Fanfic su attori > Cast Merlin
Segui la storia  |       
Autore: Kiki87    24/03/2020    2 recensioni
Una giovane ragazza si trasferisce a Glasgow per concedersi un anno sabbatico, alla fine del suo percorso universitario, con la sua migliore amica. Qui incontrerà il suo amico di penna, nuovi amici ma, soprattutto, imparerà a conoscere se stessa. Perché se è vero che tutto è iniziato da un "sogno", Sara deve ancora imparare cosa sia davvero l'amore e come possa essere diverso da ciò che ha sempre immaginato.
La fanfiction è una revisione di un progetto omonimo del 2013: molti personaggi di Harry Potter sono stati sostituiti con quelli di Merlin e ci sono stati significativi cambiamenti anche nelle diverse storyline dei protagonisti.
CROSSOVER CON LA SEZIONE: "CAST DI HARRY POTTER".
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri, Bradley James, Katie McGrath, Nuovo personaggio, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
16
«Sai che sei innamorato, quando non riesci a dormire
perché finalmente la realtà è migliore dei tuoi sogni.»
(Theodor Seuss Geisel)
 
Nonostante ormai lavorassi al pub da più di sei mesi, non smetteva di sorprendermi il silenzio che scendeva tra quelle pareti, quando restavano solo i dipendenti per le pulizie di fine turno.
Mi morsi il labbro quando mi resi conto che era decisamente più tardi del previsto, uscii dal bagno e sorrisi a Neville che mi stava aspettando. “So che ti sei offerto di aiutarmi, ma non voglio farti rientrare troppo tardi…” gli dissi in tono preoccupato. 
Mi sorrise con la consueta bonarietà e scosse il capo. “Te l'ho promesso e poi non devi preoccuparti: mia nonna ha il sonno pesante[1].”
“Sei davvero un tesoro”, mormorai con gratitudine. Non solo si era offerto di riaccompagnarmi a casa a fine turno, senza che dovessi scomodare Sean e tanto meno ricorrere ai mezzi pubblici, ma aveva persino acconsentito a una richiesta del tutto inedita e senza battere ciglio.
Si schermì con uno scuotimento del capo. “E poi a quest’ora saremo tranquilli: non mi sentirei molto a mio agio se qualcuno ci vedesse”, mi confidò con un alone d’imbarazzo che ne fece colorare le guance.
“Ti sottovaluti sempre troppo, ” lo rimproverai bonariamente, “ma davvero ti sono grata e se posso fare qualcosa per ricambiare la tua gentilezza”.
“Te lo farò sapere, promesso” mi rassicurò con una strizzatina d’occhi.
“Ecco qua”. Estrassi dalla mia borsa l'enorme plico, arricchito di annotazioni, post-it colorati, cancellature, sottolineature, scritte a penna e nuove pagine che lo rendevano assai più voluminoso rispetto alla prima versione.
“Leggi pure, io andrò a memoria…” lo tranquillizzai e lasciai che si prendesse qualche minuto per esaminare la scena in questione.
Sembrò divertito dall’atmosfera tra i due protagonisti, ma aggrottò le sopracciglia poco dopo. “Dovrai recitare questa scena con quello sbruffone di Tom?” mi domandò con uno scuotimento del capo. Quasi mi ero dimenticata che, durante il periodo del mio infortunio alla caviglia, aveva avuto la sfortuna di imbattersi in lui e nel suo atteggiamento arrogante per la consegna mattutina.
Sospirai. “Esatto. Come se già il copione di per sé non fosse un’insidia”.
“D’accordo... dovrei iniziare io, giusto?” mi domandò per conferma e con una punta di nervosismo.
“Quando vuoi, ” lo rassicurai, “e non preoccuparti di nulla, anzi, cerca di divertirti!” gli proposi con un sorriso.
Pensai che fosse un segno evidente della bontà del ragazzo anche il modo in cui s’impegnò per assumere un’espressione arrogante e altezzosa che stonava incredibilmente con il suo sorriso sincero e la sua natura mite e bonacciona. Si era schiarito la gola e aveva pronunciato la sua battuta.
“Non vi state godendo la festa?[2]
“Che sta succedendo qui?!”
Trasalimmo entrambi quando il Signor Riddle apparve sulla soglia del pub, guardando dall’una all’altra con espressione stranita e le sopracciglia aggrottate. Non potei fare a meno di chiedermi che cosa ci facesse lì a quell’ora. Con espressione glaciale si guardò attorno, quasi a sincerarsi che non avessimo bighellonato. Il profumo dei detergenti e la vista delle sedie rovesciate sui tavoli e del bancone lustro sembrarono tranquillizzarlo.
Il mio amico sbiancò ed io mi affrettai a rispondere: “E’ stata colpa mia, signore!”
Di fronte al suo cipiglio severo, mi sentii bollire le guance, ma continuai: “Ho chiesto a Neville di aiutarmi con le prove dello spettacolo. Saremmo rimasti solo cinque minuti e avremmo chiuso e sigillato come sempre”.
Guardò dall’una all’altra e parve interdetto.
“Bradley… cioè il Signor James, ” mi affrettai a correggermi, “mi ha suggerito di provare alcune scene con degli amici. Crede che questo possa aiutarmi a focalizzarmi sul dialogo... più che sull’interlocutore”, aggiunsi con voce strozzata. 
“Problemi di concentrazione?” mi domandò.
Annuii e, di fronte al suo silenzioso esame, mi sentii persino in maggiore soggezione.
Fece un vago cenno di assenso prima di rivolgere lo sguardo al mio collega. Era curioso come quest'ultimo sembrasse rimpicciolirsi in sua presenza. “Gentile da parte sua, Paciock” gli disse, prima di tornare a osservarmi. “Mi fa piacere che prenda così sul serio le istruzioni che riceve, ma dovrò chiedere a Silente di pagare l’affitto dei miei locali, se divengono una succursale della sua Accademia” soggiunse con una sfumatura ironica nella voce.
Non volli sfidare ulteriormente la sorte e mi affrettai a sollevare le mani: “Ce ne andremo subito, signore”.
“Assolutamente!” confermò Neville, già dirigendosi verso l’attaccapanni.
Il nostro datore, tuttavia, si strinse nelle spalle e continuò a scrutarci: “Purché non distruggiate nulla, per questa volta posso concedervi quindici minuti”.
Sbattei le palpebre a più riprese e schiusi le labbra per la sorpresa. “Ne è sicuro?”.
“Le consiglio di non sprecare secondi preziosi: avete quattordici minuti e cinquanta secondi”, ribadì e gettò un’occhiata all’orologio affisso alla parete.
Non potei fare a meno di sciogliermi in un sorriso: ancora una volta, ebbi la netta sensazione che quell’aria burbera fosse solo una maschera che s’impegnava quotidianamente a mantenere. “La ringrazio di cuore”.
Attesi che si allontanasse verso il suo ufficio ma, con mia grande sorpresa, prese una sedia adagiata sul tavolo e l’appoggiò sul pavimento. Dopo essersi tolto il cappotto e la sciarpa, si sedette. “Avanti, iniziate, ” ci invitò in tono sbrigativo, “sono passati altri trenta secondi”.
Neville ed io ci scambiammo uno sguardo interdetto. Quest'ultimo era diventato di una tonalità quasi scarlatta. Non avrei mai trovato un modo adeguato di ringraziarlo e potevo solo immaginare quanto per lui fosse ulteriormente difficile di fronte all’uomo che lo terrorizzava.
Mi schiarii la gola e fui io a rompere gli indugi e a pronunciare una battuta del mio personaggio: “Mi domando se sia stato facile adattarsi al ruolo di una classe sociale che fino a due settimane fa detestavate”.
Il ragazzo lesse la risposta in tono tremante: “D-Devo ammettere di essere stato prevenuto n-nei confronti del nostro ceto”. Si prese una breve pausa per leggere le indicazioni e apparve non poco in imbarazzo: avrebbe dovuto avvicinarsi con quell'atteggiamento impudente e malizioso che era tipico di William.
“Suvvia, Paciock” sbuffò il signor Riddle e scosse il capo. “Ci metta più passione: si dimentichi di me e si cali nell'atmosfera.  Presumo che la signorina le abbia descritto il personaggio che sta interpretando”.
“D’a-accordo, ” bofonchiò con voce tremula e le guance la cui tonalità ricordava quella dei capelli della Signora Weasley. Si erse nella sua considerevole statura e pronunciò nuovamente la battuta, ma con una baldanza che mi lasciò di stucco.
Mi concentrai altrettanto intensamente e il nostro dialogo scorse in modo fluido, fino al momento topico e di maggiore tensione romantica. Sarebbe stato difficile stabilire chi dei due si sentisse più a disagio, soprattutto con un simile pubblico. L’uomo si alzò in piedi e notai che i quindici minuti erano scaduti da almeno trenta secondi, per cui mi affrettai a riprendere il copione dalle mani del mio amico. “La ringrazio ancora, signore. Ce ne andiamo subito…”
Lui ignorò le mie parole, ma mi fece un cenno affinché gli porgessi la sceneggiatura che prese a leggere con le sopracciglia lievemente aggrottate. Inclinò il viso di un lato e lo sguardo azzurro mi scrutò analiticamente. “Mi dica: è la scena in sé a destarle difficoltà, o il suo co-protagonista?”
Non potei fare a meno di chiedermi che cosa gli avesse raccontato Silente su Tom e sulla sottoscritta. Negli ultimi tempi, benché non me ne avesse mai fatto parola, si premuniva affinché fossi di turno con almeno un collega di buona stazza fisica. Mi morsi il labbro inferiore e non potei fare a meno di arrossire.
Lui sembrò intuire la verità e parlò con voce solenne. “Un’opera teatrale è un gioco di squadra: non necessariamente dobbiamo amare le persone con cui collaboriamo per realizzarla... ma ciò non toglie che il pubblico meriti i nostri sforzi e il nostro impegno nel fingere che sia così. Soprattutto in questo tipo di scene”.
Quelle parole acuirono i miei sensi di colpa: avevo l’impressione di star sabotando lo spettacolo nonostante gli sforzi e le rassicurazioni degli amici, di Bradley e di Lupin stesso.
“Tuttavia, ” la voce di Riddle mi riscosse e tornai a osservarlo, “se ha problemi a mantenere il contatto visivo e a restare proiettata sulla scena… potrebbe esserci un piccolo trucco al caso suo…” mi rivelò.
Il sorriso che gli increspò le labbra sembrò folgorarmi: mi parve di scorgere un riflesso del ragazzo della fotografia postata dalla Signora Weasley su Facebook. Ebbi un’ulteriore conferma che la rinuncia al teatro fosse stata tutt’altro che premeditata e che tuttora serbasse il ricordo prezioso di quegli anni. Non aveva mai fatto esplicitamente riferimento ai suoi studi e mi sarei guardata bene dal dirgli che ne ero a conoscenza.
“Basterà che guardi il suo partner in un punto fisso, anche sopra gli occhi” mormorò e sfiorò la fronte di Neville che parve trasalire per quel tocco. “Mi creda, dal palcoscenico nessuno noterà la differenza a parte il suo partner: ci provi la prossima volta. L'importante è che si concentri su un punto preciso o su un suo collega. Mi raccomando: mai fissare nel vuoto o il pubblico se ne accorgerebbe. Deve restare nel qui e nell'ora dell'opera, o ne andrebbe della credibilità dello spettacolo stesso”.
Cercai di memorizzare quelle parole, continuando a osservarlo e annuendo di quando in quando, mentre Neville lo osservava con occhi sgranati.
“Cerchi di ruotare leggermente verso gli spettatori”, aggiunse Riddle e mi mostrò il movimento, “devono vedere le sue espressioni e sentire chiaramente la sua voce. Come si dice nel gergo teatrale: deve trovare la luce e mantenere la posizione fin quando è necessario per la scena in esecuzione[3]”.
Sorrisi al pensiero che bastasse quel piccolo espediente a facilitarmi le cose e mi premunii di prendere qualche veloce annotazione. Tornai a osservarlo con un sorriso. “La ringrazio di cuore, Signor Riddle”.
Si strinse nelle spalle e tornò immediatamente ai suoi modi più bruschi, dopo essersi schiarito la gola. “Ora andatevene. Cinque punti a entrambi per l’impegno”. Mi porse la mano con il palmo aperto e gli restituii le chiavi. “Buonanotte”.
Lo osservammo mentre si dirigeva verso il suo ufficio e accendeva la luce: evidentemente non era intenzionato a tornare a casa propria per il momento. O forse erano veri alcuni dei maligni pettegolezzi secondo i quali nascondeva una brandina da qualche parte.
“Che cosa è appena successo?!” mi domandò Neville ancora stranito, ma parlando in un sussurro concitato, mentre si rimetteva il cappotto.
Non potei fare a meno di sospirare. “Credo che il teatro abbia perso un grandissimo attore”.
Annuì con la stessa espressione pensierosa, prima di sorridere. “Credevo che ci avrebbe sbranati” mi rivelò con una risatina nervosa.
Gli appoggiai una mano sulla spalla. “Grazie ancora, Neville. Mi dispiace di averti messo più a disagio del previsto”.
“Non dirlo neanche: è la prima volta che mi dà cinque punti e non me ne toglie cinquanta dopo due minuti!” commentò in tono entusiasta. “Anzi, sarà meglio che corra ad accendere il motore, prima che torni in sé e cambi idea”, aggiunse e non potei fare a meno di ridere.
 
~
 
Quando entrai in Accademia, il giorno dopo, non potei fare a meno di sentirmi più nervosa del solito: mi aspettavano due ore di prove ed era inevitabile che trascorressi molto tempo sul palco con Tom. Dopo l’accaduto non vi era stato alcun tentativo di approccio: per ogni evenienza, avevo bloccato il suo contatto su tutte le applicazioni di messaggistica e l'avevo aggiunto all'elenco delle chiamate da rifiutare automaticamente. Negli ultimi giorni, nei ritagli di tempo, mi ero chiusa in camera per studiare la nuova scena finale: sapevo che Lupin ci avrebbe chiesto di provarla insieme per la prima volta.
Mi misi in fila con altri studenti in caffetteria[4] per prendere una tazza di latte macchiato.
“Buongiorno Sarah”, mi salutò il Preside.
“Buongiorno, Professore, gradirebbe una tazza di cioccolata?”.
Lo sguardo parve golosamente animarsi e mi rivolse una strizzatina d’occhi: “Non rifiuto mai una così gentile offerta. Da portare via, Julie[5], se non ti dispiace” aggiunse in direzione della graziosa barista. “Ti ringrazio, mia cara, ma purtroppo non posso fermarmi: ho una riunione che mi aspetta... ” mi raccontò con un vago sospiro. “Come stai questa mattina?”
Non potei fare a meno di sorridere delle sue maniere così premurose, soprattutto dopo gli ultimi avvenimenti. “Molto meglio, la ringrazio.” risposi sinceramente.
“Mi fa piacere saperlo, ma ricorda che la mia porta è sempre aperta... ” mormorò e mi strinse il braccio quasi a confermare quelle parole.
“Non lo dimenticherò”.
“Per caso questa mattina sei già passata dal pub?”
Inarcai le sopracciglia a quella domanda: “No, ma sarò in servizio questo pomeriggio”.
“Che sciocco, in caso contrario avresti certamente fatto colazione lì... ” convenne con un sorriso.
Credevo di conoscerlo abbastanza da affermare che nulla di ciò che diceva o faceva fosse casuale. “Ha bisogno che riferisca qualcosa al Signor Riddle da parte sua? O che le prenoti un tavolo per la cena?” lo incoraggiai.
Mi sorrise, ma scosse il capo. “Non preoccuparti: ho intenzione di venirlo a trovare presto in ogni caso, ” si affrettò a rispondere. “Grazie ancora della bibita e buona giornata”.
“Anche a lei”.
Incrociai lo sguardo di Sean che era seduto a uno dei tavoli insieme ai gemelli Phelps e mi fece cenno di raggiungerli. Mi sedetti al suo fianco e ci intrattenemmo in una piacevole conversazione. Fu un sollievo notare che il mio amico sembrava essersi ripreso dopo l'ultima discussione con Tom. Immaginavo, conoscendone l'indole riservata, che non avesse rivelato a nessuno degli altri studenti i dettagli del loro alterco. Tuttavia, era un ragazzo così benvoluto che sarebbe stato spontaneo prenderne le difese, anche senza conoscere dettagliatamente gli eventi. D'altra parte, nell'ex coppietta d'oro, era sempre stata Emma quella più ciarliera e inclina ai rapporti sociali, quindi dubitavo che Tom avrebbe sofferto di solitudine. 
Dopo la colazione mi diressi verso l'auditorium.
“Buongiorno, ” mi salutò Lupin e mi gratificò con un gran sorriso: apprezzava molto la puntualità. “Come stai?”.
Mi affrettai a sorridergli per tranquillizzarlo. “Benissimo, la ringrazio. Volevo farle i complimenti: le modifiche alla scena finale mi sono piaciute moltissimo!”
“Mi fa molto piacere,” replicò con uno scintillio compiaciuto nello sguardo, prima di passarsi una mano tra i capelli sempre più brizzolati. “A questo proposito, se sei d’accordo... vorrei che oggi la provaste sul palco”.
Ne sostenni lo sguardo e annuii. “Va bene, sono pronta”.
“Magnifico”.
Sospirai all’arrivo di Tom. Seppur mi fossi ripromessa di ignorarlo, non potei fare a meno di notare che non sembrava affatto cambiato né nell’atteggiamento né nelle movenze. Apparentemente il colloquio con Silente non lo aveva minimamente intaccato. Prese posto in prima fila come di consueto, ma incrociò le braccia al petto, con lo sguardo rivolto all’insegnante.
Notai, con una certa sorpresa, l'assenza di Bradley. Non ero l'unica poiché Pansy e Padma stavano bisbigliando animatamente tra loro e s’interruppero solo quando l’insegnante, salito sul palco, le guardò con aria di blando rimprovero. A quel punto la ragazza indiana parve prendere il coraggio e sollevò la mano: “Mi scusi, Professore, ma oggi non c’è il Signor James?”
“Si è preso qualche giorno: è indisposto.” rispose Lupin laconico.
“Ma avevo in programma una lezione con lui!” protestò con voce petulante.
“Era proprio quello che stavo per dirvi: mi occuperò personalmente dei suoi appuntamenti: quindi non deve preoccuparsi Signorina Patil” le sorrise con aria serafica. “Se non ci sono altre domande, vi comunicherò le scene su cui ci soffermeremo questa mattina”.
Sorrisi alla faccia delusa delle ragazze, ma ero a mia volta spiazzata da quella notizia. Fui tentata di recuperare il cellulare, ma convenni che fosse opportuno attendere la fine delle prove, soprattutto quando Lupin si sedette al mio fianco. Borbottò a bassa voce: “La prossima volta spero che Silente mi assegni un Assistente meno attraente. E possibilmente calvo”..”.
Ridacchiai, ma mi sforzai di mettere da parte i miei pensieri e mi costrinsi ad approfittare di quel breve lasso di tempo per rileggere la scena conclusiva. Sentii un nodo allo stomaco quando mi fu chiesto di salire sul palco, ma mi persuasi a provare l'espediente che mi aveva suggerito Riddle.
Non incontrai mai lo sguardo di Tom, ma mi concentrai sulla sua fronte e sulle sopracciglia che si arcuavano o aggrottavano nel dare vita allo scambio di battute. Mi resi conto che ciò mi rendeva molto più semplice restare presente a me stessa e alla fittizia situazione. Fummo interrotti di quando in quando da Lupin che ci fornì qualche nuova indicazione sulla gestualità e sui ritmi del dialogo di cui presi nota. Solo alla fine dell'ora scrutai l'espressione stranita del giovane, ma si volse bruscamente e scese dal palco senza pronunciare motto.  Mi appuntai mentalmente di ringraziare Riddle e recuperai il cellulare in una delle tasche laterali della borsa. Sorrisi quando trovai un messaggio da parte di Bradley e, con una lieve aritmia, lo lessi.
 
Buongiorno Milady,
Spero che la mia assenza non si sia fatta sentire troppo.
Ti auguro una buona giornata.
 
Notai che era stato scritto da pochi minuti, quindi lo ringraziai e gli chiesi se potessi chiamarlo. Uscii dall'auditorium e composi il numero. Rispose subito: il tono era lieto e carezzevole ma il timbro decisamente più gutturale. 
“Come stai?” domandai in un sussurro.
“Sopravvivrò, ” rispose con aria indolente, “ma avere la febbre è sempre una seccatura”. Soggiunse con un sospiro. Sperai con tutto il cuore che non fosse uno di quegli uomini, come mio padre ad esempio, che in quelle occasioni diventavano delle “drama queen” e sembravano crogiolarsi nell'avere un motivo per cui lamentarsi in modo eccessivo, pur di richiamare l'attenzione su di sé.
“Sarei venuta volentieri a trovarti, ma ho la giornata piena” gli dissi con aria dispiaciuta.
“Non preoccuparti, anzi, non vorrei contagiarti e mettere Lupin ancora più in crisi” replicò con aria scherzosa che riuscì a farmi sorridere. “Come sono andate le prove piuttosto?”
“Molto bene: Tom ed io abbiamo provato il dialogo finale e Lupin mi è sembrato soddisfatto”, lo informai. “Mi duole dirti che sei mancato particolarmente ad alcune studentesse: soprattutto quelle con cui avevi una lezione in programma”.
“Non posso biasimarle: sentirei anch’io la mia mancanza.” replicò con quella punta di autocompiacimento che solitamente gli faceva increspare le labbra in un sorriso più vanitoso. “Devo ammettere che speravo di percepire più dolore nella tua voce”.
Non potei fare a meno di ridere. “Sto cercando di trattenermi” replicai con lo stesso tono giocoso per poi addolcire la voce. “Potrei richiamarti più tardi? Sempre che tu non stia riposando ovviamente”.
“Spero che tu lo faccia” replicò e neppure il raffreddore riuscì a intaccare il fascino racchiuso in quelle risposte concise.
Sentii il cuore tambureggiare più rapidamente. “Allora nel frattempo riguardati, ci aggiorniamo più tardi... ” gli promisi.
“E tu non stancarti troppo” replicò con aria altrettanto premurosa. “A più tardi”.
 
 
Il sorriso sulle mie labbra sostò fino a quando non entrai nel pub nel primo pomeriggio. Non potei fare a meno di notare che sembravano tutti nervosi: era come se l'aria stessa avesse assunto una diversa composizione. Persino i clienti sembravano parlare in tono sommesso per non creare disturbo.  Christian si congedò quasi frettolosamente, dopo aver augurato a tutti una buona giornata. Inarcai le sopracciglia e Susan mi fece un cenno verso la porta dell'ufficio di Riddle. Evidentemente lo sprazzo di buon umore che mi sembrava di aver colto poche ore prima, era solo un pallido ricordo. Ne ebbi la dimostrazione quando lo vidi uscire dal suo ufficio, circa un’ora dopo, con dei faldoni tra le braccia.
“Dubito che il suo umore migliorerà dopo essere stato da Shacklebolt, ” sospirai tra me e me, ma dovetti trattenermi dal ridacchiare al ricordo del povero telefono sul quale aveva sfogato la sua ira.
Sorrisi all’arrivo di Amy e di Luna verso l'ora del the e, tra un momento di pausa e l'altro, chiacchierai con loro.
“Sei sicura di non volere qualcosa da mangiare?” domandai alla prima, nel notare che si era astenuta dal prendere qualcosa da mangiare.
Scosse il capo con aria risoluta: “Sono a dieta”.
Aggrottai le sopracciglia “Ma stai benissimo!” replicai in tono sincero, non volendo sminuire la sua determinazione, ma al contempo timorosa che stesse esagerando nel suo severo regime alimentare, non certamente facilitato dalla sua intolleranza al lievito.  “Anzi, a dire il vero, oggi mi sembri pallida” mi permisi di aggiungere.
“E’ colpa dell’influenza di Saturno... ” s’intromise Luna con la sua solita aria di consapevolezza, annuendo tra sé e sé.
L'altra levò gli occhi al cielo, ma mi fece cenno di lasciar correre e si strinse nelle spalle. “Ultimamente sto lavorando fino a tardi, ma è il mio primo incarico importante e voglio dare il meglio di me”.
“Capisco.” annuii. “Ma cerca di ricordarti di dormire e di mangiare regolarmente, dieta permettendo” mi raccomandai.
“Sì, mammina” rispose con un velo d’ironia. “Piuttosto, come vanno le cose qui? Niente Rankin?” mi domandò seppur fosse superfluo. Tra le qualità del collega non c'era sicuramente quella di passare inosservato, visto che a stento si tratteneva persino dal dare istruzioni agli avventori sul come riporre un cappotto o addentare una torta.
“Per fortuna no, ” risposi con un risolino, “in compenso è una di quelle giornate per Riddle.”
Amy sbatté appena le palpebre. “Comincio seriamente a sospettare che ci nasconda un gemello dalla personalità opposta” commentò con un sorriso.  “O che ci nasconda una diagnosi da disturbo bipolare di personalità. Mi dispiace essermi persa le tue prove private con Neville”.
Stavo per rispondere altrettanto divertita, ma il ragazzo in questione, quasi invocato da quelle parole, uscì dalla cucina con un vassoio. “Sarah, ho portato altri dolci”.
Luna per la prima volta sollevò lo sguardo dalla rivista e gli rivolse uno di quegli sguardi penetranti e profondi che sapevano mettere in soggezione chiunque, persino Rankin. “Ciao Neville, ” lo salutò con voce velata, “Sarah dice che hai preparato una zuppa inglese: potrei averne una porzione?”
Come sempre emozionato quando un cliente chiedeva espressamente delle sue creazioni, il nostro aspirante pasticciere arrossì, ma un sorriso dolce e bonario gli increspò le labbra: “Te la servo di persona!” propose con entusiasmo.
Gli indicai le stoviglie e gli utensili necessari. Circumnavigò il bancone per porgerle il dolce nello stesso momento in cui l’uscio fu sbattuto e Riddle fece nuovamente il suo ingresso. Il mio amico trasalì e il piattino gli cadde dalle mani e s’infranse sul pavimento, ai piedi di Luna e di Amy. Quest’ultima, istintivamente, si era già abbassata con delle salviette di carta per aiutarlo, mentre io mi affrettavo a raggiungerli.
Che sta succedendo?!” sbraitò Riddle, il volto livido di rabbia e i pugni serrati lungo i fianchi. Persino Luna sgranò gli occhi alla sua reazione. “Che avete combinato adesso?!”.
Neville sbiancò e arrossì nell’arco di pochi secondi e balbettò. “E’ t-tutta colpa mia, s-signore,” pigolò, “m-mi dispiace!”
Il proprietario lo ignorò ma il suo sguardo si soffermò sulla mia amica, chiamandola per cognome con voce aspra e facendola sussultare. “E tu... che diavolo stai facendo?!”
Lei sbatté le palpebre, evidentemente confusa da quella domanda la cui risposta era piuttosto evidente. “Sto aiutando a pulire, signore.” rispose d’istinto e con sguardo interdetto.
Sembrò farsi persino più cupo e l'additò con un gesto brusco: “Tu ormai non lavori più qui: sei solo una cliente!” le berciò contro, lasciando tutti gli astanti senza fiato. “Non azzardarti mai più a toccare qualcosa, a meno che tu non l’abbia pagata!”.
Lo guardai incredula e cercai di trovare le parole per intervenire senza peggiorare ulteriormente la situazione. Madama Bumb mi precedette, cercando di placare le acque, soprattutto considerando gli avventori che stavano seguendo la scena a disagio. Si avvicinò al proprietario e si schiarì la gola. “Signor Riddle, non crede che sia il caso di parlarne in un’altra sede?” gli suggerì in tono cortese ma diretto.
“Non ce n’è bisogno, Madama Bumb!” dichiarò Amy al mio fianco con le sopracciglia aggrottate e il volto arrossato dallo sdegno. Cercai di trattenerle il braccio, ma lei si divincolò e si parò davanti al suo ex datore di lavoro. “Sa che le dico?! Meno male che non lavoro più per lei!” dichiarò e indicò il locale con un ampio cenno delle braccia, prima di farle ricadere lungo i fianchi. Non ne attese la risposta, ma si rivolse a Luna: “Andiamocene! E’ evidente che non siamo più gradite!”.
La biondina, con le sopracciglia inarcate, la seguì, ma non mancò di rivolgere un’occhiata profonda all’uomo. “Lo sa? Dovrebbe davvero smetterla di lasciare che Marte abbia questo influsso nefasto sulla sua personalità... ” gli suggerì in tono premuroso e gentile. Dovetti darle atto che non sembrò minimamente preoccupata di fronte al suo sguardo minaccioso e cupo. Raggiunse la nostra amica e quest'ultima mi rivolse un cenno del mento prima di sbattersi la porta alle spalle.
Riddle non aveva reagito alle parole dell'ex dipendente, ma sembrava più rigido che mai e stava stringendo spasmodicamente i pugni mentre una vena gli pulsava alla base del collo. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da lui: ero abituata ai suoi cambiamenti di umore e alle invettive più aspre, ma non a una così palese ingiustizia. La mia amica era sempre stata la sottoposta che più lo aveva tollerato e difeso, anche di fronte allo sconcerto generale.
Lui contrasse maggiormente le sopracciglia, ricambiando il mio sguardo e facendomi quasi rabbrividire, nonostante la voce bassa ma grondante di sarcasmo. “Riuscirete a pulire entro la fine del vostro turno, o avrete bisogno di un copione?”.
Sarebbe stato difficile stabilire chi fosse arrossito maggiormente tra me e Neville. L'uomo scosse il capo, guardando l'intera sala come se si stesse interrogando sul senso del proprio lavoro, ignorò Madama Bumb e camminò in rapide falcate verso il suo ufficio. Sbatté l’uscio, facendo cadere il quadro che aveva pericolosamente vacillato dopo l’uscita delle ragazze. La direttrice di sala, con la consueta flemma, si scusò con i clienti, pregandoli di restare al loro posto e promettendo a ognuno una bevanda in omaggio.
Neville al mio fianco deglutì a fatica e si abbassò sulle ginocchia con aria profondamente mortificata. Io stessa mi sentii un nodo alla gola ma mi sforzai di controllare il tremore delle dita e mi chinai per aiutarlo.
“Finite pure di pulire e prendetevi una pausa: garantirò io per voi, ” mormorò Madama Bumb quando anche gli avventori sembravano essere tornati alla loro degustazione. Ci sorrise con insolita delicatezza, quasi a mo' di consolazione.
 
“E’ stata tutta colpa mia.” mormorò il ragazzo con le guance ancora arrossate, quando seguimmo il consiglio della donna e ci prendemmo una pausa.
Gli strinsi la mano in segno solidale e gli sorrisi: “Non è così, lo sai. Sono sicura che abbia altri pensieri per la testa e si sia semplicemente sfogato con noi”.
La sua voce suonò più roca: “Mi domando se valga davvero la pena sopportare tutto questo per il mio sogno... ” mormorò con un cenno in direzione del pub.
Egoisticamente mi sarebbe dispiaciuto se anche Neville si fosse dimesso, ma non avevo dubbi che, con il suo talento e la sua passione, sarebbe riuscito a raggiungere il suo obiettivo anche con un mentore diverso da Mrs Sprite e in un ambiente più tranquillo.
“Per quel che vale, io riesco a sopportare giornate simili per i bei momenti che trascorro tra queste mura. Compresi quelli con te... ” gli dissi e lo abbracciai brevemente.
Mi sorrise quando ci separammo. “Ti andrebbe una fetta della mia zuppa inglese?”.
Assunsi un'espressione enfatica di sollievo: “Speravo proprio che me lo chiedessi!”.
 
~
 
Sospirai con aria melodrammatica. Non ero solita prendere una tazza di caffè al mattino, ma in quell'occasione era necessario fare un'eccezione. Dal salotto giungeva ancora il sottofondo tutt'altro che idilliaco dei singhiozzi. Erano molesti e fastidiosi, inframmezzati da parole pronunciate ora in inglese, ora in italiano e ora in un dialetto della provincia romana.
Morgana mi rivolse uno sguardo tra lo sgomento e l'incredulo: “Com’è possibile che una donna possa piangere così tante lacrime senza restare disidratata?”. Mi avvicinai all'uscio che aveva tenuto socchiuso e vidi Amy che strappava un altro Kleenex dalla scatola. Tirò su con il naso e parlò a fatica tra i singhiozzi: “C-Come... ha pooooootuto... t-trattaaaaaarmi così?!”. Prese fiato, per poi continuare con voce ancora più stridula: “Dopo tutti questi anniiiiii?!”.
Non avrei saputo rispondere alle sue domande e ogni tentativo, fino a quel momento, di rabbonirla e di indurla a ridimensionare la sua delusione, mi aveva fatto guadagnare delle risposte colorite. 
Mi massaggiai la tempia e le rivolsi uno sguardo costernato. “Tu sei riuscita a dormire?”
Lei si volse bruscamente verso di me, rivolgendomi un'occhiataccia: “Non lo vedi?! Ho dovuto persino usare il tuo correttore per le occhiaie!” berciò in tono polemico. “E non abbiamo neppure l'incarnato dello stesso colore!” aggiunse con tono più stridulo, quasi a sottolineare la gravità del fatto.
“Uhm... deduco che la risposta sia negativa”.
“PERCHÉ È STATO COSÌ INGIUSTOOOO CON MEEEEE?!” ci giunse la voce dell'altra, talmente alta che sembrava che ci trovassimo nella stessa stanza. “Mi sono sempre impegnata! Ho imparato l'inglese per lavorare nel suo maledettissimo pub a tempo pienoooo!”.
Morgana fece una smorfia ma indicò il salotto con un cenno del mento: “Comunque è il tuo turno!” mi disse in tono perentorio.
Aggrottai le sopracciglia. “Scusami?! Ma se sono stata sveglia tutta la notte per cercare di tirarla su! Mentre tu te la dormivi!” aggiunsi in tono risentito, ma cercando di non farmi udire dall'ospite. Dubitavo che quella discussione potesse giovarne l'umore già compromesso. 
Lei si strinse nelle spalle, ma sorrise in modo irritante e con quella punta di presunzione di chi ha sempre la replica pronta. “L’hai conosciuta tu per prima!”.
“Appunto!” ribattei in tono altrettanto convinto. “Devi recuperare lo svantaggio!”.
Si piantò le mani sui fianchi e mi guardò con aria bellicosa: “Il lavoro l'ha trovato a te! Sei tu a essere in debito con lei!”.
“IL LAVOOOORO!” ululò Amy dall'altra stanza. “Ho cercato di accettare tutte le sue stranezze e ho spronato TE a fare lo stessooooo!” puntualizzò mentre Morgana sorrideva con aria soddisfatta. “Se non fosse stato per ME starebbe ancora cercando una sostituta per Lavanda!”.
Sospirai e mi scostai i capelli dal volto. “Possibile che Luna dovesse partire proprio ieri sera con la sua compagnia di ballo?!”.
A quelle parole emise uno sbuffo sarcastico. “Ma per favore! Non essere ingenua: è ovvio che se la sia data a gambe perché non la sopportava più! E non posso darle torto!” replicò in tono quasi stizzito. Notai che il suo sguardo si faceva più pensieroso, avvicinandosi di nuovo all'uscio per spiare la ragazza. Si rivolse nuovamente a me: “Comunque la questione è sospetta. Non è normale che reagisca così”.
Sospirai. “Tu non c'eri, non hai idea di quanto sia stato umiliante. Soprattutto di fronte agli ex colleghi e ai clienti. Neville stava persino pensando di licenziarsi!”.
“Non voglio sminuire”, ribatté l'altra con la fronte aggrottata. “Ma ha passato l'intera notte a piangere e non si dà pace. Sinceramente... non pensi che l'abbia presa troppo sul personale?” Mi domandò con un'occhiata penetrante, come se si aspettasse che io cogliessi un significato implicito.
“E' stato Riddle a renderla personale, scagliandosi contro di lei ingiustamente!”.
La mia amica sbuffò con aria spazientita. “Avrei potuto capire se avesse pianto per qualche ora... ma non si calma! Mi sembra ovvio che la questione vada ben oltre i trascorsi professionali!”
“Ma dai, smettila!” ribattei io in tono polemico. “Sei ancora seriamente convinta che abbia una cotta per lui?!” le domandai al colmo dell'esasperazione. Non era sufficiente la crisi in corso? Doveva persino continuare a farneticare su simili sciocchezze?
Sembrò quasi offesa dalla mia reazione e mi scrutò con aria torva. “Sai che io non sbaglio mai su queste cose!”
Non riuscii a pronunciare una risposta, perché sentimmo bussare alla porta d'ingresso e ci scambiammo uno sguardo perplesso, come a chiederci se aspettassimo qualcuno.
“Ehm, forse è il caso che ti sposti in camera?” mi azzardai a chiedere ad Amy, ma fu Morgana a sollevarla quasi di peso e a trascinarla in cucina. Fu con un sospiro che accolsi l'ennesima bussata a cui risposi con un: “Sto arrivando!”
Schiusi l'uscio e fui letteralmente stordita dal colore sgargiante di rosa che spiccò nell'ingresso. Curioso come un colore così allegro e vivace si accompagnasse a una personalità che, al contrario, ispirava sentimenti tetri e quasi angoscianti.
“S-Signora Umbridge!” squittii alla sua vista. Mi chiesi se non avesse un sesto senso che le permettesse di presentarsi nei momenti e negli orari meno opportuni. “Ehm, buongiorno.”
Ricambiò il saluto in tono freddo, ma controllò l'orologio: “Mi duole confermare che debbo sempre attendere oltre il legittimo, prima che qualcuno si degni di aprirmi la porta di questo appartamento”.
“Mi dispiace, ” cercai di giustificarmi, “ma non l'aspettavamo.”
Uno sgradevole sorriso le increspò le labbra e sembrò renderla persino più minacciosa. “Devo forse ricordarle il significato d’ispezione a sorpresa?” enfatizzò volutamente, mimando anche con le dita le virgolette.
Scossi il capo, sforzandomi di non perdere la calma di fronte a quell'atteggiamento odioso. “Intendevo dire che non è passato molto tempo dall'ultima e-”
“Ehm, ehm, ” m’interruppe in tono deciso, lo sguardo torvo. “Se permette, signorina, sono ancora io a stabilire con quale frequenza debba svolgere il mio lavoro. Pensa di invitarmi a entrare, piuttosto?”
Mi morsi il labbro, già consapevole che le mie parole avrebbero confermato la sua cattiva opinione della sottoscritta: “Temo che non sia il momento migliore”.
Stava già scribacchiando sul suo plico, ma inclinò il viso di un lato: “Devo dedurne che abbia qualcosa da nascondere?”
“Certo che no!” ribattei risentita perché in quel frangente ero sincera al riguardo. Senza contare che era piuttosto offensivo che mi credesse così stupida dall'ammettere il contrario. “Si accomodi pure.” la invitai quasi con un sorriso di sfida. Peggio per lei, mi dissi.
“Non era così difficile, visto?”
Strinsi i pugni lungo i fianchi per impedirmi di risponderle in modo sboccato, ma mi limitai a farle il verso, mimando le stesse parole con le labbra. Restai alle sue spalle e la osservai mentre esaminava il soggiorno. Mi domandai se Morgana, nel frattempo, non avesse tramortito la nostra ospite poiché non ne sentivo più alcun suono.
La donna, con la tipica flemma da detective, scrutò il tavolino da caffè sul quale erano rimaste le tre tazze di tisana che avevamo bevuto la sera prima, sperando che potessero aiutare la nostra amica a rilassarsi e magari a dormire.
“Il vostro ospite ha pernottato qui?” mi domandò con voce tagliente, probabilmente sperando di trovare un ragazzo in accappatoio o sotto la doccia. Una palese violazione delle regole che ci sarebbe costata cara.
“La mia ex collega: al momento è in cucina”, indicai la direzione con un cenno del mento.
“Sarò lieta di bere un caffè, se fosse così gentile da offrirmelo” mi disse e camminò rapidamente verso la direzione indicata.
E la sua regola sul non bere in servizio? Avrei voluto chiederle. Senza contare che credeva davvero che sarei stata così sciocca dall'indicarle la strada, se avessimo nascosto un amante?
“Ma certo, si accomodi” le dissi tra i denti.
“Buongiorno, se non vi dispiace, vi farò compagnia per qualche minuto,” cinguettò con la sua tipica voce dolciastra. Sembrò un poco delusa alla vista di Amy, ma notai che lo sguardo continuava a saettare in ogni direzione, mentre Morgana appariva atterrita.
“La signora Umbridge gradirebbe un caffè”, le dissi nel tentativo di non sembrare troppo polemica.
“Senza zucchero”, aggiunse quest'ultima. “Così lei sarebbe un’ex collega della suddetta signorina?” indagò, rivolgendole un'occhiata penetrante. Mi augurai con tutto il cuore che non rivelasse una nuova clausola che implicava un colloquio conoscitivo con gli ospiti notturni.
Probabilmente si trattò solo di una coincidenza ma, a quella domanda, riprese a singhiozzare rumorosamente. “La vita è così ingiustaaaaaa!!! Anni di lavoro e di impegno e finisci sola, bullizzata e cazziata senza motivooooo!” esplose nella nostra lingua madre, come se avesse trattenuto quei pensieri troppo a lungo e non riuscisse più a sopportarne il peso.
Morgana ed io ci scambiammo uno sguardo terrorizzato, sperando che questo non ci costasse una qualche penale per “disturbo della quiete pubblica” o qualche insidioso cavillo aggiunto per l'occasione. Rivolsi lo sguardo alla donna che sbatté le palpebre a più riprese. Io mi passai una mano sulla fronte, sperando che Amy non pronunciasse parolacce in inglese o imprecazioni volgari.
“Temo di non aver capito il suo nome, mia cara” si rivolse di nuovo a lei in tono zuccheroso.
Morirò sooooola e dimenticata da tuttiiii!!!” continuò l'altra, parlando nuovamente in inglese. Ebbi l'impressione che neppure si fosse resa conto della persona che aveva di fronte. “E' quello che succede quando si pensa solo al lavorooooo e la propria vita sentimentale fa schifoooo, per non parlare di quella sessuaaaaaaleeee!!!” continuò con voce quasi isterica, lasciandoci tutte senza fiato.
“Ehm, ehm, ” aveva tossicchiato la Signora Umbridge che sembrò molto a disagio di fronte a quelle parole potenzialmente “scabrose” per i suoi standard. “Credo che, dopotutto, io abbia raccolto abbastanza dati per questo mese”, ci disse, alzando leggermente la voce per superare i singhiozzi della nostra amica. Appariva decisamente più pallida del solito, ma si affrettò a rimettersi in piedi. “Vi auguro una buona giornata”
“Ma non vuole più il caffè?” domandai perplessa.
“Non in servizio, cara” ribatté quasi istintivamente, sbattendo appena le palpebre. “Arrivederci”.
Morgana ed io la seguimmo con espressione incredula, accompagnate dai singhiozzi incessanti di Amy. Non potei fare a meno di sorridere quando si chiuse l'uscio alle spalle. “Non credevo che esistesse qualcosa in grado di fermarla”.
L'altra assentì con un sorriso suadente. “Magari la prossima volta potresti piangere tu. Chiederò a Bradley di registrarsi mentre finge di scaricarti brutalmente”, aggiunse in tono ironico. Le suggerii dove avrebbe potuto infilarsi un registratore.
 
C’erano voluti tutti i nostri sforzi congiunti, una doppia dose di camomilla e un lavoro certosino di make-up da parte di Morgana per riuscire a rimettere la nostra amica abbastanza in sesto da uscire e recarsi a sua volta al lavoro. Speravo di tutto cuore che quello stato d’animo non interferisse con le sue mansioni. E che le nostre giornate fossero continuate in modo più tranquillo.
 
~
 
 
Quel mattino avevo in programma una sosta al pub prima di recarmi in Accademia. Erano passati mesi dall'ultima volta, ma questa consegna sarebbe stata molto più gradevole: Silente aveva telefonato al pub la sera precedente e aveva chiesto espressamente di me. Doveva aver istruito anche l’inserviente perché mi lasciò passare con il vassoio confezionato, ma non mancando di rivolgermi un’occhiata arcigna e sospettosa. Quando bussai all’uscio, l'uomo rispose prontamente. Entrai nell'ufficio e mi accolse con il suo consueto sorriso caloroso che ne faceva brillare le iridi. “Buongiorno mia cara, ma senti che profumino! Grazie di cuore”.
“E’ stato un piacere”. Appoggiai le paste sulla sua scrivania.
“Ma prego, siediti qualche minuto: spero di non averti disturbato troppo, so che questa mattina non erano previste le prove per il vostro spettacolo” si premunì di aggiungere.
Scossi il capo, pensando tra me e me che non avrei mai potuto sdebitarmi del tutto con lui. “Non si preoccupi, è stato un piacere...” mi affrettai a rispondere. “Sarei venuta comunque in zona per delle commissioni”.
Lo sguardo dardeggiò. “Commissioni che hanno le sembianze di un Assistente dagli occhi azzurri e dall’aspetto regale, immagino” commentò in tono sbarazzino e giocoso, ma ciononostante arrossii furiosamente. “Perdonami, non voglio essere troppo sfacciato. Quanto ti devo?”
Mi agitai sulla sedia. “In realtà questa mattina non ho incontrato il Signor Riddle, ma sono sicura che non voglia che la lasci pagare... ”
Il sorriso si addolcì alla menzione. “Parlerò con lui allora. Ma ti prego: prendine almeno una”, mi indicò l'assortimento con le lunghe dita. “Un regalo da un goloso a un'altra”.
“Mi rende praticamente impossibile dirle di no, ” sospirai, ma misi facilmente a tacere i miei sensi di colpa.
Silente, contrariamente a quanto mi sarei aspettata, non sembrò avere altrettanta fretta di gustarsi la colazione, ma continuò a studiarmi attentamente. Non potei fare a meno di pensare che quella consegna celasse qualche altro intento. “Perdona la curiosità invadente, mia cara, ” esordì in tono cauto, “ma vorrei chiederti come hai trovato il signor Riddle in questi giorni”.
Sbattei le palpebre di fronte all'evidente conferma della mia supposizione. Non potei fare a meno di sospirare al ricordo delle ultime ore al pub. Persino quel mattino si sentiva ancora tra le pareti la tensione, tanto che lo stesso Rankin sembrava meno ciarliero del solito e meno incline a bacchettare i colleghi. “I suoi cambiamenti d’umore sono stati più evidenti del solito, eppure l'altra sera sembrava così di buon umore... ” mormorai e gli raccontai di come avesse assistito a quelle prove improvvisate.
Mi interruppi quando Silente distolse lo sguardo e sgranai gli occhi alla vista di una lacrima solitaria a sfiorargli la guancia. “Si sente bene?”.
“Perdonami, Sarah” si schermì subito in tono rassicurante, ma lo sguardo ancora lucido. “Sono un vecchio sentimentale, ma è stato emozionante rendersi conto che ricorda ancora con passione i miei insegnamenti: ti ringrazio di avermelo raccontato”.
Sorrisi per risposta, avendo ancora una volta la conferma che il loro legame fosse sempre stato qualcosa di più profondo delle tipiche interazioni tra mentore e allievo.
“Stavi alludendo al fatto che hai notato un cambiamento repentino rispetto ai suoi standard, ” riprese Silente. “Posso azzardarmi a immaginare che ieri sia stato particolarmente teso”.
Annuii e in quel momento, ripensando anche al nostro breve incontro in caffetteria, ebbi la netta sensazione che non ne fosse sorpreso. Anzi, forse si aspettava qualcosa di simile, seppur ne ignorassi il motivo. “Siamo abituati a vederlo perdere facilmente la pazienza, ma c’è stata una terribile scenata anche di fronte ai clienti. Si è scagliato in modo ingiusto contro la mia amica Amy: lei è ancora sconvolta... ” mormorai con un sospiro. “Al pub tuttora si sente molta tensione”. 
Sospirò. “Non fatico a crederlo purtroppo.” Mi sorrise con la consueta gentilezza. “Posso sperare che cercherete di sopportare con tolleranza e che continuerete il vostro lavoro con il medesimo impegno. Anzi, con più riguardi del consueto?”
Annuii fermamente. “Ha la mia parola. Mi perdoni... posso farle io una domanda?”
Inclinò il viso di un lato e congiunse le lunghe dita delle mani, dopo essersi appoggiato con la schiena alla sua morbida poltroncina. Mi osservò con espressione particolarmente seria. “Credo che te lo sia guadagnato, ma mi scuso fin da adesso se non dovessi rispondere in modo esaustivo: confido che tu capisca che, in tal caso, io abbia delle buone ragioni”.
Mi affrettai a sollevare le mani: “Non voglio essere indiscreta, glielo assicuro... ma ho l'impressione che lei si aspettasse qualcosa del genere”.
Non distolse lo sguardo dal mio e annuì. “Non te lo nascondo: è così” confermò.
Incoraggiata, mi azzardai ad aggiungere: “Forse la data di ieri ha… un significato simbolico?”
Silente contrasse le sopracciglia e si massaggiò il mento per qualche secondo, continuando a osservarmi. “Purtroppo sì”.
Seppur la mia curiosità fosse più che mai stuzzicata, non volevo intromettermi senza il suo consenso, ma l'anziano riprese parola prima che potessi decidermi. “Forse sei troppo giovane e spero che il destino sia sempre generoso con te, ma talvolta bastano davvero pochi istanti affinché una vita possa andare distrutta”.
Sospirai a quelle parole, mordicchiandomi il labbro inferiore. “E' evidente che il signor Riddle abbia ancora una passione per la recitazione, ” dissi d’impulso, quasi sperando che ciò potesse lenire la sua amarezza. “Avrebbe dovuto vedere la luce nello sguardo, mentre mi dava quel consiglio. Per non parlare di come sorride, quando è in sua compagnia: sono certa che i ricordi dell'Accademia siano tra i più felici della sua vita”.
“Sei molto gentile e premurosa... ” mormorò e la sua voce parve tremare di nuovo. “Nonostante io sia ancora convinto che sia stato il mio miglior allievo, sono certo che aver abbandonato la carriera teatrale sia il rimpianto meno doloroso di tutti”.
 
Continuai a sentire una stretta al cuore per tutto il tragitto in metro e improvvisamente i miei crucci per la scenata al pub e per la mortificazione di Amy e di Neville sembrarono quasi nulli.
 
~
 
Fu con un lieve batticuore che accolsi l'arrivo del messaggio di Bradley: gli avevo chiesto delle sue condizioni e se avessi potuto fargli visita senza disturbarlo. Scossi leggermente il capo ma con un sorriso bonario, di fronte a quelle parole e all'uso dell'emoji dallo sguardo impudente. 

Per quanto mi lusinghi l’idea, non vorrei davvero rischiare di contagiarti. E, anche se è difficile crederlo, potrei non essere al massimo della forma e apparirti meno affascinante 😉

Mi presi qualche istante per rifletterci, prima di rispondere:

Sono disposta a correre il rischio. O, per essere più precisi, entrambi i rischi :P

Scrutai il listino dei prezzi che era affisso alla parete esterna di un ristorante: il servizio prevedeva anche cibo da asporto. Fu con un sorriso trionfante, dopo aver letto le sue parole, che entrai e mi lasciai avvolgere in quel piacevole calore.

Lascerò la chiave sotto il vaso della pianta. Ti aspetterò sveglio, o almeno ci proverò 😉

Contemplai la porta del suo appartamento: non potei fare a meno di ricordare l'unica occasione in cui mi fossi trovata lì. I bellissimi ricordi di quella cena erano inevitabilmente resi più amari per la tensione che era scesa tra noi dopo la mia “confessione”. Scossi il capo tra me e me, recuperai le chiavi e le inserii nella serratura, cercando di fare il meno rumore possibile nel caso si fosse addormentato. Le lasciai in un mobile dell'ingresso. Regnava un pacifico silenzio e mi premunii di accendere la luce e di camminare con passi leggeri per non disturbarlo. Mi diressi verso la cucina e riversai il brodo in un piatto fondo che appoggiai a un vassoio, insieme a un bicchiere d'acqua fresca. Osservai la porta socchiusa della stanza da letto e provai un certo moto di nervosismo seppur l'avessi già vista durante il “tour” che mi aveva concesso la prima volta. Mi feci coraggio ed entrai.
Sorrisi alla vista del ragazzo che sembrava assopito: le coperte sollevate fino al collo, i capelli scarmigliati a sfiorarne la fronte, le labbra dischiuse e leggermente screpolate. Probabilmente non ero molto obiettiva ma Bradley serbava il suo fascino persino durante un'influenza stagionale[6].
Appoggiai il vassoio sul comodino e allungai istintivamente la mano verso la fronte. Sospirai nel sentirla ancora calda e mi guardai attorno, provando a immaginare dove avrei potuto trovare un panno pulito per poterlo detergere. Quasi sussultai nel sentirne la voce, più nasale del solito.
“Le favole Disney non insegnavano che i risvegli migliori avvengono attraverso un bacio?”
Schiuse gli occhi lucidi e febbricitanti e sembrò sforzarsi di mettermi a fuoco prima che un sorriso impudente gli increspasse le labbra.
“Hey, ” mormorai a mo' di saluto. Risi e scossi il capo. “Quindi saresti la mia Principessa?” gli domandai in tono ironico.
Inarcò le sopracciglia e assunse un'espressione fintamente addolorata: “Non giudicarmi per questo”.
“Non oserei mai, ” mormorai. “Sono passata in una trattoria per prenderti del brodo di pollo, che ne dici? Te la senti di mangiare?”
Raggrinzò il naso in una smorfia adorabile e piuttosto puerile: “Avrei preferito una leccornia preparata da Neville”.
“Ti sentiresti meglio se ti dicessi che ti manda i suoi migliori auguri di pronta guarigione?”
Non desistette da quell'espressione fintamente mortificata. “Solo se gli auguri fossero accompagnati da una fetta di torta di mele. Ma mi potrei accontentare di una crostata...”
“Temo di doverti deludere, ma sarei lieta di festeggiare in modo goloso, quando ti sarai ripreso”, promisi e cercai di aiutarlo a sollevare il busto, affinché potesse mangiare comodamente. Appariva sempre così energico e atletico che era insolito trovarlo indolenzito e quasi bisognoso di aiuto anche per un gesto così semplice. Gli sprimacciai i cuscini e appoggiai cautamente il vassoio di fronte a lui.
“Non dovevi disturbarti, ” mormorò ma un sorriso più dolce ne fece scintillare lo sguardo.
“E' stato un piacere, davvero.” lo rassicurai. “Hai chiamato un dottore?”
Annuì, indicando con un cenno del mento i medicinali. Si prese qualche istante per assaggiare, prima di sorridere. “O le mie papille gustative sono totalmente compromesse o è una minestrina squisita”.
“Ti concederò il beneficio del dubbio, ” replicai con un sorrisino. “Sei riuscito a riposare stanotte?”
“Un poco, ” replicò con uno scrollo di spalle. “Le giornate sono interminabili: sarei stato contento persino di modificare di nuovo la scena finale dello spettacolo”.
Non potei fare a meno di ridere. “Non dirlo neanche per scherzo: avrei il terrore di vedere Lupin spuntare da uno di questi armadi a sentire parlare di modifiche”.
Rise al pensiero, ma lo sguardo tornò a sondarmi con maggiore attenzione, tra una cucchiaiata e l'altra.
“Ma dimmi di te, piuttosto... come sta andando la settimana?”
“Se vuoi assicurarti otto ore di sonno, basterebbe che ti raccontassi della mia vita in Italia durante il periodo della tesi. Posso promettere un effetto soporifero istantaneo! ”
Sorrise ma scosse il capo. “Ancora sono sconvolto dal fatto che parlasse di Sherlock Holmes e non della famiglia Bennet”.
Lo guardai con aria fintamente offesa. “La maggior parte dei racconti è in piena epoca vittoriana!”
“Touché,” mi concesse con un sorriso, “Quindi solita routine in Accademia? Al lavoro?”
Sospirai al riferimento al pub e, mio malgrado, mi ritrovai a raccontare per l'ennesima volta della sera in cui mi aveva trovato con Neville, aneddoto che lo divertì moltissimo. Fu piuttosto spiazzato da quello successivo sulla scenata di Riddle.
“Deve essere stato terribile per entrambi: stimo molto l'attore che è ancora in lui, ma dubito che riuscirei a lavorare per una persona così volubile e burbera” commentò con le sopracciglia aggrottate.
Annuii con un sospiro. “Amy non ha chiuso occhio: era terribilmente mortificata.”
“Mi dispiace per lei, ha lavorato per tantissimo in quel pub e mi sembrava che Riddle la stimasse molto... ” commentò con espressione piuttosto perplessa.
Malgrado tutto, non avevo mai dubitato del rispetto che il mio datore nutriva per lei, seppur fosse tutt'altro che incline a dimostrarlo. “Sono convinta che sia ancora così, ma purtroppo è stata la sua valvola di sfogo ideale in quel momento”.
“Un tempismo davvero azzeccato per il tuo rinnovo di contratto” aggiunse con un sorriso ironico.
Spostai il vassoio, quando ebbe finito di mangiare, ma gli porsi il bicchiere d'acqua. “Se ti consola, questa notte neppure io ho quasi chiuso occhio per cercare di calmarla. Piuttosto inutilmente aggiungerei”. Trovai una sedia e l'avvicinai al letto.
Si portò teatralmente una mano al petto: “Adesso sono quasi invidioso, considerando che stavo combattendo con la febbre da solo”.
Inclinai il viso di un lato: “Cerchi di farmi sentire in colpa?”
Un barlume di furbizia ne fece scintillare lo sguardo e, con un movimento fluido, si sporse appena in mia direzione per acciuffare una ciocca dei miei capelli che si rigirò intorno al dito. “Ci sto riuscendo?”
Sentii il mio cuore scalpitare più intensamente e la risposta mi uscì più sussurrata. “Forse”.
Mi rivolse un sorriso complice, prima di tornare a stendersi, ma continuò a osservarmi attentamente. “Fino a quando ti è stato rinnovato il contratto?”
“Settembre, ” risposi di riflesso. “Sarà passato esattamente un anno dal nostro arrivo a Glasgow” aggiunsi e non potei fare a meno di sentirmi sorpresa da quella constatazione. In certi momenti mi sembrava che quei mesi fossero trascorsi a velocità perlomeno raddoppiata rispetto alla mia quotidianità in Italia. Per altri, invece, erano accadute così tante cose che mi sembrava che fosse passato molto più tempo. Io stessa talvolta stentavo a riconoscermi nella ragazza che era giunta in Scozia per la prima volta. 
Bradley sembrava a sua volta concentrato in qualche riflessione a giudicare dalle sopracciglia corrugate e dallo sguardo velato. “Sei decisa a restare a Glasgow anche dopo lo spettacolo quindi” mormorò.
“Almeno fino a Settembre” spiegai con un cenno di assenso.
“Hai già pensato a cosa accadrà dopo?” mi domandò e mi scrutò in modo intenso.
Sentii una familiare sensazione di ansia impadronirsi di me e distolsi lo sguardo. Porsi quella domanda aveva diverse implicazioni che coinvolgevano la mia famiglia, le mie amiche e presumibilmente anche lui. Ne incontrai nuovamente gli occhi, prima di rispondere cautamente. “Ho provato a immaginare diverse possibilità, ” ammisi, “ma ci sarebbero delle ragioni piuttosto importanti affinché tornassi a casa”. Sospirai. “Anche se significherebbe abbandonare questa specie di fiaba e tornare alla normalità”.
Lui aggrottò le sopracciglia e sentii la sua mano ghermirmi il braccio quasi istintivamente. “E tra questi scenari, che ne diresti di fare di questa favola, la tua nuova quotidianità?”
Mi sentii senza fiato di fronte a quell'espressione che sembrava insieme una proposta e una richiesta. “Mi sembri così inserita in questa realtà che sarebbe difficile immaginarti altrove... se non a Londra”.
“Londra?” ripetei.
“Non ho ancora avuto occasione di mostrarti i miei luoghi” mi fece notare con un sorriso più dolce e non potei fare a meno di ripensare alla sera del nostro incontro. 
“Ammetto di averci fantasticato più di una volta” sussurrai per risposta. Sarebbe stato meraviglioso contemplare quella parte della sua vita e avere la percezione di conoscerlo più a fondo.
“Spero che queste fantasie diventino presto realtà, ” mormorò per risposta, salvo assumere un'espressione più sbarazzina e complice. “A proposito d’immaginazione e di sogni, dimmi... hai ripreso a scrivere? Non mi sono dimenticato di questa passione”.
Sentii un dolce calore in petto al pensiero che conservasse questi dettagli delle nostre conversazioni e che fosse così semplice parlare di qualcosa di così personale e potenzialmente imbarazzante. Inclinai il viso di un lato: “Se ti dicessi di sì, ne saresti contento?”
Glielo leggevo nello sguardo, ma lo lasciai rispondere. “Naturalmente. Soprattutto se mi confermassi che almeno uno dei protagonisti mi somiglia”.
Risi e gli diedi un buffetto sul braccio ancora proteso in mia direzione. “Te l’hanno mai detto che sei un adorabile sfacciato?” lo interrogai con aria di finto rimprovero.
“Fa parte del mio fascino, ” replicò con un'alzata di spalle, ma mi guardò più intensamente, “Dico sul serio: ammiro la tua etica del lavoro e il tuo impegno per lo spettacolo, ma non rinunciare completamente a questa parte di te”.
“Ti prometto che ci proverò” mormorai per risposta. Pronunciare quelle rassicurazioni aveva un sapore del tutto particolare: era realmente e sinceramente interessato a ogni aspetto della mia vita. “Ma adesso dimmi... tu hai già deciso che cosa farai dopo lo spettacolo?”
Mi studiò attentamente e sembrò cercare le parole prima di rispondere con la consueta pacatezza, ma con un barlume più consapevole nello sguardo: “Per quanto sia grato di quest'esperienza che mi ha concesso Silente, so per certo che voglio tornare in scena” mi rivelò.
“Sarei rimasta delusa dal contrario.” risposi sinceramente. “Non ti auguro di meno, anche se dovessi trasferirti altrove... ” aggiunsi e sentii la mia voce farsi più tremula. Era un tarlo che aveva cominciato a ronzarmi per la mente da qualche tempo: sarebbe davvero valsa la pena iniziare una relazione, se molto probabilmente il nostro futuro ci avrebbe visto distanti? O Bradley sarebbe entrato nella lista dei miei interrogativi su come la mia vita sarebbe potuta andare se avesse seguito le mie egoistiche aspirazioni?
Mi riscossi al tocco delicato con cui mi indusse a sollevare nuovamente il mento. Si sporse nuovamente in mia direzione: “Non andrò da nessuna parte per il momento, ” mi assicurò con voce ferma e vellutata, un suono dolce nonostante il suo raffreddamento. “Puoi prenderla come una promessa o una minaccia” aggiunse con un ammiccamento, riprendendo a giocare con una ciocca dei miei capelli.
Sorrisi per risposta, ma riuscii a sussurrare solo un ringraziamento. Dopodiché allungai le mani ad apporre una lieve pressione sulle sue spalle: “Ma adesso basta parlare: devi riposare”.
Sbuffò, ma si appoggiò nuovamente al cuscino e si stese nuovamente, mentre io mi rimettevo in piedi.
“Oh, avanti, resta, ” brontolò con una smorfia adorabile, “mi piace sentirti parlare: hai una voce rilassante”.
Inclinai il viso di un lato osservandolo con aria piuttosto scettica: nessuno aveva mai definito la mia voce con quell'aggettivo. “Sei molto galante, ma persino io mi stanco di sentirmi parlare”.
“Te l'ho già detto, vero, che ho un debole per quell'accento?” domandò allora, modulando la voce a una maniera più accattivante.
Non potei fare a meno di sciogliermi all'ulteriore riferimento al nostro primo incontro. “D'accordo, resterò: ma solo per mezzora”, acconsentii.
Gli tamponai il volto delicatamente e cercai di distrarlo dal bollore, presi a raccontargli qualcuno degli episodi più divertenti delle mie ore al pub e in Accademia, ma evitai accuratamente quelli che riguardavano Tom ed Emma.
Rimasi a contemplarlo quando parve, finalmente, essersi assopito. Volevo assicurarmi che dormisse in modo tranquillo e decisi di attendere almeno una decina di minuti. Ne studiai i lineamenti del volto e ne carezzai il dorso della mano con le dita. Per la prima volta nella mia vita, mi rendevo conto di quanto fosse appagante e meraviglioso vegliare sul sonno di qualcuno e scorgerne quell'anelito più dolce e vulnerabile.
 
Sbattei le palpebre nel tentativo di mettere a fuoco i contorni della camera e rimasi per qualche secondo allibita di fronte al giovane addormentato nel suo letto. Inarcai le sopracciglia e mi scostai di dosso la coperta di lana, ma sussultai alla vista dell'ora. Incredula, fissai lo sguardo fuori dalla finestra e mi passai una mano sul volto nel rendermi conto che avevo trascorso tutta la notte lì. Non osavo immaginare chi mi avrebbe urlato contro con più irruenza: mia madre per la mancata telefonata della buonanotte o Morgana per non avermi vista rientrare.
Tanto ormai il danno è fatto, mi dissi. Mi sollevai cautamente per non disturbare il riposo di Bradley e ripiegai la coltre che doveva avermi appoggiato addosso. Lo avrei sgridato per essersi alzato, ma sorrisi dell'ennesima premura tanto dolce e delicata, puramente nel suo stile. Allungai una mano alla sua fronte e fui sollevata nel rendermi conto che la febbre era finalmente calata. Scribacchiai velocemente un biglietto di saluti e di ringraziamento e mi chinai a lasciargli un bacio sulla fronte.
Sussultai, tuttavia, nel sentirne le dita stringermi una ciocca di capelli: aveva ancora gli occhi socchiusi e l'espressione rilassata. Sulle labbra, tuttavia, era apparso un sorrisetto sbarazzino e complice.
“E' proprio vero, ahimè... gli sceneggiati della Disney non insegnano proprio niente” mi prese giocosamente in giro, facendomi arrossire pur senza guardarmi.
Ne strinsi appena la mano. “Devo scappare. Ritieniti fortunato che Morgana non abbia già sguinzagliato Scotland Yard per cercarmi... ” lo ammonii con tono fintamente severo.
Il sorriso non sfumò dalle sue labbra, ma schiuse gli occhi. “Grazie di essere rimasta... ” sussurrò.
“E' stato un piacere. ” mormorai. Mi costrinsi a fare un passo indietro e a rimettermi il cappotto.  “Riposati, ti chiamerò più tardi: prendila pure come una minaccia” ne imitai il tono suadente e galante.
“Volentieri, ” sorrise e si appoggiò pigramente al cuscino.
Chiusi delicatamente la porta dell'ingresso alle mie spalle e mi affrettai a mettermi in cammino per raggiungere la fermata della metro più vicina.
“Merda... ” borbottai tra i denti notando la notevole quantità di messaggi e di chiamate perse. La telefonata con mia madre aveva richiesto qualche minuto e, dalle sue parole, dedussi che la sera prima aveva contattato anche a Morgana. Quest'ultima, per non farla preoccupare, le aveva detto che, visto il turno serale al pub e le pulizie successive, mi sarei fermata a dormire a casa di una collega. Naturalmente mi beccai la sua predica sul fatto di non averle almeno mandato un messaggio, ma usai come scusa il pretesto di non volerla svegliare in piena notte. Stavo per aprire la chat di gruppo con le amiche, quando il telefono iniziò a vibrare per la telefonata di Amy. Sperai che Morgana fosse con lei, così che potessi parlare direttamente a entrambe. “Ciao, scusami tanto! Di' a Morgana che STO BENE e sto-”
“MA DOVE DIAVOLO ERI FINITA?!”
Mi staccai il cellulare dall'orecchio. Non la sentivo urlare così da quella famigerata sera in cui si era scagliata contro Morgana per la fotografia del giovane Signor Riddle. Anche in questo caso, mio malgrado, non potevo che comprenderne la stizza.
“ABBIAMO PROVATO A CHIAMARTI UN CENTINAIO DI VOLTE A TESTA!”
“Mi dispiace, davvero, non volevo farvi preoccupare!” pigolai e le spiegai che mi ero accidentalmente addormentata a casa di Bradley. Mi ascoltò e la sentii ripetere brevemente, in inglese, il mio racconto: in sottofondo la voce di Luna che confermava il tutto con qualche riferimento astrologico e quella di Morgana che prometteva che, una volta archiviato tutto, mi avrebbe dato una bella strigliata di persona. Oltre alla preoccupazione, aveva anche dovuto fingere che tutto andasse bene con mia madre ed era stata costretta a mentirle, cosa che detestava dal profondo del cuore.
“Quindi siete tutte a casa tua?” domandai.”
“Almeno una questione l'abbiamo risolta,” rispose in tono stanco e il mio senso di colpa salì vertiginosamente. “Raggiungici appena puoi, devo parlare a tutte”.
“E' successo qualcos'altro?!” la incalzai in tono allarmato.
“Vieni qua di corsa” si limitò a replicare e intuii che non fosse un argomento piacevole e preferisse di gran lunga parlarne di persona.
“Arrivo,” replicai ma non ebbi modo di aggiungere altro perché la batteria del telefono si era completamente scaricata. Rinunciai alla possibilità di tornare a casa, farmi una doccia, cambiarmi d'abito e mettere il cellulare sotto carica. Sembrava che la questione fosse veramente urgente e non volevo farle attendere ulteriormente.
Un quarto d'ora dopo suonai il campanello e fu Luna ad aprirmi con viso benevolo e sorridente. Seppur ne avessi sentito la voce dal telefono, non potei fare a meno di guardarla con una certa curiosità. “Ciao Luna, pensavo che saresti rientrata la prossima settimana,” commentai, mentre lei mi lasciava accomodare.
“Ciao Sarah!” mi accolse con voce melodiosa. Osservai lo strano quadretto che avevo di fronte: Morgana e Amy erano sedute sul divano e avevano un'espressione seria e corrucciata. La biondina mi sfilò gentilmente di dosso il cappotto e continuò a parlare con voce tintinnante e allegra, che stonava incredibilmente con l'atmosfera pesante che si respirava in quella stanza. “Sono dovuta tornare prima”, rispose in tono eloquente, “ho sentito il richiamo mentale di Amy”.
“Quindi hai percepito una perturbazione nella Forza?[7]” azzardai con un sorrisino.
La biondina sgranò gli enormi occhi: “Ma di cosa stai parlando?”
Amy sollevò gli occhi al cielo con espressione insofferente e mi affrettai a scuotere il capo. “Come non detto”.
“Come sta Bradley?” mi incalzò Morgana con un sorrisino solo in parte cordiale. “Spero sia valsa la pena di farci prendere un colpo” commentò in tono di rimprovero.
“Avete ragione,” commentai con un sospiro. “Vi devo delle scuse, ma...” guardai in direzione di Amy con una certa confusione. Dalla telefonata avevo percepito una certa urgenza, ma in quel momento sembrava ancora persa nelle sue riflessioni.
Morgana sembrò seguire il corso dei miei pensieri e concordare che potessimo soprassedere per il momento. “Mi ha chiesto di venire qui questa mattina, ma ha detto che voleva parlare solo quando fossimo state tutte presenti”.
Sospirai e mi mordicchiai il labbro, non potendo fare a meno di incupirmi. Non mi era mai capitato di trascorrere la notte in un luogo improvvisato e ovviamente una simile emergenza doveva accadere quando non ero reperibile neppure per avvisare del mio ritardo. “Mi dispiace veramente tanto, ragazze: non si ripeterà” promisi e presi posto tra le due. Luna si accomodò nella poltrona rimasta libera accanto alla sua coinquilina. Per la prima volta il suo sguardo sembrava realmente focalizzato sui presenti e non perso nelle sue tipiche elucubrazioni sugli astri e sui segni zodiacali.
Rivolsi lo sguardo alla diretta interessata e così tutte le altre: quella compostezza sembrò sgretolarsi e mi resi conto che appariva pallida e tremante. E terrorizzata come non mai. “Ho fatto una stupidaggine, ” esordì con voce molto più bassa del suo naturale timbro, “ la più grande della mia vita”.
Morgana sciolse la postura rigida e inclinò il viso di un lato: “Lui chi è?” domandò in tono tranquillo, ma senza traccia del sorriso vispo o dello sguardo provocatorio che solitamente accompagnavano quel tipo di conversazione.
“Deve essere un segno di Aria, visto come sei agitata... ” intervenne Luna quasi di riflesso.
“A meno che non si parli del tuo nuovo lavoro... ” aggiunsi io. Amy scosse il capo in segno di diniego ed io trattenni il fiato. “Ti prego, non dirmi che è qualcuno che lavora al pub o qualche tipo strano dei siti d’incontri!”
Scrollò le spalle: “Lo sai che mi sono cancellata e... no!” esclamò, sporgendosi per guardare Morgana, “Non osare dirlo!”
“Dev'essere qualcuno che conosciamo, o avresti già detto nome e cognome... ” fece notare quest'ultima in tono tranquillo.
Annuì. “Tanto vale che ve lo dica subito: si tratta di Dario”.
Luna si agitò sulla poltrona con espressione trasognata: “L'avevo detto! Un segno di Aria![8]”.
“Questo sì che è interessante!” commentò Morgana, sporgendosi in sua direzione con un barlume più civettuolo. “Quindi avete deciso di diventare friends with benefits? Non sarò certo io a giudicarti, anzi, mi complimento per la scelta!” sorrise con espressione felina. “Anzi, forse dovrei sgridarti per aver aspettato così tanto!”
“Certo che no!” ribatté Amy che arrossì ferocemente fino alle orecchie. “Ve l'ho detto che me ne pento e non era affatto programmato!”
Sbattei le palpebre a più riprese, sentendomi ancora stordita e incredula, guardando dall'una all'altra. “Stiamo parlando di quel Dario?” la incalzai come se non riuscissi realmente a immaginarlo.
“No, mio nonno!” replicò lei, recuperando un po' del suo spirito. “Quanti Dario pensi che io conosca?!” si agitò maggiormente sul divano e distolse lo sguardo dal mio. “Non avrei mai voluto che lo scopriste, soprattutto tu, ” m’indicò con un cenno del mento,ma adesso sono stata costretta a dirvelo.”
Sospirai per risposta ma le strinsi il braccio: “Dario è un tuo caro amico ed è stato molto gentile e disponibile anche con me, nonostante fossi solo un'estranea”. Seppur mi capitasse molto di rado di vederlo o di sentirlo nominare, avevo sempre pensato solo cose positive sul suo conto.
“Sono sicura che lo pensi anche Bradley.” intervenne Morgana con voce ridente. “Anzi, dovresti presentarglielo”. Il sorrisino scomparve solo quando le rifilai una gomitata e un'occhiataccia. Mi rivolsi nuovamente ad Amy che sembrava troppo turbata per notare l'intervento ironico dell'altra.
“Tu credi di nutrire dei sentimenti romantici nei suoi confronti?” indagai con aria confusa nel tentativo di capirne lo stato d'animo.
“Certo che no!” ribatté con fermezza, nonostante fosse ancora imbarazzata. “Certo, è un gran bel ragazzo, non sono cieca... ” borbottò e si passò una mano tra i capelli, prima di riprendere a parlare. “Siamo usciti per festeggiare il mio nuovo lavoro. Lo sapete che per me non è un bel periodo, dopo quello che è successo a San Valentino,” gesticolò animatamente, prima di proseguire, “poi ho scoperto che Daniel ha iniziato a uscire con Bonnie, come quella stronza di Emma aveva previsto. Ho bevuto troppo, ho iniziato a commiserarmi e lui voleva solo farmi star meglio... mi è stato molto vicino.”
Supplicai con lo sguardo Morgana di non fare battute allusive, ma quest'ultima inclinò il viso di un lato: “Come vanno le cose tra voi? Come ha reagito a mente lucida?”
“Sta per partire per l'Australia...” ammise controvoglia. Di fronte alle nostre facce, si affrettò ad aggiungere: “Ma non c'entra con quello che è successo tra noi!”.
L'altra parve aver difficoltà a trattenersi dal ridere, ma si schiarì la gola e sollevò le mani: “Sarà anche stata la tua prima volta, ma dubito che tu abbia fatto così schifo. Anzi, si dice che l'alcool-”
La interruppi con un cenno della mano e cercai di tornare al punto cruciale della conversazione: “Perché dici che sei costretta a parlarcene?”
Mi resi conto che la mia domanda aveva colto nel segno dal silenzio pesante che l'accolse. Il suo viso divenne più pallido, le sue labbra tremarono nel tentativo di formulare una risposta che non sembrava in grado di accettare. Fu come se tutti i pezzi del puzzle si stessero formando di fronte a me: gli sbalzi d'umore repentini degli ultimi tempi, il suo pallore e la difficoltà a mangiare, il modo eccessivo in cui aveva reagito alla sfuriata di Riddle e il timore con cui aveva affrontato quella conversazione. Senza contare che, a detta di Morgana, da qualche settimana aveva “fiutato” un cambiamento nei suoi modi. La conferma mi giunse quando estrasse dalla sua borsa un pacchetto che conteneva un test di gravidanza. Sbattei le palpebre e deglutii a fatica. Sembrò che nessuna di noi riuscisse a trovare una parola o un commento che fosse necessario o opportuno in quel contesto.
“N-Non ho il coraggio di f-farlo!” mormorò con voce tremante e rauca. “Se fosse positivo? Mi sarei rovinata la vita e la carriera per una stupida notte!” la sua voce cominciò a divenire più stridula e sempre più alta e le parole si accavallavano.  “Di tutte le cavolate che ho combinato, questa è la peggiore! Non posso neppure pensare di rinunciare alla carriera, tanto meno di crescere un bambino o anche solo di-”
“Non lo sai ancora.” la interruppe Morgana in tono deciso ma pacato. Si alzò in piedi e si appoggiò al bracciolo accanto a lei. Allungò una mano a stringerne il braccio. “Agitarsi non cambierà il risultato: la prima cosa da fare è assicurarsi che sia vero”.
Annuii e mi sforzai di sorriderle seppur io stessa avessi il cuore in gola e mi sentissi terrorizzata dalle possibili implicazioni. “Morgana ha ragione: la risposta la tieni tra le mani. Prenditi tutto il tempo che ti serve. Ma una cosa per certo non cambierà: saremo tutte qui per te”.
La moretta annuì e sorrise più dolcemente: “I discorsi sentimentali riescono meglio a lei... ”
Luna si appoggiò con un movimento fluido sul tavolino da the e ne carezzò la mano, prima di inclinare il viso di un lato e sorriderle. Non pronunciò parola, ma nel suo sguardo sembrava esserci tutto quello che avevano condiviso, ben prima che noi giungessimo a Glasgow.
Amy la guardò e sembrò vacillare. “Q-Questo non lo avevi proprio previsto!” pronunciò con un verso gutturale a metà tra un singhiozzo e una risata.
Sembrarono attimi infiniti quelli in cui ci sedemmo tutte e quattro in soggiorno, attendendo che il timer suonasse. Nessuna parlò e sembravamo persino aver paura di scambiarci uno sguardo o un sorriso. Quando sentimmo il suono, tuttavia, ci avvicinammo tutte a lei. Cercò il nostro sguardo prima di esaminare il bastoncino da cui dipendeva tutto il suo futuro.
 
 
“Sei proprio sicura che sia il caso di chiamarlo?” mi azzardai a chiederle, pur sapendo che sarebbe stato impossibile farla desistere.
“Mai stata più sicura” ribatté senza neanche degnarmi di uno sguardo, scorrendo rapidamente la rubrica del cellulare. Azionò il vivavoce e restammo tutte in attesa del segnale della linea libera, prima che il ragazzo rispondesse.
“Hey Amy!” la salutò con la consueta vivacità e riuscii a immaginarmi il suo sorriso spensierato o il modo in cui si passava di quando in quando una mano tra i capelli lunghi fino alle spalle. “Ho appena ricevuto la conferma: parto per Sidney tra due settimane!” le raccontò all'apice dell'entusiasmo.
La nostra amica assunse un'espressione stizzita e un sorriso vendicativo le increspò le labbra, mentre rispondeva in tono enfatico: “Ah sì?”. Di fronte al cenno d’incoraggiamento di Morgana, continuò: “Anch’io ho ricevuto una conferma poco fa: sono incinta, sai?”
Sembrò che Dario restasse qualche secondo senza fiato, prima di reagire in tono cordiale. Forse fin troppo nel tentativo di mostrarsi entusiasta per lei. “Wow, congratulazioni!” Non passarono che pochi secondi prima che formulasse la domanda successiva: “Scusa, ma di chi sarebbe?”
Il sorriso della ragazza divenne persino più perfido. “Tuo, ovviamente” cinguettò.
Sentii Dario imprecare in un dialetto siciliano, prima di parlare con voce notevolmente agitata e quasi stridula: “Aspetta, che cazzo significa che è mio?!”
Non dovette riflettere sulla risposta successiva. “Lo sai benissimo che io ero vergine prima di quella maledettissima notte, testa di minchia!”
Il ragazzo non sembrò neppure curarsi dell'insulto, ma continuò a parlare in tono incredulo e sgomento, non riuscendo neppure a immaginare l'eventualità: “Che cazzo di preservativo mi hai dato?! L'hai fatto di proposito, vero? Volevi incastrarmi?!”
Tradussi a Luna in inglese, premunendomi di tenere la voce bassa, sentendomi non poco a disagio per quell'iniziativa. Quest'ultima fu subito scossa dalle risatine, ma cercò di trattenersi, mentre Morgana si tappava la bocca per non rivelare la propria presenza.
Continuarono a urlarsi addosso per almeno cinque minuti, prima che Amy gli rivelasse che il test era risultato negativo. 
Minchia, ma ti sembra qualcosa su cui scherzare?!” riuscì a dire con voce ancora flebile ma sollevata.
“Almeno hai avuto un assaggio di quello che ho passato io nelle ultime 24 ore!” ribatté l'altra il cui volto era diventato rosso di indignazione. I capelli, che le stavano ricrescendo, sembravano emanare elettricità statica.
“SEI UNA PSICOPATICA!” urlò lui di rimando, rendendosi conto del tiro mancino. “Sei quasi peggio di quella pazza della mia ex! Lo sai quanto ci tengo a questa promozione: mi hai fatto credere di aver mandato tutto all'aria!”
“Ah certo, perché per me sarebbe il momento ideale, vero?!” ribatté con altrettanta foga. “ Quasi quasi la rintraccio io la tua ex e le do il tuo nuovo numero!”
“Non osare neppure pensarci!” sbraitò per risposta. “Giuro che questa me la paghi!”
“Spero che ci crepi in Australia!” ribatté e neppure attese una risposta. Sospese la chiamata e lasciò cadere il telefono sul divano.
“Ben fatto, ” ghignò Morgana che si era premunita di registrare la conversazione, “così la prossima volta ci penserà due volte prima di allungare le mani”.
“Ora mi sento molto meglio, ” convenne Amy, rilassandosi contro lo schienale del divano. Fu scossa da una lunga risata che sembrò liberarla dalla tensione e dallo sconforto delle ultime ore.
“Comunque non dovresti prendere alla leggera questo ritardo del ciclo: dovresti rallentare il ritmo e cercare di riposare di più.” le feci notare con un sospiro. Mi accomodai a mia volta, sentendomi decisamente più leggera.
“Basta bravate per un bel po'...” sembrò promettere in tono stanco. Non avevo dubbi che avesse bisogno di una bella notte di sonno per recuperare le ore perse.
“Ci credi davvero?” la provocò Morgana.
“Altroché!” ribatté con il mento sollevato. “Tanto per cominciare non verrò più al pub”.
“Lo so che Riddle è stato terribile con te, ” esordii io, cercando un modo di farla ragionare, “ma sono sicura che non lo pensasse davvero e poi ci resteranno tutti male... Neville per primo che continua a incolparsi di quello che è successo.” Speravo che almeno l'amicizia con il ragazzo potesse dissuaderla da tale decisione.
Non sembrò voler sentire ragioni e scosse il capo risolutamente. “Continueremo comunque a uscire tutti insieme, ma sono serissima: non tornerò là dentro, a meno che io non riceva delle scuse”.
“Vorrà dire che dovremo cercarci un altro bar, ” concluse Morgana con un sospiro, “ma almeno abbiamo ancora un'infiltrata che potrà raccontarci i pettegolezzi più succosi”.
Mi rimisi in piedi e mi ravviai i capelli, convenendo che non potessi fare altro per il momento. “Se volete scusarmi, io andrei a casa: ho urgente bisogno di una doccia”.
Di fronte agli sguardi avidi delle ragazze e quello perplesso di Luna, mi affrettai a sollevare le mani: “Non è come pensate!”
That's what she said[9],” replicò Morgana con un sorriso malizioso.
Amy si sollevò appena dalla propria posizione con un'espressione altrettanto beffarda. “Non penserai che ti lasceremo andare senza averci raccontato i dettagli: ho proprio bisogno di un po' di sano pettegolezzo”.
Sospirai, ma cercai di nascondere il sorriso: in realtà non vedevo l'ora di ripercorrere quelle ultime ore con Bradley. Soprattutto adesso che sembrava il momento ideale per parlarne.
 
~
 
Fu quasi con incredulità che mi resi conto, sfogliando l'agenda, che mancava solo un mese e mezzo alla data dello spettacolo. Sospirai di fronte alla pagina dell'agenda, a causa di una riga scritta da Tom qualche mese prima. V’incollai sopra un paio di post-it e vi annotai la lezione in Accademia e l'orario del turno di lavoro. Mi riscossi al sentire la suoneria del cellulare. Sorrisi quando scorsi il mittente del messaggio.
 
Buonasera, Milady.
So che il coprifuoco è passato, ma sarei disposto a introdurmi furtivamente dalla finestra, se tu fossi così premurosa da aprirla. Non ti tratterrò a lungo, promesso ;)
 
Non potei fare a meno di sorridere e mi rimisi in piedi, dopo aver inviato la risposta.
 
Permesso accordato.
 
Mi affrettai a controllare il mio riflesso e a dare una rapida spazzolata ai capelli, prima di aprire il vetro della finestra. Osservai la figura atletica che stava salendo senza apparente sforzo, malgrado si fosse appena ripreso dall'influenza. Scavalcò agilmente il davanzale e mi fu di fronte in pochi istanti.
“Di solito le introduzioni furtive non vengono annunciate,” feci notare con un sorriso, “ma non voglio essere troppo pignola. Mi fa piacere rivederti in piedi” aggiunsi.
Inclinò il viso di un lato e mi rivolse un breve ammiccamento. “Ed io che speravo di essermi giocato bene la carta dell'ammalato”.
“In realtà l'hai fatto... ” confessai e gli feci cenno di accomodarsi, ma lui preferì restare in piedi.
“Perdonami l'ora, ma non volevo aspettare fino a domani.” mi spiegò con voce modulata, alludendo al nostro appuntamento in Accademia.
“E' successo qualcosa?” mi affrettai a chiedere, ma mi rilassai di fronte alla sua espressione rassicurante.
Scosse il capo, ma mi osservò attentamente, quasi studiandomi, prima di parlare con la tipica tranquillità: “Temo di dover annullare la nostra lezione”.
“Cosa?” domandai del tutto presa alla sprovvista. “Ma perché?”
Sorrise più dolcemente e lo sguardo azzurro ebbe un piacevole scintillio mentre osservava la delusione che non avevo neppure provato a dissimulare. “Perché non sarebbe opportuno, considerando che sto per chiederti un appuntamento. Uno ufficiale, ben inteso”.
Mi sembrò che il cuore si fermasse e che poi cominciasse a scalpitare a velocità sostenuta. Mi tremavano le gambe ma lui riprese il discorso con lo stesso disarmante savoir-faire. 
“Ho parlato con Lupin e anche lui conviene che tu non abbia più bisogno del mio aiuto: certo, potremmo sempre provare in un ambiente più informale... se tu mi supplicassi” aggiunse in tono più scherzoso.
Avevo quasi il timore di svegliarmi e di scoprire che si trattasse soltanto di un sogno, ma la risposta mi giunse repentina, come se l'avessi taciuta da troppo tempo. “Sì”.
Inarcò le sopracciglia e sorrise: “Sì nel senso che hai intenzione di supplicarmi?”
Avanzai di un passo e lo guardai intensamente. “La risposta alla richiesta di un appuntamento è sì” specificai e mi sorpresi di come la mia voce avesse assunto un timbro che persino a me sembrava sconosciuto fino a quel momento.
“Bene, ” mormorò e il suo sguardo dardeggiò. Fece poi un cenno del mento verso l'altra stanza. “Per favore, mandami il numero di Morgana e chiedile di tenersi pronta: mi farò sentire molto presto”.
Aggrottai le sopracciglia: “Pensavi a un appuntamento a quattro?” domandai e mi strinsi le mani in grembo, pur cercando di mantenere un certo contegno. 
Mi diede un buffetto sulla punta del naso. “Niente affatto. Ho bisogno di parlare con lei perché non ho intenzione di svelarti i dettagli. So che si considera la tua stilista personale, quindi mi avvarrò della sua collaborazione... ” mi spiegò con un sorriso giocoso.
Lo guardai incredula: era già abbastanza difficile sottostare alla tirannia di Morgana, quando si trattava di qualcosa di simile, ma era insopportabile l'idea che potesse gongolare perché a conoscenza di un simile segreto. “Davvero non vuoi darmi neppure un indizio?”
“Davvero, ” ribatté e mi scostò una ciocca di capelli dal viso per ripormela dietro l'orecchio. “Ti fidi di me, vero?”
Mi rilassai e anche la mia curiosità sembrò placarsi mentre lo osservavo e mi ritrovavo a sorridere. “Più che di chiunque altro”.
“Per il momento dovrai accontentarti, ” mormorò con espressione dispettosa, salvo addolcirsi. “Buonanotte”. Socchiusi gli occhi alla pressione delle sue labbra contro la mia guancia, soprattutto quando indugiò per qualche secondo, consentendomi di inspirarne il profumo.
“Buonanotte” mormorai per risposta e lo seguii con lo sguardo mentre usciva nuovamente dalla finestra e mi rivolgeva un ultimo sorriso prima di scendere nuovamente in strada.
Mi sedetti ai piedi del letto. In quel momento realizzai quanto fossi stata fortunata ad avere il mio primo appuntamento con un ragazzo come Bradley. Non riuscivo a smettere di sorridere al pensiero, tanto meno a placare quell'aritmia.
E adesso chi dorme?
Fino a poche settimane prima avrei subito aperto il mio notebook e avrei cominciato ad abbozzare un post per il mio blog, ma era come se quella parte della mia vita fosse ormai solo un ricordo. Fu invece con entusiasmo che mi avvicinai al cassettino della scrivania e ne estrassi un quaderno su cui stavo, a poco a poco, abbozzando dei personaggi e delle linee guida per un nuovo racconto. Era la prima volta che mi cimentavo in quell'esercizio creativo con la consapevolezza che la realtà potesse essere di gran lunga migliore del mio bel mondo immaginario.
 
To be continued...
 
Certamente non avrei mai immaginato che quest’aggiornamento sarebbe giunto in un periodo così delicato e difficile per tutto il mondo. Spero, se non altro, che questa lettura possa avervi fatto trascorrere il tempo con un po’ leggerezza J Da parte mia, è stato molto divertente da scrivere, ma purtroppo ho avuto diversi contrattempi a causa dei quali è stato scritto in un intervallo fin troppo lungo. Non posso promettere di essere più celere con i prossimi, ma è quello che mi auguro onestamente :D
Un ringraziamento, come sempre, ad Evil Queen le cui idee hanno permesso la stesura dell'80% (se non 90 :P) delle scene di questo capitolo, soprattutto quelle legate al suo sfortunato alter ego ;)
Un abbraccio a tutti.

Kiki87

 
 
[1] In questa versione i genitori di Neville stanno benissimo ma ho immaginato che fosse carino lasciare il riferimento alla mitica signora Paciock :D Facciamo conto che viva coi genitori di lui.
[2] Si tratta del dialogo che Sara e Bradley provano alla prima lezione privata che le impartisce quest'ultimo, nel capitolo 13. Sì, lo ammetto, non mi andava di inventare un dialogo nuovo se non strettamente necessario :P
[3] Non sono un'esperta di tecniche teatrali, ma ho trovato qualche informazione su questa pagina web e ho un po' rielaborato il tutto per renderlo funzionale alla mia trama.
[4] Sara ormai vive nelle caffetterie :P
[5] Si tratta di Julie Christie, l’attrice che in Harry Potter ha interpretato Madama Rosmerta :D
[6] Lo so, è una spiacevole coincidenza, ma in tutta onestà quando ho immaginato queste scene, non si era ancora scatenata la pandemia che stiamo tuttora vivendo. Non ho voluto modificare l’espediente perché queste scene mi sono particolarmente piaciute.
[7] Riferimento a una battuta pronunciata da Obi-Wan Kenobi in: “Star Wars, episodio IV: Una nuova speranza” (1977) quando percepisce la distruzione di un pianeta e la relativa disperazione delle vittime. “Ho sentito come una perturbazione nella Forza... Come se milioni di voci gridassero terrorizzate e a un tratto si fossero zittite. Temo sia accaduta una cosa terribile”.
[8] Dario Aita è nato il 25 Gennaio. Il suo segno zodiacale è l’acquario che corrisponde a un segno d’aria per l’appunto :D
[9] Letteralmente significa: “E' ciò che ha detto lei”. Si tratta di uno slang che è usato, con intento ironico, quando una persona pronuncia una frase senza alcuna implicazione sessuale, ma è decontestualizzata e interpretata come se lo fosse. Trovate la spiegazione qui
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Merlin / Vai alla pagina dell'autore: Kiki87