Capitolo 3
Cotta da fan. Constatai di averne una
mentre Nick cantava. Eravamo in sala registrazioni, perché finalmente la
canzone era finita. Certo, ci erano volute altre due settimane e mi era andata
di fortuna perché i Jonas Brothers non avevano in programma il loro tour e i
concerti che facevano erano più che altro perché erano abbastanza
richiesti.
La cotta da fan mi faceva sentire
leggermente ridicola. Però se la mia era solo una cotta, perché sentivo andare
il cuore in gola quando Nicholas cantava o mi fissava negli occhi? La risposta
che trovai fu una sola: il mio subconscio. Il mio subconscio creava delle
illusioni con le quali mi faceva credere davvero innamorata. Mi rifiutai di
considerare una seconda risposta, ovvero che fosse veramente così.
Dopo la registrazione, andammo a
cena. Quando eravamo ormai al dolce, a Joe spuntò in testa una domanda.
- Ehi, Aki. Mi togli una curiosità?
Tu come lo passeresti un weekend se potessi decidere? – chiese.
- Beh … Credo che uscirei in barca. –
risposi. Tutti e tre i fratelli mi guardarono incuriositi.
- Quando avevo 11 anni, i miei
genitori avevano un gommone, anche se a dire il vero era più un motoscafo ma
loro lo chiamavano così. La domenica la passavamo in giro in barca. – dissi,
soddisfacendo la loro curiosità. Kevin annuì pensieroso. Joe aveva già la testa
fra le nuvole, fantasticava su chissà cosa. Nick invece mi guardava: sembrava
affamato di informazioni. Gli raccontai una delle giornate migliori passate sul
motoscafo. Era una delle migliori perché era avvenuto il mio primo bacio
proprio durante la giornata. Nicholas apriva la bocca, meravigliato, molto,
molto, molto spesso mentre raccontavo. Anche mentre tornavamo a casa,
comodamente seduti nella macchina di Kev, mi fece parlare moltissimo di quelle
giornate. Anche i suoi fratelli s’interessarono ben presto alla conversazione e
mi mitragliarono di domande per tutto il tragitto.
La domenica mattina di una settimana
dopo, circa intorno alle 7:00, ricevetti una chiamata sul cellulare. Di nuovo
mi lamentai sottovoce, promettendomi di prendere l’abitudine di spegnerlo
quando andavo a dormire. Lessi il numero sul display e desiderai subito di
distruggere il telefono.
- Che vuoi a quest’ora, Joe? – lo
interrogai.
- Chiederti se ti va di passare la
domenica con noi! – rispose allegro.
- Non lo faccio già? E poi perché
questa mattina mi hai dovuto svegliare così presto? – cercai di incenerirlo
utilizzando la voce, ma era ancora troppo impastata di sonno per risultare
acida.
- Perché di norma riesco a farti
uscire dal letto intorno a mezzogiorno! Tra l’altro, c’è una sorpresa per te! E
se mi stai per chiedere se non si può rimandare ti do subito la risposta: no! –
continuò ridendo.
Non appena concluse la parola, senti
un colpo alla finestra come se qualcosa l’avesse colpita. Mi alzai controvoglia
dal letto e andai ad aprirla per controllare cosa fosse, sempre con l’orecchio
appiccicato al telefono. Kevin e Nick stavano prendendo dei sassi dalla strada
per tirarli alla mia finestra! Smisero non appena infilai la testa fuori, ma
Kev stava prendendo la mira perciò li beccai. Se non fossi stata in pigiama –
una maglietta a maniche corte e le mutande – sarei subito scesa a picchiarli.
Poco distante da loro, Joe, cellulare all’orecchio e sorriso beffardo, mi
salutava con la mano. Chiusi la chiamata, subito seguita da lui, e gli urlai
contro.
- SIETE TRE IDIOTI! Mi spiegate che
tipo di sorpresa vale un vetro rotto?! – esclamai, incenerendoli con lo
sguardo.
- Lo vedrai da te! – rispose Kevin.
- Dai, preparati e riempi la borsa di
costumi da bagno! – mi incitò Nick. Fosse stato uno dei fratelli a dirmelo, mi
sarei opposta, ma lui era così tenero che dirgli di no era difficile. Sbuffando
chiusi la finestra. Feci quello che mi era stato detto e circa un quarto d’ora
dopo salutavo mia madre e mio padre con un bacio. Stavo per mettere il piede
fuori casa quando mi ricordai che c’era un terzo membro della famiglia da
salutare. Tornai da mia madre, le alzai la maglietta e diedi un bacetto al mio
fratellino, chiuso nel pancione della nostra genitrice. Subito dopo corsi dai
tre pazzi che mi aspettavano fuori. Trovai Joe seduto per terra che scriveva un
messaggino col suo cellulare e il mio intuito mi disse che era per Camilla Belle.
Kevin si guardava intorno, magari perché non avevano i Ray-Ban e non voleva
farsi scoprire, ma io sapevo che alle 7:20 circa di domenica mattina era
impossibile che qualcuno fosse sveglio, nel mio quartiere. Nick stava giocando
con un sasso, lanciandolo in aria e riprendendolo poco dopo. Mi accolsero tutti
e tre con un sorriso.
- Allora, Aki – cominciò Joe - il
modo più veloce sarebbe il nostro jet privato, con il quale potremmo impiegare
meno di mezz’ora. Oppure andiamo in macchina, ma con quella sfioriamo le due
ore. Quale preferisci? – domandò.
- Per andare dove? – chiesi di
rimando.
- E’ una sorpresa! Allora quale
scegli? Jet o auto? – ribatté.
- Beh, visto che ormai mi avete fatto
svegliare alle 7:00 del mattino e che sto morendo dalla curiosità direi … Jet –
conclusi.
- Evvai! –
esultò il trio.
Poco dopo eravamo sull’oggetto più
costoso che avessi mai visto.
- Aspetta di vedere la nostra casa a
Dallas per dirlo! – mi corresse Joe.
I tre fratelli si misero a parlare di
baseball poco dopo, così guardai fuori dal finestrino per distrarmi. Non erano
passati neanche due minuti, quando una domanda mia passò per la testa.
- Ehi, ragazzi, dov’è Frankie? –
chiesi. Mi mancava il piccolo Bonus Jonas.
- Lo abbiamo lasciato a casa. Non è
necessario che stia sempre con noi. – mi disse Kevin.
Annuii. Scendemmo dal jet circa dieci
minuti dopo. Il paesaggio era familiare, ma non ricordavo quando lo avevo
visto. I ragazzi mi guidarono fino a un molo. Allora ricordai: era il
molo dove i miei di solito attraccavano la barca quando ero più piccola. Ma
perché mi avevano portata lì? La risposta arrivò poco dopo. Un motoscafo, per
niente simile a quello dove andavo io, ma di certo migliore, si stava
avvicinando. Guardai i tre ragazzi che mi stavano accanto, eccitati. Solo in
quel momento capii.
- Ragazzi, ma voi mi volete portare
in barca! Vi adoro! – esclamai, abbracciandoli tutti e tre assieme.
- Sapevamo che ti sarebbe piaciuto! E
poi volevamo provare! – mi sorrise Nick.
Quando salii sull’imbarcazione, fui
sorpresa di trovare Danielle Deleasa e un uomo a me sconosciuto al volante.
Mentre salutavo Danielle con un abbraccio, i tre Jonas mi spiegavano che
prendere la patente nautica in due settimane era un po’ difficile, così avevano
chiesto a loro zio Rob, che l’aveva fatta l’anno scorso, di prestargli la barca
e un aiuto per guidarla. Mentre zio Rob si allontanava dalla riva i ragazzi si
mettevano in costume. Io e Danielle eravamo già a posto per quello.
- Un po’ di previdenza no, eh? Ne ho
avuta di più io che non avevo idea di dove mi volevate portare! – gli
urlai dall’esterno. Si erano chiusi nella cabina di cui – fortunatamente – il
motoscafo era dotato.
- Scusa! – risposero in coro.
Quando uscirono evitai di guardarli.
Morivo di curiosità, ma di sicuro mi sarebbe venuto il sangue al naso e sarei
svenuta. Con la coda dell’occhio notai che tenevano ancora la maglietta sopra i
bermuda e mi rilassai. Rob fermò la barca tra due isole: San Nicola e San
Clemente. Guardai Danielle, che con uno sguardo disperato mi fece intendere che
era meglio guardare i tre Jonas. I ragazzi si stavano guardando di sottecchi
con l’aria di quelli che hanno avuto la stessa folle idea. Si diressero verso
la prua del motoscafo. Arrossii quando si levarono le magliette, ma fui subito
distratta dal loro salto nel vuoto. Poco dopo erano in acqua che giocavano come
bambini. Com’erano teneri! Guardai Danielle, al mio fianco. Anche lei
pensava la stessa cosa, glielo si leggeva in faccia.
- Ragazze! – ci chiamarono. Ci
sporgemmo per guardarli.
- Perché non venite in acqua con noi?
– chiese Joe, con finta voce suadente.
- E perché non te la riempi d’acqua,
la tua boccaccia? – risposi, suscitando le risate dei suoi fratelli.
- Perché non me la riempi d’acqua tu,
Aki? – mi provocò. Ora, io ero una ragazza e sappiamo tutti come sono fatte le
ragazze. Perciò mi levai i pantaloncini e mi tuffai in acqua. Una volta dentro
mi misi a nuotare un po’ per rincorrere Joe e un po’ perché l’acqua alle 8:00
del mattino era gelida. Alla fine riuscii a raggiungere Danger e a ficcargli la
testa sottacqua provocando ancora le risate dei fratelli. Quando il 19enne
riuscì a tirare la testa fuori dall’acqua gli feci una proposta. Poco dopo
stavamo rincorrendo Kevin e Nick per infliggergli la stessa pena che aveva
dovuto sopportare Joe. Avevo già affondato Kevin e stavo per aiutare Joe con
Nick, quando Danielle ci intimò ad uscire dall’acqua. Di malavoglia, ma
obbedimmo. Avevamo tutti e quattro la pelle d’oca ma una volta asciutti si
stava benissimo. Problema: i ragazzi non si erano rimessi la maglietta. Altro
problema: come diavolo facevo a restare calma?! Soluzione: presi il mio iPod e un fumetto manga(per chi non sapesse cosa sono gli
dico semplicemente che sono fumetti giapponesi. Se volete approfondire
l’argomento cercate su Google) e mi misi a leggere ascoltando musica seduta in
cabina – per avere un po’ di pace. Siccome avevo pigiato su brani casuali,
quando Nick mi arrivò vicino e mi chiese cosa stavo ascoltando dovetti rispondere
che era una delle loro canzoni. Tragedia!
- Perché ci ascolti sull’iPod se hai qui gli originali? – domandò Nick, tirando
fuori da chissà dove una chitarra acustica.
- KEEEEVIN! Prendi la chitarra e
vieni qui con Joe! Dobbiamo far arrossire Aki! – urlò.
- No! Non se ne parla! Nicholas Jerry
Jonas inizia a pensare cosa dovranno scrivere sulla tua tomba! – lo minacciai,
mettendomi a rincorrerlo – per quanto possibile su un motoscafo. Rischiai quasi
di gettarlo in acqua, ma per sua fortuna lo presi per mano e lo tirai
verso l’interno della barca. Il che, purtroppo, significa verso di me. Mi
ritrovai il suo viso a pochi centimetri dal mio e per un attimo mi persi nei
suoi occhi. Distolsi subito lo sguardo e nascosi l’imbarazzo con un velo di
rabbia.
- Jonas, fallo un’altra volta che in
acqua ti ci spedisco a calci nel sedere! – dissi, guardando a terra e col
fiatone. Tornai al mio manga, prima di fare altre figure.
Non mi ero accorta che eravamo
ripartiti, fatto sta che dopo un po’ Danielle mi venne a dire che i ragazzi
volevano fare un altro bagno.
- Ok, lo faccio, ma solo se ci sei tu
con me. – dissi alla ragazza, posando il mio fumetto e togliendomi le cuffie
dell’iPod.
- Ok, mi va proprio di rinfrescarmi!
– mi rispose, per fortuna.
Kevin e Joe erano già in acqua quando
arrivammo noi ragazze e Nick si stava tuffando. Lo seguii subito e non appena
riemersi lui mi guardò, probabilmente incuriosito di vedere se ce l’avevo con
lui. All’inizio gli misi un piccolo broncio, che poi si sciolse in una risata.
Tirò la mano sopra l’acqua per farsi dare un cinque. Gli diedi il cinque, ma la
mia mano rimase nella sua, perché strinse le sue dita attorno alle mie. Guardai
leggermente incredula le nostre mani e poi Nick. Sorrideva. Risposi al sorriso
e ricominciai a nuotare come se niente fosse. Nicholas lasciò, mio malgrado, la
mia mano.
Mentre i ragazzi si prendevano in
giro e si rincorrevano, Danielle mi raggiunse. Ci scambiammo qualche
chiacchiera e ci conoscemmo un po’ meglio. Era davvero innamorata di Kevin, si
vedeva da come lo guardava. Sapevo già del loro matrimonio, me le chiesi di
raccontarmi come lui glielo aveva chiesto. A quanto pare, dal suo punto di
vista, era stata la cosa più romantica che le fosse mai successa. Just might be paranoid
I'm avoiding the lines …
La suoneria di un cellulare ci avvisò
di una chiamata.
- Dannazione! – imprecò Joe. – Va
beh, lo lascio suonare – fece spallucce.
- E se sono mamma e papà che vogliono
sapere come sta andando? – domandò Kev. Joe rifece spallucce e Kevin lo guardò
male.
- Dai, non fate così, vado io! Zio
Rob si dev’essere addormentato … – li calmò Nick,
iniziando a nuotare verso la barca – eravamo distanti circa 10 metri. Quando
rispose ci avvicinammo tutti per capire chi era.
- JOOOOOOOOOOOOOOOOOE! La prossima
volta mi fate venire, capito?! – la voce metallica veniva dall’altra parte
della chiamata.
- Frankie, calmati, sono io. – lo
tranquillizzò Nick.
Per un po’ continuò a dire “calmati”
e vari “mmh” e “sisi”. A un
certo punto mi intimò ad avvicinarmi. Io, leggermente confusa e incuriosita,
obbedii.
- Vuole te – mi sussurrò. Poi tornò
al fratellino – Ehi, Frankie, c’è Aki che richiede di parlare con te –
aggiunse, porgendomi l’iPhone di Joe.
- Ciao, piccolo! – lo salutai. –
Allora, cosa c’è? – gli chiesi con più dolcezza possibile.
- C’è che io volevo venire ma i miei
fratelli sono usciti presto di casa senza svegliarmi ne avvertirmi e adesso ce
l’ho con loro perché volevo vederti! – esclamò, così veloce che mi dovetti
concentrare per capire ogni parola.
- Sai Frankie, anche io ce l’ho con
loro. Morivo dalla voglia di abbracciarti e adesso sei a chilometri di
distanza. Che ne dici se stasera facciamo un giro io e te da soli? Così
recuperiamo il tempo perso oggi! – proposi.
-
SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII! – urlò. – Allora mi preparo come
si deve! – annunciò.
- Va bene, ci vediamo stasera! Ciao
piccolo! – dissi.
- Ciao Aki! Ti voglio bene! –
rispose, felice come non mai.
- Anche io te ne voglio! Ciao! –
conclusi la chiamata. Ridiedi il telefono a Nick, che mi guardava applaudendo.
- Grandiosa! Sei stata davvero
fantastica! – si congratulò, mentre riprendeva l’iPhone.
– Di solito Frankie si calma dopo un’ora e mezza o due! Invece a te sono
bastati sette minuti di chiamata! Wow! – concluse, entusiasta. Feci un inchino,
suscitando una fragorosa risata. Quando adoravo quel suono!
Andammo verso la prua per tuffarci.
Stavo per prendere la rincorsa quando Nick mi bloccò per un braccio, sorridendo.
Davanti al suo sorriso mi scioglievo sempre, perciò non mi ribellai quando mi
prese in groppa.
- Allora, mi sono lasciata prendere
in groppa a te … adesso che vorresti fare? – chiesi, aggrappandomi alle
sue spalle per non cadere.
- Dimostro a Joe che non sono la
pappamolla che crede tuffandomi con te addosso. Come minimo peserai 50 chili! –
concluse ridendo.
- Non ti dico la parola che sto
pensando perché non è bella! E poi come ti permetti ti insinuare così sul mio
peso? – lo ammonii. In tutta risposta fece spallucce e ridendo prese la
rincorsa e si tuffò. Quando riemergemmo, Joe si stava lamentando.
- Non è valido! Se lo fai tu lo devo
fare anche io per far vedere che sono comunque più forte di te, anche se è
ovvio! – esclamò. Poi mi guardò con lo sguardo da cucciolo abbandonato.
- Aki? – chiese, sicuro che io avessi
capito cosa volesse fare.
Un attimo dopo ero di nuovo sulla
prua della barca, in braccio a Joe. Teneva un braccio sotto le mie ginocchia e
l’altro dietro le mie spalle. Prendendo in braccio Frankie, avevo capito che
tra tenerlo in groppa e prenderlo in braccio come stava facendo Danger con me,
quella delle due che ti faceva percepire maggiormente il peso era la seconda.
Eppure Joe non sembrava troppo provato dallo sforzo. Il suo tuffo fu come se io
non ci fossi stata. Ovviamente, rinfacciò al fratello minore questo fatto e io
fui di nuovo costretta a salire sul motoscafo, questa volta con tutti e due al
seguito. Mentre discutevano su chi dei due dovesse tuffarsi per primo – con me
al seguito – una chiamata arrivò sul mio cellulare.
You can play on Broken Strings…
James Morrison e Nelly Furtado mi avvisavano di una chiamata da mio padre.
Non appena chiusi la chiamata richiamai tutti sulla barca e feci smettere i due
litiganti, pregando Rob di tornare a casa.
- Ma perché tanta fretta? Abbiamo
tutta una giornata! – mi ricordò Danielle.
- Lo so ma mia madre sta per
partorire! – urlai.