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Autore: _Selenophile_    02/04/2020    1 recensioni
[erkenci kus]
[erkenci kus]Una ragazza dagli occhi ambra,Serena Monteforti,dopo un anno e mezzo a Londra,decide di ritornare nel paese universitario dove tutto è cominciato per affrontare i suoi demoni e riprendere in mano la sua vita.
Profondamente cambiata dal suo passato e da quello che è successo, non sa che è in arrivo per lei una sferzata di vita, totalmente inaspettata in un periodo come quello,in cui tutto era assopito e,quasi,dimenticato.
Un gruppo di ragazzi come tanti, che ha sogni,speranze, che lotta per emergere e per rimanere a galla. Un gruppo di ragazzi un po'strani e svampiti,che partorisce idee.
E un'idea,buttata lì un giorno di Ottobre, tra un aperitivo e una sigaretta.
Tutto questo causerà una tempesta violenta, dirompente e perfetta, da cui tutti usciranno diversi,cambiati.
Perchè un aquilone si alza solo con il vento contrario.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Però,devo ammettere che la sala relax è molto più carina così». La sala relax era un grande ambiente luminoso e accogliente,le pareti erano bianche,mentre i tavoli rettangolari sparsi erano in legno,le sedie erano rosse,blu e verdi donavano un tocco di colore. Bacheche piene di ogni sorta di rocce,minerali e fossili adornavano le pareti. Erano stati aggiunti dei tavoli da biliardo,ping pong e calcio balilla. I vecchi distributori di cibo e bevande erano state sostituiti con qualcosa di più moderno.
«Sì,Cellocco ha fatto un buon lavoro,una volta tanto.»,commentò Elisa,acida. Davide Cellocco era il rappresentante degli studenti,a noi non era molto simpatico;e ancora oggi,non capisco il perché.
Sentii una voce,e mi fiondai su per le scale,con un grande sorriso.«Marcellina!».
«Ambò!Chi è ritornata al nido!».
Io l’abbracciai forte,Marcella era la portinaia di Geologia, era una donnina piccola e magra,con uno stile impeccabile:tubini,tailleur e gli immancabili tacchi; lei che correva sui suoi quindici centimentri,causando un fracasso infernale, era leggenda. Ho sempre pensato che avesse più potere del rettore stesso:mancava Marcella?L’università intera si fermava,letteralmente.
Si sciolse dal mio abbraccio e mi mise due mani sulle guance,con fare materno.«I magnato,figlia?!Si scomparsa!*».
«Sì,Marcellina.Ho mangiato,e anche tanto!».
«Beh,non sembra!Ma non è colpa tua..»,continuava imperterrita,«..gli inglesi mica mangiano bene come noartri italiani! Te li si magnati li vincisgrassi?!**».
Io risi di gusto,gettando la testa all’indietro,«È stata la prima cosa che ho mangiato,appena tornata in Italia!».
«Brava,figlia!»,mi baciò le mani,«Anche se,hai sbagliato ad andare via. Io l’ho sempre detto. Una ragazza come te,ha avuto solo la sfortuna di incontrare la persona sbagliata! Ah,ma io mica gli parlo,sa!È cattivo e pure vruttu!***».
Io le sorrisi teneramente e guardai in quegli occhi verdi,contornati da una piega rossa perfetta. La mia Marcellina,per noi una mamma.
«Sei bella,Marcella».
Lei scosse la testa,fermamente.«Io?! Tu sei bella».
Solo allora mi resi conto di Andrea. Maglietta verde militare aderente,jeans chiaro e stivali color cammello,se ne stava appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate,osservando tutta la scena;i capelli raccolti nel solito chignon e una bandana arancione arrotolata  intorno al collo.
Questo ragazzo era ogni giorno più bello.
«La mia bella Marcella»,girò intorno e stampò un bacio sulla fronte della portinaia.
«Ruffiano! Voglio vedere quando metterai un po’la testa a posto! Magari con una ragazza seria!».
Lui l’abbracciò,i muscoli coperti dalla maglietta fina che si contraevano.«Lo sai che nella mia testa ci sei solo tu!».
Lei gli diede un buffetto,con fare materno.«Di cosa hai bisogno?»
«Volevo sapere se avevo lezione oggi,non mi ricordo mai».
«No.»,risposi prima di rendermene conto,«Io non ho nessuna lezione oggi. Per cui neanche Lei!».
Marcella rise,«Puoi dargli del tu,è solo qualche anno più grande di te!».
Io arrossì,non riuscivo proprio a dargli del tu,era più forte di me.
«La mia portinaia preferita è qui!»,Victor entrò nell’ufficio,con un grande sorriso, donando l’ennesimo abbraccio a Marcella,eravamo tutti affezionati a lei.
Qualche volta mi manca.
«Oh!Tutti i miei ragazzi! Gli inquilini dell’aula E!»,lei dispensava carezze a tutti noi,ci aveva confidato che eravamo i suoi preferiti.
«Per l’appunto,l’aula E mica è libera?».
Lei rise e sfogliò l’orario,«C’è lezione solo nel pomeriggio. Ve la apro?»chiese con aria complice.
«Sì,noi intanto andiamo a fumare».
«No!..»,Sofia tastò le tasche del jeans,poi cominciò a frugare nella borsa,«..qualcuno ha un accendino?».
Io scossi la testa,seguita da Elisa e Victor,eravamo perennemente senza.
«Marcè!Che c’hai n’accendino?!»,le chiese Elisa.
La donna aprì un cassetto,dove di solito si trovava di tutto,probabilmente anche qualche cadavere,prese un accendino giallo limone e ce lo porse.
«Meno male che ci sei tu,Marcellina!»,esclamai.
«Eh sì!Perchè ve faccio fumà,eh?!»,scosse la testa,«Andatevene via,va’!».

«Oggi è giovedì. Il Dada Zen ricomincia con le serate!».
«Davvero?!Allora dobbiamo andare!»,Elisa mi fece accendere,«Tu non l’hai proprio visto da quando ha riaperto,dopo il terremoto?».
Scossi la testa. Il Dada Zen era il locale più frequentato di Camerino,quanti ricordi conservava:amori che sbocciavano,amori che finivano;storie di amicizie,di ragazze e di ragazzi;storie di baci al sapore di tequila e di balli scatenati.
«Allora stasera non bisogna mancare!»,propose Victor.
Mercorelli svoltò l’angolo,stava correndo,una quantità esagerata di libri sotto il libro e la tracolla a penzoloni.«Per caso avete visto una rossa bassina?»,domandò tutto trafelato.
Andrea indicò un punto indefinito,«Se è quella che ho intravisto io,stava andando al piano di sopra!». L’altro borbottò qualcosa e corse dentro.
«Ci vediamo a pranzo!»,gli urlò dietro Sofia,senza ricevere risposta.
«Ma perché tanta fretta?».
«Da ripetizioni di Matematica a una matricola,è in ritardo»,rispose Victor,spegnendo la sigaretta.
«Vado a prendere la borsa in sala relax e arrivo!»,informai gli altri,dirigendomi verso le scale che portavano al piano inferiore.
«Noi siamo in aula».

All’improvviso,mi sentii afferrare il polso,mi ritrovai in meno di due secondi nella stanza della riunioni,tra il muro e Stefano.
«Cosa vuoi?!»,sibilai.
«Buongiorno anche a te,tesoro.»,rispose mellifluo.
«Coglione!»,risposi,cercando di scansarlo,ma lui mise anche la mano sinistra ai lati della mia testa,bloccandomi l’unica via di fuga. Ero tentata di mettermi a urlare.
«Che cosa hai in mente di fare?!»,cominciò a salirmi l’ansia,non mi piaceva sentirmi in trappola.
«Perché mi tratti così?!Pensavo di contare qualcosa per te.»,rispose,un’ombra di dispiacere che adombrava le iridi scure.
Decisi di non farmi impietosire da quello sguardo, probabilmente stava fingendo.
«E me lo chiedi?! Sei il responsabile di tutto quello che mi è successo!».
«Io non c’entro niente. È stata Tatiana ad aggredirti fuori dall’università,io non lo sapevo!»,si giustificò.
«Ah,no?!»,alzai la voce,«Hai preso in giro lei,ma,soprattutto,hai preso in giro me. Mi hai fatto credere che provassi qualcosa per me,mentre vedevi anche lei!»,il mio tono era isterico.
 «Beh,comunque non ti è dispiaciuto mentre ti baciavo!»,mi prese il mento con una mano e mi attirò verso di lui.
Lo schiaffo che gli diedi  gli fece girare il viso verso sinistra. Arretrò di qualche passo,tenendo una mano sulla guancia colpita,lo sguardo stupito. L’avevo colto di sorpresa.
Approfittai di quel momento per posargli due mani sul petto e spingerlo via,urtò una sedia e cadde.
La mia rabbia esplose.«Frequentarti è stato l’errore più grande che abbia mai fatto. Sei un verme. Un pallone gonfiato egocentrico che non riesce a realizzarsi nella vita e per questo gioca con i sentimenti delle persone. Mi fai pena! Nessuno ti tollera,sei completamente da solo,persino il tuo riflesso ti sputa dallo specchio! Sguazzi nel pantano da ventisette anni e volevi portarci anche me!».
Troneggiavo su di lui,il corpo fremente di rabbia.«Io volo alto. Non sono più disposta a farti da baby sitter,io voglio un uomo. E tu non lo sei».
Feci per andarmene,ma la mia strada era sbarrata da Andrea, aveva il viso contratto,il petto gonfio e le mani strette a pugno.Io impallidii,da quando era lì?Cosa aveva sentito?
Avanzò,superandomi,le sue spalle erano enormi.«Che cosa succede qui?».
Nessuno di noi rispose,mentre la tensione nella stanza si tagliava con un coltello. Stefano era un bel ragazzo,alto,moro e con grandi occhi scuri;un bel fisico scolpito e un carattere da stronzo egocentrico,tipi come lui facevano girare la testa ovunque andassero. Eppure,in confronto ad Andrea, non c’era storia.
Il mio professore aveva fascino,intelligenza e bellezza da vendere,e anche un bel culo. Aveva tutto ciò che un ragazzo potesse desiderare,ma moltiplicato di dieci volte.
«E tu chi saresti?»,il mio ex si rimise in piedi,pronto a fronteggiarlo,peccato che era molto più basso di lui.
«Andrea».
«Stefano,lui è..»,Andrea tese il braccio,bloccando le mie parole in gola, eravamo talmente vicini che il suo gomito sfiorava il mio seno.
Si era girato di poco,per cui non potetti vederlo in viso,«Ti ha fatto del male?».
Scossi la testa,mentre un senso di protezione si faceva strada in me,riverberandosi nel profondo.
«Lei non ha bisogno di te,per difendersi!».
«Lei non ha bisogno di nessuno»,rispose il mio professore,avanzando di un passo,mentre il mio ex non si scompose minimamente.
Tra di loro adesso c’era meno di un metro di distanza,Andrea mi dava le spalle,la posa rigida che trasudava irritazione tra tutti i pori;Stefano dal canto suo,se ne stava in piedi,le mani nelle tasche e un ghigno a mezza bocca,sfidandolo apertamente. Era la classica situazione in cui, pur avendo tra le mani un affilatissimo coltello, non si riuscirebbe a squarciare in alcun modo la cappa che ci avvolgeva in quel frangente. Dovevo intervenire,qualcosa mi diceva che Andrea non si sarebbe trattenuto per molto.
Mi intrufolai tra loro,dando io questa volta le spalle ad Andrea, «Basta così,Stefano!»,lui si limitava a spostare lo sguardo da me a lui e viceversa ,senza dire nulla.«Va’via!»,gli ordinai. Sentivo la rabbia di Andrea che mi trafiggeva,facendomi mancare il respiro.
Dopo attimi interminabili,Stefano ci lanciò uno sguardo carico di sdegno,e andò via,lasciandomi da sola con Andrea. Mi girai verso di lui,che stava seguendo il mio ex con lo sguardo.
«Stai bene?Ti ha fatto del male?».
«No,no. Sto bene!»,mentii. In realtà ero un po’scombussalata e anche imbarazzata da quella situazione.Lui mise le mani sui fianchi e mi fissò intensamente,mentre io cercavo di capire a cosa stesse pensando,senza fermarmi a contemplare quegli addominali messi in risalto dalla maglietta aderente.
Ieri avevamo perso quasi l’intera serata a commentare il suo fisico,e io adesso ne pagavo le conseguenze.
Lui strinse un po’gli occhi,era chiaro stesse riflettendo su qualcosa, poi annuì e indicò la porta.«Bene,usciamo da qua dentro».
«Ehm..io devo andare a prendere la mia borsa in sala relax».
«Ti accompagno. Ne approfitto per prendere un caffè».

Dovevamo percorrere solo dieci scalini,suddivisi in due rampe,ma a me sembrava di percorrere la maratona di New York. Entrambi ci guardammo di sottecchi,avvertivo un po’di imbarazzo anche da parte sua,e questo non mi aiutava per niente a essere socievole.
«Tu lo prendi?»,fu lui a rompere il silenzio tra noi due.
«Sì,grazie.Oggi non ho fatto colazione». Sorrisi ricordando le scene di quella mattina,era stata un’impresa arrivare in orario.
«Perché? Non è suonata la sveglia?»infilò la pennetta elettronica nella macchinetta e digitò il numero del caffè espresso.
«In realtà,ne sono suonate ben tre,più volte!»,la mia ansia cominciò a scemare un po’,mi veniva naturale parlare con lui,«Il problema è che Elisa e Sofia sono due ritardatarie croniche. Ho dovuto scegliere tra la colazione,o arrivare in facoltà alle dodici».
Lui rise,aveva una risata cristallina,«Quante palline di zucchero vuoi?».
«Tre.»,accompagnai il numero con le dita.
«In pratica bevi zucchero al sapore di caffè!»,commentò, schifato.
«Ehi,non è cattivo,ci sono tanti pregiudizi a riguardo!»,forse misi fin troppa enfasi nel cercare di dimostrare la mia tesi.
«Ok.Ok..»,alzò le mani in segno di resa,«Hai ragione tu!».
«Ovviamente!». Scoppiammo entrambi a ridere,totalmente a nostro agio,mentre lui mi porgeva il bicchiere.
«Andrea?!». Melissa ci guardava stralunata,gli occhi verdi sbarrati e la bocca schiusa. L’atmosfera scese in picchiata.
«Ciao,Melissa!».
Lei gli si avvicinò,senza neanche guardarmi.«Ieri ti ho provato a chiamare.Hai visto le mie chiamate?»,sbattè le ciglia in modo stucchevole.
«Ehm..sì,però non ho avuto tempo di richiamarti.Sono stata impegnato».
Solo allora lei si decise a guardarmi,nel suo sguardo si leggeva lo sdegno che l’aveva caratterizzata un paio di sere prima. Il tuo impegno era lei?! Sembrava dire.
Lui cercava di tenerla a distanza,comportandosi in maniera più educata possibile;stando a quello che ci aveva raccontato Camilla la sera prima,era per non darle false speranze.
Lei gli fece una carezza e sbattè gli occhi,intrigante, «Ti va di fare pranzo insieme?».
Io feci un passo indietro,poi con noncuranza mi avvicinai alle macchinette e feci finta di pensare a cosa prendere,non volevo assistere a quel teatrino.
«In realtà, ho già preso appuntamento con gli altri.», Daniele ieri sera aveva proposto di fare pranzo tutti insieme a casa sua,per ufficializzare il nostro ritorno a Camerino.
Si scansò da lei con molta delicatezza e si avvicinò a me,ma Melissa non demordeva;io,nel frattempo,avevo optato per un buonissimo e ipercalorico Mars,non era il cioccolato il miglior amico dell’uomo,o ricordo male?!
Melissa lo prese sottobraccio,dal loro riflesso sul vetro delle macchinette potevo benissimo vedere tutta la scena, «Allora ci vediamo nel pomeriggio per un caffè?».
Io afferrai la mia cioccolata e il resto delle mie cose,borbottai un «Ci vediamo.» e corsi in aula E,lasciandoli soli.
«Perché quella faccia scura?»,mi chiese Victor,una volta entrata in aula, evidentemente dovevo essere più espressiva di quanto pensassi.
«Niente,ho solo dormito male.»,ribattei, secca. Vidi Elisa che scuoteva la testa verso gli altri,per cui nessuno di loro mi fece altre domande. Io scartai la mia cioccolata e cominciai a mangiarla,con rabbia; avevano ragione,tutte le mie amiche avevano ragione, era ora di ammettere a me stessa che Andrea Ricci non mi era indifferente. Non lo era stato dal momento in cui entrò nel bar.

«Maledizione!»,imprecai,cancellando per l’ennesima volta la sbavatura sul foglio,«Dannata Topografia!». Erano usciti gli appelli degli esami, ne avrei avuto uno a breve e,dopo un accesissima discussione, gli altri mi avevano convinto a sostenerlo.
Mercorelli,che dopo aver finito le ripetizioni ci aveva raggiunto,alzò un sopracciglio con aria interrogativa.
«Maledetto il giorno in cui mi sono lasciata convincere! Tranquilla,è una stronzata!..»,scimmiottai il tono del mio amico, «..peccato che Joan l’esame ancora non l’abbia dato!».
Continuai,mentre l’ennesimo errore fomentava i miei pensieri negativi. Avevo sonno,avevo fame e,ciliegina sulla torta,rivedevo in loop le immagini di Melissa che si arpionava al braccio di Andrea in maniera provocante.
Lasciai cadere la matita sulla carta millimetrata,con uno scatto rabbioso;poi scivolai sulla sedia,fino a toccare con il collo lo schienale. Guardai l’orario: 12.18.
«Ma che hai?».
«Non so per quale oscuro motivo non mi corrispondono i centimetri della scala.»,risposi guardando in altro.
All’improvviso, nella mia visuale apparvero due occhi scuri e un codino;sobbalzai per lo spavento,ma nel farlo urtai con il ginocchio il tavolo,creando un trambusto degno di una mezza dozzina di bambini. Il caffè di Elisa si versò e l’alimentatore del computer di Victor si staccò,facendo spegnere il computer immediatamente.
«Ma che diavolo…?!»,il mio amico sgranò gli occhi,«Serena!Si può sapere che combini ogni volta?!»,tuonò,riaccendendolo.
«Io non riesco a capire come sia possibile che questa ragazza più cresce,e più regredisce cerebralmente!».
«Non ho parole!Combina danni anche da seduta!».
Io in tutto ciò non ascoltavo per niente i loro rimproveri,troppo presa a tenermi il ginocchio che pulsava con la mano.
«Ti sei fatta male?».
«Hmm..?!»,mugugnai ad occhi chiusi.
Li riaprii e mi ritrovai il viso di Andrea vicinissimo al mio,«Ti sei fatta male?».
«Eh..?! Andr..no!»,mi raddrizzai,cercando di darmi un contegno,«È passato!».
Lui alzò un sopracciglio,scettico,poi fece una smorfia interrogativa,non mi sembrava convinto.
«Oggi pomeriggio ti chiamo un esorcista!»,Mercorelli si tolse gli occhiali e scosse la testa,poi incrociò le braccia,«E tutto questo perché non ti viene una sezione!».
Andrea aggrottò le sopracciglia,«In che senso non ti viene una sezione?».
«Beh…ecco..»,arrossii,«Il profilo mi viene spostato di due centimetri a sinistra.»
Lui con una mano girò il foglio,mentre con l’altra era appoggiata al mio schienale,giocava ancora con quei sassolini,il loro sfregarsi era inquietante;le collane che portava mi sfioravano le spalle delicatamente. Non potetti fare a meno di studiare il suo profilo,la linea della mascella elegante,il naso dritto come una spada;sul collo teso c’era una vena in rilievo,provai la voglia matta di passarci sopra il dito.
Lui si girò,scoprendomi a spiarlo, io sgranai gli occhi,non riuscendo a fare altro; aveva il potere di tenermi legata a sè con uno sguardo. Eravamo talmente vicini,da sentire l’uno il respiro dell’altra.
Andrea passò lo sguardo dalle mie labbra al viso,«Hai sbagliato la scala.»,disse con tono basso.
«Perché?»
Mi indicò un punto sulla mappa,«La scala è 1:25,questo vuol dire che..».
«..un metro sono quattro centimetri»,terminai io la frase,anche se ero un po’stordita dal suo profumo.
«Allora perché hai considerato cinque centimetri?». Si girò nuovamente verso di me,eravamo ancora occhi negli occhi. Aveva uno sguardo così intenso da provocare i brividi,continuava a giocherellare con quei sassolini e questo ci alienava da tutti.
Si raddrizzò e poi si rivolse agli altri,mentre io non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso,«Io parto un po’prima perché vado a prendere la carne. Ci vediamo all’Eurospin direttamente».
Quando uscì, Sofia mi fece cenno, «Vuoi ancora negare l’evidenza?»,mi sillabò.

Parcheggiamo nel parcheggio sotterraneo nell’Eurospin, scesi dalla macchina e feci finta di essere un vigile.
Daniele,con a bordo i ragazzi e la mia coinquilina,mi si avvicinò, «Scusi,per la sagra della porchetta?».
Mi appoggiai con le braccia al finestrino,«Deve andare al piano superiore».
«Ma è vero che si vince un prosciutto intero?».
«Poesse.Però lu prusciuttu guasto è!****».
Arrivò Joan strombazzando il motivetto dei mondiali,si fermò e abbassò il finestrino,per cui io adesso mi trovavo tra le due macchine,«Dai.Calete jo che jimo a fa’spesa!*****».
Una volta che ebbero parcheggiato,ci dirigemmo verso l’ascensore che portava dentro il supermecato.
«Dovremmo prendere il carrello?».
«Ma non credo serva,dobbiamo comprare solo qualcosa da stuzzicare e la pasta!».
«Volendo,possiamo metterci Serena..»,propose Mercorelli,«..adesso che è dimagrita è diventata ancora più piccola».
Gli diedi un pugno sul braccio,«Divertente,Merco!».
Prima di rendermene conto,mi sentii afferrare per le gambe e mi ritrovai issata sulla spalla di Joan.
«Joan!Mettimi giù!»,urlai,ma senza risultato,mi ritrovai in piedi dentro un carrello,con gli altri che ridevano a crepapelle.
«Fatemi scendere!»,implorai,ma senza risultato.
Allora provai con la solidarietà femminile.«Ragazze..»,tesi la mano verso le mie amiche,«Aiutatemi!»,ma loro fecero finta di niente,continuando a ridere.
«Siete delle brutte amiche!»,battei il piede a terra,imbronciata.
Andrea mi si avvicinò con cautela,«Ti aiuto io.»
Gli tesi la mano,ma lui mi prese in braccio come una sposina;in meno di due ore,avevo per la seconda volta le sue labbra a pochissima distanza dalle mie;il suo profumo mi inebriava,era un profumo diverso dagli altri,un profumo intenso e paradisiaco.
«Entriamo così all’Eurospin?»,il suo tono era talmente basso da ricordare un sussurro. Io riuscì solo a scuotere leggermente la testa. Tra le sue braccia,mi sentivo protetta,al sicuro.
Mi posò a terra,nel rialzarsi la sua mano destra mi sfiorò la pancia,lasciata scoperta dagli strappi della mia maglietta grigia, e tanto bastò per provocarmi una sensazione di calore lungo tutto il corpo,il cuore cominciò ad accelerare e istintivamente schiusi un po’le labbra,eravamo talmente vicini che la sua barba mi solleticava il labbro superiore. Incrociai il suo sguardo e vidi in quei due buchi neri le stesse mie emozioni.
«Tranquilla. Non è successo niente»,mi scostò una ciocca di capelli dal viso,con un tocco leggero e delicato.
Quando ritirò la sua mano,un suo bracciale si impigliò nella mia maglietta,scoprendomi un po’ la spalla e lasciando intravedere il pizzo della bralette nera.
Sbuffai,imbarazzata,ma perché mi cacciavo sempre in queste situazioni? Lui ruotò piano il polso,cercando di sfilare il bracciale,in evidente imbarazzo anche lui.
«Vediamo se riusciamo così.»,mormorai. Presi con le due mani l’orlo e lo ruotai piano,lui roteò piano il polso nella direzione opposta e finalmente riuscimmo a liberarlo,mentre io avevo la pelle d’oca.
«Sere,è la tua nuova tecnica per accalappiare gli uomini?!».
Sofia diede una gomitata a Mercorelli,facendolo piegare in due,«Smettila di fare il deficiente!»,lo rimproverò.

https://youtu.be/tXgDiHIZYqo

La casa di Daniele era una villetta fuori da Camerino.Ci aveva spiegato che in realtà quella casa era di Andrea,ma siccome lui era sempre in giro,aveva pensato di prestarla al cugino.
Arrivai con la musica ad alto volume,per spegnere le domande incessanti di Sofia e gli ammiccamenti di Elisa;Diafa,Andrea e Joan erano già arrivati. Prima di spegnere il motore,aprì lo sportello e cominciai a seguire il tempo con la testa,mentre arrivava anche Daniele.
Joan mi si avvicinò ballando e mi trascinò fuori dalla macchina,io spronai gli altri finchè non ci ritrovammo tutti insieme a ballare con la musica russa come sottofondo,sotto lo sguardo inebetito di Andrea che probabilmente stava pensando che gli amici del cugino fossero una banda di sciroccati,a giudicare anche da tutte le scene a cui aveva assistito.
«Comunque,in questo anno a Londra sei peggiorata riguardo i tuoi gusti m
usicali,eh!»,mi prese in giro Victor.
«..non ne parliamo della guida!»,gli fece eco Elisa.

*"Ma hai mangiato,figlia?Sei sparita!"
**"Ma gli inglesi mica mangano come noi italiani!Hai mangiato i vincisgrassi?",si tratta di una pasta al forno,molto simile alla lasagna,tipicamente marchigiana
***"Mica gli parlo,sai!Lui è cattivo e anche brutto!"
****"Può essere. Però è guasto!"
*****"Scendete. Così andiamo a fare spesa".

__________________________

Eccomi con il nuovo capitolo!
Diciamo che questo capitolo è un po'più lungo del solito,ma spero che ne valga la pena.

Chiacchierando un po', abbiamo Serena che finalmente comincia a fare chiarezza nei suoi sentimenti e,a quanto sembra,anche a lui non gli è indifferente, anche se Andrea rimane sempre imperscrutabile;infatti abbiamo anche dei primi approcci,al limite del ridicolo,tra loro.

Serena ha anche un confronto con Stefano,per niente pacifico! E scopriamo ancora qualcos'altro del suo passato.

Inoltre,finalmente abbiamo delle vere e proprie interazioni tra i ragazzi. Il gruppo di Serena è un gruppo un po'sui generis e sopra le righe.

Che ne pensate?

Spero di leggervi, a me farebbe piacere!
A presto,
S.
 
   
 
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