Storie originali > Giallo
Segui la storia  |       
Autore: BlackHawk    28/03/2020    0 recensioni
Non fece in tempo a capire cosa stesse succedendo che qualcuno arrivò alle sue spalle, le tappò la bocca con una mano e la spinse contro il muro più vicino.
Caitlin provò a urlare, ma non ci riuscì.
Lo sconosciuto era decisamente più forte di lei e le stava facendo chiaramente segno di stare zitta.
-Non voglio farti del male, Caitlin. –le disse sottovoce l’uomo. –Ma devi stare zitta, altrimenti attirerai la loro attenzione.-
Caitlin sgranò gli occhi, sempre più impaurita. Quel tipo conosceva il suo nome.
-Promettimi che non ti metterai a urlare. – disse poi, allentando la presa su di lei.
Caitlin fece quello che avrebbero fatto tutti. Fissò lo sconosciuto negli occhi e annuì.
Lui la osservò per qualche secondo e poi la lasciò andare.
-Non ti muovere da lì.-
Lo vide sporgersi verso il vicolo in cui qualcuno aveva chiaramente usato una pistola e poi ritornare in fretta nel punto in cui si trovava prima.
-Se ne sono andati. – osservò, passandosi una mano nei capelli.
Scosse la testa e poi posò di nuovo il suo sguardo su di lei, fissandola intensamente. -Si può sapere che diavolo ci fai in giro da sola a quest’ora?-
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Il giorno dopo Caitlin osservò a lungo la facciata principale della chiesa in cui di lì a poco sarebbe stato celebrato il funerale di Thomas.
L’ultima volta che ci aveva messo piede, la sua vita era andata in frantumi, strappandole via le uniche persone che non avrebbe mai e poi mai voluto perdere.
Quel giorno di due anni e mezzo prima, infatti, aveva indossato il primo abito nero che aveva trovato, aveva sfoderato un sorriso che non sentiva e infine aveva stretto la mano a una serie infinita di persone che non conosceva, fingendo che andasse tutto bene e che la sua vita non stesse andando veramente a rotoli, pezzo dopo pezzo.
Ma non aveva finto di stare bene per gli altri, per dare l’impressione di essere una persona forte e in grado di gestire una simile tragedia. E non aveva finto nemmeno per stessa, che all’epoca aveva paura di tutto e di tutti.
Aveva finto per Matt, che all’epoca aveva appena quindici anni e che con la sua fragilità avrebbe avuto molto più bisogno di lei di quanto lei avesse bisogno degli altri.        
Solo alla fine di quella giornata, molto ore dopo che il funerale dei suoi genitori era finito, quando ormai intorno a lei non c’era più nessuno, si era permessa finalmente di abbassare le difese e di piangere, distrutta dalla morte improvvisa dei genitori.
In quel momento non poté fare a meno di ripensare a tutti quei momenti, provando la stessa sensazione di dolore che le aveva tolto il respiro appena un attimo prima di entrare in chiesa per dire addio una volta per tutte ai suoi genitori.
Questa volta, però, non avrebbe trovato loro due di fronte all’altare.
Avrebbe trovato Thomas, che con il suo sguardo gentile e il suo animo altruista l’aveva aiutata in più di un’occasione dopo che i genitori se ne erano andati via per sempre, alzandole lo stipendio e concedendole più di turni di quanto in realtà fosse necessario.
Lo aveva fatto per lei, per aiutarla a rimanere a galla dopo che ai genitori era stata negata la possibilità di prendersi cura di lei e di suo fratello.
Caitlin chiuse gli occhi per un istante e poi prese un respiro profondo, sforzandosi di non ripensare a quei ricordi.
Si fece coraggio ed entrò.
Non si stupì di trovare la chiesa piena di persone che erano venute a salutare per l’ultima volta l’uomo che per tre anni era stato il suo datore di lavoro.
In fondo tutti volevano bene a Thomas. Lei compresa.
Riconobbe Stella e la sua famiglia, i genitori di Thomas, Abigail  e diversi clienti del locale in cui lei aveva lavorato, probabilmente addolorati per la perdita del proprietario con cui avevano fatto piano piano amicizia.
Caitlin si mise sulla destra e poi si appoggiò ad una colonna in fondo alla chiesa, decisa a rimanere in disparte per tutta la funzione.
Continuò a guardarsi intorno fino a quando la celebrazione non ebbe inizio.
A quel punto ascoltò in silenzio quello che il prete aveva da dire e si concesse di piangere solo alla fine, quando andò a salutare per l’ultima volta Thomas.
Quando la funzione finì, lei si avviò a passi decisi verso l’uscita della chiesa.
-Caitlin?- la chiamò all’improvviso una voce femminile alle sue spalle, costringendola  a fermarsi.
Caitlin si voltò. -Ciao, Stella.- disse, accennando un sorriso triste.
Notò che la moglie di Thomas aveva gli stessi occhi gonfi e rossi del giorno prima e che a differenza della maggior parte dei presenti non indossava nulla di nero. Accanto a lei c’erano sia la madre che il padre.
-Sei venuta.- le disse Stella, accennando un sorriso che non le arrivava fino agli occhi.
-Non potevo mancare.-
La vide annuire e poi girarsi verso i genitori.
-Conosci i miei genitori?- le chiese poi, presentandole entrambi. –Forse ieri hai incrociato mio padre.-
Caitlin strinse la mano a entrambi, cercando di non guardare nessuno dei due in particolare.
-Sì, ci siamo visti ieri.-
Lanciò un’occhiata al padre di Stella e notò che lui la stava ancora guardando, esattamente come aveva fatto il giorno prima.
Ignorò le sue occhiate e poi si rivolse a Stella. –Mi mancherà.- mormorò, riferendosi a Thomas.
Stella aveva gli occhi lucidi. –Anche a me.-
-Oh, tesoro.- disse la madre, stringendole un braccio intorno alle spalle.
Caitlin le strinse la mano, cercando di trasmetterle una forza che in quel momento non aveva nemmeno lei.
-Sei la figlia di John Foster?- le chiese a un certo punto il padre di Stella, facendola trasalire.
Si girò verso di lui, sorpresa.
Il padre di Stella conosceva suo padre? Era quello il motivo per cui continuava a guardarla come se la conoscesse?
-Conosceva mio padre?- gli chiese, mossa da una sincera curiosità.
Il padre di Stella la fissò per qualche secondo, come se stesse ricordando qualche episodio in particolare.
-Conoscevo molto bene tuo padre.- rispose poi, guardandola negli occhi.
Caitlin incrociò le braccia al petto.
Strano, pensò.
Lei non aveva mai visto né sentito parlare di lui in tutti quegli anni.
Eppure conosceva tutti gli amici di suo padre. Possibile che non lo avesse mai incrociato?
Poi le venne un dubbio.
-Lavoravate insieme?- chiese, cominciando finalmente a capire.
-Si può dire così.- le rispose il padre di Stella, senza aggiungere altro.
A Caitlin questo bastò.
Suo padre era un medico e aveva collaborato con tantissime persone nell’arco della sua breve carriera.
Non si stupiva che il padre di Stella fosse una delle tante.
-Adesso devo proprio andare.- disse alla fine, cominciando a sentire una certa urgenza.
Ritornare nella chiesa in cui era stato celebrato il funerale dei suoi genitori era stata davvero una dura prova per lei e incontrare una persona che aveva lavorato con suo padre non aveva fatto altro che ricordarle quanto le mancassero sia lui che la madre.
Salutò in fretta Stella e i suoi genitori e poi uscì dalla chiesa passo veloce.
Scese gli scalini che precedevano l’ingresso e poi si diresse verso il parco in cui si era rifugiata anche il giorno in cui erano morti i suoi genitori.
Si sedette sulla panchina più lontana e poi chiuse gli occhi, trattenendo a stento le lacrime.
Perché quel tizio si era messo alla guida di quel tir ubriaco? Perché aveva travolto l’auto dei suoi genitori senza dar loro la possibilità di sterzare e salvarsi? Perché aveva strappato via in quel modo a lei e suo fratello i loro unici punti di riferimento?
Con quelle strazianti domande in testa si mise a piangere, incapace di tenere a freno le emozioni.
Pianse a lungo, senza badare alle innumerevoli occhiate che le persone le stavano lanciando.
Pianse per i suoi genitori, Margaret e John Foster, pianse per Thomas e infine pianse per se stessa, chiedendosi come mai il destino fosse stato tanto crudele nei suoi confronti.
Quando il dolore sembrò attenuarsi, le lacrime diminuirono e i suoi polmoni tornarono a funzionare regolarmente.
Alzò lentamente la testa e prese lunghi respiri profondi, cercando in tutti i modi di ricomporsi.
Non le succedeva quasi mai di pensare alla notte in cui erano morti i suoi genitori, ma quando le capita le emozioni che provava erano sempre le stesse, rabbia e dolore insieme.
Rabbia nei confronti dell’uomo che li aveva travolti e uccisi e dolore per la perdita improvvisa delle uniche persone che non avrebbero mai e poi mai smesso di prendersi cura di lei e del fratello se solo avessero potuto.
Ma quella possibilità gli era stata negata e sapere che il responsabile della loro morte era rinchiuso in una prigione a poche miglia dal luogo in cui era avvenuto l’incidente non era abbastanza per lei.
Avrebbe voluto fargli provare lo stesso dolore che aveva provato lei quando il detective Allen era venuto a comunicarle la morte dei suoi genitori.
Solo a quel punto forse sarebbe riuscita vivere in pace con se stessa e con glia altri.
Ma questo non era possibile e continuare a pensarlo le avrebbe fatto solo del male.
Scacciò via quel pensiero dalla testa e poi sguardò intorno, rendendosi conto che nel parco era rimasta solo lei.
Stava per alzarsi dalla panchina in cui era stata seduta a lungo quando un paio di occhi scuri incrociarono i suoi.
Sussultò, riconoscendo immediatamente la persona a cui appartenevano.
Il figlio di Abigail Fisher stava camminando a passi decisi verso di lei.
Cercò di ragionare in fretta.
Poteva alzarsi subito e allontanarsi prima che lui la raggiungesse oppure poteva rimanere lì e scoprire cosa avesse da dirle, nella speranza di capire cosa c’entrasse lui con la sua vita.
Fu Jake a decidere per entrambi.
La raggiunse in pochi secondi e si sedette accanto lei, guardando dritto davanti a sé.  
Caitlin si voltò verso di lui.
Indossava un paio di pantaloni scuri e una maglia grigia. Sopra il suo immancabile giubbotto nero.
-Non ti ho visto al funerale di Thomas.- osservò lei, perplessa.
Jake si voltò lentamente verso di lei. –Perché stavi piangendo?- le chiese, ignorando del tutto la sua domanda.
Caitlin rimase senza parole. L’aveva vista piangere? Da quanto tempo la stava osservando?
-Mi stavi spiando?- chiese, sempre più sconvolta dal suo atteggiamento.
Come mai le ronzava intorno? Che cosa voleva da lei?
Jake scosse lievemente la testa, incapace di mascherare un sorriso triste.
-Non mi hai risposto.-
Questa volta fu Caitlin a scuotere la testa. –Tu non rispondi mai a nessuna delle mie domande.- lo rimbeccò. -Non ti dovrebbe sorprendere più di tanto la cosa visto che sei il primo a farlo.-
Caitlin non ebbe il tempo di capire cosa stava succedendo.
Jake le accarezzò il viso dolcemente e poi la baciò, cogliendola alla sprovvista.
Un bacio lieve, quasi impercettibile, che però le fece battere il cuore più velocemente.
Caitlin si scostò bruscamente da lui. –Chi sei?-gli chiese, arrabbiata. –Che diavolo vuoi da me?-
Non aveva nessun diritto di baciarla. Nessuno. Lei non sapeva niente di lui e per qualche strano motivo lei voleva che le cose rimanessero così.
In fondo non era stata proprio Abigail a dirlo? Che lui l’avrebbe fatta solo soffrire?
In quel momento pensò che fosse giunta l’ora di conoscere la verità.
Lo fissò intensamente negli occhi e poi disse, sempre più arrabbiata:-Vi ho sentito.-
Jake allontanò la mano dal suo viso e poi sospirò. –Scusami. – mormorò. -Non dovevo.-
-Su questo non ci sono dubbi.- confermò Cat, seccata. –Io e te non ci conosciamo e vorrei che le cose rimanessero così.-
Jake sussultò.
-Vi ho sentito, comunque. – ripeté Caitlin, cercando il suo sguardo. –Tua madre ha detto che mi faresti solo soffrire. E io ho già sofferto abbastanza. Non è così?-
Jake sembrò vacillare. Poi scosse la testa. –Non parlava di te.-
-Davvero?- chiese Caitlin, ridendo amaramente. –E di chi? Sentiamo.-
-Di Stella.-
Caitlin fece per aprire bocca, ma poi non seppe cosa dire.
Stavano parlando di Stella lui e sua madre? Ma cosa c’entrava Stella con Jake?
Possibile che avessero una relazione? Ma se era così perché lui l’aveva baciata?
-Non capisco.- si limitò a dire. –Stella è tua zia.-
Jake annuì. –Sì. –annuì. -E ha appena perso suo marito.-
Caitlin continuava a non capire. –E quindi?-
-Ha già sofferto abbastanza.- rispose Jake, evitando di guardarla negli occhi.
Eppure qualcosa non la convinceva.
Caitlin cercò di ignorare il senso di nausea che aveva cominciato ad assalirla. –Avevate una relazione tu e lei?- chiese, rabbrividendo al solo pensiero.
-Cosa?! No! - esclamò Jake, sconvolto. -È questo che pensi?-
Caitlin alzò le spalle. –Io non so più cosa pensare.- ammise, limitandosi a dire la verità.
Lo sentì sospirare un’altra volta.
-La polizia sta facendo delle indagini.- cominciò a dire. –Ma non porteranno a nulla di buono.-
Caitlin si sforzò di capire, ma non ci riuscì. –Stella ha il diritto di sapere.-
Jake non rispose nulla.
-E poi, se vi riferivate a lei, perché tua madre ti ha chiesto cosa stavi facendo con me?-
Jake fece un sorriso triste. –Non parlava di te. – disse, guardando da un’altra parte.
Caitlin non gli credeva. Non avrebbe saputo spiegare per quale motivo, ma non gli credeva affatto.
-Perché mi hai baciato?- gli chiese invece, riportando il suo sguardo su di lei.
-Un errore.- rispose Jake, ferendola. –Non avrei dovuto.-
Caitlin chiuse gli occhi per un istante. Quando li riaprì Jake la stava fissando.
-Io non ti conosco.- sussurrò, abbassando per un attimo le difese che si era costruita con tanta fatica.
-È vero.- confermò Jake, in tono amaro.
-Ma tu sai alcune cose di me.-
Lo vide scuotere la testa. –Lo zio Thomas parlava spesso di te. Diceva che eri la sua dipendente preferita.-
-Ma io non ti ho mai visto.- replicò Caitlin, chiedendosi se lui stesse dicendo la verità.
Jake  annuì ancora una volta.- Hai ragione, ma io ti ho vista più di qualche volta al locale. Mi è capitato spesso di passare lì nei paraggi e di dare un’occhiata dentro. Non ci ho messo molto a capire chi fossi.-
Caitlin si fermò. Quello che le stava dicendo Jake aveva un senso. Possibile che si fosse immaginata tutto?
Ma perché lui l’aveva baciata allora? Era interessato a  lei?
E cosa ci faceva a pochi metri dal vicolo in cui era morto suo zio?
-Ammesso e non concesso che quello che mi hai appena detto sia vero...- cominciò a dire Cat, incerta. –Che cosa ci facevi vicino al luogo in cui è morto tuo zio? E perché non volevi parlare con la polizia?-
Jake scoppiò a ridere, una risata amara, che lei non riuscì affatto ad interpretare.
-Non pensare a questa storia, Caitlin.- le disse, come se volesse darle un consiglio. –Lascia stare.-
-Ma se tu sai qualcosa, devi parlare.- protestò Caitlin, sconvolta dal suo atteggiamento di chiusura. –Io conosco una persona che potrebbe aiutarci. È un detective davvero in gamba e una persona di cui mi fido ciecamente. Posso provare a...-
Jake le strinse una mano con la sua, interrompendo bruscamente quello che lei stava dicendo. –Stanne fuori, Cat.-
-Ma...-
-Niente “ma”, Caitlin. La polizia sta già indagando. –la interruppe di nuovo Jake, allentando la presa. –È solo questione di tempo.-
Caitlin non ebbe il tempo di fare ulteriori domande.
Jake ritrasse la mano e si alzò dalla panchina. –Andiamo a mangiare qualcosa.-
Cosa? Jake la stava invitando a pranzo?
A quel punto si alzò anche a lei.
Prima la baciava, poi le diceva che era stato un errore e adesso la invitava fuori?
Che diavolo voleva da lei?
-Che intenzioni hai?- gli chiese, andando dritta al punto.
Jake capì immediatamente a che cosa si stesse riferendo.
-Hai ragione tu.- rispose, senza mai abbassare lo sguardo. –Io so alcune cose di te, ma tu non sai niente di me.-
Caitlin annuì, facendogli segno di andare avanti.
-Mangiare un boccone insieme può essere un modo per conoscersi meglio.-
-A quale scopo?- gli chiese, perplessa.
-Non  quello che pensi tu.- rispose Jake, sincero.
-E che cosa penso io?-
-Non ho nessun secondo fine e non ho nessuna intenzione di iniziare una relazione con te.- rispose, parlandole schiettamente.
Caitlin sussultò, sorpresa dal tono duro con cui lui aveva chiarito le sue intenzioni.
-E quel bacio?-
Jake si passò una mano nei capelli.- Come ti ho già detto, è stato solo un errore.-
-Quindi tu baci tutte le ragazze che incontri?-
Jake la fissò a lungo. –No.- rispose. –Solo quelle che cercano in tutti i modi nascondere le loro emozioni, ma alla fine si ritrovano a piangere da sole disperatamente in mezzo a un parco pieno di persone-
Caitlin scosse la testa. –Perché lo hai fatto?-
-Non lo so.-
-Non è una risposta.-
-Ti ho visto piangere, ok?- sbottò Jake, alzando le spalle. –Mi sembravi disperata e non ho potuto fare a meno di pensare che non ti meriti di versare nemmeno mezza lacrima, né ora né mai..-
Caitlin si voltò da un’altra parte, incapace di guardarlo negli occhi in quel momento.
-Mi sei sembrata sola e persa e mi è venuto istintivo accarezzarti il viso e darti un bacio.- continuò Jake, scuotendo la testa. -Ma ho sbagliato e non vorrei che le mie intenzioni fossero fraintese.-
-E quali sarebbero le tue intenzioni?-
-Conoscerti meglio-  rispose Jake, senza esitare. –Nulla di più.-
-Come...come amici, intendi?-
Lo vide annuire.
Caitlin iniziò piano piano a rilassarsi.
Jake le aveva dato delle risposte convincenti a tante domande e il fatto che non volesse stare con lei in un modo che probabilmente l’avrebbe fatta scappare a gambe levate la faceva sentire decisamente più tranquilla.
Non c’era nulla di male a mangiare un boccone con lui e se approfondire la loro conoscenza significava avere una possibilità in più di scoprire chi aveva ucciso Thomas e per quale motivo lo avesse fatto lei non si sarebbe certamente tirata indietro.
Avrebbe passato del tempo con lui e nel mentre avrebbe sfruttato qualsiasi occasione per portare avanti le sue indagini personali.
-E va bene.- acconsentì alla fine, sperando che stesse facendo la cosa giusta. –Dove vuoi andare?-
-Qui vicino c’è una tavola calda che fa dei panini da urlo.- rispose Jake, sorridendo.
Caitlin non lo aveva mai visto sorridere in quel modo e in quel momento non poté fare a meno di pensare che quello era davvero un bel sorriso.
-Andata.- disse, scacciando quel pensiero dalla testa.
Jake fece un cenno col capo. –Andiamo.-
 
Mezz’ora dopo erano seduti l’uno di fronte all’altra a un tavolo da due vicino ad un’ampia vetrata che affacciava sulla strada.
Avevano camminato per diversi minuti senza dirsi una parola fino a quando Jake non le aveva indicato il posto in cui avrebbero mangiato di lì a breve.
A quel punto avevano allungato il passo ed erano entrati, seguendo infine la cameriera che li aveva accolti all’ingresso fino al tavolo al quale aveva detto loro di accomodarsi.
Anche una volta seduti non si erano detti una parola.
Avevano consultato entrambi il menù e poi avevano ordinato senza confrontarsi su nulla.
Caitlin cominciava a sentirsi in imbarazzo, ma ormai era troppo tardi per alzarsi e andarsene via.
Si sforzò di non far trapelare il suo stato d’animo all’esterno e poi alzò lo sguardo verso Jake, che la stava fissando intensamente.
Per qualche strano motivo arrossì.
L’ultima volta che era uscita con un ragazzo era stata una settimana prima che i suoi genitori morissero.
Era andata a mangiare una pizza con un collega dell’università con cui si era già vista un paio di volte, ma prima che potessero uscire un’altra volta, il detective Allen si era presentato a casa sua per annunciarle la tragica notizia della morte dei suoi genitori e a quel punto lei aveva dovuto abbandonare tutto e tutti per dedicarsi esclusivamente al fratello e cercare di rimettere insieme i mille pezzi in cui si la sua vita aveva deciso di frantumarsi all’improvviso.
Non aveva mai più rivisto quel ragazzo e tutte le volte che lui l’aveva cercata a telefono, lei si era inventata qualche stupida scusa per tagliare corto e non vederlo.
Doveva ammettere che non si era comportata molto bene con lui, ma in quel periodo era troppo distrutta dal dolore per la perdita dei suoi genitori per poter pensare ai sentimenti degli altri.
Quel pensiero la fece incupire.
Quel giorno lei non era uscita con un ragazzo. Non era un appuntamento il suo.
Era solo un’uscita tra persone adulte che volevano conoscersi meglio e mangiare un boccone insieme.
E poi Jake era stato chiaro. Non aveva nessuna intenzione di andarle appresso.
In fondo era quello che voleva anche lei, no?
Voleva solo scoprire cosa fosse successo a Thomas, nient’altro.
Eppure in quel momento le sembrò di aver fatto una cosa sbagliata.
Si lasciò sfuggire un sospiro. Ma che diavolo stava combinando?
Era stata una pessima idea accettare la proposta di Jake. Peccato che se ne fosse resa contro troppo tardi.
-Cosa stai pensando?- le chiese Jake, strappandola ai suoi pensieri.
Caitlin si sforzò di tirare fuori un sorriso. –Ho un po’ di fame.-
Jake la fissò. –Stai mentendo.-
-Cosa?- domandò Cat, chiedendosi come avesse fatto a capirlo.
-Non stavi pensando a quello.-
-E a cosa allora?-
Jake sospirò e poi incrociò le braccia sopra al tavolo. –Avevi lo stesso sguardo malinconico che ho visto quando mi sono seduto accanto a te su quella panchina al parco.-
-Non...non è così. –farfugliò Caitlin, mentendo spudoratamente. –Ti sbagli. Stavo solo...-
-Cosa?- le chiese Jake, trafiggendola con il suo sguardo.
Caitlin si mosse a disagio sulla sedia. –Ma perché pensi sempre di sapere come mi sento? Ci siamo visti sì e no tre volte da quando ci conosciamo, eppure è come se...-
-Cosa, Cat?- chiese Jake senza abbassare nemmeno per un attimo lo sguardo.
-Volessi leggermi dentro.- rispose Caitlin, turbata. –Perché?-
Stavolta fu Jake a negare. –Non è così. Ma se tu vedessi una ragazza bellissima come te piangere a dirotto su una panchina mezza rotta in un parco pieno di persone, probabilmente ti chiederesti anche a tu che cosa le sia successo. E ti chiederesti anche come mai quella ragazza ha uno sguardo sempre triste e tiene tutti a debita  distanza.-
-Io non tengo nessuno a distanza.- ribatté Cat, sorpresa dalle sue parole.
Jake la fissò. Uno sguardo eloquente, di quelli che non necessitavano di ulteriori spiegazioni per essere interpretati.
Cat rimase in silenzio. Come aveva fatto a capire così tante cose su lei dopo averla vista solo tre volte?
-Ho perso i miei genitori due anni e mezzo fa.- si ritrovò a dire, non sapendo nemmeno lei perché stesse dicendo quelle cose a un perfetto estraneo.
Jake si irrigidì, ma non disse nulla.
A quel punto lei prese un respiro profondo e poi lo guardò negli occhi.
-Erano in macchina. –disse, con voce incrinata.  -Stavano tornando da una cena con una coppia di amici. Un camion li ha travolti. Morti sul colpo. Solo dopo si è scoperto che il guidatore era ubriaco.-
Jake allungò una mano verso di lei. Le strinse il braccio, ma non disse nulla.
La stava guardando in un modo che lei non riusciva a decifrare. Come se fosse arrabbiato, ma non era la classica espressione che tiravano fuori tutti quando lei raccontava il modo in cui erano morti i suoi genitori.
C’era dell’altro. Dell’altro che lei lì per lì non capì e che allo stesso tempo decise di ignorare.
-Ho smesso di vivere da quella sera.- disse alla fine, abbassando lo sguardo.
Non aveva idea del motivo per cui gli stese dicendo quelle cose. E forse non lo avrebbe mai capito.
Sapeva solo che per qualche strano motivo in quel momento le sembrava la cosa giusta da fare.
-Non è quello che avrebbero voluto i tuoi genitori.- mormorò Jake, allontanando di colpo la mano dal suo braccio.
Caitlin osservò il punto in cui lui l’aveva stretta e poi spostò lo sguardo sulla cameriera che si stava avvicinando al loro tavolo.
La osservò mentre posava le pietanze davanti a loro e poi la ringraziò quando, mentre se ne andava, augurò a entrambi buon appetito.
-Non devi rinunciare alla vita, Caitlin.- disse all’improvviso Jake, attirando di nuovo la sua attenzione.
Caitlin non rispose nulla.
Abbassò lo sguardo sul suo piatto e poi iniziò a mangiare, chiudendo definitivamente l’argomento.
-Come fai ad avere un mazzo di chiavi dello stabile in cui abito?- gli chiese invece, ricordandosi di quando lui le aveva aperto il portone per farla entrare nel palazzo.
-Ho abitato lì per un periodo.- rispose Jake, evitando il suo sguardo.
Caitlin gli credette, ma per qualche motivo pensò che le stesse nascondendo qualcosa.
-Non ci abiti più?-
-Ho un appartamento di proprietà, ma poi mi sono trasferito.- le spiegò senza aggiungere altro.
Cat annuì. Quella risposta aveva senso.
-Che ci facevi lì quella sera?- gli chiese dopo un po’, sperando di  ottenere qualche altra risposta.
-È un interrogatorio, Caitlin?-
Cat abbassò lo sguardo.
Si era spinta oltre e lui si era chiuso un’altra volta.
Scosse la testa e poi si sforzò di sorridere. –Com’è il tuo panino?-
Jake la fissò per un istante.
Chissà se aveva capito il suo tentativo di cambiare argomento.
Poi lo vide rilassarsi e a quel punto si rasserenò anche lei.
-Una bomba.- rispose Jake, strappandole un vero sorriso. –Il tuo?-
-Non è affatto male. –disse Caitlin, sincera.
Per un attimo fu indecisa.
Poteva continuare a rimuginare sugli stessi argomento fino allo sfinimento oppure poteva godersi il pranzo e capire qualcosa in più sull’uomo che aveva di fronte.
Per la prima volta in vita sua optò per le seconda scelta.
Quel giorno ne aveva davvero abbastanza di essere triste e di pensare a una vita che non poteva riavere.
Voleva solo distrarsi un po’ e passare del tempo in compagnia di un uomo che l’aveva fatta sentire al sicuro e che le aveva strappato uno dei pochi sorrisi veri e sinceri che Caitlin aveva fatto da quando erano morti i genitori.
-Dimmi qualcosa di te.- gli disse, arrossendo un attimo dopo essersi resa conto di quello che gli aveva appena detto.
Jake esitò e lei non poté fare a meno di pensare che la sua richiesta forse era stata inopportuna.
-Scusami, io...-
-Non ti devi scusare.- la interruppe Jake, schiarendosi la voce. –È solo che non c’è molto da dire.-
Caitlin evitò a lungo il suo sguardo. Che senso aveva invitarla a pranzo per conoscersi se poi lui non le raccontava niente di sé?
-Che lavoro fai?-
Lo vide irrigidirsi un’altra volta, come se lei gli avesse fatto una domanda scomoda.
-Aiuto mamma in libreria.-
Caitlin lo guardò storto. –Non ti credo.-
-Perché?-
-Perché se fosse vero, tua madre non avrebbe assunto me.- rispose Cat, perplessa. –O almeno credo.-
-La aiuto più che altro a tenere i conti, ma non mi troverai mai lì, se è questo quello che intendi.-
-Ah.- disse Caitlin, dandosi della stupida.
-Comunque c’è poco da dire.- disse Jake, riferendosi alla sua domanda. –Sono nato e cresciuto in questo posto. Mio padre se ne è andato via quando ero molto piccolo, quindi mia madre si è dovuta prendere cura di me da sola. Ha aperto una libreria tanti anni fa, poco dopo che lui se n’è andato.-
-Mi dispiace. –mormorò Caitlin, sincera.
Jake rise. Una risata amara, che difficilmente riusciva a nascondere il suo stato d’animo.
-A me no.- disse. –Era uno stronzo. Sono contento che se ne sia andato via.-
Caitlin non gli credette, ma non disse nulla.
Finì di mangiare il suo panino in silenzio e poi controllò che ore fossero.
Erano quasi le due.
Cavolo, pensò.
Doveva aiutare Matt a fare le valigie.
Alle quattro avrebbe preso una corriera che l’avrebbe portato dritto da Tracie e lei voleva esserci quando lui se ne sarebbe andato.
-Io devo proprio andare.- disse, cominciando ad alzarsi.
Jake la fissò. –Tutto bene?-
-Sì, sì.- si affretto a dire Cat. –Però devo tornare a casa. Devo aiutare Matt.-
Jake annuì. Chiamò la cameriera per farsi portare il conto e poi chiese a lei di aspettarlo fuori.
Si stava comportando come avrebbe fatto qualsiasi bravo ragazzo a un primo appuntamento.
Scacciò via quel pensiero e poi fece come lui le aveva chiesto.
Jake la raggiunse pochi minuti dopo.
-Ti accompagno a casa.- di si offrì, proprio come aveva fatto la sera in cui era stato ucciso Thomas.
Quelle parole le fecero tornare in mente il funerale di quella mattina e il fatto che Jake non si era presentato al funerale dello zio.
-Va bene.- disse, cedendo alla sua gentilezza. –Ma ad una condizione.-
Jake la guardò con aria incuriosita. –Sentiamo.-
-Che rispondi ad una domanda.-
-E tu adori fare domande, non è vero Caitlin?- le disse Jake, divertito.
-Forse.-
-Sentiamo allora.-
Caitlin esitò. Era il caso di fargli nuovamente quella domanda?
Alla fine non si fece scrupoli. In fondo non gli stava chiedendo nulla di male.
Voleva solo capire come mai lui non fosse andato al funerale dello zio, considerando che aveva detto a sua madre di non essere arrivato in tempo la sera in cui era stato ucciso.
Gli fece quella domanda ad alta voce.
Jake prese un respiro profondo e poi cominciò a camminare.
Caitlin allungò il passo fino a quando non lo raggiunge, affiancandolo.
-Perché non ce la facevo.- disse a un certo punto Jake, guardando dritto davanti a sé.
-Eri molto affezionato a lui?-
-Non è solo quello.-
-E allora?- lo incalzò Cat, chiedendosi come fai si fosse irrigidito un’altra volta. –Perché ti dai una colpa che non hai?-
Jake si fermò all’improvviso e poi si girò verso di lei.
-Cosa hai detto?-
Caitlin si morse la lingua. Ma che diavolo stava facendo? Non poteva dirgli che aveva sentito quello che lui aveva detto alla madre.
-È solo che..- iniziò a dire. –Quella sera era lì, quindi posso solo immaginare che..-
-Che cosa, Caitlin?- le chiese Jake, in tono duro.
-Che tu ti senta in colpa.- osò dire, sperando che lui le dicesse per quale motivo.
Era vero che lui si sentiva in colpa, ma Caitlin non aveva idea del perché.
-Stavo tornando a casa per controllare che fosse tutto apposto.- le disse.- Poi ho sentito quello sparo e ti ho vista. Volevo solo proteggerti.-
-Sapevi che si trattava di tuo zio?-
Jake scosse la testa, ma per qualche motivo lei non gli credette.
Non era stato lui a dirle che quella era gente pericolosa che non si faceva problemi a togliere di mazzo persone innocenti?
-L’ho saputo solo il giorno dopo.-
-Però sai chi è stato ad ucciderlo.-
-Non ne voglio parlare, Caitlin. –l’ammonì. –E voglio che tu resti fuori fa questa storia.-
Caitlin si lasciò sfuggire un sospiro. Non sarebbe mai venuta a capo di quella storia.
Jake riprese a camminare e lei lo seguì a ruota.
Poi le venne in mente una cosa.
-Il padre di Stella conosceva mio padre.- disse, ripensando a quello che lui le aveva detto quella mattina.
Vide Jake sussultare. –Cosa?-
-Sì, lavoravano insieme a quanto pare.- rispose Cat. –In effetti questo spiega il motivo per cui continuava a fissarmi.-
Jake si fermò un’altra volta. –In che senso?-
-Ieri sono andata al locale.- iniziò a dire Caitlin. –Stella stava parlando con suo padre, ma la conversazione si è interrotta nell’istante esatto in cui si sono accorti della mia presenza.-
Jake non disse nulla.
-Comunque Stella ha detto al padre che avrebbero parlato dopo e quindi lui se n’è andato. Mentre se ne andava però continuava a fissarmi, come se mi conoscesse.-
-Come fai a sapere che lavorava con tuo padre?- gli chiese Jake, come se fosse una questione di vita o di morte.
-Me lo ha detto lui stamattina. Dopo che è finito il funerale, ho incontrato Stella e i suoi genitori. Suo padre mi ha chiesto se fossi la figlia di John Foster e io gliel’ho confermato.-
Vide Jake irrigidirsi ancora una volta. –Perché?-
-Ho detto la verità.- disse Caitlin, alzando le spalle.
Cosa avrebbe mai dovuto dire?
-Dobbiamo accelerare il passo. – disse a un certo punto, rendendosi conto che si stava facendo tardi.
Jake non la stava minimamente ascoltando.
-Jake?-
Lui si voltò verso di lei. –Devo andare.- disse. –Scusami, ma mi sono ricordato di una cosa che dovevo fare.-
-Cosa?-
-Ti dispiace tornare a casa da sola?-
-Io...no, certo, non c’è problema.- lo rassicurò Caitlin.
Jake non la salutò nemmeno.
Lo vide incamminarsi nella direzione opposta a quella in cui sarebbe dovuta andare lei e poi tirare fuori il telefono dalla tasca dei pantaloni con una certa urgenza.
Qualunque cosa si fosse ricordato, doveva essere parecchio importante e visto che non si era degnato nemmeno di salutarla.
Caitlin scosse la testa e poi si avviò verso casa.
Era stata una stupida a pensare di poter trascorre un po’ di tempo senza dover pensare ai suoi problemi.
 
Quando tornò a casa Matt aveva già fatto tutto.
Si era preparato un borsone che di solito usava per la palestra della scuola e un trolley piccolo che gli avevano regalato la madre e il padre per un viaggio scolastico alle medie.
Lo trovò seduto sul divano, alle prese col telefono.
-Matt?- le chiamò, richiudendosi la porta di casa alle spalle.
-Ciao, Cat.- la salutò, alzandosi.
-Sei già pronto?-
Suo fratello annuì. –Vedevo che non arrivavi.-
-Sì, scusami. Il funerale è durato più del previsto.-
-Hai mangiato qualcosa?- le chiese Matt, preoccupato.
-Sì, tranquillo.- rispose Caitlin, omettendo il fatto che avesse pranzato con Jake.
-È ora.- le disse poi suo fratello.
A Caitlin venne da piangere. Le succedeva tutte le volte.
-Ma perché piangi?- le chiese subito suo fratello, spazientito. –Ci vediamo tra una settimana, non tra un mese.-
-Lo so.- rispose Caitlin, sforzandosi di controllarsi. –È solo che mi dispiace quando non ti vedo per un po’.-
Matt alzò gli occhi al cielo. –È meglio se vado, altrimenti faccio tardi.-
Caitlin annuì e poi lo abbracciò forte .-Sta’ attento, ok? E se vedi qualcosa di strano, prendi e torni subito qui, intesi?-
-Non ti preoccupare, Cat.-
Lo vide prendere i bagagli e poi uscire.
Caitlin aspettò che scomparisse per le scale prima di richiudere la porta.
Come avrebbe fatto una settimana senza suo fratello?
Si sforzò di non pensarci.
Non poteva impedirgli di vivere la sua vita solo perché non lo aveva più fatto da quando erano morti i suoi.
Decise di prepararsi una tisana e di leggere un libro.
Aveva decisamente bisogno di rilassarsi.
 
Quella sera decise di ordinare una pizza e di mangiarsela a casa.
Non aveva nessuna intenzione di cucinare né tanto meno di lavare i piatti dopo.
Mangiò con la tv accesa e poi si sbrigò a prepararsi per andare a dormire.
Non riusciva nemmeno a tenere gli occhi aperti per quanto era stanca.
Si addormentò infatti nell’istante esatto in cui la sua testa toccò il cuscino.
Dormì a lungo, fino a quando un rumore improvvisò non la fece svegliare di soprassalto.  
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Giallo / Vai alla pagina dell'autore: BlackHawk