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Autore: _iamross    31/03/2020    0 recensioni
I limiti sono dei punti fondamentali da non dover superare. Il controllo, difatti, è forse la caratteristica che più rispecchia Arabella Nelson; ama dominare e avere sempre il coltello dalla parte del manico. Arruolarsi nell'accademia militare è stata infatti la scelta più azzeccata per quell'anima da combattente che da sempre ha influito sul suo presunto futuro. Ma la sua facciata da falsa combattiva nasconde milioni di retroscena. Un passato difficile, una vita dura, molti segreti e un appiglio: la sua carriera. Ma cosa accadrebbe se qualcuno in particolare riuscisse ad abbattere quel muro di freddezza costruito negli anni?
•••
«Forse sei abituata ad avere il mondo ai tuoi piedi.».
« O forse sei tu che credi di essere superiore agli altri, tanto da non rispondere ad una semplice domanda.».
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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La tuta attillata sagoma perfettamente le curve del mio corpo, si incolla al petto e all'addome come se fosse ricoperta di resina e si appiccica perfettamente alle mie gambe assomigliando sempre di più ad un secondo strato di pelle. È unicamente in tinta nera, tranne per le nervature grigie che delineano i fianchi percorrendo una scia che finisce laddove la cucitura sbarra il percorso. In accademia vi sono diversi indumenti che dobbiamo indossare e tenere con cura e, tali capi, vengono scelti in base al tipo di allenamento o percorso che dobbiamo seguire. In tal caso, l'addestramento in piscina prevede l'uso della tuta – e non del costume come si procede solitamente – il che conferisce non solo una silhouette che disegna perfettamente i muscoli del nostro corpo ma garantisce anche un miglior movimento in acqua.

Lo spogliatoio è vuoto, gli unici rumori percepibili sono i miei passi che si arrestano davanti al mio armadietto e quelli silenziosi di Jessy che, come me, si prepara a dover affrontare il prossimo allenamento. In questi ultimi minuti non ha spiccicato parola, tranne per una docile richiesta su come aprire l'armadietto – considerato che è la prima volta che mette piede qui dentro – e un po' mi ha stupita. Evidentemente ha capito che non mi piace molto il dialogo, ciononostante, mi sono accorta delle occhiate curiose e a tratti pungenti in questi ultimi minuti. Ho finto di non accorgermene sia per non risultare scorbutica, per l'ennesima volta, e sia perché, stranamente, non mi infastidisce. E dico stranamente perché ogni essere umano mi irrita oltre i limiti dell'immaginazione.

Controllo che ci sia un asciugamano pulito ed il cambio per dopo e chiudo in un tonfo il quadrante in ferro quando sono sicura, ovviamente, di possedere tutto il necessario per l'ora successiva.

Jessy intreccia i suoi capelli in due trecce mentre io mi limito a sollevarli in una coda alta, il tutto compiuto in silenzio. La ragazza mi osserva servendosi dei suoi occhi azzurri cielo e non abbassa lo sguardo nemmeno quando si accorge che l'ho praticamente colta nel fatto. A differenza di pochi minuti prima sembra meno intimorita da me. Ricambio lo sguardo curiosa nonostante abbia messo su la solita espressione neutra e inespressiva.

« Posso farti una domanda?» chiede qualche secondo dopo, un po' titubante.

Inarco un sopracciglio. « Dipende»

Blocca la sua treccia con un elastico e continua a guardarmi. « Da cosa?»

Sospiro profondamente. « Mi riguarda personalmente? »

Morde il suo labbro inferiore e intuisco che probabilmente ho azzeccato. « Tipo...» mormora scrollando le spalle.

Annuisco. « Prego, allora»

Gioca con le trecce appena concluse e mi ritrovo a paragonarla ad una bambina. È minuta fisicamente, tant'è che la tuta snellisce quelle poche forme che si ritrova ma in fondo è molto carina. Il suo viso è piccolo e i tratti sono angelici, quasi infantili. Mi chiedo per quale motivo sia qui se fondamentalmente non rispecchia i canoni imposti.

« Hai da sempre voluto fare il militare? Oppure ci sono ragioni personali che ti hanno spinta a prendere questa scelta?» chiede con estrema serietà.

Mi prendo del tempo necessario per risponderle e abbasso lo sguardo cercando di formulare una risposta che può soddisfarla. È una bella domanda questa, forse tanto personale ma in senso diverso. Mai nessuno mi ha chiesto il motivo per cui abbia deciso di intraprendere questo percorso, tralasciando Lily che mi conosce da tutta la vita. Tutti quelli che sono nella mia stessa situazione, non si sono mai chiesti il motivo per cui abbia deciso di schierarmi e abbandonare tutto, ma questa ragazza lo ha fatto: o per determinati motivi o per altri, lo ha fatto.

Sin da piccola amavo le scienze e alle superiori ero proprio convinta di continuare il percorso di studi, magari, proseguendo anche con l'università, con l'intenzione di laurearmi in scienze biologiche. Mi è sempre piaciuto apprendere i meccanismi di base del funzionamento dei sistemi biologici e anche le cause che hanno prodotto questi sistemi su ogni specie di organismi. I cambiamenti mi affascinavano, le complessità del mondo dei viventi e le trasformazioni a cui questi sono andati in contro mi ammaliavano oltre modo... e poi tutto è cambiato. Le mie idee sono mutate e le mie necessità ed i miei bisogni sono stati del tutto eclissati dagli eventi che si sono succeduti uno dietro l'altro. In effetti non si direbbe dal mio comportamento sempre scontroso e molte volte esageratamente irritante, eppure, è stato così. Ero tanto impressionata dalla natura e dai segreti che circondavano essa, ma, alla fine, ho capito che non ero tagliata per tutto ciò. Ho riscoperto me stessa, ho rivalutato ciò che davvero avrebbe potuto completarmi ed ho capito che non sono fatta per queste cose, che non sono fatta per essere una semplice donna in carriera laureata in biologia.

La vita mi ha cambiata, eventi importanti mi hanno riportato malamente alla realtà e, tale concretezza, mi ha resa una persona totalmente diversa e del tutto legata a qualcosa che ho sempre sentito di volere.

« Non devi rispondermi per forza, capisco che la domanda possa essere troppo personale» alzo immediata lo sguardo e noto un piccolo sorriso ad adornarle le labbra.

« Forse entrambe le cose» ammetto. La ragazza sembra sorpresa dalla mia risposta e lo sono pure io. Di solito tendo ad evitare tutti questi quesiti che possono – in un certo senso – risultare scomodi per me ma non sembra il tipo che va a raccontare i fatti altrui ed il suo viso sincero, semplicemente, me lo conferma. « Ma credo che sia nata per svolgere questo lavoro e sono sempre più convinta di questa scelta» aggiungo infine.

Annuisce lentamente. « L'ho notato, sai? Molte dicono che tu non sia tagliata per questo posto, alcune dicono per il tuo fisico, altre, invece, per i tuoi modi. Io però la penso diversamente, io credo che tu sia perfetta per questo lavoro. Ti ho vista in queste settimane e mi sono accorta della dedizione e delle capacità che possiedi, della forza e passione che metti in ogni cosa che fai. Te ne freghi delle occhiate fastidiose di tutti e cammini a testa alta mostrandoti indifferente» dichiara con trasparenza e tantissima sincerità.

Socchiudo le labbra sorpresa e leggermente colpita da tutte quelle parole che lasciano la sua bocca, con fluidità e senza alcun ripensamento. Riesco a scorgere la falsità anche da una minima mimica facciale e lei, semplicemente, non rispecchia nessun tipo di menzogna.

I suoi occhi limpidi e vispi puntano i miei, rincuorandomi e intaccando – quel poco – il mio cuore, sempre più accostabile ad una roccia.

« Io ti ammiro, Arabella. Vorrei tanto essere come te: forte, determinata e con dei sani obiettivi» confessa, infine, alzando gli angoli della sua bocca in un sorriso timido.

Non so che dire, per la prima volta mi ritrovo senza parole. Di certo, non mi aspettavo una confessione del genere. Mi schiarisco la voce e sostengo il suo sguardo. Sembra crederci davvero a tutto quello che ha detto, sembra sicura degli aggettivi con i quali mi ha descritta e, soprattutto, sembra del tutto convinta del discorso appena concluso. Si comporta come se effettivamente mi conoscesse da una vita, come se potesse dimostrare – con fatti concreti – quanto io sia caratterialmente uguale agli aggettivi appena citati eppure... non è del tutto così. Non è sempre stato così ma so bene che con il curare troppo l'apparenza, alla fine, si arriva ad un punto in cui la maschera si incolla alla tua faccia. È davvero impossibile, poi, scollarla.

Distolgo lo sguardo, non riuscendo più a sostenerlo e deglutisco. Qualcosa mi ha colpita, in una parte remota e custodita da troppo tempo, dentro di me.

« Parli come se mi conoscessi ma non è così» asserisco con voce apparentemente tranquilla.

So mascherare bene le mie emozioni, ho imparato a controllarle perfettamente. Rafforzare tutti i punti forti e non crollare mai.

Si avvicina a passi cauti ma io sono già arrivata a toccare la maniglia della porta. Dovevamo iniziare l'allenamento da un bel pezzo.

La sua voce però mi blocca.

« Non ti conosco, è vero, ma sento di aver ragione. Non sono frivola e corrosa dall'invidia come le altre, però, sappi che tutte queste cose le penso davvero e sono felice di averti confessato tutto ciò»

Abbasso la maniglia e istintivamente gli angoli della mia bocca si sollevano in un sorriso.

« Grazie» sussurro, alla buona, uscendo dallo spogliatoio e lasciando socchiusa la porta. Consapevole che di lì a poco Jessy mi seguirà.

I piedi nudi entrano a contatto con il pavimento freddo ma estremamente pulito. Rabbrividisco per il brivido di freddo che attraversa il mio corpo. I miei occhi vagano constatando quante poche persone ci siano in questo ampio spazio: ci sono gli inservienti che si occupano dei luoghi come la piscina, le palestre e le camere in cui risiediamo ed un uomo di mezz'età che si occupa della manutenzione della vasca. I cinque ragazzi sono immersi in acqua e si allenano iniziando da esercizi base. Padroneggiano i diversi stili, con agilità, prontezza, malleabilità e leggerezza. I movimenti sono fluidi, perfettamente coordinati ed i muscoli marcato del loro corpo risaltano ogni volta che risalgono in superficie, per acquisire l'aria di cui necessita l'organismo.

La bravura è palese ma sarebbe strano il contrario, considerata la minuziosità con cui Marxwell sceglie le reclute.

I miei occhi perlustrano il luogo, adocchiando i salvagenti dall'altro lato della piscina e gli zaini proprio alle mie spalle. In effetti potrei svolgere qualche esercizio del genere, ovvero allenarmi per il salvataggio ma alla fine decido di seguire gli stessi esercizi dei ragazzi.

Immergo un piede in acqua, come d'abitudine, e poi sparisco in essa chiudendo gli occhi.

La sensazione di freschezza, di franchigia e di libertà diventa un tutt'uno con la mia anima. Quest'ultima sembra riemergere da quel pozzo chiuso e oscuro, risale a galla portando con sé tutte quelle percezioni inabissate da troppo tempo. Il mio petto, per quanto sia compresso dall'acqua, riesce a liberarsi dai sensi e spicca rinsavendo. Sembra acquisire quel grammo di sensibilità, di pura e squisita concretezza, eppure rimane legato da quel sottile e sgraziato filo che lega la pienezza totale con l'orrore ed il buio perenne. In fondo, per quanto voglia uscirne per sempre illesa e definitivamente intatta, so che ciò non potrà accadere. Il filo è sottile ma dannatamente forte ed il cuore è fin troppo granitico per aiutare quella povera anima che cerca faticosamente di salire.

È arreso, abbandonato alla sua convinzione addensata.

Muovo i miei arti dando libero sfogo ai miei muscoli che fluttuano senza alcun arbitrio, liberi di destreggiarsi come meglio credono. Ma poi l'aria manca, la necessità di respirare si fa viva dentro di me e tutte quelle percezioni spariscono, nel momento in cui la mia testa riemerge.

Strizzo gli occhi, le goccioline appigliate alle ciglia alla fine si staccano, percorrendo una scia che parte dai miei occhi e poi scende sui miei zigomi, sul mio collo e sulle mie clavicole, sul petto... ritornando, poi, al suo luogo d'origine: l'acqua.

Non do peso al movimento che smuove le acque, alle presenze che vi sono e agli occhi curiosi e attenti di Jessy. Mi concentro come sempre ho fatto e comincio con una serie di vasche cambiando i vari stili. Muovo le braccia, le gambe... il mio addome si contrae e si comprime per l'impatto che scuote la distesa azzurra. La mia testa si immerge e poi risale a galla, le mie labbra accarezzano l'azzurro quasi trasparente ed i miei occhi compiono un'azione continua: aprire e chiudere. Prendo respiri profondi, inalo l'aria che mi serve per continuare e spengo la mente.

Spengo ogni cosa.

Venticinque vasche ed il respiro totalmente irregolare; stancante ma terribilmente liberatorio.

Mi avvicino al muretto e, aiutandomi con le braccia, mi siedo su esso. Inclino il capo all'indietro e chiudo gli occhi regolarizzando il mio respiro.

I muscoli sono stanchi, chiedono pietà. So di aver esagerato ma ne sentivo il bisogno, una sorta di calmante per i miei nervi. La mia testa pensa troppo ed esige risposo. Pretende quel breve momento per scappare dai problemi che la mia mente continua a partorire.

« Notevole»

Non mi muovo dalla mia postazione ma apro gli occhi guardandolo dal basso, nonostante abbia sentito la sua voce. Cinque giorni non sono pochi ma non sono nemmeno così tanti, e quotato il modo in cui ci siamo lasciati l'ultima volta, – a causa mia, lo ammetto –, non pensavo che sarebbe venuto a rompere nuovamente le scatole.

Ma invece eccolo qui, nel suo metro e novanta – quasi – con le sue gemme verdi che mi fissano sorpresi e le sue braccia incrociate al petto.

Alzo il capo e strizzo i capelli. « Cosa ti porta qui?» chiedo diretta, senza giri di parole.

Anche perché mi è sempre piaciuto arrivare dritto al sodo.

Non risponde, si limita a fissarmi dall'alto. Irritata mi sollevo e, dopo una lunga occhiata ricambiata, lo sorpasso dirigendomi negli spogliatoi. La doccia la farò qui.

Sento i suoi passi pesanti seguirmi e ruoto gli occhi al cielo. Abbasso la maniglia non appena mi ritrovo davanti alla porta degli spogliatoi femminili ed entro dentro.

Trevor mi segue e mi volto inarcando un sopracciglio. « Cosa non comprendi della frase questo è lo spogliatoio/ bagno delle donne?» chiedo ironica, alludendo anche alla prima volta che l'ho conosciuto, precisamente nei bagni comuni di sole donne.

Un sorriso sghembo aleggia sulle sue labbra e sono tentata di prenderlo a schiaffi solo per il gusto di mandarlo a quel paese. Fissa il mio corpo senza alcuna espressione e anche se sta sorridendo, quel sorriso non rispecchia le emozioni illeggibili dei suoi occhi. Prendo un respiro profondo cercando di mantenere la calma e avanzo verso il mio armadietto.

« Esci, adesso»

Il suo sorriso si spegne ed indurisce la mascella. I suoi occhi sono due pozzi neri e le sue occhiate non sono da meno: gelide e dure.

« Continuo a non capire quale sia il tuo problema, Nelson. Se voglio entrare in un fottuto bagno o in un fottuto spogliatoio, entro» digrigna i denti per l'irritazione causata dalla mia insolenza.

Inchiodo i miei occhi con i suoi. « Vuoi che te lo ripeta?», avanzo verso la sua figura e, sebbene continui a lanciarmi occhiate gelide, non mi faccio scrupoli a ritrovarmi ad una spanna dal suo viso. « Tu sei il mio problema.»

Le sue narici si allargano ed i suoi occhi fanno la medesima fine. Sono sicura che in questo momento stia morendo dalla voglia di urlarmi contro e magari rispondermi a tono.

« Potrei cacciarti a calci in culo e nemmeno te ne accorgeresti» sputa con calma apparente.

Sorrido. « E perché non lo fai? Cosa aspetti?» lo stuzzico, tastando la sua pazienza che sta attraversando il limite.

E sarà sempre così: con me, la battaglia che ha iniziato, non otterrà alcun termine.

Le sue gemme si soffermano sulle mie labbra, adesso increspate in un sorriso di provocazione, ma poi si elevano. « Non provocarmi, Nelson, non ho molta pazienza»

Il sorriso mi muore in viso a quest'ultima affermazione. « Chi ti dice che invece io ce l'abbia? Non provocarmi tu, sergente. E adesso, esci da qui» intimo per la seconda volta, stavolta senza alcuna traccia di divertimento in viso.

Con la coda dell'occhio noto le sue mani chiudersi in due pugni, le sue nocche diventano bianche dalla forza che applica nel compiere il gesto ma, poi, effettua due passi indietro. L'aria trattenuta, esce fuori dal mio corpo.

« Marxwell ti vuole nel suo ufficio tra un'ora, non farlo attendere» comunica gelido, dopo avermi dato le spalle.

Aggrotto la fronte alle sue parole ma non rispondo, mi limito a tenere i dubbi per me.

Abbassa la maniglia e scompare, chiudendo la porta in un tonfo.

   
 
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