Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: CrisBo    01/04/2020    1 recensioni
Il mio dosso non era l'iceberg del Titanic. Era la montagna di Maometto. Era il monte Fato appena ristrutturato. Era quel simpaticone del kraken in digiuno da quarant'anni. Era un machiavellico tranello del diavolo che persino il diavolo, vedendolo, mi aveva dato una pacca sulla spalla compatendomi. La famosa pacca di consolazione del diavolo era, in realtà, Yoongi che mi guardava con aria tremendamente
demoniaca
paradossale, sembrava che stesse pensando a 101 modi per uccidersi e, allo stesso tempo, a quale nome dare al suo futuro chiosco di carne.
************
Seoyun è innamorata del suo migliore amico, vive con Namjoon e Yoongi e dovrà affrontare, durante un'estate particolare, il grande fenomeno del tempismo effetto sorpresa, con una bolgia di amici in conflitto coi problemi che la vita comune regala. Durante la stagione più calda, frizzantina e soleggiata dell'anno cosa potrebbe andare storto, in fondo?
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Jung Hoseok/ J-Hope, Kim Seokjin/ Jin, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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17 ~ Troppo tardi?

 
 
ㅇㅅㅇ


 
Avevo cominciato a sentire le mani tremare, come azione involontaria del mio corpo.
Jimin se ne accorse subito, afferrandomi il cellulare dalle mani per leggere il messaggio che Yurim mi aveva mandato.
I messaggi, in realtà. Stavano continuando ad arrivarmi e dicevano tutti la stessa cosa. 
La mia mente la immaginò a pigiare le dita sui tasti del telefono in un continuo spasmo nervoso della mente.

In ospedale. Taehyung. Vieni subito. Ti prego.

Rimpossessatami del mio telefono ero riuscita a mandare un messaggio a chiunque, probabilmente anche al portiere di casa mia, di casa di Jin, in non so quale forma di coreano visto  l'agitazione che mi stava attanagliando.  In seguito avevo chiamato un taxi al volo, trascinandomi dietro Jimin. Lui era rimasto sotto shock, non aveva aperto parola per tutto il tragitto, sparendo coi pensieri in chissà quale meandro mentre io scongiuravo il guidatore di prendere le strade meno trafficate possibili.  
Intanto provai ripetutamente a chiamare Yurim ma non rispondeva al telefono, era perennemente occupato. 

Non mi aveva detto nient'altro, solo di andare in ospedale, di fare in fretta e sentivo il cuore in gola.
Gli altri avevano preso a mandarmi messaggi sconclusionati, per chiedermi cosa stesse succedendo, ero riuscita a rispondere  che ne sapevo quanto loro ma la cosa non li placò, come non stava placando neanche me.

Mi ritornò alla mente il famoso pensiero di quella mattina, la famosa faglia dentro quel continuo cicle di vite. Le nostre vite. Quando nella tua mente si insinuava la  consapevolezza che le cose peggio di così non potevano andare, di sicuro erano pronte ad andare peggio. Molto peggio. E nessuno ti avvisava, nessuno ti preparava all'ennesimo salto nell'ignoto. Ti ritrovavi di fronte all'ennesimo dosso ma, questa volta, non era un semplice bitorzolo dell'asfalto. Lo sentivo, era un muro, un muro altissimo, gigante, che inglobava tutto. E non riuscivo a vederne la fine, non ci riuscivo.

«La prego signore, schiacci quel dannato acceleratore.»
La voce di Jimin mi riportò alla realtà, scacciandomi via quei pensieri. Non volevo rintanarmi nella mia mente, non in quel momento.
Non potevo arrendermi davanti all'ennesimo problema, dovevo reagire. 
«Chimmo.» Lo richiamai, cercando di tastargli una spalla ma quello me la scacciò via con uno strattone, probabilmente involontario.
«Signore, sto cercando di andare più veloce possibile, ma il traffico di oggi è immenso. Sto prendendo una scorciatoia ma c'è il limite di velocità, non posso proprio fare altrimenti.»
«Prenda il parallelo che porta vicino alla stazione, cazzo è importante!»
«Signore, le ho già spiegato del traff-»

Provai di nuovo a intercettare la spalla di Jimin con uno strattone più forte del suo, portandolo a impattare la schiena contro il sedile. Sapevo che era spaventato, sotto shock, ma non poteva far uscire il suo lato oscuro in quel frangente, ci si sarebbe nutrito fino a perdere il controllo.
«Chimmo stai calmo, cerca di non andare fuori di testa. Non sappiamo ancora cosa sia successo.»
«Yurim non perde mai il controllo. L'unica volta che ha fatto così è stato quando Tae si è intossicato.»
Aveva ragione. Yurim era famosa per essere una persona stoica, sempre in grado di mantenere un controllo sulla situazione. Era riuscita a farlo persino durante la festa, quando la mano di Tae stava lentamente sfilandosi dalla sua presa. Piuttosto che crollare, era scappata via.

«Forse si è solo fatto male, magari un incidente, magari gli è caduta una mensola in testa o magari...»
«Per favore Seo, per favore
Volevo provarci, volevo davvero inserirmi nel solito discorso dei forse, dei forse.
Ma Jimin mi lanciò uno sguardo pieno di pianto, stravolto, ancora non del tutto lucido e io mi fermai subito. 
Mi limitai ad annuire in silenzio, lui si voltò verso il finestrino e non mi degnò più di uno sguardo. Io feci lo stesso.

Il taxi aveva preso una scorciatoia piuttosto libera, passando nelle vie strette e residenziali vicino all'ospedale. Furono dei minuti infiniti, in cui mi soffermai su ogni insegna, su ogni casa, su ogni giardino che inquadravo senza riuscire più a pensare a niente. 
Il dubbio uccideva, in qualsiasi situazione e, specialmente in quel caso, era un cappio stretto intorno al collo. Forse la verità sarebbe stata dura, ma avevo bisogno di saperlo. Riprovai a chiamare Yurim, ma di nuovo il numero era occupato. 

Con uno slancio piazzai le mani sul sedile dell'autista, provocandogli un lieve sobbalzo.
«Gliele pago io le multe, ma schiacci quel cazzo di acceleratore.»





Arrivammo dopo circa un quarto d'ora e, a quanto pare, eravamo i primi.
Non vidi nessun'altro nei paraggi,così intimai Jimin di muoversi e seguirmi all'interno. 
Andai subito alla reception chiedendo informazioni; la sfiga in certi casi ha talmente tanti decimi di vista che sa benissimo dove puntare e quando puntare. L'infermiera addetta a darmi informazioni era mezza sorda, o mezza cieca, non mi capiva insomma, così che dovetti scriverle nome cognome a caratteri cubitali sperando che sapesse darmi indicazioni specifiche. Mi disse di prendere le scale, raggiungere il corridoio, svoltare a destra, imboccare un altro corridoio e sarei arrivata al pronto soccorso.

Era un viaggio un po' lungo per un soccorso pronto, pensai in preda ad una scarica più esasperata, mentre pinzavo Jimin e me lo trascinavo in quella schiera di corridoi, scale, porte. Non amavo gli ospedali, mi mettevano di cattivo umore, dall'odore, alla vista dei familiari davanti alle sale d'aspetto, alla vista dei malati, dei dottori, di quelle pareti pittate di azzurro che parevano dire "tranquillo, andrà tutto bene, ci sono le pareti azzurre, cosa potrebbe andare storto?" 

Riuscii in qualche modo a raggiungere il punto indicatomi, ma fui fortunata perché notai Yurim camminare come un'ossessa davanti a delle macchinette del caffè, in preda ad una crisi di pianto isterica. Parlava da sola, lo potevo vedere mentre mi avvicinavo, così cominciammo ad andarle incontro di corsa.
Quando ci vide sembrò perdere ogni forza in corpo, la vidi cedere con le ginocchia, mentre Jimin riuscì a malapena a tenerla sollevata prima che potesse rompersi le rotule.


«Yurim!»
«Oddio...oddio Seo,Jim, non , oddio ...»

Non potevo vederla così, non ce la facevo, la strinsi in un abbraccio stretto mentre Jimin faceva lo stesso ma circondandole le spalle. Eravamo un tutt'uno in quell'ammasso di consolazione, mentre sentivo il cuore bruciare. Stavo morendo dalla paura, sentire quei singhiozzi addosso aprì di nuovo i rubinetti. Cercai di sollevarle la faccia, mentre faceva fatica a respirare, completamente fradicia di pianto.

«Yurim che cos'è successo? Tesoro mio,  ehi - ti prego parlami, cerca di spiegarmi.»
«Tae - Tae io ... ieri abbiamo discusso, di nuovo. Di nuovo.» Era un rantolo confuso, a stento riuscivo a capire le sue parole mentre le pronunciava tra un singhiozzo e l'altro. «Io ...me lo continuava a dire, che non stava bene, che riprovarci non era abbastanza, continuava a dirmelo ma io l'ho preso sotto gamba, pensavo che fosse solo ancora ...ancora geloso, come ho potuto, come ho potuto Seo...»
Non dissi niente, le levai le ciocche bagnate dal volto, respirando con prepotenza, sperando che lei facesse altrettanto.
Ero sicura che sarebbe svenuta da un momento all'altro.
«Non rispondeva alle chiamate, per quanto siamo arrabbiati non mi ignora mai , mai. Sono andato a casa sua e l'ho trovato collassato, a terra, non so che cavolo abbia preso, credo dei tranquillanti ...credo che abbia tentato-»

Un colpo al cuore.  Tremendo. 

Sgranai gli occhi andando a guardare Jimin che, silenzioso e spiaccicato su Yurim, piangeva in silenzio.  Non aveva aperto bocca ancora, continuava a darle delle carezze sulla testa e si mordeva il labbro, tentando  di fermare dei piccoli singhiozzi.

Non poteva essere.
Taehyung era forte, non avrebbe mai fatto una cosa così, era sicuramente stato un errore.
Magari un colpo di caldo, forse ha bevuto troppo in fretta.
Non era possibile che quel sorriso fosse fasullo, non era possibile.

«Ha preso dei tranquillanti, o dei sonniferi, non ne ho idea. Non so neanche da dove li avesse presi, se erano i suoi, da quanto prendeva quelle schifezze,io ...come ho fatto a non accorgermene Seo? Perché non me lo ha detto? Oddio, non - non riesco a respirare, non ci riesco...»

Si buttò di nuovo su di me, affondando il volto al mio, mentre piangeva a dirotto. Provai a stringerla più forte che potevo, mentre la testa mi si annebbiava del tutto. Possibile che Taehyung fosse in terapia? Che avesse dei farmaci prescritti? O che li avesse trovati, su internet magari?

«Yurim, non è colpa tua. Fai respiri profondi, col naso. Prova a sederti.» Fu Jimin a parlare con voce flebile, provando a scostarsi dalla sua schiena, mentre la guardava con infinita dolcezza. Aveva il viso rigato di lacrime ma tentò di sorriderle, dietro a quel dolore.
«Oh Jimin, è solo colpa mia...» Continuò lei, scuotendo il capo.
Jimin provò a tirarla contro di sé, andando a stringerla in un abbraccio stretto, affondando il viso nel suo collo.
Lasciai andare la presa con il corpo di Yurim, restando in ginocchio a fissarli.
Quell'immagine mi provocò un senso di nausea terribile. Ero sconvolta, non riuscivo a ragionare.
«Yu dai, sediamoci, ti prendo una cosa calda da bere.» 
Provai a dire, alzandomi. Sentivo le gambe molli, pesanti e sapevo che la mia voce era diventata una vibrazione tremante.
Dovevo restare ferrea e invece mi stavo facendo schiacciare da quella rivelazione.

In quel preciso momento arrivarono tutti, uno dopo l'altro. 
Non ci fu bisogno di dire molto, vedendoci in quello stato si allarmarono più del dovuto. Non ero sicura che sarei riuscita a ripetere le parole che aveva detto Yurim ma non volevo che fosse lei a farlo, non volevo che si soffermasse su quello che Taehyung aveva fatto, arrivando a pensare che quella era effettivamente la realtà.
La sua realtà.
La realtà del ragazzo che amava.

Quanti sorrisi nascondevano quel disperato grido di aiuto?
Scossi solo la testa, era l'unica cosa che riuscii a fare, mentre provai a dare un senso a quella situazione così surreale.

«Ragazzi Tae è...»
Niente, blocco totale. Sentire Yurim piangere come una disperata non aiutava per niente il mio autocontrollo. Guardai lei e Jimin riuscire a rialzarsi da terra, mentre venivano raggiunti sia da Yoongi che da Jungkook. 
Yoongi prese la mano di Jimin, guardandolo. Jungkook aiutò Yurim a raggiungere le sedie poste come lapidi, vicino alla parete. 

Per fortuna Namjoon prese le redini della situazione, prendendo un respiro profondo. Mi passò di fianco, provando a darmi una carezza sulla guancia. Lo guardai, ritrovando in lui lo stesso sguardo che avrei voluto mantenere io ma che, miseramente, stava diventando sempre più opaco, sempre più spento. Ma quel gesto mi rinvigorì un po' di più.

Così riuscii a dirgli quello che mi aveva detto Yurim. Avrei pagato oro per non essere la portatrice delle conseguenze di quel nuovo capitolo. Mi aggrappai ad ogni loro sguardo, caricandomi di ogni piccolo guizzo di dolore che lessi in ognuno di loro. 
Hoseok era sconvolto, non aveva ancora aperto bocca. 
Jin era rimasto un po' in disparte, a fissare il nulla, stretto in un fascio di nervi.
Stava cercando di non crollare, ma non appena incrociai il suo sguardo fui io a sentirmi persa.

«I dottori cosa dicono?» Incalzò Namjoon, guardando prima me, poi Jimin.
«Non lo sappiamo, siamo arrivati poco prima di voi. E ...» Disse Jimin, tirando su col naso.
Yurim tirò su la testa, scuotendola piano.
«Non - non dicono nulla, non so niente da almeno un'ora. Non mi hanno permesso di entrare.»
«Tipico.» Sibilò Namjoon, tirando indietro il collo.

Una valanga di pensieri mi si piantarono in testa, tanto che mi ricacciai nel mio silenzio lasciando a Namjoon la staffa di quella situazione. Tra tutti era quello più lucido: lo vidi prendere piede per cercare infermieri, dottori, per tutta la sala, in grado di poterci dire qualcosa in più. I genitori di Tae erano riusciti ad entrare con i medici, ma non erano ancora usciti, dopo quasi un'ora. Non ci dicevano altro e la cosa stava cominciando a diventare snervante per tutti.

Rimanemmo in attesa per minuti infiniti, io ero rimasta vicino a Yurim per tutto il tempo, cercando di farla calmare. I singhiozzi erano diminuiti ma non smetteva di piangere, tanto che l'affidai alle mani di Jimin e decisi di andarle a prendere qualcosa da bere.  
Sapevo che era una scusa, volevo solo creare una illusoria sensazione di calma, qualcosa che tenesse impegnata me, che tenesse impegnata lei. 
Jungkook era completamente sperso, a malapena ero sicura che sapesse dove si trovasse.
Hoseok continuava a girare come un matto, grattandosi la testa, parlando da solo. 
Yoongi era muto come Jungkook, seduto un po' in disparte, la testa nascosta tra le mani. 
Jin, infine, si era mosso insieme a Namjoon per carpire informazioni.

Infine decisi che portare un tè o un caffè caldo per tutti sarebbe stato il modo migliore per dare al tempo un buon motivo per cavalcare veloce. Non chiesi niente a nessuno, decisi solo di intraprendere quel nuovo impiego per conto mio, provando a fare qualcosa che mi togliesse una briciola di quei pensieri. Solo una briciola.

Quasi tutti lo rifiutarono, alla fine, tranne Jungkook,che mi guardò con l'aria più innocente del mondo. 
«Non morirà, vero?»
Non riuscii a rispondere a quella domanda, solo scossi la testa cercando di dargli una carezza sulla sua. Potevo farcela, in quel caso, a credere a qualcosa di positivo anche io?
«Tae è tosto, l'hai mai visto arrendersi?»

«Sì, a quanto pare si è arreso.» Disse Yoongi, ancora nascosto con la faccia tra le mani.
Volsi lo sguardo su di lui, prendendo un respiro profondo. Il suo cinismo era un'arma a doppio taglio, molte volte, ma quanto avrei voluto estirparglielo in quel momento.Dovevamo davvero sentire una verità così bruciante quando avevamo solo bisogno di sperare che fosse stato solo un errore? Un accidentale errore?
Ma aveva ragione. Non potevo fare niente per controbattere. Nemmeno vedere lo sguardo di Junk riempirsi di lacrime mi aiutò in quell'impresa, non riuscivo a trovare le parole.
Così venni travolta di nuovo, provando un grande senso di impotenza.

Chi di noi lo aveva sospettato? 
Che dietro quegli scatti di rabbia, quel continuo mollare e prendere Yurim, quel suo tenere tutto dentro era un macigno così insormontabile. 
Aveva deciso di scrivere qualcosa? Lo avrebbe spiegato?

Se non ce l'avesse fatta, che cosa avremmo fatto?

Non volevo neanche pensarci, mi venne da piangere e mi asciugai le lacrime con il polso, soffiando sopra il mio tè schifoso e bollente, fino a che non vidi Hoseok avvicinarsi a me. Aveva pianto, ma ora sembrava più calmo in viso, o forse era solo troppo stanco per farlo.
«Credo che avesse provato a chiamarmi, ho ricevuto uno squillo da lui stamattina ma stavo tornando da Gwangju, non gli ho dato peso. Forse voleva ...»
«Ehi smettila, smettila ti prego. Quante volte non hai risposto ad una chiamata? O ad un messaggio nella tua vita? Mille, non farti prendere da questi sensi di colpa Hobi, non farlo.»
Ma stavo piangendo, di nuovo, mentre i suoi occhi si lucidavano. 
Mi si appolipò al collo così forte che per poco non mi versai addosso il tè bollente, cercando di ricambiare con un braccio solo. 
«Come abbiamo fatto a non capirlo?» 
Mi sussurrò lui all'orecchio.

Già, come?
Come.

Namjoon e Jin tornarono dopo circa una ventina di minuti, Nam sembrava furioso mentre Jin prese parola, facendo un sospiro profondo.
«Non si sa ancora niente, è in rianimazione ora.»

Vidi Yurim tremare mentre chinava giù la testa, Jimin prese a stringerle la mano, portandosela vicino al cuore e io mi pinzai le ginocchia per ammortizzare il dolore. 
Non era per niente funzionale quel procedimento.

«In rianimazione? Che vuol dire?» Jungkook si alzò in piedi, rosso in volto.
«Che non sappiamo in che condizioni sarà quando si sveglierà, ha preso un quantitativo troppo alto di benzodiazepine, così dicono.»
«Parla come mangi Jin, per favore.»
«Oh cazzo Junk» Namjoon gli andò di fronte, perdendo la calma un po' da leader che si era portato dietro fino a quel momento «significa che potrebbe aver subito danni al cervello, che forse avrà problemi di qualche tipo, che non si sa quando si sveglierà, se si sveglierà. Ha avuto una crisi respiratoria.»
«Ragazzi per favore, basta.» Provò Hoseok, alzando il collo per guardarli. «Siamo tutti preoccupati, fare così non aiuterà nessuno. Calmatevi.»

Junk si morse le labbra, gli stavano tremando dal nervoso e dal pianto, prima di spintonare via Namjoon da davanti e farsi strada lungo il corridoio, prendendo a calci una panca. Un signore, che sperai non fosse cardiopatico, si spaventò cominciando a dire quanto le generazioni giovani fossero irrispettose e buoni a nulla.

Presi un respiro profondo andando a guardare verso Namjoon, dopo quell'attimo di nervoso sembrava essersi calmato. Jin era sul punto di piangere ma riuscì a trattenersi.
«Ragazzi i genitori sono ancora dentro, possiamo aspettare qua, ma ho chiesto loro di farci sapere in qualsiasi caso. Non siete obbligati a rimanere.»
«Siamo obbligati.» Disse Yoongi.
«Sì, non mi muovo neanche se mi trascini.» Hoseok ora.
«A costo di dormire qua per tutta l'estate.» Fu l'unica cosa che disse Jimin.
«E va bene allora, aspettiamo.» Disse Namjoon, prima di fare un sospiro e andare a seguire Jungkook nel punto in cui era sparito. 

Fu l'attesa più lunga, snervante e terribile della nostra vita.





Mi ero addormentata sopra la spalla di Hoseok e lui aveva fatto lo stesso con me, stavo stringendo la mano di Yurim prima di addormentarmi ma quando cominciai ad aprire gli occhi non era più accanto a me,  la sala d'attesa era costellata dagli ultimi reduci della giornata, ormai era sera inoltrata e gli infermieri si aggiravano come anime ambulanti su e giù per il corridoio. Jimin stava dormendo accucciato in qualche panca più distante, Jin era seduto di fronte a noi, le mani congiunte in una sorta di preghiera e lo sguardo basso. Namjoon era in piedi, pigiato allo stipite, Jungkook era seduto dietro di lui mezzo-addormentato. 

Fu Jin ad alzare la testa per primo, verso di me, mentre sgusciavo via da Hoseok per non farlo svegliare. Mi tese la mano e io la presi quasi subito, nonostante la calura di quella giornata lì dentro stavo morendo di freddo e lui mi tirò vicino con una leggera smorfia, prima di lasciare andare la presa. Mi diede solo una carezza sottile al palmo.
«Che ore sono?» Chiesi.
«Le undici passate.» Aveva la voce roca, si doveva essere addormentato anche lui.
«Mi sta scoppiando la testa.»
«Ti vado a prendere un  caffè.» Disse lui alzandosi, nel farlo mi diede un'altra carezza, sulla testa, mentre cominciava a scendere le scale. Stava andando diretto alla caffetteria aperta al primo piano, mi venne da sorridere amaramente mentre mi avvicinavo a Namjoon, dandogli una pacca sulla spalla.

«Novità?»
«No, prima ho visto i genitori. Non c'è stato nessun miglioramento, né peggioramento. Non so se sia una cosa buona o no.»
«Hai visto Yurim?»
«È
 entrata dentro, i genitori hanno supplicato che entrasse anche lei, ha avuto un'altra crisi prima pensavo si sarebbe fatta male. Sono riuscito a calmarla grazie a Yoongi, non so come. Sento che sto per impazzire.» Si piantò le mani sulla faccia, stravolto.
Mi venne di nuovo da piangere ma stetti il più calma possibile, guardai verso i miei amici addormentati e provai una grandissima pena. 
Tutti lì, troppo tardi. Sempre troppo tardi.

«Sii sincero, cosa ...quali sono le tue prospettive Nam?»
«Le mie prospettive?» Si mise a ridere, un verso nervoso pregno di stanchezza. Era lì da tutto il giorno, non ero neanche sicura che si fosse seduto, che avesse riposato. Mi voltai per inquadrare Yoongi e notai che anche lui non era lì. «Vorrei dirti che Tae non molla, ma Yoongi ha ragione. Se lo ha fatto volontariamente...perché dovrebbe voler sopravvivere, in fondo?»
Chiusi gli occhi, sentendo un dolore al petto indicibile. 

No, non poteva lasciarsi andare.
Non poteva morire.
Era Tae accidenti, il nostro Tae, il miglior estrapolatore di hamburger del mondo, colui che organizzava giornate di escursioni speciali e poi si lamentava di tutto, il nostro guru della moda, l'unico essere umano vivente che amava il contatto fisico, capace di organizzare una gara per "mangiatori di torte" comprando crostate e pupazzetti dei pokemon come premi.
Il mondo non poteva permettersi di perdere una persona come lui, non poteva.

«Quando sei disperato  fai gesti estremi, ma so che in un angolo del suo cuore lui voleva essere salvato. Se davvero il suo intento era quello di dare un po' di pace ai suoi demoni interiori, sono sicura che,  alla fine, abbia voluto continuare a lottare contro di essi. Lo voleva, Nam.»
«E tu come lo sai?»
«Perché se ha chiamato Hoseok sul serio per avere uno spiraglio di sole allora mi devo aggrappare a questo. Perché se penso che Tae morirà non voglio neanche immaginare le ripercussioni, su di noi, su Yurim ...»
Questa volta vidi i suoi occhi farsi più lucidi ma annuì, abbozzando un sorriso triste, senza più dirmi niente.  Si limitò a morsicarsi il labbro,  in maniera nervosa e io provai a ricambiare la carezza che mi aveva dato ore prima.
Mi aveva aiutato, un pochino,  e sperai che facesse lo stesso effetto anche a lui.

Pochi secondi dopo dalle scale comparvero sia Jin che Yoongi con un vassoio di caffè e paninetti farciti; avevano delle pessime cere entrambi ma presi a respirare un secondo.
«Il caffè contro il mal di testa è micidiale.»
Jin poggiò il vassoio sulle panche mentre mi porgeva una tazzina di carta, che bevvi di colpo, ustionandomi le corde vocali. Sapevo dei rimedi miracolosi della caffeina ma non credevo che quel tipo di dolore sarebbe sparito così.
«Abbiamo preso da mangiare, credo che staremo qui tutta la notte.» Gracchiò Yoongi mentre si posteggiava vicino a Jimin, posandogli una mano sulla testa per fargli una carezza leggera. 

Io tornai su Jin, che mi guardava in maniera così  cupa che mi fece male.
«Ho avvertito alcuni suoi amici dell'università,  credo che gli farà piacere svegliarsi in mezzo a tante  facce conosciute e a chissà quanti doni.»
Svegliarsi. 
Era bello sapere che alcuni di noi, nel cuore, vedevano di nuovo il volto di Tae contratto in un sorriso, con gli occhi aperti, col cuore che batteva. Ci si aggrappava alla speranza, ma poteva essere una certezza, in fondo.
Gli sorrisi in maniera dolce; mamma Jin sempre in azione, anche in quei casi. Provai un affetto smisurato per lui in quel momento, tanto che mi cullai nel dolce ricordo della notte prima, sperando di placare un po' i nervi. 

Mentre io e Jin facevamo l'amore per la prima volta, Tae stava pensando di uccidersi?

Aprì di scatto gli occhi, di nuovo colta dall'ansia. Per fortuna un rumore ci fece scattare tutti, da una delle porti pesanti che separava le sale dei pazienti dal corridoio uscì la mamma di Tae, sfatta e scombussolata, ma con un sorriso a mille denti.

«Ragazzi, si è svegliato.»






Non ci permisero di vederlo, non ancora. Era confuso e aveva bisogno di stare tranquillo, fu permesso solo a Yurim e ai suoi genitori di entrare nella stanza e restare con lui, così ci ritrovammo a chiedere se era fuori pericolo, se andava tutto bene, se l'avrebbero dimesso presto - insomma le solite domande paranoiche. Lei ci disse che, per ora, non c'era da allarmarsi,  i valori erano tornati normali, la dose ingerita non aveva intossicato gli organi in maniera grave e, a parte la perdita di coscienza, sembrava si stesse riprendendo.

Yurim venne fuori poco dopo per salutarci, dopo che decidemmo che era il caso di tornare a casa, a casa nostra per l'appunto, e di stare insieme fino al giorno seguente. Ci abbracciò tutti, ringraziandoci per essere rimasti, ma con me rimase un po' di più. Me la trascinai un po' in disparte, coccolandola tra le braccia mentre le lasciavo sfogare un po' l'adrenalina che aveva in corpo, per tutta quella giornata ansiogena. In verità era un ottimo calmante anche per me, mi Sentii terribilmente sollevata tanto che riuscì a sorriderle con più trasporto.

«Non riesce proprio a lasciarti sola, non c'è niente da fare.»
«Non importa cosa dice Jimin, è colpa mia Seo. Per quella storia di Doyun, per colpa del mio lavoro, per tutte le chiamate perse, per tutte le volte che lo lasciavo, mi sentivo oppressa, non riuscivo ad accorgermi di niente, avevo in testa solo i miei cazzo di problemi e lui ...lui mi chiedeva aiuto e io non lo capivo.»
Aveva ancora altre lacrime e le fece uscire senza alcun blocco, mentre mi si aggrappava ai vestiti per paura di cadere. Io le tenevo le spalle ma passai a carezzarle il volto velocemente, tentando di prenderne qualcuna dal suo viso, sperando che lenisse anche solo di una percentuale, una minima.
«Ora mettiti in testa una cosa una volta per tutte Yurim: non sei una super-eroina, tutti gridiamo in silenzio sperando che qualcuno ci senta ma, a meno che non coltiviamo una super-empatia psico mentale è quasi impossibile che questo grido arrivi alle orecchie di qualcuno, sì - sì anche di chi ci è vicino, anche di chi ci ama. Tae lo sai com'è. Ha sempre represso tutto, sembra sempre la persona più felice dell'universo, come puoi capire che c'è qualcosa che non va?  Che c'è uno scorcio così grande dentro di lui, se lui continua a incerottarlo per non farlo aprire? I suoi momenti no li potevi tradurre con giornate particolarmente pesanti, o col fatto che è lunatico e metereopatico e tutti gli -atico del mondo.»

Lei non mi sembrò tanto convinta ma, in realtà, stavo cercando di indorarle la pillola. Tutti ci sentivamo responsabili di questa cosa, ma lei era la sua ragazza, il suo amore, potevo capire quanto la cosa la schiacciasse. E dio, se avesse schiacciato anche lei io avrei fatto prima a buttarmi sotto un ponte. 

«Sì ma lui ha provato...mi ha lanciato dei segnali, ora li sto ricollegando tutti nella mia testa.»
«Lanciare segnali è sempre un azzardo Yu, guarda questi bamboli qua.» Li indicai, stavano parlando con i genitori, Jimin stava ancora piangendo, mentre abbracciava la madre di Tae e mi si strette il cuore. «Siamo un gruppo disadattato di persone che continuano a nascondersi, che sperano di non annegare davanti alle incombenze della vita, c'è chi è più forte e stoico, chi invece è più sensibile. Tutti hanno lanciato segnali, tutti, io compresa, tu compresa ma ...alle volte sei troppo concentrata sul tuo dolore che fai a fatica a sobbarcarti di quello degli altri, non perché non vuoi o sei egoista, solo perché sei talmente piena che non ci riesci.«
«Ma io...» Provò a dirmi qualcosa ma si ammutolì, le tremavano le labbra e reprimette un singhiozzo. 

Questi due mammalocchi si amavano da morire e continuavano a giocare a chi era più orgoglioso, più testardo o più incasinato. Mi venne quasi da ridere nevrastenica al pensiero che, per accorgersi di questo, dovevano toccare il fondo. E Tae era arrivato a saltare nel suo inferno personale, se non fossi stata così arrabbiata, triste, spaventata lo avrei preso a calci.

«Stai con lui, appena si sveglierà abbraccialo, bacialo, digli che lo ami più di qualsiasi cosa, sì persino più delle mele caramellate di Uh-hoo e ricaccialo fuori dalle sue paludi della morte.»

Lei mi fece un sorriso tra le lacrime e mi diede un bacio sulla guancia, stringendomi un'ultima volta.
«Lo farò...non vedo l'ora di poterlo fare.»











nda: mi scuso infinitamente per l'attesa lunghissima, per farmi perdonare pubblicherò un altro capitolo oggi stesso. Questo, infine, non è uscito esattamente  come lo avevo pensato, ma non riesco a revisionarlo ancora. È stato scritto un po' di getto, avrei voluto soffermarmici di più ma credo che lo porterò un po' dietro nei prossimi capitoli, come "fardellino". È anche piuttosto corto, ma almeno non l'ho fatto finire MALE v-v In un qualche modo ho voluto inserire questo brutto argomentaccio perché avevo bisogno di farlo, in un qualche modo, per dargli il mio finale. Non mi ci soffermo molto, ho scelto Tae per questo per via del fatto che sembra sempre quello più incline a questo genere di cose, tanto da far preoccupare le Army. Ma come ho detto anche qui: lui è forte. E così è, e basta. Grazie comunque per essere arrivati fin qui <3 grazie sempre per  chi mi segue e mi recensisce. A super prestissimo.
 
  
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