Film > X-men (film)
Segui la storia  |       
Autore: mattmary15    21/03/2020    0 recensioni
Sono passati anni dagli eventi di Cuba. Charles ed Erik si sono separati, ma il destino ha in serbo un tiro mancino per loro e a riunirli sarà l'ultima persona a cui pensano. Stavolta saranno alle prese con un nuovo avversario dei mutanti e una potente organizzazione che ne gestisce le risorse e che reclama l'eredità di Sebastian Shaw.
Seguito de 'L'anello mancante' ma può essere letta anche senza conoscere il contenuto del prequel.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Nuovo personaggio, Raven Darkholme/Mystica
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'L'eredità di Shaw'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo I
Buongiorno Professore

 

Per diversi giorni Charles pensò, quando era sobrio, che quello che era accaduto nei sotterranei non era stato reale.

L’immagine di Lena che aveva materializzato da un angolo recondito della sua mente era una sua fantasia. 

Lena era morta su quella spiaggia di Cuba. Charles l’aveva sepolta sotto la grande quercia in giardino. Di lei era rimasta solo una lapide con su scritto ‘Saltire’, il nome che i suoi ragazzi le avevano dato. Lo scudo. Ed era stato profetico, perché Lena era morta facendogli da scudo.

Oggi poteva dire che lo aveva salvato?

Per i primi tempi Charles aveva creduto di sì. Aveva cancellato i ricordi di Moira McTaggert. Aveva allontanato in quel modo la CIA dai suoi ragazzi. Aveva aperto una scuola per giovani dotati e ne aveva accolti molti. Tutti quelli che aveva potuto. Più di quanti avrebbe potuto in realtà.

Li aveva accolti e si era sforzato di guidarli. Insegnava loro ad usare le loro capacità senza usare la propria. Non era felice ma aveva uno scopo.

Poi gli Stati Uniti erano entrati in guerra. Ai giovani americani arrivavano lettere che non distinguevano i normali dai mutanti. Lettere che li convocavano al fronte. Così la scuola si svuotò lentamente ma inesorabilmente. Così partirono Alex e Sean. 

A Charles capitava di cercarli con la mente. Aveva chiesto ad Hank di perfezionare Cerebro.

Con Cerebro poteva raggiungerli ovunque fossero. E con Cerebro vide Sean morire.

Charles non aveva potuto salvarlo e cominciò a pensare che non ci fosse salvezza per nessuno.

Si chiuse in se stesso concedendo solo ad Hank di rimanere nella casa.

Smise di usare Cerebro.

Quando il ragazzo gli chiese il perché, non gli disse la verità. Non gli disse che anche mentre cercava Alex o Raven o Emma, l’unica voce che sentiva era quella di Erik. La voce di Erik che gli chiedeva di uscire allo scoperto e combattere. 

A volte gli succedeva di sfiorare la sua mente ma non andava mai troppo in profondità. Non poteva. 

Charles sapeva che bastava poco a scatenare il dolore nella sua testa, per cui, ad un certo punto smise di provare. Ricordava esattamente il momento preciso. Il giorno dell’assassinio di Kennedy. Fu l’ennesimo dolore che si depositò sull’ammasso che si era accumulato sul suo cuore fin dal giorno della morte di Lena. 

Il tempo per lui si era già fermato tanto tempo prima ma quel giorno Charles si arrese.

Cominciò a bere e a fare uso di un composto chimico preparato da Hank per contenere le voci nella sua testa, per soffocare il suo potere.

E questo era il motivo per cui anche Erik era stato la semplice materializzazione di un ricordo.

Non avrebbe mai potuto raggiungerlo realmente nelle pietose condizioni in cui era.

Non avrebbe mai potuto raggiungerlo dov’era.

Eh sì, perché Erik era rinchiuso nei sotterranei del Pentagono, accusato dell’assassinio di Kennedy.

Era stato lui? Di certo era coinvolto dato che il proiettile che aveva ucciso il presidente aveva curvato in modo impossibile. Se era confinato laggiù non poteva essere stato lui quello in fondo al corridoio sotterraneo qualche notte prima.

Quando Charles si ubriacava però, una parte del suo cervello urlava che quello al centro di tutto quel bianco era inequivocabilmente Erik. E lui gli aveva parlato. Lo aveva visto e gli aveva parlato.

Dopo quanto tempo era successo? Dieci anni? 

Dopo dieci anni di silenzio si erano parlati e lui gli aveva detto cosa? ‘Non più’.

E di nuovo silenzio.

Rimase solo la indefinibile sensazione che il tempo avesse ripreso a scorrere. Impossibile capire in quale direzione.

 

Quella mattina Hank preparò la colazione come al solito. Come al solito Charles avrebbe bevuto solo il tea e si sarebbe rinchiuso in biblioteca o nello studio covando il suo solito umore tendente al pessimo. Lo avrebbe cercato solo per l’iniezione o per farsi portare un’altra bottiglia di liquore.

Lo avrebbe sopportato come tutti gli altri giorni dell’anno. Il professore non meritava di rimanere solo. Dio solo sapeva quanto ci aveva provato a far funzionare le cose ma era come se un’orribile maledizione fosse calata su di lui dal ‘divorzio’. Così l’aveva chiamata Hank, la frattura tra Charles ed Erik che aveva spaccato gli X men.

Ancora una volta, il suo pensiero andò a Raven. Una volta Charles si era scusato con lui per averla lasciata andare con Erik conoscendo quali fossero i suoi sentimenti. 

Hank però sapeva che doveva biasimare solo se stesso se Raven aveva scelto Magneto. Era stato lui a respingerla. Lui l’aveva convinta che l’umanità non l’avrebbe mai accettata blu e con gli occhi da felino. Era stato lui ad allontanarla.

Il suono del campanello lo riportò alla realtà. 

Andò ad aprire e si ritrovò un uomo paffuto sulla cinquantina dietro alla porta.

“Posta.” Disse mettendogli in mano un fascio di lettere.

Hank lo ringraziò chiudendo il portone e tornando in cucina.

Conservò in un cassetto la maggior parte delle missive. Hank aveva imparato a riconoscerle. Erano lettere degli ex studenti che scrivevano al professore per avere notizie. Spesso gli chiedevano se la scuola avrebbe riaperto. Altre quando lo avrebbe fatto tanta era la fiducia che nutrivano in Charles. 

Hank aveva smesso di consegnargliele da quando si era reso conto dell’orribile effetto che gli facevano. Dopo averne lette alcune, il professore era caduto in un periodo di depressione tremenda in cui beveva di più e si iniettava nel braccio qualsiasi cosa avesse a tiro.

Quella mattina però c’era anche una lettera diversa. Era indirizzata a Charles Francis Xavier non al professor Xavier e la calligrafia sembrava quella adoperata dall’università che Charles aveva frequentato. Gliela appoggiò vicino alla tazza di tea.

Qualche attimo dopo Charles entrò nella sala colazione e lo salutò con un sorriso.

Hank ricambiò tirando fuori il naso dalla tazza di caffè che stava sorseggiando. Charles aveva un cuore gentile. Anche se adesso non era al suo meglio, non significava che non facesse comunque di tutto per ricambiarlo delle premure che aveva per lui.

“Buongiorno, professore.”

“Buongiorno, Hank. Earl Grey?” Hank annuì e Charles si versò una tazza di tea caldo. Addentò anche un biscotto mentre il suo sguardo cadeva sulla busta color avorio.

“Cos’è?”

“Non lo so. E’ arrivata stamattina.” Charles la prese e l’apri con il dorso di un coltello che Hank aveva preparato per la marmellata. Non appena lo sguardo di Charles cadde sul testo, posò la tazza e si sedette afferrando il foglio con entrambe le mani. Vedendo mutare la sua espressione, Hank si avvicinò e chiese.

“Cattive notizie?”

“Non saprei dirti, amico mio.” Rispose il telepate sollevando lo sguardo e porgendo il foglio ad Hank. Il ragazzo lesse ad alta voce.

“Egregio e stimato prof.Xavier, 

noi non ci conosciamo ma abbiamo una conoscenza in comune, una persona che abbiamo perso entrambi troppo presto.

Per onorare la memoria di quella persona, io devo incontrarla. 

Spero che sarà così gentile da volermi raggiungere stasera al mausoleo di Lincoln affinché possa spiegarle il motivo di questa lettera.

So che non devo chiederle di fidarsi di me. Potrà sondare i miei pensieri quando mi vedrà. 

Con riguardo alla mia identità, le assicuro che mi riconoscerà facilmente.

S.” Solo allora Hank si rese conto che la lettera non aveva francobollo. Doveva essere stata consegnata direttamente al postino affinché la mischiasse nel resto della corrispondenza. “Che diavolo significa? Chi è questo S.?” Charles scosse il capo.

“Non lo so. Non ne ho idea.”

“Che intenzioni hai? Vuoi andarci?” Charles avrebbe strappato quella lettera senza neppure pensarci se il testo, in così poche righe, non avesse fatto riferimento ad un sacco di cose a lui familiari. Il mausoleo di Lincoln ad esempio. Oppure il fatto che la persona che scriveva era a conoscenza dei suoi poteri telepatici. Infine c’era il riferimento alla persona che avevano perduto prematuramente. Il suo pensiero andò a Lena e a quella strana esperienza di qualche notte prima in cui l’aveva richiamata alla mente e lei era apparsa ad indicargli la figura di Erik.

“Credo che andrò.”

“Ne sei sicuro? Ti sembra una buona idea?” 

“Forse è Raven. Magari qualcuno la insegue e ha dovuto usare un espediente simile per contattarmi.” Disse ad Hank più per giustificare quella sua illogica decisione che perché credesse realmente al fatto che Raven potesse inventarsi un simile stratagemma per parlare con lui. 

“D’accordo ma vengo con te.”

“Va bene. Non c’è alcun esplicito riferimento al fatto di ad andare da solo all’appuntamento. Un altro motivo che mi fa pensare che questa persona ci conosce.” Hank annuì.

“Vado a preparare il necessario alla partenza.”

Charles lo vide lasciare la stanza poi si diresse nella sua camera. Aprì le ante della finestra per fare entrare un po’ di luce e poi l’armadio per tirare fuori uno dei suoi vecchi abiti.

Si lavò e si vestì e scese le scale che portavano all’ingresso mentre un crescente timore gli attanagliava l’animo. Fu la voce di Hank a ridargli un minino di sicurezza.

“Diavolo, professore, sembri un ragazzino. Dieci anni di meno, giuro!” Esclamò rendendosi, tuttavia, subito conto della gaffe. Dieci anni di meno lo avrebbero riportato immediatamente ai giorni di Cuba.

“Ti sbagli. I capelli e la barba sono più lunghi, la pazienza più corta. Andiamo, prima che cambi idea e decida di tornare a letto.” Hank non se lo fece ripetere e corse verso la macchina.

 

Quando arrivarono al mausoleo di Lincoln c’era davvero molta gente che camminava su e giù per i gradoni del monumento. Charles si guardò intorno cercando un segnale qualsiasi che gli indicasse la presenza di S. ma non sembrava essercene alcuno.

Osò addirittura accennare l’utilizzo delle sue facoltà. Niente. 

Era pomeriggio inoltrato quando la gente cominciò a diminuire e si alzò un po’ di vento.

Hank si spazientì.

“E se fosse solo un trucco per farci uscire allo scoperto?”

Una folata di vento più forte scompigliò i capelli di Charles che si voltò per risistemarseli dietro alle orecchie.

Fu in quel momento che sentì un odore forte di gelsomino. Sollevò lo sguardo e la vide. 

Non si soffermò sul vestito bianco che le fasciava il busto fino ai fianchi e poi scendeva ampio fino a metà polpaccio. Neppure sui capelli biondi tagliati corti sopra le spalle. 

Vide i suoi occhi e il modo in cui si voltò e salì gli ultimi gradini fino all’enorme seduta di Lincoln.

Seguì quella figura facendo di corsa, lasciando indietro Hank che non si era accorto di nulla.

La raggiunse nella luce del tramonto. Lei era ferma, di spalle. La chiamò.

“Lena.” Appena un sussurrò. Incerto, perché la sua splendida mente sapeva che Lena era morta. Eppure lei si voltò e sorrise facendo un cenno del capo. I suoi capelli, appena più lunghi davanti, si mossero.

“Professore.” E, Dio santo, la voce. La voce era quella di Lena, senza alcun dubbio. La sua dolcezza.

“Chi sei tu?” Chiese timoroso di leggere la risposta nella mente della donna, la quale accennò di nuovo un sorriso.

“Il mio nome è Tessa. E dato che non vuoi guardare, ti dirò chi sono. Lena era mia sorella. Gemella per la precisione.” 

Nell’udire quelle parole, Charles parve riprendere a respirare. Eppure anche se adesso aveva la certezza di non trovarsi di fronte un fantasma, sapere che Lena aveva una sorella, scoprire qualcosa di nuovo di lei, lo turbò ugualmente. Si ricompose e parlò.

“Non posso dubitare del fatto che tu sia sua sorella. La domanda era sbagliata. Quella giusta è: perché sei qui? Perché mi hai cercato? Ora, dopo così tanti anni.” La ragazza gettò lo sguardo lontano, lungo l’orizzonte.

“Perché non ne potevo più fare a meno.” Charles sentì qualcosa tirare nel petto e un leggero rossore imporporargli le guance. Camminò fino a raggiungere il suo fianco. Persino la sua altezza era identica a quella di Lena e fu tentato di allungare una mano per passarle una ciocca di capelli dietro all’orecchio. L’unico gesto che si era sempre concesso di fare con lei. Quel pensiero gli fece sorgere un nuovo interrogativo.

“Tu sei come lei?” Tessa rise e anche in questo era identica a Lena. Sorrideva con le labbra ma anche con gli occhi e le spalle. Charles si stupì di quante cose ricordasse ancora così vividamente della donna che aveva amato.

“Intendi mutante, professore? O, più nel dettaglio, empatica?” Charles infilò le mani in tasca e abbasso la testa un po’ imbarazzato. Lei si affrettò a chiarirsi. “Non sono empatica. La mia mutazione è telecinetica. E non leggo il pensiero, se vuoi saperlo. Tuttavia anche la mia mente è, come dire, particolare. Sono in grado di scaricare tutti i ricordi di una persona come se il cervello fosse un database di informazioni.” Charles allungò le labbra in un sorriso. 

“Deve essere una mutazione incredibile.” La donna scosse le spalle.

“Non lo so. Uso le mie capacità per sopravvivere.” Il volto di Charles si rabbuiò.

“Qualcuno ti da la caccia?”

“Non esattamente.” Charles non volle sembrare insistente e cambiò discorso.

“Ti sei firmata S.”

“Sì. Mio padre mi chiamava Sage. E Lena, lei portava il nome ‘Saltire’. Speravo potesse indurti a capire che si trattava di lei.”

“Lo ha portato per poco, quel nome.”

“Lo ha portato con orgoglio.” A queste parole, Charles sollevò lo sguardo e la sua mente fu in quella di Tessa.

“Hai avuto accesso ai suoi ricordi? Come? Quando?” Tessa annuì.

“E’ tempo per te, professore, di sapere tutta la verità su Cuba.” Le sue parole lo gelarono e lei se ne accorse. “Non qui. Che ne pensi di sederci in un posto tranquillo? Potremmo bere un tea e potresti spiegare al sign.McCoy chi sono. Ci guarda già da un po’ con una buffa espressione sulla faccia.” Charles si voltò a guardare Hank e dovette ammettere che Tessa aveva pienamente ragione.

“Andiamo.”

 

La cameriera aveva versato un tea alla vaniglia a tutti e tre. Persino i gusti di Tessa erano simili a quelli di Lena.

Hank aveva ascoltato la storia e non riusciva a smettere di passare con lo sguardo dalla donna a Charles chiedendosi cosa potesse significare per il professore ritrovarsi di fronte una persona con le stesse fattezze della donna che aveva amato e perduto. La sua voce lo scosse.

“Tessa, vuoi raccontarmi tutto adesso? Anche se la tua mente non mi respinge come quella di Lena, faccio fatica ad accedervi.”

“Dipende dal condizionamento. Ho imparato a difendermi. Questo però non c’entra con Cuba. O forse sì. In effetti sono stata io ad impedirti di avere accesso a Shaw per tutto il tempo.”

“Credevo fosse stata Emma Frost.”

“Emma non era sufficientemente potente. Ti ho impedito io di vederlo durante la crisi missilistica del ‘63.”

“Tu eri dalla parte di Shaw?” Chiese Hank e la donna si portò la tazza alle labbra.

“No. Io ero sua prigioniera. E’ stata Lena, involontariamente, a salvarmi. Quando distrusse la stanza del generatore, sbloccò la camera stagna in cui lui mi aveva imprigionata. Sbloccò il condizionamento di Shaw e mi diede accesso ai miei ricordi. Così riconobbi il legame fra noi. E così mi resi conto che lei non stava usando appieno il suo dono. Lena era in grado di vedere il futuro.” Disse posando di nuovo la tazza sul tavolo.

“Lo sappiamo,” le fece eco Charles, “abbiamo assistito ad alcuni episodi.”

“Shaw la voleva per questo. Pensava che se avesse avuto il potere di prevedere gli eventi e di valutare, in un solo momento, quale futuro tra diverse realtà alternative fare avverare, sarebbe diventato un dio.”

“Immagino che a Lena sarebbe toccato vedere il futuro e a te usare le tue doti per stabilire quale futuro scegliere tra le opzioni.”

“Esatto, professore. Tuttavia, Lena si ribellò e fuggì e non seppe mai come usare il suo potere. Fino al giorno in cui io glielo rivelai.” Le iridi di Charles furono attraversate da un baleno. Ricordava esattamente ogni cosa di quel maledetto giorno. Quel giorno aveva convinto Lena a fermare Erik. 

“Tu hai convinto Lena a lasciare che Erik uccidesse Shaw.” 

Tessa abbassò gli occhi sulla tazza e si guardò le dita smaltate di un rosa chiarissimo.

“Avrei voluto. Quell’uomo era un mostro. Invece le dissi che doveva accettare il suo potere e vedere lei stessa il futuro della sua scelta.” Hank sospirò.

“Deve aver visto che lasciar vivere Shaw avrebbe portato a catastrofi indicibili per accettare che Lehnsherr uccidesse suo padre.” 

Charles notò che anche dopo tanto tempo Hank si rifiutava di chiamare Erik per nome.

“Lo ha visto. Eravamo connesse. Io e Lena non eravamo sorelle. Eravamo gemelle. Per questo ha lasciato che Erik uccidesse nostro padre.”

Stavolta Charles si accorse che Tessa, al contrario di Hank, non si era fatta problemi a chiamare Erik per nome. Una domanda si formò automaticamente nella sua testa. Lo conosceva? Aveva contattato lui con un espediente. Poteva aver tentato di fare la stessa cosa con Erik in passato? Non osò chiedere. 

“Continua Tessa.” La ragazza riprese.

“Una volta usato, il suo potere aveva rotto gli argini in cui li aveva tenuti confinati per venticinque anni. Sulla spiaggia, mentre tu, professore, tentavi di far ragionare Erik con le buone e con le cattive, io commisi un errore. Tramite la nostra connessione, le mostrai le conseguenze alternative del futuro nato dalla morte di Shaw. E lei lo vide. Vide le conseguenze delle sue scelte.” Charles non riuscì a evitarlo. Vide nella mente di Tessa il dolore di Lena nel prevedere la sua morte.

“Sarei morto.” Asserì Charles.

“Saresti morto, professore, e nessuno avrebbe potuto salvare i mutanti.”

“Salvare i mutanti?” Chiese Hank. La donna annuì.

“Lena ha evitato che Shaw sterminasse l’umanità ma ha messo in moto un futuro alternativo in cui i mutanti verranno individuati, schedati, studiati e sterminati. Dal primo all’ultimo.

La schiena di Charles venne attraversata da un brivido. Poteva essere vero? Stavano andando lentamente ma inesorabilmente verso l’estinzione per aver permesso la morte di Shaw?

“Ci stai dicendo che aver ucciso Shaw non ci ha salvati ma distrutti?” Tessa scosse la testa.

“No. Se Shaw fosse sopravvissuto, gli scenari possibili sarebbero stati due: una guerra nucleare o, alternativamente, la creazione di uno stato superiore dei mutanti basato sulla gerarchia militare. Lena vide il futuro alternativo sulla spiaggia. E io lo scaricai dal suo cervello. Quando la vidi morire, quello che provai non posso ripeterlo a parole. Decisi di sparire. Prendere tempo per capire se quello che avevo visto poteva davvero diventare realtà. Per anni non è successo niente di niente che potesse farmi credere che il sacrificio di Lena non avesse scongiurato la catastrofe. Probabilmente il solo fatto che tu fossi sopravvissuto, professore, aveva cambiato il futuro. Questo ho pensato. Ho deciso che avrei vissuto la mia vita normalmente. Il futuro che Lena aveva visto mi raggiunse nel mio ufficio. Lavoro all’anagrafe. Sono un’archivista. Il futuro aveva il nome di William Stryker. L’ho riconosciuto subito. Era una delle due persone che provocavano la schedatura e l’internamento dei mutanti. Ho cominciato a seguirlo, a studiare i suoi spostamenti e ho scoperto che è già cominciato. So tutto di Stryker e dei suoi traffici. Ma non basta. Non è lui la chiave di tutto. La chiave è Bolivar Trask, il presidente delle Trask Industries. A lui però non posso arrivare da sola. Ho bisogno di te, professore.”

Charles aveva ascoltato tutto con attenzione, senza interrompere. Alla fine emise un lungo sospiro e parlò.

“Tessa, sono passati dieci anni e io non sono più l’uomo di quel giorno. Io non sono più il professore X. Ho provato ad essere saldo, determinato. Ho fallito. I miei ragazzi sono morti, i miei studenti dispersi. Anche se credessi ciecamente alle tue parole, io non sono più in grado di aiutare nessuno. Anche oggi, con te, mi sono rifiutato di usare le mie capacità. Mi dispiace deluderti, io non posso salvare il futuro. Se Lena è morta per questo, è morta invano.” Charles lo disse disprezzando se stesso ma la reazione di Tessa fu repentina. Le tazze da tea si creparono e la teiera tremò.

“Sapevo che non te la passavi bene ma non credevo che saresti mai arrivato ad offendere i sentimenti di Lena.” Hank ringhiò ma Tessa incalzò Charles. “Se non vuoi farlo per mia sorella, fallo per la tua.” Le sue parole colpirono nel segno.

“Che c’entra Raven?”

“Trask sta lavorando ad un progetto chiamato Sentinella.” Tessa prese una cartellina dalla sua borsa e la mise sul tavolo sotto agli occhi di Charles. Nella cartellina c’erano un sacco di foto di mutanti e di progetti di robot armati. “Mystica vuole difendere i mutanti. Ha capito come me chi è la minaccia. Un mio informatore mi ha riferito che è stata più volte sul punto di ucciderlo.”

“Che è quello che vuoi anche tu.” Insinuò Charles.

“Nel futuro che ha visto Lena, i mutanti sono sterminati da macchine che si adattano ai loro poteri. Ti ricorda niente?” Charles annuì.

“La mutazione di Raven.” Hank si irrigidì.

“Se usano la mutazione di Raven per perfezionare queste sentinelle, allora vuol dire che la cattureranno, che faranno esperimenti su di lei!” Nell’udire i timori di Hank, Charles si voltò verso Tessa interrogando la sua mente con la propria.

‘E’vero?’

“E’ una possibilità concreta. Io non posso saperlo. Tu sì, professore. Puoi contattare Raven.”

“Te lo ripeto, non sono più la persona che Lena ha salvato sulla spiaggia. Non vedo Raven da anni.”

“Professore, io non intendevo piombare nella tua vita e costringerti a prendere una decisione. In realtà i ricordi di Lena mi hanno spinta a credere che sarebbe bastato parlarti di questa situazione per avere semplicemente il tuo aiuto.” Tessa si alzò prese una banconota dalla borsa e la posò sul tavolino. “Io andrò avanti per la mia strada. Se potrò fare qualcosa per Raven, lo farò.”

Charles la osservò mentre salutava Hank e prendeva la via per l’uscita. Rimase a fissare la tazza crepata, in silenzio. 

Una donna dal volto di Lena era piombata nella sua vita che andava a rotoli dicendogli che lui rappresentava la chiave per salvare i mutanti e lui non sapeva fare altro che rimanere inchiodato alla sedia a rimuginare sulle sue incapacità.

Non l’avrebbe vista mai più?

Si alzò di scatto e corse fuori. La vide dall’altra parte della strada. 

“Tessa!” Urlò ma lei non parve sentirlo. Camminava, allontanandosi tra le persone. Charles strinse un pugno nell’istante stesso in cui nella sua mente riapparve l’immagine di qualche giorno prima. Quella di Lena che indicava qualcuno.

“Tessa!” Gridò ancora e stavolta tutte le persone intorno a lui si fermarono. La donna si guardò intorno e si voltò nella sua direzione, sorridendo. Lui la raggiunse e infilò le mani in tasca.

“Sai come farti sentire, professore.” Charles sorrise.

“A volte. Ti chiedo scusa. Hai ragione. Le cose, spesso, sono più semplici di quanto crediamo. Tu hai bisogno d’aiuto. Io sono qui. Forse non sono abbastanza, ma sono qui.”

Fu come se la figura di Tessa si fosse tesa in un moto di orgoglio e soddisfazione. Le sue labbra si allargarono in un sorriso compiaciuto.

“Grazie, professore.”

“Charles. Chiamami Charles.”

“Charles.” Disse lei ed era la prima volta che diceva il suo nome.

“Torniamo da Hank. Ci aspetta un bel viaggio fino a casa.”

“Westchester?” Chiese lei.

“C’è qualcosa che non sai di me?” Tessa rise.

“Vedremo.” 

Charles le tese una mano e, nell’istante stesso in cui lei la sfiorò, tutto intorno a loro incominciò a muoversi.

 

Durante il tragitto in macchina non parlarono molto. Charles si rifiutò di usare ancora le sue capacità e Tessa guardò quasi sempre fuori dal finestrino. 

Charles si perse guardando la linea del suo profilo e gli sembrò di essere tornato al tempo in cui passava ore a fissare Lena mentre dormiva, incapace finanche di sfiorarla onde evitare che le loro emozioni si fondessero e li ferissero a vicenda. 

Fu quando scese sulla linea del collo che si rese conto che quella non era Lena. Quella linea non esisteva nei suoi ricordi di innamorato perché Lena portava i capelli lunghi sempre sciolti a coprirle collo e spalle.

Quella linea era l’unica cosa a renderle diverse. 

Quando raggiunsero la grande casa degli Xavier, Charles scese dall’auto e fece il giro per aprirle lo sportello dell’auto.

“Benvenuta.”

“Anche se me la ricordo,” disse, “fa comunque un effetto stupendo.”

“Dentro ha perso molto del suo fascino. L’ho trascurata. Se non fosse stato per Hank, sarebbe caduta a pezzi.” 

“E’ una cosa a cui si può rimediare.” Disse lei e fece i pochi scalini che la separavano dalla porta.

Mentre entrava in casa, a Charles sembrò che la vita tornasse ad abitare il grande edificio. 

Cenarono nella sala da pranzo. Hank si congedò subito dopo. 

Charles invece le fece fare il giro dell’abitazione. 

In biblioteca lei si soffermò vicino agli scacchi. Sfiorò il re dei pezzi bianchi e poi raggiunse la finestra. Guardò fuori dove, nel buio della sera, sotto la luna brillava la grande antenna a forma di parabola. Charles le si avvicinò e intuì il corso dei suoi pensieri.

“Potresti farla muovere con le tue capacità?” Chiese fingendo di non sapere quale domanda stava per fargli.

“E’ molto pesante. Non credo.” Fece lei senza voltarsi a guardarlo. “Lui ci è riuscito. Lo hai mai più rivisto?” Charles non si sottrasse.

“Sì, lui lo ha fatto. Ha un potere immenso che ritengo sia destinato a crescere ancora. No, non l’ho visto mai più.” Rispose e gli sembrò di mentire perché la sua voce gli rimbombava ancora nella mente.

‘Charles.’

‘Non più, Erik!’

“E’ strano, è passato così tanto da quando lei è stata qui ma non sembra cambiato niente.”

“Il tempo è passato in modo strano qui dentro.” Disse Charles e indicò la sua testa.

“Professore, mi hai chiesto se c’è qualcosa che non so di te. Non so perché ti sei arreso.” Charles si voltò e raggiunse la poltrona di fronte agli scacchi. Si sedette e si strofinò lo spazio tra gli occhi con due dita.

“Ho perso tutto.”

“Qualcuno prima di me, ti avrà già detto che questo non é vero.” Disse lei raggiungendolo e sedendosi dall’altra parte della scacchiera.

“A otto anni ho sentito per la prima volta le voci. Ci sono voluti tre anni per capire che non erano nella mia testa ma in quella degli altri. Schizofrenia. Così dissero a mia madre e lei non ebbe dubbi che fosse vero. Del resto, come darle torto. I miei sintomi erano orribili da vedere. Soffrivo molto. Niente in confronto a quello che ho patito dopo la morte di Shaw.” Vide Tessa annuire e muovere un dito. La forza telecinetica della donna spostò un pedone in avanti. Lei continuava a guardare gli scacchi e lui vide un’altra differenza con Lena. La ragazza che aveva amato li detestava. Quelle poche volte in cui aveva assistito alle sue partite con Erik, aveva sbuffato tutto il tempo. Tessa invece aveva eseguito una perfetta posizione di base dell’apertura Anderssen. Rispose senza pensarci troppo. “Il dolore inflittomi da quella dannata moneta non si risolse in quel giorno. Diciamo che ha avuto conseguenze sulla mia mente.” 

Tessa mosse un’altra pedina con il suo potere telecinetico e lo guardò negli occhi.

“L’uomo che Lena amava non si sarebbe spezzato per questo. È accaduto qualcosa che non so.”

Charles decise di metterla un po’ in difficoltà e mosse un alfiere.

“Dopo Lena, ho perso Raven e dopo ancora i miei studenti.” Tessa mosse una torre.

“E nel frattempo hai perso Erik.” Charles si versò un bicchiere di barboun.

“Bevi?” Tessa annuì. Charles le versò due dita di liquore e le passò il bicchiere di cristallo. “Lo avevo già perso per primo. Forse non ho mai avuto niente di vero da lui.”

“Erik è molte cose ma non un bugiardo.” A Charles sfuggì una risata sprezzante mentre eseguiva la mossa successiva.

“Posso farti una domanda personale, Tessa?” Lei mosse l’altra torre e annuì.

“Hai mai avuto a che fare in Erik? Personalmente, intendo. Ne parli come se lo conoscessi bene.”

“So di lui quello che Lena sapeva di lui. Non l’ho mai incontrato.”

“Allora ti invito ad adoperare prudenza quando lo giudichi. Non lo conosci davvero.” 

Charles mangiò diversi pezzi a Tessa che usò ancora il suo potere per iniziare a muovere la regina.

“Accetto il consiglio ma ancora non mi hai detto, professore, perché ti sei arreso. Veramente.”

Charles le rispose guardando la regina bianca.

“Non sono riuscito a perdonarlo. Non sono riuscito ad accettare che mi abbia portato via le persone che amavo e che mi abbia abbandonato. Mi ha privato della sua forza e l’ha usata contro di me. E dopo tutto questo, mi ha imposto la sua presenza qui.” Disse indicandosi la testa. “Ogni volta che cercavo i miei studenti, lui era sempre lì. Al punto che ho pensato che avesse bisogno di me. Invece ha assassinato Kennedy.”

“Capisco.” Tessa guardò la disposizione dei pezzi sulla scacchiera e bevve il suo barboun mentre Charles muoveva il suo re. Lei posò il bicchiere e si schiarì la voce. “A questo punto é inutile proseguire,” disse indicando la sua regina, “ci sono ventidue mosse che posso fare ora ma portano tutte alla mia sconfitta.” Concluse alzandosi. Charles guardò la scacchiera per un attimo e capì, forse per la prima volta, come funzionava la mente di Tessa.

“É deprimente sapere sempre come andrà a finire?” Chiese con una punta d’ironia nella voce.

“Quello non é il mio potere. E le persone non sono come gli scacchi. Le persone sono imprevedibili.” Sorrise mentre si alzava. “Conosco la strada.”

Charles la vide lasciare la sala immaginando che si sarebbe diretta alla stanza che un tempo era stata di Lena. Avrebbe voluto dire una cosa qualunque per allungare anche solo di qualche minuto quella conversazione ma la lasciò andare.

Dopo tanti anni aveva ammesso la verità è l’aveva fatto con un’estranea.

Charles sospirò.

‘Devo ricordare che lei non é Lena.’

Si versò un altro bicchiere giurando a se stesso che, per quella sera, era l’ultimo.

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > X-men (film) / Vai alla pagina dell'autore: mattmary15