Le colline erano piene di vita animale, tra scoiattoli, cervi e uccelli.

C’erano pochi alberi in zona, ma questo permetteva a chiunque si trovasse li di vedere meglio il panorama.

Un fiume abbastanza grosso tagliava lo spazio che divideva le colline, con dei pesci che saltavano fuori dall’acqua una volta ogni tanto e alcune rocce che sporgevano fuori.

Su una delle rive di questo fiume si trovava un uomo, sdraiato a terra privo di sensi.

Quest’uomo aveva dei tratti asiatici, capelli scuri che non arrivavano alla nuca, vestito con un completo da combattimento completamente nero e un kanji tatuato sul lato destro della fronte.

Sulla parte dell’osso sacro era legata il fodero nero di una spada, conficcata sul terreno alla sua destra.

Pochi minuti passarono ancora, prima che l’uomo con uno scatto si alzò all’improvviso, spaesato.

<< Chi.... chi sono io? >> si chiese l’uomo, che aveva dimenticato tutto quello che ricordava. Aveva l’amnesia.

Si ispezionò il corpo, notando il fodero con la spada mancante.

Si guardò intorno, per poi notare la spada conficcata per terra. Si avvicinò abbastanza esitante alla spada, estraendola dal terreno, per esaminarla.

Da lontano la spada poteva sembrare una spada come tante, ma da vicino si potevano vedere dei dettagli che la rendevano più unica.

La spada aveva l’elsa completamente nera, con una benda anch’essa nera avvolta attorno ad essa. La lama era argentata con la parte affilata nera, era lunga e sulla parte argento si trovavano alcuni simboli rossi. Si trattava di una katana.

L’uomo se la rimise nella fondina e decise di incamminarsi in una direzione casuale nella speranza di trovare qualcosa che gli permetta di capire cosa fare.

Mezz’ora più tardi si imbatté in un edificio di legno abbastanza rovinato, vuoto. 

Mentre lo stava esaminando, una freccia si incagliò di colpo nel muro dove si trovava lui.

Il moro estrasse velocemente la spada e si girò di colpo pronto a uccidere chiunque avesse scagliato quella freccia, ma nessuno poteva essere visto, e poteva sentire il rumore di qualcuno che correva via. Chiunque fosse stato, se ne era già andato. Niente da guadagnarci ad inseguirlo.

Si girò verso la freccia e vide che legata ad essa c’era una lettera che emanava un bagliore violaceo. Non staccò la freccia, ma slegò la lettera. Da essa cadde una pietra.

La pietra era ciò che emanava il bagliore che emetteva la lettera prima, era piccola abbastanza da poterla tenere chiudendo il pugno ed era violacea.

Il moro la prese in mano e la sollevò piano piano, dimenticando momentaneamente la lettera che aveva nell’altra, e la osservò attentamente. Di colpo, dei ricordi iniziarono a tornare in testa.

Fiamme. Fiamme che distruggevano il piccolo villaggio ninja nel quale Kisaro viveva.

Kisaro, conosciuto però con il nome ninja di Fantasma, stava correndo verso un edificio particolare. Oltre alle fiamme che distruggevano il villaggio, c’erano persone dalle corazze enormi che stavano combattendo contro gli altri ninja del villaggio. I suoi compagni, i Taraki, stavano cercando in ogni modo di avere la meglio sugli aggressori, ma questi erano troppo bene armati e addestrati a combattere.

Kisaro arrivò all’edificio del maestro dei ninja, Soraku, sperando che lui avesse qualche piano per respingere gli invasori.

Lo trovò, ma egli era morente.

Soraku era un uomo fisicamente messo bene, aveva sempre un cappuccio alzato che però non copriva completamente i capelli d’oro. La sua barba, normalmente poco folta ma sempre presente, adesso era coperta dal sangue e la cicatrice sull’occhio, senza però colpire quest’ultimo, che si era procurato in una battaglia che adesso non aveva il tempo di ricordare era stata colpita di nuovo e si era riaperta. Una ferita abbastanza grande sullo stomaco, prima coperto da un vestito ninja blu, si vedeva sanguinare copiosamente. Non sarebbe sopravvissuto.

<< Maestro!!! >> urlò Kisaro, accorrendo al capezzale di Soraku, sapendo che sarebbe morto ma non volendo restare a guardare.

<< Kisaro... >> sussurrò l’uomo a terra. << ormai.... per questo corpo.... è finita.... ma... >> Soraku iniziò a tossire sangue. Kisaro cercò subito di zittirlo. 

<< Non si preoccupi, maestro, vedrà che riusciremo a salvarla, deve solamente resistere! >> urlò il ninja, la disperazione evidente nella voce.

<< No... >> obiettò il maestro. << devi.... impedirgli.... di prendere... il manoscritto......della negromanzia.....nella mia casa........Se lo prende...... saranno guai per tutti..... Vai!! >> e con questo esalò l’ultimo respiro, chiudendo gli occhi per sempre.

Kisaro si ritrovò nel presente, il bagliore della pietra scomparso, ma con parte della memoria ripristinata. Ma sentiva che ne aveva ripreso soltanto una piccola parte.

Mise la pietra a terra e prese la lettera.

‘Kisaro,

probabilmente lo avrai intuito, ma quei frammenti contengono la tua memoria.

Se ti chiedi come sia possibile una cosa simile..... non chiederlo a me.

Si, non ti è molto utile, ma ho bisogno che tu mi segua un attimo.

Non so quanti ce ne siano in totale, ma so per certo che sono tutti sparsi in giro per la nazione.

Se vuoi una pista da cui iniziare prova ad andare da tuo padre, Sosuke Shimura.

Si trova nel castello di Karasuki (chiedi a qualcuno dove si trova), così da chiedergli aiuto a riguardo. ‘

Il ninja non sapeva se fidarsi o meno, ma quella era la sua unica pista.

Inoltre, doveva concederglielo, lo ha già aiutato un pò con quel frammento.

Kisaro quindi iniziò a prepararsi per andare.