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Autore: paige95    25/03/2020    3 recensioni
Quante volte è necessario toccare il fondo per poter rialzarsi più forti di prima? E quante volte è necessario attraversare il buio per raggiungere una luce che nemmeno si sapeva potesse esistere?
Riscoprire l’amore nei momenti più delicati può essere il miglior modo per affrontare le difficoltà e le incomprensioni.
In questo clima nascerà, inaspettatamente anche per loro, l'amore tra Pan e Trunks, proprio quando entrambi avranno bisogno di dare una svolta alla loro vita e di comprendere meglio se stessi.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gohan, Pan, Trunks, Un po' tutti, Videl | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku, Gohan/Videl , Pan/Trunks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ESTATE - RITROVARSI SENZA ESSERSI MAI PERSI



 


Goku poteva finalmente tirare un sospiro di sollievo, Gohan era salvo e non credeva di aver mai provato così tanta paura per l’incolumità dei suoi figli, sopravvivere ad uno di loro lo spaventava terribilmente, ecco perché avrebbe preferito dare la sua vita in cambio, anche se era pienamente consapevole che Chichi avrebbe ugualmente vissuto momenti drammatici; una cosa era certa, a Goku era sembrato di rivivere i tempi del rapimento di Gohan per mano di suo fratello, quando per infiniti istanti aveva temuto di aver perso il suo bambino. Era stato forse egoista? Decisamente sì, ma non riusciva mai a capire quanto realmente lo fosse finché qualcuno non gli faceva aprire gli occhi, ammesso che ciò fosse sufficiente e non sempre lo era. L’aura di Gohan stava crescendo velocemente, infondeva tanto ottimismo a Goku sentire la vita scorrere nelle vene del primogenito e al suo fianco anche l’energia vitale di sua moglie sembrava essere più distesa e rilassata. Era gratificante riuscire a portare serenità alla sua famiglia, a salvaguardarli non solo nel corpo, ma anche nell’anima, non facendo pesare sui loro cuori un suo sacrificio. Ciò che i suoi cari non sapevano però – e sperava non lo avvertissero – era che l’aura di Goku stava esaurendo; si rendeva conto mentre la trasferiva al figlio di indebolirsi, ma aveva deciso di non arrendersi comunque, nonostante le evidenti conseguenze che sarebbero subentrate. Era uscito rapidamente dalla stanza di suo figlio, affinché sua moglie non si preoccupasse, tanto lei non era fortunatamente in grado di avvertire i danni del suo grande sforzo. Prima di riprendere la sua corsa contro il tempo e lanciarsi alla ricerca del suo compagno di sventure, decise di accomodarsi, appoggiando la schiena contro un grande tronco e sedendosi alla sua base. Sperava di recuperare le forze con un po’ di riposo, anche se sapeva perfettamente che per i sayan non era sufficiente quello a rimettersi in piedi dopo un grosso dispendio di energie. Persino le gambe avevano minacciato di cedergli, in quelle condizioni sarebbe stata una pessima idea gettarsi all’inseguimento. Era talmente a corto di forze che non riuscì nemmeno a percepire l’aura in avvicinamento, le sue capacità, anche le più consuete, erano inibite e dovette avere davanti quel ragazzo per cogliere la sua presenza.
«Goku, ti senti bene?»
Trunks si era accovacciato accanto all’amico in pensiero, il fatto che il sayan cercasse di alzarsi in modo impacciato per non mostrare i segni del malessere fu tutto inutile per tranquillizzarlo, il ragazzo aveva ormai colto chiaramente le sue difficoltà.
«Sto bene, non preoccuparti»
«No, Goku, non stai bene»
Iniziava a comprendere cosa lo avesse ridotto in quello stato, aveva percepito un grosso incremento della sua aura, ma non riusciva ancora a capire a cosa gli fosse servito. Trunks lo vide collassare contro l’albero, le gambe non si decidevano a sorreggerlo; quando Goku avvertì anche l’aura del secondogenito si arrese, non c’era più nulla che potesse fare per nascondere il suo stato alla famiglia.
«Papà, sei impazzito?»
A differenza dell’amico, Goten aveva capito dai racconti della madre e dalla rapida ripresa del fratello la soluzione che suo padre aveva trovato, quindi aveva immaginato che non fosse troppo lontano da quel pianeta, vederlo però a pochi metri da quella casa gli comunicò la gravità della situazione.
«Perché non mi hai chiamato? Ti avrei aiutato, avremmo aiutato insieme Gohan»
«Tuo fratello aveva bisogno di un intervento tempestivo e non ti avrei mai fatto rischiare. Devo andare, Vegeta mi sta aspettando, ma devo prima capire dove sia la sua aur …»
Trunks aveva afferrato ben poco di quello che si erano scambiati padre e figlio, ma alla necessità dell’amico di un riposo ristoratore era arrivato anche lui.
«Goku, non pensarci neanche, a mio padre pensiamo noi»
Riuscì a contrastare facilmente i tentativi del sayan sfinito, posandogli le mani sulle spalle e invitandolo a non muoversi da dove si trovava.
«Non so dove sia Vegeta in questo momento. Non riesco a sentire la sua aura, potrebbe non essere già più sulla Terra, gli avevo chiesto di iniziare a cercare le sfere senza di me»
«È alla Capsule Corporation con mia madre, Whis l’ha accompagnata lì non tantissimo tempo fa perché aveva un appuntamento urgente con mio padre. Ma non ti so dire di più, lei e quell’angelo erano di fretta»
Goku era talmente stanco che per lui fu complesso persino tenere le palpebre sollevate, ma un ultimo sforzo lo dedicò a Goten.
«Figliolo»
«Sono qui, papà»
Il ragazzo si chinò all’altezza del padre, di modo che potesse incontrare facilmente il suo sguardo. Avrebbe voluto riferire tanti pensieri a quel giovane sayan, per ogni accusa che Chichi gli muoveva il primo pensiero volava a lui e a tutti gli anni che aveva perduto al suo fianco; il suo egoismo lo aveva accompagnato più volte nell’arco della sua vita e non sarebbe certo stato lui a negarlo. Rimase tutto nella sua mente, il cuore non riuscì ad esprimersi prima che Goten si rivolgesse a lui con un sorriso amorevole, che per Goku non fu mai tanto immeritato.
«Pensa mamma a te, stai tranquillo. Ciò che è importante ora è che recuperi totalmente le energie, al resto pensiamo io e Trunks»
«Fate attenzione, mi raccomando»
Sapeva già di non riuscire ad impedire a quei due giovani di agire, ma sperava davvero fossero giudiziosi, non era nelle condizioni per sopportare le grida isteriche di sua moglie.
 
~
 
Il primo incontro con suo figlio era stato molto distante da come se lo era immaginato, Serleena qualche minuto prima non era nemmeno certa che ciò sarebbe mai successo, anzi era convinta che la morte l’avrebbe per sempre separata da lui. Era solo un neonato quando lo vide l’ultima volta, in lui tutto era cambiato negli ultimi anni, non era solo cresciuto fisicamente e diventato un grande guerriero, anche il suo carattere aveva preso forma e per quello aveva contribuito Radish. La rabbia accumulata negli anni vissuti accanto ad un padre insensibile si era trasformata in rancore e rivedendo i sui genitori – specie sua madre che credeva si sarebbe schierata dalla sua parte – aveva dato libero sfogo alla sua frustrazione. Serleena non sapeva come colmare il dolore di un figlio abbandonato prima da una madre uccisa e poi da un padre emotivamente assente. Prima di quella discussione con Inazuma non aveva avuto modo di parlare con calma con Radish; benché rivedersi dopo così tanto tempo avrebbe dovuto riempire i loro cuori ormai fermi di gioia, non era così certa che sarebbe stata una conversazione tranquilla, i racconti dolorosi che erano usciti dalle labbra del figlio non avrebbero potuto lasciarla indifferente; finché Goku si limitava a descrivere quel passato, che per una serie di sfortunati eventi lei non aveva vissuto, era un conto, ma leggere negli occhi di Inazuma la sofferenza che aveva provato sulla propria pelle era un altro paio di maniche. Intravide il suo ex amante sconsolato all’ombra di uno dei tanti alberi in fiore presenti in quel giardino che non aveva nulla da invidiare al paradiso che lei aveva imparato a conoscere così bene; lei non aveva dimenticato il fatto che l’avesse lasciata prima che la sua gravidanza giungesse al termine, non sapeva che rapporto fosse rimasto tra loro e cosa lo avesse spinto ad abbandonarla da un giorno all’altro, era davvero convinta all’epoca che il loro amore superasse ogni timore; l’ultima immagine che ricordava di lui si riduceva ad un dettaglio: una voce rotta dal pianto aveva pronunciato con dolore il suo nome nel vano tentativo di salvarla dal suo destino, non riusciva ad intuire però se quella reazione alla sua morte avesse cambiato qualcosa tra loro, se avesse cancellato mesi di silenzio da parte di quell’uomo insieme al motivo che lo aveva portato a sparire nel nulla dopo tutto l’amore che si erano professati. Che senso aveva porsi tutte quelle domande nelle condizioni in cui si trovavano, lui restava un’anima dell’inferno e lei del paradiso, quindi sarebbe servito a poco il perdono da parte di Serleena o il rimpianto da parte di Radish, ciò che quella donna infondo cercava e che l’aveva condotta fino a lui era una semplice risposta e la voglia d’incontrare un’ultima volta quei profondi occhi scuri. Non appena le iridi di Serleena si posarono sullo sguardo di quel sayan rivolto al prato, il solito brivido d’amore travolse il suo corpo, anche se, a differenza di tutte le altre volte, era fittizio. Lo stava fissando con troppa insistenza, lui non avrebbe potuto non accorgersi delle attenzioni che quello spirito gli stava riservando; Serleena celò un sorriso, non voleva cedere alla tenerezza che lo sconforto di quell’uomo le infondeva, l’obiettivo principale di quell’incontro era domandargli la ragione del suo comportamento, sperando che i motivi fossero davvero nobili, come quelli che sulla fiducia lei aveva esposto davanti al figlio, giustificando così suo padre.
Fu lui a raggiungerla, per poi doversi fermare subito dopo a pochi centimetri da lei. Avrebbe voluto abbracciarla, si sentiva ancora così distante da lei, era come se inferno e paradiso non fossero destinati, in qualunque luogo e in qualunque tempo essi si trovassero un ostacolo si frapponeva sovente tra loro.
«Sai, Serleena, è assurdo, proprio ora che potremmo amarci senza doverci più nascondere non possiamo nemmeno sfiorarci. Forse mi è giunta la punizione, vederti e non poterti toccare»
«Non lo so, Radish, dimmelo tu, ti senti per caso in difetto verso qualcuno e credi di dover scontare una qualche pena?»
Era un’evidente provocazione, aveva causato sofferenza a molte persone nell’arco della sua breve vita e non faceva fatica ad immaginare cosa Inazuma le avesse raccontato sul suo conto; era assurdo per uno spietato sayan del suo calibro, reduce da anni di fiamme dell’inferno, ma sentiva davanti a lei il bisogno di giustificare ogni azione deplorevole che era conscio di aver compiuto, come se rischiasse in caso contrario di perdere la stima di Serleena.
«Se ti riferisci a Inaz …»
«Mi riferisco a lui e a me!»
Il tono di voce più elevato di quella donna gli ricordò che forse l’amore che nutriva nei suoi confronti poteva già essere svanito dal giorno in cui l’aveva abbandonata, non era certo che lei prima di morire avesse avvertito la sua disperazione nel vederla in quello stato e di non aver potuto fare nulla per salvarla. Kami, se solo avesse saputo che aspettava quel bambino, le avrebbe afferrato la mano e trascinata insieme a lui su un qualsiasi altro pianeta, invece senza volerlo aveva condannato tutti ad un destino orribile, compreso per lui, visto che senza quella donna accanto era precipitato giorno dopo giorno nell’abisso più oscuro.
«Radish, far pagare a nostro figlio quell’amore contrastato non era la soluzione, ma cosa ti ha detto il cervello?! Me lo vuoi spiegare? Sei sparito prima che ti dicessi di aspettare quel bambino, avrei potuto capire dopo avertelo annunciato – ma in fondo nemmeno così tanto -, e non ti ho più rivisto fino alla mia morte. Perché sei tornato proprio quel giorno?»
Aveva forse mancato di dirle che lui non aveva un’indole paterna? Non avevano mai neppure sfiorato quell’argomento, erano solo due ragazzi attratti l’uno dall’altra dal primo istante in cui i loro sguardi si erano accarezzati, o almeno per lui era stato così fin dal principio, lei sembrava più spaventata dal terribile esercito di Freezer piuttosto che innamorata. Un figlio non era nei piani di Radish, né con lei né con nessun’altra donna; fu per lui un fulmine a ciel sereno, l’aveva lasciata sola e al suo ritorno aveva trovato un neonato nella culla. Radish non viveva le condizioni favorevoli per crescerlo, non sapeva neppure come infondergli l’amore che il destino gli aveva strappato via. Era disarmato davanti a lei, si era sempre sentito in difetto, era l’unica guerriera davanti alla quale si era sempre piegato con sincero rispetto, lui da lei aveva solo da imparare. Il più grande insegnamento che Serleena gli aveva trasmesso riguardava l’amore, ma per quel maledetto destino – complice forse la sua stessa mano – non aveva più potuto infondergli quell’amore puro che aveva riscoperto essere vitale per lui.
«Serleena, non te lo so dire, da quando sei entrata nella mia vita nulla ha avuto più senso e quando sei morta è stato come svegliarmi da un sogno. Quando ti ho lasciata, sono tornato ad essere lo stesso di sempre, con l’unica differenza che tentavo di reprimere l’amore che provavo per te, proprio perché per causa mia tu rischiavi. Quando ho saputo che eri in pericolo sul serio, sono corso da te, ma purtroppo era tardi per proteggerti. In quel momento lo avrei fatto, mi sarei schierato contro Freezer per te, non mi sarebbe importato, al massimo sarei morto insieme a te, invece io sono sopravvissuto con mille rimorsi per non esserti stato accanto fino alla fine sacrificando anche il sayan che ero, in fondo non sono mai stato un brav’uomo e l’esercito di Freezer non era una grande aspirazione. Tu mi hai aperto gli occhi»
Solo Vegeta era stato testimone delle emozioni che aveva provato davanti al corpo di Serleena martoriato da quegli esseri spietati, a lei non avrebbe saputo spiegarlo, non aveva nemmeno mai pensato un giorno di avere l’occasione di farlo.
«Intendi che dopo la mia morte sei tornato ad essere il solito sayan assassino o hai solo finto di esserlo per nascondere ciò che provavi per me?»
«Tu hai fatto un miracolo, riuscivi a cambiarmi ogni volta che mi eri accanto e quello iniziava a spaventarmi, temevo di perdermi in quell’uomo così diverso da me, nessuno mi aveva insegnato ad essere così … sentimentale. Forse mia madre avrebbe potuto, lei era una donna buona e sensibile nei confronti dei suoi figli, ma lei ci ha lasciato troppo presto e la mia vita è cambiata radicalmente. Non voglio mentirti, se mi avessi visto non ti sarebbe piaciuto per niente ciò che ero diventato dopo di te»
Le stava parlando con sincerità, iniziava ad intravedere quel ragazzo un po’ incosciente che mentiva ai suoi superiori pur di trascorrere qualche minuto in sua compagnia. Aveva sempre creduto che ciò che mostrava a lei fosse la sua parte migliore, non le era mai passato per la mente che in sua assenza dimenticasse del tutto come si amava, tornando ad essere il solito sayan dal cuore duro segnato dalla perdita della sua famiglia; aveva sempre sperato che fingesse di uccidere innocenti, che il suo amato Radish fosse un uomo buono che finalmente aveva trovato in lei una donna con cui rivelare la sua vera indole. Si sbagliava, aveva sempre mentito a se stessa e non era malvagio per averla abbandonata, quel gesto dalle parole del sayan aveva una giustificazione credibile, la sua vera natura era proprio quella che lei raramente vedeva. Ora a Serleena non veniva difficile credere la sua incapacità di infondere amore ad Inazuma.
«Mi piaceva quel nuovo te, quello che mostravi solo a me, era ciò per cui mi ero follemente innamorata di te»
«Capisci ora perché non sono riuscito ad amare quel bambino? Tu non c’eri a migliorarmi»
«Radish, una parte di me vive in Inazuma»
«Lo so … mi dispiace, ho disonorato la tua memoria»
«Sì, lo hai fatto e non sarò certo io a dire il contrario»
La fissò dispiaciuto, l’opinione di quella ragazza era sempre stata importante per lui; era esattamente ciò che temeva da quell’incontro, incrociare gli occhi di quella donna e vedere il riflesso della sua anima, era sempre stata in grado di mostrargli il suo lato migliore, ma ora, dopo gli anni che aveva trascorso in vita dopo la morte di Serleena, non poteva certo essere positiva l’idea che aveva di lui.
«È anche per questo motivo che mi sono guadagnato l’inferno»
«Non avrei mai voluto che tu …»
«So anche questo, ma ritrovarti in paradiso sarebbe stato un regalo immeritato»
Serleena avrebbe pianto se ne avesse avuto ancora la capacità, sapeva quanto fosse sincero, quanto ogni sentimento che provava lo fosse: amore, rabbia, indifferenza e rimpianto; lei aveva accettato tutto di lui quando aveva deciso di amarlo, ma faceva più fatica ad accettare che suo figlio avesse sofferto a causa di suo padre e in quanto tale avrebbe dovuto smuovere il cielo per colmare l’assenza della madre. Serleena avvicinò una mano a quella di Radish e lui, capite le sue intenzioni, aprì il palmo verso l’alto accondiscendente, affinché lei porgesse sopra il suo, stando ben attenta a tenerlo sollevato per non rischiare di trapassarlo.
«Me lo merito, Serleena, mi merito tutto il grande dolore che sto provando in questo momento»
«Oh, Radish, avrei voluto un finale diverso per noi e la nostra famiglia»
Le sorrise commosso, seguendo con l’indice il contorno del viso della ragazza, non gli era concessa nemmeno una carezza, avevano forse violato troppo quelle distanze in passato ed ora ne pagavano tristemente il conto.
«Non sei cambiata di una virgola, sei sempre raggiante, amore»
Ebbe la certezza di essere sempre stata nel suo cuore, anche quando sembrava che lui desiderasse allontanarsi da lei senza un apparente motivo; erano solo stati travolti da eventi più grandi di due giovani innamorati, le cui esperienze pregresse avevano contribuito a rendere complicato persino l’incontro più bello della loro vita che avrebbe potuto cancellare per entrambi le sofferenze passate vissute.
«Tu sei cambiato invece, sei diventato un uomo, sei cresciuto insieme a nostro figlio e sono certa che tu abbia imparato da Inazuma più di quanto voglia far credere»
Rifletté sulle parole di Serleena, non sapeva giudicare se avesse ragione, era propenso a fidarsi, nonostante non le avesse dimostrato una grande prova di responsabilità negli ultimi anni.
«Mio fratello vuole trovare le sfere per riportarci in vita, ha solo un desiderio a disposizione, io non so come lui abbia intenzione di gestirlo, ma se non dovesse trovare una soluzione migliore io credo che Inazuma vorrebbe te al suo fianco, io ho avuto la mia occasione e l’ho sprecata»
 
Poco distante da loro Inazuma seguiva la scena, non coglieva le parole che i due si stavano scambiando, ma aveva notato la confidenza che era rimasta l’uno verso l’altra, si accorgeva come quell’uomo davanti a lei cambiava il suo volto e non era certo lo stesso con cui lo guardava fin dalla più tenera età. Forse era un fastidio per loro la sua presenza, avrebbe sicuramente preferito non nascere; l’idea di sparire dalle loro vite e lasciarli in pace nel bene e nel male attraversò la sua mente, una volta tornati in vita avrebbero potuto recuperare il tempo perduto senza minacce al loro amore. Nelle sue intenzioni c’era quella di abbandonare in silenzio quel pianeta, sparire dalle loro vite esattamente come era entrato, quasi dispiaciuto per aver attentato alla loro incolumità. Stava muovendo passi felpati, quando gli parve di udire una voce femminile alle sue spalle che attirò la sua attenzione e la sua curiosità.
«Gohan, non è il caso che tu faccia sforzi, ti prego, devi riposare, non vanificare l’intervento di tuo padre»
Videl non riusciva a farsi ascoltare dal marito, tentava persino di afferrarlo per le braccia, ma lui la liquidava con poca grazia, continuando a correre con rabbia verso l’uomo che aveva devastato le loro vite. Quando fu finalmente abbastanza vicino a Inazuma, caricò con irruenza un gancio rivolto al suo viso, ma non lo trovò affatto impreparato, anzi senza troppa fatica riuscì ad intercettare quel pugno, mostrando l’intenzione di non voler passare al contrattacco; Gohan con disgusto e stizza sciolse quella presa.
«Non osare mai più sfiorare mia figlia! Altrimenti la prossima volta sarò io a mandarti all’altro mondo»
Il sentimento con cui Gohan impregnò quelle parole non lo lasciò indifferente, ma non si era accorto fino a quel momento di quanto fosse cresciuto quel bambino che si divertiva così tanto a seguire gli allenamenti tra lui e suo padre.
«Non avevo alcuna intenzione di farle del male, almeno non più. Dì a tuo padre di sbrigarsi a riportarli in vita, credo che il tempo di Radish stia esaurendo. Mi dispiace per la ferita, speravo te la cavassi, non desideravo la tua morte, ma non sapevo come aiutarti. Sai, se mio padre mi avesse amato anche solo la metà dell’amore che provi per tua figlia io sarei stato felice»
Gohan era diffidente, quelle parole lo confusero, aveva inspiegabilmente accantonato l’ascia di guerra.
«Cos’hai in mente? Hai intenzione di attaccarci alle spalle quando abbasseremo la guardia?»
«Dì a Goku che mi dispiace, distruggere la sua famiglia solo perché non ho potuto averne una è un errore»
Non diede modo a quel giovane di ribattere, girò i tacchi e scomparve, lasciandolo perplesso. Gohan aveva forzato un po’ troppo il suo fisico, la debolezza si era fatta sentire più velocemente dei pensieri, Videl impedì prontamente che le ginocchia del marito cedessero, consentendogli di reggersi a lei.
«Gohan, so a cosa stai pensando e non ti fermerai finché non avrai approfondito cosa stia passando nella mente di quel sayan, ma ora è tempo di ascoltare coloro che ti amano e recuperare le energie, per il resto sono sicura che ci sarà l’occasione, la tua salute è più importante»
Abbassò lo sguardo su di lei con un sorriso, distogliendo gli occhi dal cielo.
«Grazie, amore, per il tuo sostegno»
Le lasciò un bacio sulla fronte, facendosi scortare nuovamente in quella stanza. Inazuma aveva ragione, lui era fortunato.
 
~
 
Goten sapeva di aver lasciato suo padre in buone mani, non era infatti ciò che lo preoccupava; quando arrivò alla Capsule Corporation insieme al suo migliore amico, un paio di aure infuocate li accolsero inaspettatamente. Riconobbero chiaramente entrambi i contendenti, ma ciò non li tranquillizzò. Quando Trunks raggiunse il laboratorio dove la madre era solita svolgere il suo lavoro, ciò che si parò davanti ai suoi occhi non fu nemmeno così inusuale, i suoi genitori stavano discutendo animatamente i Kami solo sapevano su cosa; era sicuro che il principe avvertisse sulla porta sua presenza, ma come sempre alzare la voce in presenza dei figli non era tra i suoi problemi.
«Mamma, papà! Cosa accidenti vi è preso? Non è il momento questo»
Per Bulma, a differenza del marito, l’arrivo del ragazzo fu una sorpresa.
«Tesoro. Per fortuna sei qui, nessuno meglio di te può far capire a quel testone di tuo padre quanto la sua idea sia folle»
Era sfinita, non aveva calcolato il tempo in cui quel sayan le stava sbraitando nelle orecchie pur di sopraffarla con le sue opinioni.
«La mia non è un’idea folle, Bulma!»
Colpì con il palmo la scrivania senza preoccuparsi di contenere la forza e il nervoso accumulati durante quella discussione, in cui la sua ragione veniva ripetutamente ignorata da quella donna così testarda. Nella traiettoria della sua mano era capitata una innocente provetta vuota che sotto il fendente del principe si frantumò in mille pezzi, provocandogli qualche ferita sanguinante. Bulma rimase impassibile davanti alla sua rabbia e moderò il tono.
«Ti sei sfogato ora?»
La fulminò per la pacata provocazione, si allontanò da lei e andò a ritirarsi in un angolino del laboratorio a braccia conserte, sicuramente offeso, era piuttosto difficile credere che si fosse rassegnato, quando quella era l’unica soluzione per uscire dalla minaccia che incombeva sulla Terra.
«Papà, quale idea hai avuto?»
«Vuole sfruttare la macchina del tempo, con le opportune modifiche, per tornare indietro da Zamasu prima che desideri di diventare immortale e recuperare le sfere»
Per una scienziata del suo calibro, secondo cui ogni dettaglio doveva essere categoricamente controllabile e governabile, quell’opzione suonava assurda anche solo pronunciandola, non c’era alcuna probabilità che loro fossero riusciti a sconfiggere Zamasu e non succedesse invece il contrario in quella linea temporale parallela.
«Vegeta, non mi intendo di scienza, ma se mio padre fosse qui approverebbe»
«Non ho bisogno del benestare di Kakaroth»
Goten era comparso soltanto in quel momento sulla porta, credendo di interferire in una riunione familiare, ma, volente o nolente, aveva seguito ogni singola parola.
«Appunto, lo hai detto tu, non te ne intendi. Ognuno in questa stanza ha le proprie capacità, voi sapete distruggere tutto intorno a voi solo con la forza del pensiero ed io so costruire, ma con logica e rigore»
Quei sayan, o mezzi sayan che fossero, non potevano capire cosa stessero rischiando o forse ne erano pienamente consapevoli, ma sprezzanti del pericolo sfidavano la sorte. Goten si avvicinò a lei, discostandosi dalla porta e allontanandosi dall’amico, si accovacciò ai piedi della sedia girevole su cui la scienziata si era accomodata e con dolcezza si rivolse a lei.
«Bulma, non te lo chiederemmo se non fosse davvero importante»
«Goten, non me la sento di mandarvi incontro al pericolo, non se posso impedirlo»
La voce della terrestre diventò un sussurro, era lievemente incrinata dalla paura che potesse perdere per un suo errore i propri cari; lanciò un’occhiata a Vegeta, il quale ricambiò quello guardo supplichevole solo per un istante, non riusciva a mostrarle quanto provocarle un dolore, per loro necessario, gli rincrescesse.
«Bulma, sappiamo difenderci da Zamasu, stavolta siamo preparati, conosciamo il pericolo a cui andiamo incontro. Ti prego, aiutaci, solo tu puoi farlo»
Quel ragazzo le aveva sempre ispirato una sensazione familiare, quegli occhi puntati su di lei in attesa e nella speranza di una risposta positiva non erano solo quelli del bambino che aveva visto crescere, ma anche gli stessi del suo amico più fedele.
«Mi devi promettere che sarete prudenti, prendete le sfere senza che quel mostro vi veda e tornate subito a casa»
A Vegeta non era sfuggita l’accondiscendenza della moglie davanti a quel giovane.
«Se te lo chiede lui accetti, io ho dovuto fare fuoco e fiamme e nemmeno così mi hai ascoltato»
Ignorò le proteste del principe, non aveva alcuna voglia di proseguire quella discussione e portarla su altri piani, le preoccupazioni erano altre, ma il sorriso sincero di Goten infondo l’aveva un po’ rassicurata.
«Trunks, ho bisogno del tuo aiuto e tu, Vegeta, lascia che ti curi quella mano»

 
~
 
Sentiva ancora la testa pesante, però a differenza di prima avvertiva un senso di rilassamento, come se il suo corpo si fosse finalmente rigenerato. Goku capì lentamente cosa era riuscito a riportarlo a quello stato di benessere, si ritrovò coricato tra morbide lenzuola bianche e cullato da un dolce profumo di thè.
«Ben svegliato, dormiglione»
Il sayan vagò con lo sguardo disorientato e assonnato intorno a sé, fino a che al suo fianco non incrociò il sorriso della moglie.
«Chichi … ma dove siamo? Eravamo sul pianeta di Lord Beerus ed ho la sensazione di non trovarmi più lì»
«Capisco che tu trascorra più tempo nell’Aldilà, ma mi sembra esagerato che tu non riesca neppure a riconoscere casa tua»
Si sollevò quasi spaventato davanti a quella rivelazione che lo aveva del tutto strappato al sonno.
«Casa mia??»
La donna si sedette al suo fianco, era troppo felice di aver avuto l’occasione di tornare tra quelle mura, il rischio che quel desiderio insieme a lui non si realizzasse era stato piuttosto alto.
«Tesoro, calmati, siamo tornati sui Monti Paoz solo tu ed io per stare più tranquilli. Hai dormito solo un paio d’ore, quindi non credo possa essere successo il finimondo. Piuttosto, come ti senti? Ti ho preparato un po’ di thè zuccherato, so che non è ciò che serve ad un sayan, ma credo non possa farti neppure così male»
Era ancora disorientato, non ricordava di aver preso la decisione di andarsene dal pianeta del Dio della Distruzione, però l’energia scorreva di nuovo nelle sue vene.
«Come sta Gohan?»
«È vivo grazie a te e stavolta state bene entrambi»
Il richiamo inevitabile a ciò che aveva dovuto vivere dopo il Cell Game provocò alla donna una fitta al cuore, che placò porgendogli un bacio sulle labbra che lui approfondì subito, incontrando dopo qualche secondo rivoli salmastri che si mischiarono al dolce sapore della sua sposa.
«Chichi, piangi?»
«Scusa»
Provvide mortificata ad asciugarsi rapidamente le guance umide, come se ciò lo avesse infastidito, ma in realtà dalla voce di Goku traspariva solo un gran stupore.
«Stavo solo pensando che Gohan è tornato solo quella volta … a-avrei solo desiderato un tuo bacio, allora come oggi. Ma davvero sapevi che aspettavo Goten?»
La domanda scottante era presto arrivata, gli era infatti parso ci fosse una strana armonia tra loro, ma per evitare effetti esplosivi si limitò ad un imbarazzato lieve cenno del capo.
«Goku, ho passato sette anni d’inferno senza di te. Per quanto tu fossi comunque assente anche in vita, mi mancava un punto di riferimento, un aiuto, un supporto, il padre dei miei figli!»
«So anche questo»
Non ebbe stavolta il coraggio di incontrare gli occhi umidi di quella donna, sapeva già di essere lui la causa di tanta reiterata sofferenza; era mortificato, lui non era bravo ad affrontare quei discorsi, purtroppo non era mai stato come lei aveva sempre desiderato e non aveva mai saputo come fare per compiacerla.
«Grazie, Goku, davvero molto altruista da parte tua»
Con sarcasmo e poca grazia gli posizionò davanti il vassoio con il thè senza guardarlo in faccia; lui provò ad alzarsi per seguirla, ma si trovò impacciato, non desiderava rovesciare la tisana e macchiare le lenzuola, avrebbe solo peggiorato così l’umore nero di sua moglie.
«Chichi, aspetta, lasciami spieg …»
«Sai, è paradossale, ogni volta che tu hai bisogno di me io ci sono. L’unica volta in cui avevo un estremo bisogno di mio marito, lui non c’era, anzi ha deciso di non essermi accanto, mi sono dovuta affidare alle cure di un ragazzino di undici anni. Hai idea di ciò che ha dovuto passare Gohan?»
«Mi dispiace, non sai quanto»
Prese un profondo respiro, non aveva alcun senso far riemergere il nervoso di quegli anni, non valeva la pena.
«Me ne faccio poco delle tue scuse, Goku, gli anni non ritornano. È colpa mia, tu non sapevi nemmeno cosa fosse il matrimonio quando mi hai sposata ed io ho mancato di spiegarti che qualunque cosa fosse accaduta, saremmo dovuti restare l’uno accanto all’altra, era questo il significato delle promesse che ci siamo scambiati sull’altare e tu hai deciso di allontanarti dimenticandole. È solo colpa mia, Goku, è stata una mia imperdonabile mancanza, era un impegno che mi sarei dovuta prendere decidendo di sposarti»
Fece per uscire dalla stanza delusa da se stessa più che da lui, ma il sayan bloccò i suoi passi con un tono concitato.
«Chichi, c’ero!»
Ci mise qualche istante a scendere dal letto, a spostare vassoio e lenzuola, ma lei lo stava aspettando sulla porta della camera seguendo curiosa i suoi movimenti.
«C’ero quando è nato Goten, ti ero accanto»
«Io non ti ho visto»
«Ma io c’ero. So che hai sofferto tanto, mi dispiace, e deduco che quella volta fosse per causa mia. Ho cercato di infonderti la forza che potevo, ma purtroppo non mi era concesso sfiorarti, non sai quanto avrei voluto»
 
~
 
La gioia che esplose nel cuore di Pan a seguito del miglioramento del padre fu incontenibile; aveva percepito chiaramente un rapido incremento dell’aura di Gohan e in contemporanea di quella del nonno. Chichi le aveva garantito che i parametri vitali del padre si fossero stabilizzati e regolarizzati, la ragazza era riuscita finalmente a parlare con lui e l’uomo in quei pochi minuti non aveva fatto altro che tranquillizzare sua figlia. Quando la nonna e il padre raccontarono a Pan ciò che Goku aveva fatto e rischiato pur di salvare il figlio, desiderò solo abbracciare il nonno, ma il suo entusiasmo fu prontamente frenato, il sayan era ancora troppo debole per ricevere visite. La piccola di casa Son - come i genitori e i nonni adoravano considerarla e chiamarla nonostante i progressi raggiunti – decise di cercare una sua cara amica quasi coetanea, a cui teneva come fosse per lei una sorella maggiore. A Pan non era affatto sfuggita la voce di Bra che tentava di tranquillizzarla oltre la parete appena qualche ora prima, le era grata, ma in quei momenti di grande disperazione non era riuscita a comunicarle quanto le fosse stato di conforto sentirla accanto, nonostante l’avesse ripetutamente e fisicamente respinta. L’aura che Bra emanava indicava a Pan che l’amica si trovava in una stanza non molto distante da quella in cui lei aveva riposato e sfogato le sue ansie. L’energia vitale dell’irrequieta ragazza di città era leggermente in tensione, la più grande lo notò ancor prima di aprire la porta e incrociare con i suoi occhi corvini quelli celesti di Bra; la signorina Brief era inaspettatamente impegnata in un’attività all’apparenza piacevole, se non fosse stato per l’evidente foga con cui stava divorando una torta al cioccolato.
«Bra? Tutto bene?»
«Alla grande»
Non si stupì dell’arrivo dell’amica, era quasi scontato che Pan avesse avvertito a distanza di metri il suo disagio e nemmeno avere degli spettatori diede un contegno alla sua voracità. L’ultima arrivata non ricordava che Bra avesse il bisogno di nutrirsi con una grande quantità di cibo pari a quella di sayan come Goku o Vegeta, era sicuramente successo qualcosa per aver scelto di affogare in quel modo le frustrazioni.
«Bra, sei preoccupata per tuo padre?»
Fu in quel momento che voltò gli occhi verso di lei, come se fosse stata folgorata e in quello stesso istante allontanò anche il cucchiaio dal piatto; aveva gli angoli della bocca sporchi di glassa, Pan dovette trattenersi per non scoppiare a ridere e decise saggiamente di non farglielo notare, temeva la reazione impulsiva dell’amica, specialmente se il suo sistema nervoso era già alterato.
«Credo che mio padre sappia badare a se stesso»
«E allora cosa ti prende? Cosa può essere successo per sentire la necessità di trangugiarti una torta intera di Lord Beerus, correndo il serio rischio di essere disintegrata?»
Il rimprovero che Pan le aveva mosso era molto serio e i pericoli erano reali, per Bra era giunto di momento di svelare il motivo che aveva scatenato quella crisi, forse solo così l’avrebbe compresa e supportata. La minore si ritrovò sotto gli occhi posata sul tavolo una fotografia che immortalava lo zio Goten in compagnia di quella che sapeva essere ormai la sua ex fidanzata.
«Questo … mi prende»
Nonostante Bra si ostinasse a scorgere un qualche misterioso problema, a Pan quell’istantanea sembrava appartenere al passato, forse recente, ma era pur sempre una relazione archiviata per suo zio, stavano quindi parlando di un semplice ricordo.
«Cos’ha Valese più di me, Pan?»
«Ti piace mio zio??»
«La domanda giusta è un’altra: Goten la frequenta ancora, visto che conserva in tasca questa foto? È stata solo un’assurdità credere che potesse in qualche modo essere interessato a me»
Iniziava ad essere confusa davanti alle illazioni dell’amica e alla sua mortificazione, credendo forse di non essere all’altezza di quel ragazzo, doveva essere un fattore genetico, visto che anche Trunks per qualche arcano motivo continuava a ritenere che la loro relazione fosse inopportuna; Pan dedusse che quella foto fosse caduta a Goten per errore, ma i sentimenti di Bra le suonarono nuovi.
«Mio zio ha concluso la relazione con Valese mesi fa. Non ti so dire di più, difficilmente confida in famiglia i suoi problemi di cuore»
Non sapeva come rasserenare Bra, ma sembrava che la ragazza avesse riacquistato il controllo di sé quando con pacatezza posò il cucchiaino e si pulì le labbra con un tovagliolo, il periodo che stava affrontando aveva accentuato il suo nervosismo, non era affatto vero che non era in pena per le sorti di suo padre; finalmente Pan iniziò a scorgere con piacere il lato più umano che si era momentaneamente sopito in lei.
«Perdonami, tuo padre rischia la vita ed io mi lamento per delle sciocchezze. La mia gelosia non ha alcun senso di esistere, tuo zio è liberissimo di stare con chi meglio crede»
«Papà è fuori pericolo, Bra, ti stavo cercando per dirtelo»
A quella notizia la ragazza le rivolse un grande e sincero sorriso; si sentì una sciocca per aver spostato l’attenzione su Goten, mentre la sua migliore amica soffriva nel timore di perdere il padre, era lieta però ora di gioire insieme a lei per la miracolosa ripresa di Gohan.
 
~
 
Ormai da svariati minuti Vegeta stava seguendo a debita distanza il lavoro che stavano svolgendo moglie e figlio. Bulma alla fine si era arresa, non per merito suo – un dettaglio che non gli era affatto sfuggito e di certo non lo avrebbe dimenticato presto -, ma in compenso aveva riscoperto tutta la sua grinta e si stava impegnando per riportarli nell’esatto momento in cui Zamasu aveva sfruttato le super sfere per un malefico tornaconto personale. Il principe non temeva affatto lo scontro con quel Kaioshin, forse non era stato lui a sferrargli il colpo finale, ma da allora si era allenato costantemente e non vi era più nulla che quell’essere potesse fare per mandarlo al tappeto, non più.
Tra una programmazione e l’altra dei computer di bordo, Trunks cercava di mettere in pratica tutti gli insegnamenti che la madre gli aveva impartito in quegli anni, capiva quanto la situazione fosse delicata e il tempo a loro disposizione fosse limitato. La stessa Bulma, senza smorzare la sua preoccupazione, rimase affascinata notando l’impegno e l’abilità del figlio, non ricordava di aver mai visto Trunks al lavoro con quell’intensità. Lo stava fissando forse un po’ troppo con insistenza mentre controllava che gli ingranaggi della macchina del tempo non si fossero usurati nel corso degli anni, le coordinate erano già state impostate dalla scienziata, mancavano giusto gli ultimi ritocchi.
«Mamma, perché mi guardi così, ho sbagliato qualcosa?»
«No, tesoro, anzi, sono veramente molto orgogliosa di te»
Le parole commosse che Bulma gli rivolse lo sorpresero a tal punto da fermare momentaneamente il suo lavoro. Trunks non ricordava di aver mai avuto l’occasione di mostrare al suo capo – che fosse la madre era solo un fortunato caso – quanto le sue competenze fossero sprecare in ufficio e potesse tornarle utile un aiuto sul campo; il fatto che Bulma fosse fiera di lui gli riempì il cuore di gioia, non lo aveva mai dato per scontato, desiderava meritarlo. Il ragazzo aveva chiaramente sentito i passi del padre avvicinarsi a lui e alla madre, ma decise di ignorarlo almeno fino a che la sua voce profonda non iniziò a rimbombare contro le mura della stanza.
«Allora, Trunks, hai finito, sì o no? Vorrei trovare il tempo di un allenamento con te prima di partire»
Il giovane sayan aveva rivolto un amichevole sorriso di sfida al principe ed era convinto che il padre lo avesse discretamente ricambiato. L’unica a cui infastidì quella complicità fu la scienziata, la quale sapeva bene quanto uno scontro tra sayan, in allenamento o in campo aperto, potesse portare solo distruzione e nulla di più.
«Sì, ma fuori dal mio laboratorio»


 
Ciao ragazzi!
 
Sono finalmente riuscita ad aggiornare anche questa storia, come sempre con il mio solito reiterato ritardo ^^’
Con la speranza che in questo periodo così difficile stiate tutti bene (voi e i vostri cari), vi rinnovo i miei più sentiti ringraziamenti <3
 
Alla prossima!
Un bacio grande
-Vale
   
 
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