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Autore: sallythecountess    02/04/2020    1 recensioni
Mina è una donna bellissima, con un enorme passato oscuro alle spalle e molte cicatrici sul corpo e nell'anima. Non è mai stata amata, ma sempre e solo posseduta come un bell'oggetto di valore da sfoggiare in giro. Mille amanti, centinaia di regali preziosi, eppure nessuno si è mai preoccupato di fare la cosa più semplice, ossia regalarle un vero amore. Riuscirà a trovare la persona che sanerà le sue ferite?
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mìmi'
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Capitolo 1: Mina 
 
Rassegnatevi:ogni persona al mondo vuole essere diversa da quello che è, non c’è nulla di male. La verità è che nessuno si trova perfetto esattamente com’è, nessuno tranne Mina. Lei si adorava, letteralmente; fissava compiaciuta la propria immagine allo specchio mentre Fiona, Yulia e Mark le acconciavano i capelli. Per quanto si sforzasse non riusciva a trovare un difetto nella donna che aveva di fronte. Già, era davvero magnifica, soprattutto dopo ore ed ore di trucco.
In realtà,però, mentiva a se stessa e ne era perfettamente consapevole; odiava alcune parti della sua immagine, che purtroppo non potevano essere cambiate neanche dal miglior chirurgo plastico, eppure non lo aveva mai detto a nessuno. Non osava neanche guardare quelle parti che portavano con sé una serie di conflitti irrisolti, specialmente i suoi occhi.
Aveva passato lunghi anni da bambina a fissarli, prima ancora di sapere la verità; si perdeva in quell’azzurro limpido e cristallino, ne andava così fiera! Anche perché nessuna delle sue compagne di scuola aveva gli occhi come i suoi. E quel suo vanto divenne presto la sua vergogna; nessuno nel suo paese aveva gli occhi blu, anche se il taglio e le ciglia erano decisamente mediorientali. E poi il colore della sua pelle era decisamente diverso da quello di tutti i membri della sua famiglia.
Oggi, a ventidue anni,Mina era la donna più desiderata al mondo, ma pochi anni prima quella stessa creatura, che rispondeva al nome di Ahmina Salah Rajmed, era chiamata in modo dispregiativo “tè bianco” perché il colore della sua pelle era incredibilmente simile a quello del tè con il latte. Ci aveva pianto, aveva sofferto tanto per questa sua diversità, ma ora che tutti i giornali l'avevano definita “il connubio perfetto tra Oriente e Occidente” ne era fiera, anche se quegli aspetti del suo corpo le facevano pensare a sua madre, la donna che non aveva mai conosciuto, e mai visto. Da bambina le avevano raccontato che un enorme rogo aveva distrutto tutto: foto, abiti, gioielli e ogni piccola traccia di sua madre, e lei ci aveva sempre creduto anche se a volte l'atteggiamento strano della sua famiglia le metteva strani dubbi.
Scacciava violentemente quel pensiero ogni volta che si ripresentava, lo detestava e la rendeva di malumore. Quando Mr Cromwell giunse la trovò letteralmente furiosa, e non era positivo. Mina era famosa per le sue liti con i giornalisti, e per il suo pessimo carattere. Non era una donna violenta, non lanciava oggetti, ma serbava rancore per delle inezie e aveva un forte ascendente sull'opinione pubblica. Aveva una lingua tagliente e biforcuta, ed era capace di lamentarsi pubblicamente nei migliori talk show d’America, facendo nomi e cognomi dei giornalisti che l’avevano importunata e che finivano col l'essere costretti a chiederle scusa pubblicamente. Mr Cromwell si portò per un secondo la mano alla tempia preoccupato, pensando che non poteva mettersi nei guai, quindi doveva assolutamente trovare le parole migliori per porle le domande gentilmente ed evitare di seccarla.
E poi quando il povero omino esile le fece notare la sua presenza dicendo solo “Signora” lei si girò di scatto e gli “porse” con il piede una sedia, intimandogli di sbrigarsi. Non era un buon segno, ma a quel punto non poteva tirarsi indietro. Sbuffando si sedette e cominciò, anche se Mina lo interrompeva di continuo per criticare o dare direttive ai suoi parrucchieri.
L’intervista andò avanti in questo modo per qualche minuto, fino a quando quello sciagurato reporter ebbe la fantastica idea di farle la domanda che più al mondo la indispettiva, quella a cui era costretta a rispondere migliaia di volte al giorno, ossia “dicci Mina, cosa si prova ad essere la donna più bella del mondo?”
Lei sospirò e fece un gesto con gli occhi che mostrava quanto la annoiasse quel discorso. Cominciò a chiedersi se fosse possibile fare un'intervista senza sentirsi chiedere sempre le solite stupide cose. “Il fidanzato? Quando avrete dei bambini? Che dieta segui? Quante ore ti alleni?” e poi quella stupida domanda, sempre e comunque.
La detestava, pensava fosse noiosa e inopportuna e avrebbe voluto rispondere molto male. Si domandava come diavolo facessero a stabilire chi fosse la donna più bella del mondo, c’era forse qualcuno che andava a controllare quali fossero le cause scatenanti dell’erezione maschile? Cercando la calma necessaria per non mandarlo a quel paese, rispose acidamente“Ho solo mal di testa e mal di stomaco…ma sarà il ciclo”
Lo aveva detto fissandosi le unghie con aria indifferente, provocando la risata dei suoi parrucchieri e lasciando Mr Cromwell interdetto.
“Questa stronza vuole rendermi la vita difficile” pensò l’ex cronista d’assalto del New York Times, ma in quel momento qualcuno giunse in suo soccorso da un angolo della sala una voce gridò solo “finiscila!” e tutti smisero anche solo di respirare. Il giornalista rimase paralizzato, ma non vide nessuno nella sala, eppure sapeva che una presenza minacciosa aleggiava sovrana.
Mina non si fece intimidire da quella strana presenza, semplicemente sbuffò come una bambina che è appena stata rimproverata, ma non aveva voglia di rispondere a quella domanda noiosissima. E così la proprietaria di quella voce autoritaria dovette farsi avanti; era una donna molto alta e molto magra con capelli cortissimi e nerissimi. Aveva un look molto strano: un bizzarro caschetto di capelli neri che le raggiungevano le orecchie e una lunga frangia, un tailleur con la vita altissima e pantaloni a zampa d’elefante. A guardarla attentamente sembrava uscita dagli anni ’80 o da una fiaba Disney, ma Jennifer Morghenson era la migliore agente nel settore moda che si potesse trovare in tutta New York. Si avvicinò in modo felino alla sua protetta e la guardò con aria di rimprovero.
Mina sbuffò ancora una volta, e fece per ricominciare la sua solita cantilena, quella che aveva dovuto imparare a memoria e che ripeteva a tutti quelli che le facevano quella domanda, quella che dimostrava modestia e dolcezza, e che spingeva i lettori a credere che fosse una ragazza normale, quando improvvisamente il suo cellulare emise un flebile “bip”. Era un messaggio e lei fece segno a un annoiatissimo Mr Cromwell di attendere, ma rimase senza parole.
“Amore mio, ho bisogno di te come mai prima. Dimmi un luogo, uno qualsiasi al mondo, ed io ti raggiungerò di corsa.”
Mina sospirò soltanto. Erano mesi che non si faceva sentire ed ora se ne usciva con quello stupido messaggio? Aveva passato notti insonni per lui, aveva bevuto, fumato e fatto qualsiasi cosa per cercare di dimenticarlo, eppure non le era riuscito. Non sapeva bene se il dolore che provava proveniva dal cuore spezzato o dall'orgoglio ferito, sapeva solo che lo rivoleva.
Esitò un attimo, avrebbe voluto dargli una lezione tanto dura da impedirgli di staccarsi da lei per settimane, ma poi la dura realtà la colpì. Non poteva tenergli il muso, non era il suo compito quello di fargli le scenate, per contratto lei doveva solo sorridere ed essere carina. Così scrisse solo “Singapore” e cominciò a ridacchiare portandosi il cellulare accanto alla bocca. Quando alzò lo sguardo si accorse che Jennifer aveva prontamente preso il suo posto e aveva cominciato a dire a Mr Cromwell tutto ciò che lui voleva sentirsi dire, così tutti erano soddisfatti. Jennifer però, improvvisamente alzò lo sguardo e fissandola con apprensione le chiese “E’ lui?” E Mina semplicemente annuì.
La sua agente allora ebbe un tremito di soddisfazione. Era tornato, l’aveva addestrata bene evidentemente, ma gongolò solo per qualche istante, perchè per un attimo si agitò; non c'era nulla di scontato con quella giovane stupida! Avrebbe anche potuto mandarlo a quel paese per quanto ne sapeva. Così soffocando l'ansia le disse “gli hai detto di sì, vero?” Mina rise e disse “ovviamente!Tranquillizzati.”
Sapeva che Jennifer l’avrebbe uccisa se avesse osato essere anche solo un po' scortese con il loro finanziatore. Già, perchè la verità era che lei semplicemente apparteneva a Myles; lui la manteneva, sceglieva ogni cosa per lei, le procurava i migliori ingaggi, e le faceva conoscere i registi, i fotografi, persino quel set fotografico era stato organizzato da un suo amico. Era una specie di marionetta di quell'uomo, che non si poteva contrariare in nessun modo. Aveva bisogno di lui, ma allo stesso tempo si era legata a lui, forse perchè malgrado tutti i suoi limiti, era l'unico uomo che veramente teneva a lei. In quel momento il suo cellulare suonò e lei decise di allontanarsi per rispondere, uscendo con i capelli impazziti.
-“Quindi Mìmi non sei a New York? E quindi Jéro mi ha mentito? Non sei sul set che avevamo organizzato?”
Adorava quando la chiamava in quel modo!Le venivano i brividi su tutto il corpo. Si mise a ridere e con tono sensuale rispose “No, ho deciso di abbandonare il set e dedicarmi al volontariato...”
Myles rimase per un secondo in silenzio, pensando a quante sciocchezze affollassero la mente di quella splendida bambina, e lei cedette. In tono arrendevole, e quasi dolce, disse “Dai è ovvio che scherzo! Hai detto che mi avresti raggiunto ovunque fossi e volevo vedere se era vero…”
Non era vero, lo sapevano entrambi. Gli spostamenti di Myles erano sempre controllati e dovevano essere pianificati con lungo anticipo, ma aveva voluto fare il romantico.
“E poi…” sussurrò Mina con un tono molto suadente “… volevo farti soffrire un po’, non potevo farmi trovare ad aspettarti con le braccia spalancate, non dopo tutto questo tempo. Meritavi una piccola lezione, no? Ora dimmi: cosa avresti fatto se non ci fossi stata?”
“ah davvero non voglio neanche pensarci!Voglio solo affondare nelle tue enormi braccia, che spero mi aspettino sempre aperte...”
Myles era concretamente esausto, e rispose con gli occhi chiusi, portandosi il bicchiere davanti alle labbra. Era turbato e sentiva la sua mancanza in modo quasi disumano.
Mina si seccò infinitamente per quel suo modo così dolce di parlarle e disse solo“ Te lo dico io cosa avresti fatto se io fossi stata lontana: saresti stato con la donna che ti ha scaldato il letto negli ultimi sei mesi, quella che evidentemente è tanto migliore di me da non farti sentire la mia mancanza...”
 Aveva usato il tono dell'amante respinta, ma non poteva farlo, e lo sapeva bene. Doveva calmarsi, non poteva e non doveva parlargli in quel modo. Gli affari prima di tutto, e con Myles dovevano essere solo affari. Contrariarlo significava perdere ogni cosa, ma lui sapeva di aver sbagliato con Mina, così le perdonò quel tono antipatico , e ridendo rispose “con mia moglie? Ma tu sei matta?” e poi abbassando la voce e con tono dolce bisbigliò piano “oh Mìmi non ti vedo davvero da sei mesi? Dev'essere per questo che sto per crollare allora?”
Mina sorrise, perché quelle parole, anche se false le fecero provare un brivido fortissimo, ma non rispose. Non sapeva cosa dire, quando fortunatamente lui aggiunse
“Ho appena finito una convention a Dallas…ti va se vengo lì? Ho tre cofanetti di Cartier con scritto il tuo nome, uno per ogni volta che avrei voluto venire da te, ma me lo hanno impedito. Se mi dici di no bambina io non so cosa potrei fare...”
“e sia…”decretò Mina con finto tono seccato e poi aggiunse “ma ho ospiti a casa stanotte, quindi fai in fretta.”
Premette quel piccolo tastino rosso del suo cellulare piena di stima per se stessa. Ancora una volta ce l'aveva fatta. Ora cosa doveva fare? Beh era semplice: finire il servizio fotografico, spostare di qualche ora il solito poker del venerdì e farsi tanto bella da far morire quell'idiota che l'aveva accantonata. Se è vero, infatti, che non poteva tenergli il muso, è anche vero che nulla le impediva di dimostrare a quell'imbecille cosa si fosse perso. Lei non era una donna da lasciare sola, e glielo avrebbe dimostrato.


Nota:
Ciao a tutti, ho scritto una bozza di questa storia 8 anni fa e l'avevo anche pubblicata ma adesso, con il tempo, mi sono accorta di volerla sistemare e aggiungere dei capitoli perciò ho ricominciato a caricarla. Se vorrete leggerla, spero vi piacerà. Io vi aspetto
   
 
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