, sai dirci per caso quanto era alto?" il bambino fece cenno di una testa e mezza più alto di lui; 1,55. "Quando te l'ha chiesto e dove?" "be. prima di entrare in casa..." "Tua madre non era con te?" chiese Lestrade. "No, io sono arrivato prima. Sai, stavamo giocando..." "Ho capito. Sei stato molto d'aiuto, grazie. Ancora una cosa. Se ti chiedessi di disegnarlo, riusciresti?" il bambino annuì.
"Sicuramente queste sono delle bambole" osservò John. Erano seduti tutti nell'ufficio di Lestrade. "Perlomeno abbiamo scoperto perché c'erano quelle impronte." "Giusto." acconsentì Sherlock. "Ma perché solo le sue? sono passati molti invitati..." "Almenoché... il bambino non avesse qualcosa sulle scarpe." "Come?" "Questo non lo so. Ma sicuramente il dinamitardo vuole farsi scoprire ad ogni costo" disse Sherlock. "se no non avrebbe lasciato nessun segno, neanche sulle scarpe del bambino" continuò John per lui. "Ma perché proprio due bambole?" chiese Lestrade. Sherlock non rispose.
Già. Perché due bambole. Per ingannare? ma se fosse così, perché non due bambolotti. E se le bambole erano le prossime vittime? e in questo caso chi? molte domande e nessuna risposta. Sherlock si accese una sigaretta. "Non mi fermerò fiquando non ti troverò." A chi era rivolta quella frase? doveva analizzare di più il disegno. C'era un uomo di circa 31 anni... capelli neri... lineamenti severi, ma dal viso gentile... un momento. Ma quelle bambole lui le conosceva. "Tutto bene Sherlock?" chiese Lestrade. "Andiamo John" e senza dire una parola uscirono dall'ufficio. "Dove andiamo Sherlock? Sussex" fu la secca risposta di Holmes. "Perché?" questo non rispose, limitandosi a dare l'indirizzo all'autista.
Si fermarono davanti ad un grande giardino. Sherlock uscì di fretta, lasciando John a pagare. Dopo aver attraversato un lungo sentiero, dove a destra e a sinistra erano intorniati dai fiori. Arrivarono ad una grande porta. Holmes suonò il campanello e subito dopo la porta sì apr. Non appena entrati, John notò un grande cortile. Una signora sui 55 anni abbracciò Sherlock e cominciò a piangere. "Mio Dio Sherlock. Da quanto non ci siamo visti. Perché non vieni mai a farmi visita?" "Cos'è... Oh, Sherlock" un signore sulla sessantina ci venne incontro e quando vide Sherlock an'esso lo abbracciò. "Ma dimmi, chi è il nostro ospite?" chiese il sigore. "Oh, scusatemi. Mi sono fatta prendere dall'emozione. Su. seguitemi e poi ci dirai chi è" disse La signora asciugandosi le lacrime. Attraversammo il cortile per trovarci poi ad un altra porta, questa volta più piccola. Entrammo in un grande salotto, con un grande divano bianco. "Volete qualcosa da bere?" "Io no mamma. Ma forse il mio amico John vorrebbe" io negai timidamente. Ma la signora, che poi scoprì che si chiamava Violet, porto quattro tazze di te. "quindi lui è tuo amico...?" chiese Violet sospettosa. "Non mi piace ripetere le cose mamma e lo sai" "Va bene" disse Violet come se avesse perso le speranze con lui. "Come Victor?" "Senti mamma. Che fine hanno fatto quelle due teste di bambola?" "Dove tu nascondevi le sigaratte?" "Perché in una testa di bambola?" chiese John timidamente. "Una storia lunga" taglò corto Sherlock. "Perché voleva cercare qualcosa in cui io non mi sarei aspettata che cercassi" disse Violet ridendo. "Già. Victor gli ha dato l'idea... aveva 15 anni e Victor 14". "Quindi? mamma, le bambole?" chiese Sherlock, impazziente. "Le ho date ad una bambina tre anni fa." "Perché?" "Aveva due bambele che non avevano la testa e così, gliele ho date" "Avevi delle teste a grandezza naturale?" chiese John stupefatto. Sherlock lo ignorò. "A chi? come si chiama e dove abita?" a cique contee di qua, la terza casa a destra." "Bene..." Sherlock si stava per alzare, ma Violet lo tratenne. "Dormite qua, cenate qua, e domani partite." Sherlock sbuffò, ma acconsentì, anche perché vide la faccia di John che era stanco morto. "Purtroppo solo la tua camera è libera, nella camera di Mycroft ci sono un sacco di cose, e le altre camere non sono preparate" "Non ci vuole tanto per preparare una" disse Siger Holmes. "Non si preoccupi" disse John. "Posso dormire nella camera di Sherlock..." ormai era troppo tardi, non poteva ritirare ciò che aveva detto. Sherlock sorrise, ma John non lo vide.
Il giorno dopo partirono di buon'ora. Arrivarono nel luogo indicato dopo circa 30 minuti. Era una bella bambina, dai capelli castani ed occhi marroni, di circa sei anni. "Parlo io con lei" disse John avvertendolo. Sherlock protestò, ma poi si disse d'accordo. Le teste gliele aveva date a quel signore del disegno, n cambio di due bellissime barbie. Una cosa strana: disse che il signore aveva gli occhi azzurri, non verdi. "Probabilmente a causa della luce" disse John. Sherlock non rispose pensieroso. "Quanto tempo fa?" chiese invece "non lo so..." disse la bambina. "Stai tranquilla" disse John dolcemente "Sai contare?" chiese John "Sì" "fino?" "20" quante volte hai visto che era totalmente buio da quando è arrivato quel signore?" "otto" "Grazie. Ora ti lasciamo giocare con le tue bambole?" "Volete prendere un te con me, Clarissa e Chiara?" "Non..." iniziò Sherlock. "Certo. Ci farebbe piacere conoscerle". La bambina saltò felice.
Arrivati a Backer Street e dopo aver informato Lestrade, Sherlock decise di fare esperimenti. John si mise a cucinare, anche se non era quando aveva desiderato lui, la cena speciale per Sherlock la voleva fare. Preparò un'insalata di mare, accompagnata da una zuppa e come dolce un Crumble di mele. Aparecchio la tavola, chiedendo a Sherlock se poteva lasciar stare almeno per una sera. Sherlock dichiarò che era tutto buonissimo. "La prima volta che cucini così" disse lui "Non ti ci abituare troppo" rispose John con un gran sorriso. "Perché l'hai fatto?" chiese Sherlock sedendosi sulla poltrona, invitando John a fare lo stesso. "Volevo farlo due giorni fa" disse solo, perdendo le speranze; Sherlock non si sarebbe ricordato del 29 gennaio. "Se fossi una ragazza, direi che vuoi impressionarmi" Allora questo era il problema, penso John. Ed ecco cosa significa ripetere come un mantra la frase: non sono gay. "Se fossi una ragazza" disse alzandosi e facendo due passi verso Sherlock. "Ma tu non sei una ragazza. Tu sei Sherlock Holmes: il più incredibile, fantastico, irritante, meraviglioso, Sherlock Holmes." disse chinandosi e lasciando un bacio sull'angolo delle sue labbra. "John" sussurrò di rimando. Gli bastò quello. John comincio a baciarlo. Quella notte fu una notte di fuoco e passione. Finalmente le dicerie che si dicevano, non erano più tali.
Il giorno dopo, John trovò una busta. Per fortuna era un buon osservatore, stando vicino a Sherlock Holmes. E capì che non era una semlice busta. Sherlock la prese dalle sue mani e, dopo aver versato un liquido tra verde e il marrone, la aprì. John gridò. "Non succede niente. Ho lavorato molto tempo sulle buste, quindi ho capito come funzionano queste bombe". "Fantastico". Sherlock gli sorrise. "come il mio conduttore di luce" si scambiarono un bacio veloce.
Sulla busta c'era scritto: adesso esisto solo io nella tua vita. V.T. "chi è?" "Victor Trevor. Ossessionato da me, ma per fortuna non ci potrà più fare del male" "Voleva uccidermi?" "Come ti ho detto era ossessionato da me. Lo incastreremo per tre omicidi e per tentato omicidio"
Dopo che la scientifica ha analizzato le scarpe del bambino, trovarono una colla speciale che catturava le impronte; e dopo varie prove e testimonianze Lestrade riuscì a catturare il famigerato Victor Trevor.
angolo dell'autrice:
prima di tutto vorrei dire che i personaggi non mi appartengono, ma appartengono alla BBC  e al creatore: Doyle.
   
 
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