Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Anna Wanderer Love    28/03/2020    1 recensioni
La sua vista si schiarì, e riuscì a vedere un volto umano davanti a lui, dai grandi occhi verdi che lo fissavano preoccupati. Le labbra dell’umana si mossero veloci, di nuovo, ma di nuovo Thranduil non riuscì a comprendere cosa stesse dicendo e fece una smorfia mentre un fischio copriva ogni rumore, tranne quello del suo cuore che batteva sempre più lento.
Sentì le palpebre farsi sempre più pesanti, e appoggiò la nuca al tronco ruvido dietro di sé.
No, lesse sulle labbra dell’umana. Non addormentarti.
La vide estrarre qualcosa da sotto al mantello grigio, una fiala dal contenuto azzurrognolo. La avvicinò alle sue labbra, afferrandogli il mento per socchiudere la sua bocca. Versò un sorso del liquido, il sapore dolciastro si mischiò a quello acre del sangue. Thranduil fece in tempo a mandare giù, poi gli abissi calarono su di lui.
O:
Thranduil rimane ferito mentre viaggia per raggiungere le sue truppe, che si stanno radunando per cacciare il male da Bosco Atro. Da chi sarà salvato? E come farà a tornare dal suo popolo?
Kairos: dal greco, "momento giusto o opportuno, momento supremo". Un momento in cui accade qualcosa di speciale.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thranduil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

III

 



L’umana se ne era andata poco dopo aver finito di lavare i piatti usati per mangiare a pranzo. Si era raccomandata di non muoversi troppo, di non girovagare, di non frugare in giro, di non andare nella foresta. E che per favore non gli venisse in mente di mettersi a rovistare tra gli unguenti e le sue erbe, ma soprattutto che non gli venisse la malsana idea di fare ciò che lei non avrebbe fatto. Il che quasi includeva anche respirare, a quanto pareva, pensò Thranduil con ironia.
Il momento in cui le aveva dovuto consegnare i pantaloni era stato imbarazzante anche per lui. Avvolto in vita da una coperta, si era sentito ridicolo, ma almeno lei aveva avuto la decenza di evitare di guardare nella sua direzione, aveva afferrato i pantaloni ed era uscita di fretta dicendo che sarebbe tornata prima del tramonto.
Il re degli elfi, non appena si era chiusa la porta alle spalle, ovviamente aveva immediatamente deciso di fare ciò che lei non avrebbe mai fatto. Si era messo a cercare in giro qualche indizio che potesse dargli delle informazioni sulla donna, cercando con attenzione nei cassetti e nei mobili, ma dopo un’ora dovette constatare frustrato che la sua ricerca era stata vana. La seconda porta, oltre a quella della camera, era chiusa a chiave, quindi non aveva potuto entrare nella stanza. L’unica cosa che aveva trovato in un piccolo cassetto erano i suoi anelli, che evidentemente gli aveva tolto durante il viaggio. Aveva esitato, indeciso se prenderli o meno, ma aveva scelto di lasciarli lì per vedere cosa avrebbe fatto lei a riguardo nei giorni seguenti.
Si lasciò cadere con un pesante sospiro sulla poltrona nell’angolo della stanza, accanto alla finestra. Aveva trovato solo manuali per guaritori, oggetti senza significato e altre pergamene su medicina e argomenti simili, oltre ai normali oggetti di una casa.
Possibile che sia davvero un’umana normale senza segreti?

Asinna procedeva per le strade del villaggio, tenendosi ai lati della strada per evitare carri e cavalli. Era un paesino minuscolo, di un centinaio di case, inerpicato sulle pendici delle montagne. Gli abitanti si erano stabiliti lì di recente, ed erano tutte persone che avevano perso le loro case in seguito alla diffusione inarrestabile degli Orchi e delle forze del male, che avevano trovato la loro strada priva di ostacoli e si erano dati alle razzie e ai massacri di porzioni di terre sempre più ampie. Asinna più volte si era chiesta perché il sovrano degli elfi di Bosco Atro non avesse schierato prima le sue forze in campo: avrebbe evitato una marea di sofferenza e dolore, e prevenuto gli spostamenti di massa degli esuli, che costretti dalle circostanze si erano rifugiati nel suo stesso regno. Non nutriva certamente alcuna simpatia per quel re che non sembrava interessarsi al destino del mondo, anche se non poteva pretendere di conoscere le ragioni per cui era rimasto nell’ombra così a lungo.
Ah, alla faccia sua. Si tratta di difendere innocenti e salvare il mondo, mormorò tra sé e sé.
Per fortuna qualcosa era cambiato, ultimamente. Era giunta voce, per quanto loro fossero isolati, che il re aveva mobilitato le sue truppe e stava schierando il suo esercito per combattere il male. Orchi e ragni pian piano erano respinti, e probabilmente lo stesso elfo che aveva trovato ferito faceva parte di quei guerrieri che stavano raggiungendo l’esercito.
Asinna sospirò, nel ripensare a quello sconosciuto che aveva lasciato da solo a casa. Probabilmente stava già frugando tra le sue cose per cercare di ottenere qualche informazione su di lei. Sorrise, nel toccare la sacca in cui aveva messo le preziose lettere che avrebbero potuto rivelargli ciò che di sicuro voleva sapere riguardo a lei. Era stata più furba di lui.
Giunse finalmente alla bottega di legno della sarta. Quando aprì la porta, dei campanelli tintinnarono e dal bancone emerse la testa castana di una donna sulla cinquantina. Indossava degli occhiali e un sorriso cauto. Asinna si fece largo tra i mobili e i manichini dove erano esposti vari tipi di tessuti e indumenti, arrivando fino a lei. Sul piano in legno di noce era steso un quadrato di stoffa verde con delle cuciture bianche lungo uno dei lati.
- Buongiorno.
- Buongiorno a voi – le sorrise la donna. Aveva qualche filo grigio tra i capelli, raccolti in una crocchia. – Come posso aiutarvi?
- Mi servirebbero dei vestiti da uomo. Dei pantaloni, direi due. Due camicie e una tunica.
La donna annuì, mentre Asinna estraeva dalla sacca i pantaloni argentei. La sarta sgranò gli occhi nel vedere il tessuto pregiato, di un bellissimo argento perlaceo, e impallidì quando vide la macchia di sangue che lo aveva danneggiato.
- Questo è un tessuto elfico – esclamò. Afferrò il bordo dei pantaloni e la guardò atterrita, trattenendo il respiro. – Dove li avete presi? Questo non è un semplice tessuto elfico, è uno dei più pregiati in assoluto.
Asinna inarcò le sopracciglia, spaesata. Cosa avrebbe dovuto dire? Non era certo una buona idea andare a raccontare in giro che aveva trovato un elfo ferito e che si trovava a casa sua, soprattutto se quell’elfo indossava vestiti del genere, dato che avrebbe potuto essere più importante di quanto avesse immaginato precedentemente.
- Io… - balbettò. Fu la donna a toglierla dall’impiccio, scuotendo la testa.
- Anzi, non ne voglio sapere niente. Di questa misura? Dovrei averne giusto due.
Scomparve nel retrobottega e Asinna tirò un sospiro di sollievo, seppur perplessa. Chi diavolo era quell’elfo?
La sarta tornò con le cose che aveva richiesto in pochi secondi. Sembrava ansiosa che se ne andasse. Fu felice di accontentarla; dopo aver pagato infilò le cose nella sacca e uscì, lasciandosi alle spalle l’angusta bottega. Osservò il cielo azzurro, con un sospiro. La sua testa era piena di confusione, ma almeno aveva ancora un’ora prima di tornare a casa.
Comprò le erbe, farina, uova e quant’altro le servisse, distraendosi nel fermarsi a chiacchierare con un anziano seduto davanti alla sua casa, sulla via del ritorno. Le offrì un bicchiere di latte e lei accettò sorridente, sedendosi sul bordo degli scalini per riposarsi un minuto.
- Avete sentito dei movimenti dei soldati?
Il volto dell’anziano uomo era solcato da rughe, il volto era cotto dal sole e le sue mani, appoggiate allo schienale della sedia, erano nodose e piene di calli. Era il volto di chi aveva visto tante estati ed era riuscito a sopravvivere a molte difficoltà, un volto che rimaneva sereno anche nel parlare di argomenti che spaventavano la maggior parte delle persone, perché aveva visto molto di peggio.
- Non proprio – rispose incerta.
L’uomo sorrise, alzando un braccio e indicando verso la foresta che si intravedeva sopra alle ultime case dietro di loro. – Elfi. Arriveranno. Stanno cercando qualcuno.
La bocca le si seccò. Asinna posò il bicchiere sul gradino di pietra accanto a sé.
- Come fate a saperlo? Siamo isolati.
- Io ascolto, giovane donna.
Gli rivolse un sorriso nervoso, ma lui non aveva ancora finito.
- Si stanno dirigendo a sud, per respingere il male. Dol Goldur tornerà a risplendere, ma tra tanto tempo, quando tutto sarà finito. Ma sento che tra poco gli elfi arriveranno anche qui. Hanno perso qualcuno, qualcuno senza cui non potranno vincere la guerra.
Asinna si alzò e tolse la polvere dal vestito, riprendendo in mano le borse.
- È ora di andare, per me. Buona giornata.
Sentì quegli occhi penetranti continuare a fissarla finché non fu troppo lontana. Solo allora tirò un sospiro di sollievo e guardò le punte rilucenti di bianco delle vette delle montagne sopra di loro.
Tra sé e sé si disse di non prestare attenzione a ciò che il vecchio aveva detto. Ma l’ombra del dubbio si era insinuata in un angolino della sua mente, e continuò a tormentarla mentre si inerpicava su per il sentiero irto di sassi e radici nodose.
Cosa significavano quelle parole?

Arrivò in cima alla radura con il fiatone. Si fermò per un attimo, posando le borse per terra e posando le mani sui fianchi, respirando a fondo per calmare il battito martellante del suo cuore. Si raccolse i capelli che le erano sfuggiti dalla fascia e li ricacciò dietro le orecchie, posando le mani fredde sulle guance bollenti, mentre i suoi occhi verdi scrutavano la piccola casa davanti a lei.
L’elfo non era fuori, ma in effetti nemmeno lei si sarebbe avventurata fuori senza pantaloni. Erano isolati, sì, ma non si sapeva mai.
Riprese in mano le sue borse e si disse che dopo aver bevuto un bicchiere d’acqua avrebbe dovuto controllare il pollaio e la capretta sul retro. Aveva quegli animali per pura necessità, perché non voleva scendere ogni giorno al villaggio a prendere uova. In realtà la capra era anziana e le si era affezionata, quindi lei la teneva per pura compagnia.
Quando entrò il suo sguardo fu subito catturato dalla figura imponente dell’elfo sdraiato sulla poltrona davanti al camino. La fissò con le iridi cerulee annoiate e alzò un sopracciglio.
- Siete tornata presto.
- Sì, be’ – esclamò Asinna, avanzando e appoggiando con un sospiro di sollievo le borse sul tavolo tondo, curandosi di rimanere davanti a lui così che potesse leggere le sue parole – ero preoccupata che poteste dar fuoco alla casa nel provare a fare un tè.
L’elfo sogghignò, alzando il mento.
- Solitamente non incuto timore per questo motivo, nei miei nemici.
- Non sapevo fossimo nemici – commentò la donna. Dalle guance piene fino al petto era completamente rossa, notò Thranduil. Si voltò e l’elfo afferrò in un gesto fulmineo i vestiti che gli aveva lanciato.
- Per voi.
Lui scrutò il tessuto, saggiandolo con le dita. I pantaloni erano di una foggia rozza rispetto ai tessuti che indossava quotidianamente, ma secondo i canoni umani erano considerati di buona qualità. Erano neri, in perfetta combinazione con la camicia che stava indossando in quel momento.
- Vi ringrazio – disse seccamente. Ignorò la sua espressione stupita e si alzò, dirigendosi verso la stanza. Asinna si lasciò andare a un risolino, approfittando della sua sordità, nel vedere come la coperta avvolta intorno alla sua vita strascicasse sul pavimento, come una parodia del mantello di un sovrano. L’elfo non sembrava ridicolo -aveva un atteggiamento troppo composto e regale per sembrarlo- ma la scena era comunque comica.
Quando la porta si riaprì, cigolando appena, si voltò e rimase sorpresa.
Non era di certo uno spettacolo esilarante, non più.
I pantaloni gli avvolgevano alla perfezione le gambe muscolose, e la camicia aderiva al suo fisico, ma era rimasta aperta, lasciando intravedere il petto glabro. La fissava impassibile, gli occhi illuminati dalla luce proveniente dalle finestre, con i capelli che scendevano come una cascata di fili d’oro sulle sue spalle.
- Tanto vale controllare le ferite – disse. Asinna percepì una minima esitazione nella sua voce. Annuì e gli fece segno di sedersi, girandosi per mettere al loro posto nella credenza tutte le cose che aveva comprato. Non perché si era improvvisamente accorta di quanto fosse attraente l’elfo e le serviva riprendere un contegno, no.
Tirò fuori gli unguenti e le bende nuove da un cassetto, sperando di non doverle usare. Aveva avuto in mente di comprarle uscendo dal villaggio, ma poi aveva incontrato quel vecchio matto e le era passato di mente. Non ne aveva prese di nuove e ne erano rimaste ben poche.
Si girò, trovandosi davanti alla schiena nuda del suo ospite. Posò tutto sul tavolo davanti a lui, iniziando a togliere per prima cosa la stoffa arrotolata attorno alla ferita sulla parte alta del suo braccio. I suoi muscoli guizzarono sotto alla pelle quando gli spalmò un unguento dall’odore dolciastro sul taglio. Asinna sapeva che doveva bruciare da morire, ma lui non disse nulla.
- Questa va bene – disse, per poi ricordarsi che lui non poteva sentirla. Alzò gli occhi al cielo, esasperata con se stessa, e richiamò la sua attenzione per ripetere la frase. Lui si limitò a un lieve cenno, per poi alzarsi e darle modo di riuscire a controllare la ferita sul fianco.
- Anche questa.
Svolsero le bende che gli circondavano il ventre, e l’elfo sibilò quando Asinna staccò la stoffa appiccicata alla sua pelle. Si trovarono davanti a un brutto spettacolo. I punti affondavano nella carne, mentre la pelle era rossa e gonfia.
- Maledizione – esclamò lei. Si guardò intorno, per poi afferrare da sopra una mensola un vasetto con sopra delle erbe essiccate. Le sbriciolò, mischiò con degli oli e dell’erba di re, pestando il tutto in una ciotola di terracotta, seccata. Non le piaceva quando le cose non andavano come previsto.
Lui la osservava in silenzio. Era una visione strana, quella della donna. Anche se era così palesemente umana, non gli provocava più lo stesso fastidio del giorno precedente. Mentre si adoperava per creare quell’unguento per lui, la osservò e si rese conto che sarebbe stata anche attraente per un umano, e anche che il suo carattere affabile sarebbe stato apprezzato da qualcuno di diverso da lui. Eppure, persino il re degli elfi doveva ammettere che l’umana era dotata di una determinazione e un senso del dovere straordinario. L’aveva raccolto dalla strada, aveva penato per salvarlo quando le probabilità che sopravvivesse erano molto basse, lo aveva nutrito e curato, mostrandosi sempre disponibile nei suoi confronti.
Alla fine, nonostante tutto, non era così male.
Dopo vari minuti di pestaggio, Asinna riuscì ad ottenere una crema densa. Tornò verso di lui e lo guardò, una scintilla nelle iridi color giada. Thranduil si rese conto che qualcosa l’aveva contrariata.
- Volete fare voi?
Scosse la testa. Meglio lasciar fare a lei, decisamente più esperta. Trattenne il respiro quando le sue dita, più delicate di quanto si aspettasse, sfiorarono la sua pelle. La sensazione di fresco sulla ferita pulsante gli fece alzare la testa verso l’alto con un sospiro profondo, donandogli un rapido sollievo che presto svanì.
- Fatto, ricopriamo tutto. Dovete riapplicarlo nello stesso modo prima di dormire, dopo aver tolto questo che ho messo con dell’acqua tiepida. Avete messo la crema sul graffio in viso?
Thranduil annuì, mentre lei riavvolgeva la vecchia fasciatura attorno alla sua vita, trattenendo un sorriso amaro. Fosse stato solo un graffio, quello che gli deturpava il volto.
- Bene.
Il sovrano di Bosco Atro si rimise la camicia addosso, abbottonandola fino a poco più sotto delle clavicole. La donna bevve un bicchiere di acqua, appoggiandosi al piano della cucina, fissando pensierosa un punto tra il camino e la parete.
- Cosa c’è?
Distolse lo sguardo riluttante, guardando il volto serio dell’elfo con dubbiosità.
- Ho incontrato una persona strana, che diceva cose davvero strane.
- Sono molti i saggi travestiti da matti.
Lei sbuffò.
- Non saprei proprio quale dei due fosse, se matto o saggio.
- Cosa vi ha detto?
- Non ha importanza.
Asinna posò il bicchiere e si diresse verso la porta, dopo aver rimesso a posto le boccette e le bende. Lui la seguì fino al retro della casupola, dove c’era un piccolo recinto che facendo il bagno nel ruscello, quella mattina, non aveva notato. Accanto, i solchi nel terreno di un piccolo orto ricoperto da una tettoia composta di rami intrecciati; non erano ancora nate le piante, e la terra era scura e umida.
Si rimproverò, chiedendosi da quando fosse diventato così distratto.
Nel recinto c’era un’anziana capra che belò quando vide la giovane avvicinarsi. Thranduil non poteva sentire, ma dal modo in cui Asinna si inginocchiò ad accarezzarla era sicura che si stesse rivolgendo all’animale come spesso aveva visto gli umani rivolgersi ai cani o ai gatti, con una voce molto più acuta del normale. Non capiva davvero perché gli uomini lo facessero, ma immaginava di non poter arrivare a capire molte cose di creature che si professavano sagge e poi non sapevano nemmeno come evitare di scatenare conflitti sanguinosi per una gallina rubata.
La donna si voltò verso di lui, indicando la capra. L’animale lo guardò con gli occhi scuri e aprì la bocca emettendo un suono inudibile per l’elfo.
- Mirtilla – lesse sulle sue labbra. La guardò con velato disprezzo.
- Mirtilla? – Asinna lo fulminò sentendo la vena canzonatoria nella sua voce. Thranduil si appoggiò alle assi di legno del recinto, mentre la donna si avviava verso il piccolo pollaio e si chinava. La capra spinse la testa contro la sua mano e il re degli elfi girò il palmo, lasciandosi annusare, per poi accarezzare la sua testa morbida e candida.
- Mirtilla – mormorò, e la vide belare di nuovo.
L’umana riemerse dal pollaio, tenendo in mano un paio di uova. Si fece strada verso di lui, che bloccava l’entrata al recinto e non si mosse, fissandola intensamente quando arrivò vicino a lui.
- Cosa? – esclamò lei.
- Posso mandare un messaggio?
Asinna aggrottò le sopracciglia, confusa.
- Non ci sono corrieri, qui. Il villaggio è formato da esuli che si sono ritirati nella solitudine di queste montagne senza che nemmeno il re degli elfi lo sapesse. Sono qui da una decina d’anni, cacciati dalle loro case dopo che gli Orchi le hanno rase al suolo e non hanno lasciato loro scelta se non inoltrarsi nel bosco, perché tutto ciò che c’era attorno era stato ridotto a terra bruciata. Vivono del loro lavoro e della terra, null’altro. Non sono collegati con l’esterno. Quindi non vedo come possiate, non c’è nessuno che potrebbe avventurarsi nella foresta.
L’elfo emise un lieve sospiro, guardando la capra nei suoi grandi occhi dolci e scuri. Non era la risposta che si aspettava, e non poteva permettersi di rimanere inattivo così a lungo.
- Avrò bisogno di un cavallo, almeno per allontanarmi dalle vicinanze del villaggio.
Asinna si strinse nelle spalle, esitando. – Potrei convincere alcune persone a prestarvelo, ma dovrete lasciare in pegno qualcosa.
- Il che mi ricorda qualcosa. Avevo degli anelli indosso, quando sono stato attaccato.
La donna annuì. – Sì, li ho tenuti io. Dopo ve li darò. Ve li ho tolti perché… be’, durante il viaggio non ero con persone di cui propriamente mi fidavo.
Lui inclinò la testa.
- Perché viaggiavate con loro allora?
- Era l’unico modo per tornare a casa sana e salva. Ora mi fate passare, di grazia?
Thranduil si scostò dall’entrata del recinto, aprendolo lui stesso, dato che lei aveva le mani impegnate. Gli rivolse un brusco cenno per ringraziarlo, e l’elfo la seguì di nuovo in casa.
- Avete parlato del re degli elfi. Che opinione avete di lui?
Asinna sbuffò visibilmente, afferrando il libro nero e sedendosi sullo sgabello dondolante. Thranduil studiò il suo volto. Non esitò un attimo mentre parlava.
- Penso che avrebbe risparmiato un sacco di sofferenza se si fosse deciso a intervenire prima. Non so cosa l’abbia spinto a cambiare idea, ma per fortuna l’ha fatto. Questa foresta è diventata inquietante. Prima i ragni, ora anche gli orchi… fossi stata in lui, sarei intervenuta molto prima. Del resto, è da tempo che hanno invaso il suo territorio. Avevo sentito fosse avido e non tollerasse estranei nel suo regno, ma a giudicare dalle sue azioni queste voci sulla sua personalità non mi sembrano molto coerenti con le sue azioni. Non è intervenuto prima a combattere e probabilmente ancora non sa che ai piedi delle sue montagne vive un intero villaggio di uomini. Direi che dovrebbe rivedere la fedeltà delle guardie che pattugliano i suoi territori, e dovrebbe svegliarsi. Anche uno stolto avrebbe capito che c’è in gioco il destino delle nostre terre, e chi ha un tale potere e una tale influenza dovrebbe essere conscio delle responsabilità che derivano dal suo ruolo, non rimanere cieco a ciò che ha davanti agli occhi – concluse lei.
Quando sentì solo silenzio in risposta alle sue parole, alzò lo sguardo ed ebbe un fremito di timore nel vedere il volto intriso di furia dell’elfo. I suoi occhi nuvolosi lampeggiavano di rabbia, mentre una smorfia gli deturpava il volto.
- Senza offesa – aggiunse esitante.
Senza dire nulla, lui scosse la testa con un sospiro altezzoso e andò in camera, sbattendosi la porta alle spalle. Asinna sbatté perplessa le palpebre, per poi sussultare quando la porta si riaprì e l’elfo le si parò davanti, dall’altro lato del tavolo, chinandosi verso di lei e appoggiando le mani affusolate sul legno graffiato. La fissò come un predatore fissa la preda.
- Come potete avere la presunzione di parlare a questo modo di un sovrano?
Asinna chiuse il libro e intrecciò le dita sopra di esso, guardandolo tranquilla.
- So che siete suo suddito, ma pensate. Il ruolo di un sovrano è guidare il suo regno, amministrare ciò che deve essere amministrato, essere di ispirazione per il suo popolo e comportarsi nel modo migliore per chi vive entro i confini del suo regno, il che comprende anche dover prendere decisioni che altri non avrebbero il coraggio di prendere. Lui ha scelto di limitarsi a difendere i suoi confini dall’invasione dei ragni, solo finché essi rimangono nel suo territorio. Quanti elfi sono morti in questa difesa senza fine? E quanti sarebbero morti invece andando direttamente alla fonte anni e anni fa, eliminando la radice del problema? Di sicuro meno di quanti ne siano rimasti feriti o uccisi durante gli attacchi infiniti di quei mostri. E pensate a quanti altri luoghi quei ragni hanno devastato, essendo semplicemente cacciati via e non uccisi definitivamente dalle guardie del re solo perché avevano oltrepassato i confini del regno ed erano ormai fuori dalla giurisdizione degli elfi.
Thranduil sentiva l’irritazione crescere sempre di più. Eccolo lì, lui, sovrano degli Elfi da prima di quanto un uomo potesse immaginare, che doveva stare ad ascoltare la predica di un’insulsa umana sul suo ruolo e sulle sue responsabilità.
- Pensate se fosse intervenuto prima. La foresta non sarebbe conciata in questo modo, una pallida ombra oscura di ciò che era. Una volta il nome di questo posto non era Bosco Atro. Lo è diventato perché il vostro re non ha avuto il coraggio di guardare in faccia la realtà e capire che era ora di combattere. Non so se per codardia o altre ragioni, ma ha portato la foresta e i suoi abitanti sull’orlo del baratro, tra le grinfie di quei mostri orrendi.
Thranduil sbuffò. Ribolliva di rabbia.
Ribolliva di rabbia perché in quelle parole risentiva l’eco di ciò che il suo stesso figlio gli aveva detto. Di ciò che Gandalf, Bilbo gli avevano detto; dei sussurri che risuonavano a palazzo, mentre i suoi sudditi si chiedevano perché il loro sovrano insistesse a perseguire quella linea difensiva estenuante, mentre i ragni aumentavano sempre di più e i primi orchi si azzardavano ad avvelenare il suo regno.
Erano le parole che confermavano ciò che lui stesso sapeva e che si rifiutava di accettare. Che aveva sbagliato, e che a causa del suo errore già in troppi avevano sofferto.
Asinna si alzò e si diresse verso un cassetto. Estrasse qualcosa, girandosi verso di lui e porgendogli gli anelli sul palmo della mano. I suoi occhi erano grandi, ed esprimevano una sincerità che colpì il re degli elfi.
- Io non pretendo di sapere le ragioni che hanno spinto il vostro sovrano ad agire così. So solo che sono grata che abbia finalmente deciso di fare qualcosa. Lui può salvare molte persone, e non solo i suoi sudditi. Ogni tanto, si sentono degli strani rumori qui, anche di notte. Molte volte mi sono svegliata in preda al panico, pensando che fosse giunta la mia ora. Sono rimasta qui perché non saprei dove altro andare. Ma ora che il vostro re ha deciso di muoversi e scendere in campo, so che c’è una possibilità anche per me di vivere tranquilla, senza più risvegliarmi terrorizzata mentre sento quelle creature correre nella foresta fin troppo vicine a noi.
Avvicinò la sua mano a quella più grande dell’elfo, che aprì le lunghe dita, rimanendo in silenzio. Le sue parole avevano colpito una parte profonda di lui, anche se avrebbe voluto rimanere immune a quell’emozione che gli smuoveva il cuore. Thranduil si era già ripromesso di fare del suo meglio, in quella guerra, per suo figlio. Ma guardando quegli occhi di giada si ripromise di vincere non solo per Legolas, ma per tutti gli innocenti che aveva mancato di proteggere negli anni in cui si era ostinato a rimanere cieco nell’ombra, e per tutti gli innocenti che non erano in grado di difendersi da soli.
Gli anelli caddero nel suo palmo, e il re degli elfi osservò le pietre lucenti e preziose.
- So che non siete un elfo comune – alzò lievemente le sopracciglia, mentre la sorpresa si disegnava sul suo volto etereo nel leggere quelle parole. Asinna sorrise.
- La sarta ha detto che i vostri vestiti erano fatti di uno dei più pregiati tessuti elfici, uno che ben pochi possono indossare. Mi dispiace avervi dato fuoco, magari i vostri sarti avrebbero potuto riusare il tessuto intatto. Se volete ho ancora i pantaloni, però.
Le lunghe ciglia nere di Thranduil si abbassarono lievemente. Non era tenerezza quella che provava, assolutamente no. Quell’umana non poteva immaginare chi si trovasse davvero di fronte. I suoi sarti avrebbero creato delle vesti ancora più meravigliose di quella che era ormai perduta senza alcun bisogno di riciclare materiale. Se c’era una cosa per cui Thranduil pretendeva perfezione, erano i ricchi vestiti con cui impressionava ogni suo suddito, ogni volta che avevano la fortuna di scorgere il loro sovrano. Un re non poteva governare vestito come un contadino; parte del suo potere e della sua influenza risiedeva anche nell’apparire sempre al massimo del suo potere, nel piegare le menti di coloro che avevano il privilegio di scorgerne la figura con la meraviglia della sua apparizione, e questo non poteva avvenire con vesti rattoppate.
- Non vi preoccupate. Mi avete salvato la vita, ed è più preziosa di qualunque tessuto – disse. Lei annuì, fissando una ciocca dei suoi capelli.
- Siete vicino al re? – chiese.
- Molto – disse dopo un lungo silenzio Thranduil. Non sapeva perché avesse deciso di rivelare quella verità distorta, ma sentiva che era una briciola di verità che poteva concedere a colei che gli aveva salvato la vita. Per quanto fosse umana e non l’avrebbe più vista in vita sua, e l’avesse appena insultato nel profondo con le sue parole sconsiderate.
Asinna lo guardò per qualche istante, osservando i lineamenti ora calmi del sovrano.
- Cosa pensate?
- Penso che nelle vostre parole ci sia un’eco di verità, per quanto non mi piaccia.
La donna prese i vestiti ripiegati che erano rimasti nella sua borsa. Mentre li tirava fuori, lo sguardo acuto del re colse un angolo di quella che sembrava una lettera spuntare dal suo interno. Prese gli indumenti, sulla cui cima svettavano i pantaloni elfici, chinando la testa in segno di ringraziamento.
Asinna si stupì della sua improvvisa accondiscendenza. Il carattere combattivo e impetuoso che aveva dimostrato il giorno prima e quella mattina si stava mitigando, forse?
- Quanto avete speso? – lei scosse la testa con un sorriso, nonostante quegli occhi cristallini le pesassero addosso.
- Non preoccupatevi.
Era lei a doversi preoccupare, in realtà. Aveva speso più di quanto avesse in mente di fare, e i suoi risparmi stavano cominciando ad assottigliarsi sempre di più. Sperava davvero che l’orto che aveva cominciato a coltivare desse presto i suoi frutti, o sarebbe stata nei guai. Da sola avrebbe anche potuto cibarsi di radici ed erbe trovate nella foresta, ma l’elfo aveva bisogno di riprendere le forze e non poteva permettersi di rimanere a dieta. Avrebbe dovuto spendere gli ultimi soldi rimasti per nutrirlo a dovere, e pregare che l’orto si popolasse presto di verdure.
- Cosa mangiamo per cena? – sentì la voce melodiosa dell’elfo risuonare dietro di sé. Sorrise.
- Pensavo di mangiare delle uova, con verdure varie e pane e burro.
L’elfo inarcò un folto sopracciglio, mentre si accomodava su una sedia verniciata di blu. Quella non era traballante, notò con soddisfazione. Il sorriso gli morì sulle labbra quando l’umana gli mise davanti un tagliere e un coltello, con delle patate davanti. La fissò contrariato. Dalla sua faccia allegra, era evidente che l’idea di farlo lavorare le sembrava molto divertente, ma lui non era dello stesso parere.
- Forza – lo incitò, sedendosi dalla parte opposta con un mucchio di zucchine. Incominciò a tagliarle con movimenti rapidi, che tradivano quanto fosse abituata a cucinare.
Lo stesso non si poteva dire del re degli elfi, che scoprì che sbucciare le patate non era così facile come sembrava.

Mentre Asinna era voltata di spalle per riempire i piatti delle verdure miste che aveva cotto sul fuoco, Thranduil notò che dalla scollatura del vestito si vedeva un pallido graffio sbucare dal tessuto verde che ricopriva la sua schiena. Aggrottò le sopracciglia. Anche se poteva solo vederne un’estremità, sembrava una cicatrice abbastanza grossa, che spiccava sulla sua pelle pallida come un tulipano tra i bucaneve.
Distolse lo sguardo e afferrò il piatto che gli porse, appoggiandolo al tavolo. Non era di certo la cena che era solito mangiare a palazzo, su cui i cuochi passavano ore a lavorare, ma si rese conto che sembrava avere un gusto diverso. Era soddisfatto, nonostante fosse una cena povera e poco raffinata, solo grazie al fatto che aveva contribuito lui stesso a prepararla.
- Avete detto che siete vicino al vostro re – lesse sulle labbra rosate della donna. Annuì, bevendo un sorso d’acqua, curioso di sapere cosa avrebbe detto. Lei posò il cucchiaio per afferrare una fetta del pane che avevano fatto e spalmarci un tocco di burro. Glielo porse e Thranduil accettò con un cenno del capo, sorpreso.
- Com’è?
Tra tutte le domande, era quello che lo metteva più in difficoltà. Avrebbe davvero dovuto descrivere se stesso agli occhi di quell’umana curiosa fingendo di essere un’altra persona? Se qualche giorno prima avesse saputo in che situazione si sarebbe trovato, non ci avrebbe di certo creduto. Sembrava irreale -uno scherzo del destino che avrebbe fatto sorridere persino suo figlio, che da lungo tempo non sorrideva più.
Ponderò a lungo le parole che avrebbe detto, domandandosi quanto potesse mentire e quanto potesse dire la verità.
- Di sicuro ha fatto quello che riteneva meglio fare per il suo popolo.
Asinna scosse la testa.
- Già lo so questo. Intendevo come è di persona. Non ho mai visto elfi oltre a voi, e i vostri compagni caduti – fece una breve pausa, esitando allo sguardo intenso del suo interlocutore, chiedendosi se potesse dar voce a domande che sarebbero sembrate impertinenti ma erano solo frutto di una curiosità sincera. - Siete tutti simili nell’aspetto? Anche lui è biondo? Fa paura o è un sovrano che mette a suo agio le persone? Si mostra spesso ai suoi sudditi, e come è in quelle occasioni? Per dire, i bambini scappano davanti a lui o vogliono essere presi in braccio?
Thranduil era rimasto spiazzato. Per una volta, era stato davvero colto di sorpresa. Si sarebbe aspettato tutt’altro tipo di domande: magari relative alle sue decisioni in guerra, agli schieramenti dei suoi soldati, o sul suo ruolo in battaglia. Non si aspettava di certo che lei fosse curiosa riguardo alla sua personalità.
Ben pochi lo erano mai stati. O se lo erano stati, nessuno di loro aveva mai avuto l’ardire di trovare risposte dirette alle sue domande, e avevano soddisfatto la loro curiosità con i pettegolezzi e i sussurri che correvano tra i servitori. Il re era conscio che a causa della propria posizione nella gerarchia sociale era destinato a essere visto come uno strumento, un alleato da attirare o un nemico da ammansire. Mai nessuno chiedeva quali fossero i suoi gusti, i suoi interessi, i suoi pensieri; chiedevano quali fossero le idee del sovrano, le mosse che avrebbe attuato, le decisioni che avrebbe preso. Ma non si chiedevano chi fosse davvero.
Sbuffò, sconcertato, appoggiando la schiena alla sedia e fissando la donna con un’espressione così sbalordita che lei quasi soffocò mentre stava bevendo dell’acqua. Tossì e le sue guance divennero cremisi.
- Non… non volevo offendervi – balbettò, cercando di prendere aria.
- Non l’avete fatto – esclamò Thranduil. La fissò corrucciato. – Riuscite a respirare?
Lei annuì, tossendo a fatica. Il re lasciò che riprendesse fiato e che le sue guance tornassero di un colore normale prima di aprire bocca. Solo allora, mentre i suoi grandi occhi verdi lucidi lo fissavano confusi, parlò.
- Non molti lo conoscono bene da quel punto di vista. Riguardo alle vostre domande, noi elfi siamo simili dal punto di vista fisico, ma fino a un certo punto. Pochi nel nostro regno hanno i capelli chiari, il sovrano e suo figlio sono alcuni di loro. Siamo generalmente più alti degli umani, e il nostro addestramento fin da piccoli fa sì che i nostri corpi siano più agili e forti dei vostri.
Fece una pausa, addentando il pane che lei gli aveva dato. Il sapore dolce del burro contrastava con il sale, ma rimase sorpreso nell’accorgersi che lo trovava squisito.
- Il sovrano non si mostra spesso, solo nelle occasioni di festa o nelle cerimonie importanti, e ultimamente non ce ne sono state. Quando lo fa… pochi hanno il coraggio di guardarlo in faccia. Il suo ruolo prevede che non sia amichevole con chiunque incontri. Questo ovviamente non significa che sia maleducato con i suoi sudditi. Semplicemente, è… distante. E i nostri bambini sono pochi – aggiunse. – Da quando il male è calato su queste terre, il nostro popolo ne ha risentito. I bambini sono pochi, e non ridono più come una volta.
Calò il silenzio, mentre Asinna assimilava quelle informazioni e Thranduil rifletteva sulle proprie parole. Non si era mai guardato da un’altra prospettiva, ed era strano riflettere come fosse a capo di un popolo eppure non avesse legami con pressoché nessuno, all’infuori di suo figlio e degli elfi che rivestivano le cariche più importanti nell’esercito.
- Ha un figlio, avete detto?
Annuì.
- E lui è simile a suo padre?
L’ombra di un sorriso malinconico apparve sulle labbra dell’elfo, mentre abbassava lo sguardo lucente di dolore.
- Il figlio del re è cresciuto in fretta, fin troppo in fretta. Ha imparato che la distanza con cui suo padre ha tenuto a distanza il mondo non poteva funzionare per lui.
Asinna rimase muta. Avrebbe voluto porre altre mille domande, ma l’aria triste del suo ospite le impedì di affondare il coltello nella dolorosa ferita di cui persino lei, estranea e di una razza diversa, riusciva a intuire la profondità, grazie a quelle sofferenti iridi perlacee perse nel vuoto. Finirono di mangiare in silenzio, e sempre in silenzio rimasero per l’intera sera, anche quando lui la seguì fuori e rimasero seduti sull’erba a guardare la notte trapuntata di stelle, i capelli smossi da una lieve brezza che arrossò le loro guance, i cuori persi a rimirare lontani frammenti del loro passato, le dita strette attorno a infusi caldi che scaldavano i loro corpi ma non le loro anime sofferenti.
 
 
 



 

Angolino dell'autrice:
Buonasera (:
Ecco qui un altro capitolo. Avevo in mente di aggiornare domani, ma ho deciso di anticipare!
Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento! Abbiamo avuto modo di vedere una conversazione piuttosto interessante tra i nostri due personaggi... finalmente forse, dico forse, stanno iniziando ad abituarsi alla reciproca presenza, nonostante i battibecchi! Quale è stata la parte che vi è piaciuta di più?
Devo dire che una delle parti che mi sono divertita di più a scrivere è quella in cui Thranduil viene costretto ad abdicare ai suoi regali privilegi e darsi da fare... probabilmente le patate sono diventate uno dei suoi incubi più ricorrenti eheh...
E nulla! Spero di esser riuscita ad accendere la vostra curiosità, sia nei confronti di Asinna che del nostro re... ditemi se vi è sembrato in character, perché è una delle mie più grandi paura non rispettare il carattere del personaggio u.u 
Se avete voglia, lasciatemi un commento o una vostra riflessione! Mi farebbe molto piacere sentire la vostra!
A sabato prossimo!
Anna 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Anna Wanderer Love