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Autore: _iamross    26/03/2020    0 recensioni
I limiti sono dei punti fondamentali da non dover superare. Il controllo, difatti, è forse la caratteristica che più rispecchia Arabella Nelson; ama dominare e avere sempre il coltello dalla parte del manico. Arruolarsi nell'accademia militare è stata infatti la scelta più azzeccata per quell'anima da combattente che da sempre ha influito sul suo presunto futuro. Ma la sua facciata da falsa combattiva nasconde milioni di retroscena. Un passato difficile, una vita dura, molti segreti e un appiglio: la sua carriera. Ma cosa accadrebbe se qualcuno in particolare riuscisse ad abbattere quel muro di freddezza costruito negli anni?
•••
«Forse sei abituata ad avere il mondo ai tuoi piedi.».
« O forse sei tu che credi di essere superiore agli altri, tanto da non rispondere ad una semplice domanda.».
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il corridoio è avvolto dal silenzio. Gli unici rumori percepibili sono le suole delle nostre scarpe che collidono con il pavimento ed i nostri respiri tranquilli. Il post allenamento è il momento che, molte volte, preferisco di più, per il semplice motivo che tutto qui dentro tace: le voci, i suoni e persino il tuo corpo stesso. Quest'ultimo necessita solo il relax, quel momento in particolare in cui i muscoli sembrano sciogliersi come gelatina al sole e la mente sembra abbandonare la postazione per volare chissà in quale mondo parallelo. In fondo è ciò che accade un po' a tutti; c'è sempre quell'istante della giornata in cui senti proprio il bisogno di lasciare tutto quello che ti lega per fuggire in qualche posto sperduto, eppure quell'istante dura poco, forse fin troppo. Basta quel modico secondo per essere catapultati malamente alla realtà, alla vita che vorresti cambiare o perfezionare ma fondamentalmente non puoi. Che poi pensi, perché non potrei? Cosa mi vieta di farlo? Cosa mi spinge a non fare qualcosa per migliorare o per far entrare quel grammo di cambiamento nella mia vita? La risposta la troviamo in noi stessi, in tutto quello che ci amalgama con le cose terrene o semplicemente con i legami che ognuno di noi instaura con gli individui, ma nella nostra testa soprattutto. Colei che ci intima a fare qualsiasi cosa, che sia muoverci o parlare, oppure ragionare. Principalmente è proprio la nostra testa che decide, che ti dà impulso per compiere ogni azione ma è anche colei che può salvarti o peggio, distruggerti. Credo che la seconda opzione sia quella più gettonata, quella più studiata un po' da tutti noi poiché tendiamo a cadere sempre in quel baratro. Capita quasi sempre di ritrovarci in bilico tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e lo possiamo notare dalle piccole situazioni quotidiane. Sono poche le cose che ci migliorano la giornata, poche ma essenziali, e troppe quelle che la peggiorano. Tendenzialmente siamo noi a decidere, a rialzarci quando si inciampa e/o a sventolare la bandiera della vittoria quando otteniamo finalmente quello che agognamo da tempo.

È tutto un circolo di cose che possono essere controllate ma che non possono cambiare il fine, o per lo meno, non sempre.

In tal caso dipende dalla persona, dalla situazione e sì, anche dalle circostanze che la stra grande maggioranza ci annientano.

La testa si affolla di tanti pensieri, dubbi, problemi e non puoi negarglielo perché è proprio questo il suo compito: sopportare, resistere e andare oltre. Ma poi, quando ti rendi conto che tutto è troppo anche per te alla fine cedi, ti arrendi e provi a sopravvivere. 
Perdurare per non morire.

Lily si pizzica il labbro inferiore guardando distrattamente le sue scarpe. So che il suo cervello sta rimuginando e non posso biasimarla: anche la mia testa sta per deflagrare.

Apro la porta della mia stanza in completo silenzio avanzando verso la finestra socchiusa con l'intento di chiuderla. Di solito Lily tende a lasciarla così per far circolare l'aria e a me sta bene.

Sento il letto cigolare e capisco che si è seduta. Questa sua silenziosità mi infastidisce; solitamente non c'è un secondo in cui non parla.

« Hai avvisato Harley e Celine?» chiedo, sciogliendo lo chignon improvvisato.

Le lunghe ciocche rosse cadono morbidamente sulle mie spalle nude, leggermente arrossate dal calore dell'acqua e coperte solo da una misera canottiera nera. Fortunatamente sono riuscita a farmi una doccia e di conseguenza adesso sono molto più rilassata fisicamente. Inclino la testa prima da un lato e poi dall'altro causando lo scricchiolio delle ossa.

Aggrotto la fronte quando la risposta non arriva e mi volto guardando la bionda sdraiata supina e con le braccia incrociate al petto. La posizione è alquanto bizzarra, specialmente se mi soffermo sul cipiglio profondo sul suo viso.

« Lily» richiedo la sua attenzione e, sbattendo le palpebre, i suoi occhi si soffermano su di me.

« Scusami... dicevi?»

Sospiro, « Ti ho chiesto se hai avvisato le ragazze»

Annuisce. « Certo, verranno tra qualche minuto» conferma ritornando a fissare il soffitto bianco.

Questo è il chiaro segnale di Lily quando vuole troncare una conversazione e, conoscendola, se provassi a continuarla sicuramente nemmeno mi risponderebbe.

D'altronde non è mia intenzione farlo, anzi, approfitto del poco tempo per indossare una felpa e dei leggins, - indumenti che mi garantiscono comodità -, dopo di che indosso le scarpe.

« Vuoi qualcosa da mangiare? Sono quasi le dieci e non abbiamo messo niente sotto i denti» domando lanciando una veloce occhiata all'orologio che segna le nove e cinquantuno minuti.

« Un po'. Un panino mi va bene»

Osservo la sua figura posizionata nel medesimo modo e annuisco, non riuscendo però a trattenere un sorriso.

Avanzo fino alla porta e arresto i miei passi.

« La smetti di stare in questa posizione? Sembri imbalsamata» la prendo in giro.

La sento sbuffare e, quando noto il suo dito medio puntato verso di me, alzo gli occhi al cielo.

« Maturo da parte tua» affermo.

Abbasso la maniglia ed esco dalla camera, non prima di aver sentito la delicatezza delle sue parole.

« Attenta a non inciampare su qualche duro e lungo ostacolo»

Evito di risponderle sopprimendo un grugnito esasperato e chiudendo la porta alle mie spalle mi dirigo velocemente verso le scale.

-

Devo sbrigarmi, le ragazze staranno già per salire in camera nostra e non intendo perdere tempo utile. I corridoi sono vuoti e non capisco se sia diventata ormai un'abitudine il fatto di non beccare più nessuno o è la stanchezza che assale tutti quanti. Considerati i miei muscoli, però, dubito che sia la prima opzione il movente.

Nascondo le mie mani nella tasca della felpa e scendo la seconda rampa di scale che mi porta direttamente in mensa, sicuramente vuota considerata l'ora. L'ora di cena di solito è verso le otto e mezza ma quasi sempre gli allenamenti si allungano più del dovuto e quindi poche persone riescono davvero a rispettare gli orari stabiliti da Marxwell. Sono fortunata se riesco a trovare ancora qualcosa.

Come già immaginavo l'enorme sala è deserta, tranne per la guardia appena uscita dalla porta sul retro ma che non si è minimamente accorta della mia presenza. I tavoli sono del tutto vuoti e le sedie sono capovolte su di essi, segno evidente della pulita al pavimento. Il bancone è ordinatamente sistemato e brilla per com'è stato pulito minuziosamente. Marxwell tiene molto alla pulizia ed è qualcosa che tutti noi apprezziamo e abbiamo imparato. Su di esso sono poggiati vassoi chiusi, atto chiaro che ci garantisce la presenza del cibo commestibile.

Mi avvicino a questi ultimi togliendo il coperchio al primo vassoio ma storco il naso quando vedo della poltiglia che in teoria dovrebbe essere purè, direi di patate. Il colore verde non è proprio simile al pigmento della patata.

« Non te lo consiglio»

Sobbalzo al suono basso e profondo della sua voce e alzo lo sguardo incontrando le sue gemme verdi che mi inchiodano sul posto. I capelli sono arruffati, le sue labbra sono increspate in un sorriso divertito mentre le sue braccia sono incrociate al petto - come sempre d'altronde - delineando la sua muscolatura abbastanza accentuata. Aggrotto la fronte chiedendomi come riesca a far risaltare il suo corpo nonostante indossi una semplice felpa nera ed un pantalone di una tuta del medesimo colore.

Scrollo le spalle indifferente, posando nuovamente gli occhi sul vassoio decisamente disgustoso. Non sopporto la sua presenza e spero che finalmente possa capirlo.

Ripongo il coperchio e alzo l'altro proprio accanto, rimanendo ancora una volta disgustata dalla robaccia che c'è dentro. È possibile che la cuoca non conosca il cibo commestibile?

« Questo è decisamente peggio del primo» commenta la solita voce.

Prendo un respiro profondo e continuo imperterrita ad evitarlo. Di solito funziona così: se si evita una persona, prima o poi andrà via.

Mi comporto allo stesso modo anche con Carter e quasi sempre funziona, tranne per quelle volte che insiste. La mia pazienza, purtroppo, non è tanta e alla fine finisce sempre con me arrabbiata e con la me che urla ai quattro venti. Certo, Lily dice che i miei modi non sono normali e che potrei dire le cose in maniera diversa ma sa bene che la gentilezza non è tra i miei pregi, quindi fondamentalmente non è colpa mia.

O per lo meno, in parte.

Sbuffo spazientita quando non trovo nulla che posso ingerire senza vomitare l'attimo dopo e, aiutandomi con le braccia, mi sollevo affinché possa superare il bancone. I miei piedi toccano il pavimento subito dopo e proprio questi ultimi mi portano alla famosa dispensa che ormai conosco a memoria. Immaginavo già che la cuoca non avesse preparato chissà quale prelibatezza e come ogni volta mi devo arrangiare preparando qualche panino.

« Sai che non puoi farlo?»

Sbuffo digrignando i denti, l'ho già detto che la mia pazienza scarseggia? O che direttamente si annulla facilmente? Ecco, evidentemente Trevor vuole un piccolo assaggio della mia rabbia. Ogni santa volta sembra che voglia tastare i miei limiti.

« Ma senti un po', non hai nulla da fare al momento?» sbotto irritata.

Ho cercato di non rispondergli ma lui rende tutto questo un'impresa.

Guardo lo scaffale che mi si presenta davanti e velocemente afferro quattro panini. Noto con dispiacere che non c'è quasi nulla da poter utilizzare come condimento, se non due barattoli di burro di arachidi e sottaceti.

Una vasta gamma di cose da poter scegliere, in effetti.

Opto per il burro di arachidi - ahimè - e velocemente prendo un coltello.

« Anch'io ho fame» afferma.

Ruoto gli occhi al cielo per il suo modus di deviare l'argomento ed evito di rispondergli nuovamente. Mi occupo di tagliare i panini, sotto il suo sguardo curioso, e minuziosamente immergo il coltello dentro il barattolo sporcandolo di burro di arachidi. Non è una cena da poter definire sana ma quanto meno qualcosa in pancia mi rimarrà.

Spalmo la sostanza sul panino e mordo la lingua concentrandomi nel movimento che sto compiendo.

Con la coda dell'occhio noto che Trevor ha poggiato i gomiti sul bancone, sollevando il suo viso in modo tale da poter seguire meglio tutti i miei movimenti ma cerco di non soffermarmi sui suoi occhi inquisitori e costantemente fissi sulla mia figura. Non capisco se gli piaccia infastidirmi o se sia qualcosa che fa sempre anche con gli altri.

« Potresti evitare di fissarmi? Mi stai infastidendo» affermo non alzando nemmeno gli occhi per guardarlo.

So bene che invece lui stia continuando a farlo e quando lancio un'altra occhiata nella sua direzione noto un sopracciglio inarcato.

« Ti sto infastidendo?» ripete le mie stesse parole e sbuffo.

« Si, mi stai infastidendo, irritando, chiamalo come ti pare» borbotto allungando il braccio per prendere i tovaglioli.

« E dimmi, cosa ti infastidisce di più? La mia voce oppure la mia presenza?» chiede inclinando il suo viso e con uno sguardo di finto interesse e curiosità.

« Tutto di te mi infastidisce rende l'idea?» sollevo gli angoli della mia bocca in un sorriso falso provocando una sua risata.

Il coltello rimane sospeso in aria quando rispondo alla sua pseudo domanda e, quando sto per preparare l'ultimo panino, ecco che la sua mano ruba l'oggetto sporco di burro.

« Ma che... dammelo immediatamente!» esclamo sdraiandomi sul bancone in modo da afferrarlo.

Odio queste cose, odio rendermi ridicola davanti ad un essere del genere ed odio, soprattutto, il suo sorriso con tanto di fossette che si amplia ancora di più dopo i miei sbuffi.

« Sai che sei divertente?» mi beffeggia portandomi all'esasperazione.

Esce la lingua leccando prima un lato del coltello e poi l'altro e mi blocco immediatamente. I suoi occhi inchiodano i miei ed un luccichio malizioso attraversa le sue iridi. Il movimento della sua lingua è fiacco, sensuale, come se questa lentezza sfiancante possa in un certo verso abbindolarmi.

Le sue labbra rosee, gonfie e umide strisciano sulla lama in modo dannatamente ipnotizzante, accompagnate dalla sua lingua rossa come il peccato, rendendomi quasi inerme di fronte a ciò che la mia vista sta subendo. Sa di essere bello, sa quanto può risultare affascinante o addirittura sexy agli occhi delle donne e, sicuramente, sa benissimo come sfruttare al meglio le sue risorse e, in questo caso, la sua bocca.

Però, per quanto possa essere suggestivo il gioco che sta facendo, non ha ancora capito che non sono come le altre; Che non basta un bel faccino, un bel fisico ed il saper usufruire dei suoi pregi per farmi cadere ai suoi piedi.

Sempre se questo sia davvero il suo intento, perché se davvero lo fosse... be', allora ha proprio insultato la sua intelligenza pesantemente.

Tuttavia fingo che tutto questo mi piaccia, che mi stia raggirando e, sotto il suo sguardo quasi vittorioso, avvicino il mio viso al suo, ritrovandomi ad una spanna dal suo naso e dalle sue labbra. Fisso queste ultime bluffando di bramarle, di volerle fortemente appiccicate sulle mie... e lui sembra crederci, sembra davvero compiaciuto della mia reazione.

Il coltello viene poggiato lentamente sul bancone e la sua mano entra a contatto con la distesa d'acciaio sottostante, fondendo la temperatura del suo corpo ed il gelo di quest'ultimo.

Socchiudo le mie labbra alla ricerca della poca aria che mi serve per respirare e le sue gemme spostano la loro attenzione sulla mia bocca, rossa come il sangue e come i miei capelli che seguono il loro corso circondando il mio viso.

Curioso, bramoso.

Chiudo gli occhi avvicinando ancora di più il mio volto al suo e di conseguenza lo stesso fa lui, causando un sorriso che si forma immediato sulla mia faccia.

Il mio respiro, infine, si infrange da tutt'altra parte. Mi sollevo aiutandomi con i palmi delle mie mani e accosto la mia bocca all'orecchio. « Ti piacerebbe vedermi cadere ai tuoi piedi, Claflin, ma lascia che ti dia un piccolo consiglio: stai alla larga da me e guarda oltre, non otterrai mai nulla dalla sottoscritta se non un misero saluto di costrizione» sussurro sensuale, ridacchiando silenziosamente.

Scosto di poco il mio viso ritornando a guardare i suoi occhi, - adesso aperti e del tutto infuocati -, e inclino il capo. « Buonanotte, sergente» aggiungo subito dopo non attendendo una sua risposta.

Salto giù dal bancone portandomi dietro i panini e, essendo già a conoscenza delle sue iridi fisse sulla mia figura, volto le spalle uscendo dalla mensa in silenzio, così come sono entrata qualche minuto prima.

   
 
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