Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
Segui la storia  |       
Autore: _Zaelit_    04/04/2020    0 recensioni
[What if? in cui tutta la squadra di Bucciarati è sopravvissuta agli eventi di Vento Aureo.]
Irene è una ragazza cresciuta per strada e dal carattere ribelle che conduce una vita monotona e pericolosa. A salvarla dalle sue condizioni è Bruno Bucciarati, ora braccio destro del boss di Passione, Giorno Giovanna. Irene comprende di poter ricominciare daccapo e di poter far parte di una famiglia ma, non appena entra a far parte dell'organizzazione, una nuova minaccia ostacola Passione e i suoi membri. Una nuova organizzazione criminale, infatti, sta muovendo guerra a Giorno e ai suoi sottoposti, i cui fili vengono tirati da una figura misteriosa soprannominata "Arcangelo". Irene comprende di ritrovarsi in una battaglia che la coinvolge in prima persona e dovrà quindi scavare nel suo passato e trovare la forza e il coraggio necessari per impedire la sconfitta di Passione, tutto ciò in compagnia del saggio e protettivo Bruno e dei suoi formidabili compagni: Guido Mista, Narancia Ghirga, Leone Abbacchio e Pannacotta Fugo.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bruno Bucciarati, Giorno Giovanna, Leone Abbacchio, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

RUNNING FREE ]

Un pugno colpì con forza la superficie del tavolo del bar, che tremò con forza facendo quasi rovesciare il caffè nel piattino.
Qualche dipendente e alcuni dei clienti si voltarono a osservare la scena ma tornarono a occuparsi degli affari propri quando uno dei due uomini seduti al tavolo rivolse loro una rapida occhiata generale capace di fare venire la pelle d'oca.
«Sapevo che non c'era da fidarsi di quei due idioti.» tuonò l'altro uomo, giocando nervosamente con i propri capelli neri, raccolti in un'alta e lunga coda di cavallo ben curata, tenuta stretta da un laccio con un ciondolo a forma di sole dorato.
L'altro, seduto davanti a lui e più giovane di qualche anno, accavallò le gambe più tranquillo.
«Rilassati, Raffaele. Erano pesci piccoli, le pedine che si manda avanti quando si vuole cominciare il gioco.»
«Sarà, ma li avevo contattati dopo il nostro ultimo incontro al magazzino abbandonato. Speravo che collaborando avrebbero ottenuto risultati migliori e invece...»
«Abbiamo ancora Zegna e Bulgari sull'isola. E pare che la squadra di quel cane di Bucciarati si stia dirigendo proprio lì.» avvisò accendendosi un sigaro e tirando verso di sé il posacenere.
Raffaele drizzò le antenne, di colpo più attento.
«Come, scusa?»
«Hai capito bene. Li ho spiati per due giorni dal loro scontro con i nostri compagni con il mio Love On The Air.»
«Dunque?»
«Prenderanno il traghetto questa notte. Per depistare eventuali spie avevano anche prenotato due diversi aliscafi per Salina. Fortunatamente il mio Stand va oltre la semplice informatica.»
«Ottimo. Allora m'imbarcherò anch'io e li prenderò alla sprovvista sulla nave.» azzardò Raffaele.
Il portatore di Love On the Air quasi soffocò e dovette tossire e percuotersi il petto con forza.
«Non ti fidi di-?»
«Mi sono fidato di Fendi e Cucinelli, e di Ferragamo ancor prima. Hai visto qual è stato il risultato. Ritengo che l'unico modo per essere soddisfatto sia agire in prima persona.» lo bloccò l'altro.
Lui dovette raddrizzarsi sulla sedia e prendere un profondo respiro.
«Sono d'accordo, ma non ritieni che sarebbe meglio collaborare a questo punto?»
«E con chi? Con quei due pagliacci in vacanza a Salina? Non se ne parla. Avranno anche Stand affini adatti al combattimento in coppia, ma io lavoro meglio da solo.» negò Raffaele, «Sei in grado di procurarti un biglietto per la corsa di stanotte con un documento falso?» chiese poi al compagno.
Lui si massaggiò le tempie. «Ovvio che sì. Il problema è che sarà pericoloso.»
«Poco importa. Torno all'hotel per prepararmi al viaggio. Ci rivedremo questa sera.»
Raffaele si alzò rapidamente dal tavolo, su cui lasciò alcune monete.
L'altro, rimasto solo dopo giusto un paio di secondi, dondolò arrendevole la testa.
«Povero pazzo.» commentò infine. «Speriamo solo che non spiccichi parola sul Padre.»

[ • • • ]

5 maggio 2002, undici di sera circa.
Trovare un traghetto notturno e diretto dal golfo di Napoli all'isola di Salina era stata una vera impresa. Fugo aveva impiegato ben due giorni a trovare i biglietti per tutti. Aveva prenotato con dei nomi fittizi per minimizzare il rischio e permettere una traversata pacifica.
Quella sera, la squadra Bucciarati si ritrovò al porto con le valige pronte e una casa alle spalle. Una missione da portare a termine.
Irene e Narancia persero un po'di tempo a scherzare sul loro falso documento dopo l'imbarco.
«Le serve una mano con il bagaglio, signorina Abate?» domandò con aria raffinata il ragazzo.
«La ringrazio, messer Formisano, ma posso farcela benissimo da sola, sa!» rispose René, un attimo prima che entrambi scoppiassero a ridere come se li stessero torturando a suon di solletico ai fianchi.
«Piantatela.» tuonarono in coro Fugo e Abbacchio.
Il primo continuò subito dopo: «Occuparmi dei documenti non è stato affatto facile. Potreste almeno sforzarvi di prendere seriamente il lavoro?» li bacchettò severamente.
Narancia abbassò la voce, avvicinandosi a Irene.
«Il signor Caruso sembra di cattivo umore oggi, non trova?» mormorò rischiando di causare di nuovo le risate della ragazza.
Fugo, purtroppo, lo udì e gli rivolse un'occhiataccia memorabile, che mise fine all'innocuo giochetto.
La nave era abbastanza spaziosa, ricordava un po' i traghetti dedicati alle traversate verso la Sardegna, con aree di riposo e più d'un punto di ristorazione a bordo. Inutile dire che il Mediterraneo, per quel che era visibile a causa del buio, era spettacolare. Profondo, immenso, maestoso. Un mare quasi poetico.
Irene lo osservò per svariati minuti dal ponte, appoggiandosi pigramente alle ringhiere di sicurezza e godendosi la brezza e l'odore marino di sale e di libertà.
La traversata sarebbe durata all'incirca sei ore o poco meno. La squadra si era riposata nel pomeriggio per poter essere vigile durante la notte ma non perse comunque tempo a ordinare dei caffè una volta saliti a bordo.
In seguito si sparpagliarono un po' tutti sul ponte principale. Mai troppo lontani, ovviamente, ma ognuno si prese qualche piccola libertà.
Mostrando grande empatia, Bruno non perse occasione di avvicinarsi a Irene per farle un po' di compagnia e assicurarsi che stesse bene.
La ragazza lo vide reggersi alla ringhiera di ferro e posare gli occhi sulle onde scure in tutta naturalezza. Lei aveva un po' di vertigini nel guardare l'abisso sotto di lei, nonché un certo mal di mare, ma lui sembrava tranquillo come se fosse nel salotto di casa.
«Il Tirreno è meraviglioso come sempre.» respirò a fondo l'uomo, godendosi quell'aria pulita.
Irene annuì debolmente.
«Un po' mosso, come unica pecca.» commentò osservando un orizzonte invisibile. «O forse sono solo io a percepirlo. Sono anni che non prendo una nave...»
Bucciarati la ascoltò con calma.
«Hai detto di venire da Siracusa, giusto?»
«Esatto. Perché?»
«Be', è in Sicilia. Avrai pur dovuto prendere dei traghetti per tornare a casa.»
Irene si sentì avvolgere da una sensazione di solitudine all'improvviso. Ricordare la sua casa, la sua famiglia, la faceva stare abbastanza male.
«Io... non sono mai tornata a casa dal mio arrivo a Napoli, in realtà.» confessò. «Non credo neanche di avere più una casa, lì. Ho preso un solo traghetto da Messina per Villa San Giovanni e da lì ho risalito la penisola poco alla volta, fino a finire qui. Credo sia stata l'unica volta che ho attraversato il mare...»
Bruno rimase in silenzio per un po'. Forse non sapeva cosa dire: probabilmente non aveva mai vissuto le problematiche che invece aveva dovuto affrontare Irene. La ragazza lo vedeva come un uomo ricoperto di amore e rispetto da ogni lato. Era impossibile odiare un tipo onesto come lui, così compassionevole e altruista. Possibile che fosse cresciuto senza affetti?
«Mi dispiace davvero tanto per quel che ti è accaduto. Posso solo immaginare come tu ti sia potuta sentire, abbandonata dai tuoi genitori a una simile età.» parlò poi, trascinante, senza guardarla direttamente. «Ho conosciuto molte persone come te. Ragazzi rinnegati dalle loro famiglie, sbattuti fuori di casa, finiti con l'acqua alla gola. La trovo una cosa terribile.»
«Non dispiacerti, non per me. Sono sopravvissuta, no?» esclamò Irene cercando di ironizzare. "E se non fosse successo, non avrei mai potuto conoscere nessuno di voi. Non sarei qui", aggiunse poi nella propria mente. «Piuttosto... tu sembri totalmente diverso da me.» gli fece notare poi.
A quel punto, Bucciarati le rivolse uno sguardo confuso. «In che senso?»
«Sei totalmente a tuo agio, nonostante la nave traballi di continuo. Mi aspetto solo di vederti spuntare una coda al posto delle gambe prima di tuffarti in acqua. Allora? Qual è il tuo segreto?» domandò sollevando un sopracciglio e sogghignando.
Bruno non trattenne una piccolissima risata. «Spiacente, nessun segreto. Solo abitudine.» si giustificò. «Vedi... ti sembrerà strano, ma sono il figlio di un umile pescatore, nato in un paesino non troppo lontano da Napoli. Ho passato l'infanzia in barca, tra reti e canne da pesca. Il mare è un po' come una seconda casa per me.» rivelò, non senza una certa nostalgia. Era chiaro che in quel momento fosse tornato ai ricordi di quando era solo un bambino.
Irene lo ascoltò come se le stesse raccontando la più grandiosa delle epopee.
«Hai ragione, fatico a crederci! Non ti ci vedo proprio con la canna da pesca in mano!» risero insieme. Solo dopo pensò di fargli un'altra domanda.
«E come mai ti sei trasferito in città? Tuo padre ha chiuso con l'attività da pescatore?»
Di colpo, come se l'avesse ferito con una pugnalata al petto, la luce sparì dai suoi occhi gentili. Il suo volto si rabbuiò e le sue spalle si tesero, rigide come le labbra che rimasero serrate per un po'.
«No, lui... se n'è andato un paio d'anni fa a causa di alcune complicazioni, dovute a un brutto incidente.» mormorò appena.
René rabbrividì e si maledì per essere stata tanto indiscreta. Istintivamente poggiò una mano sul suo braccio, per dargli un po' del conforto che lui aveva offerto a lei per primo.
«Santo cielo, ti chiedo scusa... non ne avevo idea, non avrei dovuto chiedere. Sono proprio un'idiota.» sbuffò prendendosela con se stessa. Non poteva neanche immaginare cosa significasse perdere un genitore, lei che non aveva mai neppure conosciuto suo padre.
Lui scosse il capo.
«Non potevi saperlo, non fartene una colpa.» cercò di sorriderle per rassicurarla, ma fu un'espressione alquanto forzata, che celava una sofferenza mai superata. Solo dopo riuscì a scuotere la testa e tornare quello di sempre. «Era una conversazione molto piacevole, non roviniamola rimuginando sulle brutte esperienze. Perché non mi dici cosa ne pensi di questi ultimi giorni in nostra compagnia?» le domandò per deviare argomento.
La giovane si appuntò i lunghi capelli rossi scompigliati dal vento dietro un orecchio e non poté fare a meno di pensare a quanto si sentisse grata di essere lì, su quella nave.
«Lo sai... credo che conoscervi sia stata la mia più grande fortuna. Mi sembra di essere parte della squadra da anni, quando in realtà sono passati solo pochi giorni.» spiegò, «Anche se... non tutti hanno preso bene la mia aggiunta, a quanto pare.»
Bruno si voltò, questa volta appoggiando le spalle alla ringhiera e mettendo un ginocchio davanti all'altro.
«Ci faranno l'abitudine, non preoccuparti. Fugo ha attraversato una brutta situazione ultimamente, per cui non si fida molto degli estranei, mentre Abbacchio cerca sempre di spaventare i novellini.» la informò.
«Sempre? Intendi dire che si comportava alla stessa maniera anche con Giorno?»
«Oh, no, assolutamente. Con lui ha fatto anche di peggio.» rispose lui divertito, «Proprio non riusciva a farselo piacere, nonostante continuasse a mostrare il suo valore in ogni battaglia. Ci ha salvato la vita molte volte. Se non fosse stato per lui, non sarei qui a parlare con te adesso.» le raccontò, catturando subito la sua attenzione, «Fatto sta che Abbacchio tiene moltissimo alla squadra. Siamo una vera famiglia alla fine dei conti, e lui farebbe di tutto per proteggere i suoi compagni. Non ti odia affatto, se è questo a preoccuparti. Sono sicuro che fosse anche abbastanza affezionato a Giorno, nonostante non lo dimostrasse.»
Irene batté le dita sulla struttura in metallo qualche volta, prima di tornare a parlare. Lo fece solo quando le balenò in mente un'idea.
«Vorrei dimostrare anch'io il mio valore. Se solo riuscissi a controllare il mio Stand...» sospirò.
«Non è mai facile all'inizio, ma puoi già sfruttare il tuo potere in situazioni di pericolo, e questo è un bene. Pensavo di poterti insegnare a controllare la sua forma fisica ma di questo passo credo che non ce ne sarà bisogno. Probabilmente il tuo Stand si manifesterà all'improvviso quando meno te lo aspetterai, durante la lotta. Credo proprio che avrai svariate occasioni per difenderti...»
«E se facessi del male a voi? O... o se per sbaglio mi trasformassi io stessa in una statua di metallo?!» ipotizzò nel panico.
«Rilassati, gli Stand non possono riflettere certi poteri sui loro portatori, e agiscono solo sulla difensiva. Nessuno di noi vuole farti del male, per cui non rappresentiamo un pericolo e ciò significa che il tuo Stand non ci attaccherà.» la calmò lui con efficacia.
René poté finalmente respirare di nuovo.
«Spero solo che sia davvero così. E mi dispiace di avervi tirato in mezzo a questa faccenda.» si scusò dopo.
«Niente di tutto questo è colpa tua, Cacciatore. Ti avremmo aiutata comunque e, in ogni caso, è diventato anche un nostro problema. Quando Giorno è diventato il Boss di Passione ha vietato il commercio delle droghe nell'organizzazione. Ci sono sempre stati dei gruppi ribelli che si sono opposti a questa scelta, ma li abbiamo rimessi in riga con facilità. Uno dei nostri nemici, però, questa volta aveva della droga con sé a Napoli e ciò significa che deve averla portata per smerciarla su ordine di qualcuno per far soldi. E questo proprio non posso accettarlo. È stata una vera e propria dichiarazione di guerra a Passione.» spiegò con cura Bucciarati, tremendamente serio a riguardo. Sembrava davvero metterci l'anima nel suo lavoro. Per un motivo che Irene non conosceva, quell'uomo odiava le droghe in maniera molto personale.
Irene stava per commettere un altro errore dovuto all'impulsività, domandandogli il perché di tanta determinazione nel voler impedire lo spaccio di sostanze stupefacenti in Italia, ma venne interrotta da una voce allegra alle sue spalle.
«Oi, René!» alzò il tono Narancia, che corse fino a raggiungerla. «Stavo pensando di andare a fare un giro per la nave, tanto di tempo ne abbiamo a volontà! Ti va di venire con me?» chiese euforico, mostrando il suo lato più fanciullesco.
Irene lo trovava molto simpatico e per questo non avrebbe saputo rifiutare. Tra l'altro, una piccola avventura non le dispiaceva.
«Perché no? Volentieri!» si preparò a seguirlo, finché lo sguardo di Bruno non li inchiodò sul posto.
«Aspettate, voi due.» sospirò, «Non avevo detto che saremmo dovuti restare uniti per qualsiasi occasione?» chiese bacchettandoli.
Narancia incrociò le mani come a volerlo implorare. «E dai, Bucciarati! Non combiniamo guai, promesso! Non salgo su un traghetto da quasi un anno e volevo fare un giretto!»
Irene non volle insistere: avrebbe solo aspettato una decisione del capo.
Le palpebre di Bruno si strinsero fino a far diventare gli occhi due piccole lunette cariche di sospetto. «Voi due soli? Continuo a essere dell'idea che potrebbe essere pericoloso.» Si guardò bene attorno e alzò un braccio, poi anche la voce. «Abbacchio, ho un favore da chiederti.» chiamò quindi.
L'ex-poliziotto se ne stava seduto a gambe divaricate su una delle panchine del ponte, con le cuffie in testa e il Lamento della Ninfa di Monteverdi a tutto volume ma, quando notò il caporegime fargli un cenno, non esitò a liberarsi le orecchie e alzarsi di scatto, raggiungendo il gruppetto.
«Tutto bene, Bucciarati?» chiese dunque. Irene notò il cambio nella sua voce quando si rivolse a lui: era probabilmente la prima volta che lo sentiva parlare con tanta gentilezza e disponibilità.
«Sì, ma a dir la verità devo chiederti di accompagnare Narancia e Cacciatore. Non voglio che restino soli e penso che sarebbe meglio se io restassi con gli altri, nel frattempo.» rispose lui più tranquillo.
Leone lanciò un'occhiata ai due ragazzi più piccoli. Sapeva che quel favore era stato chiesto a lui in quanto il più anziano del gruppo e uno dei più maturi e cauti.
«E dove, di preciso?» chiese poi, seccato.
«A fare un giro!» ribatté Narancia.
«...Un giro?»
«Già. Nulla di più.»
Abbacchio rivolse uno sguardo a Bruno e respirò a fondo. «Solo perché me lo hai chiesto tu.» accettò di malavoglia, mettendo le mani in tasca e voltando loro le spalle. «E voi smettetela di fare i capricci per certe cose. Non mi sembra proprio il momento di scorrazzare in giro per nessun motivo valido.» rimproverò gli altri due.
Irene e Narancia si scambiarono un'occhiata colpevole.
"Abbacchio sembra lo zio austero della combriccola." avrebbe voluto dire, ma tenne quel commento per lei.
Tutto sommato, comunque, non le dispiaceva fare un giro con loro due: Narancia era il membro della squadra con cui andava più d'accordo, mentre Leone quello che sembrava averla presa del tutto in antipatia, ma lei provava una sorta di strana devozione nei suoi confronti, probabilmente a causa di quanto era accaduto durante il loro primo incontro.
Quando Bruno finì di fare la paternale ai due più giovani, spiegando loro l'importanza di essere cauti e di non dare nell'occhio, il gruppo poté partire liberamente. Narancia aveva visto dei particolari cannocchiali sulle balconate ai lati del traghetto e volle avvicinarsi a dare loro un'occhiata più da vicino. Sembrava davvero triste di non poterlo utilizzare: inserendo i soldi per il loro funzionamento non avrebbe fatto che sprecarli, con quel buio non avrebbe visto niente di speciale a largo.
Dopo quella prima tappa, non appena Abbacchio ebbe terminato di fumare una sigaretta di rito, tornarono all'interno dell'imbarcazione, passando per la zona dei bar e dei piccoli negozietti a bordo. Alcuni erano aperti anche a quell'ora e per questo Irene e Narancia, entusiasti, si fermarono a prendere due cartoline come souvenir. René provò a domandare a Leone se ne volesse una da conservare, ma lui non rispose neppure, o quantomeno si fece capire semplicemente voltandosi dall'altro lato con sdegno. Qualcosa che si sarebbe potuto tradurre in "Non sono interessato in queste bambinate".
Un attimo dopo stavano di nuovo attraversando la nave, spiando vetrine buie, e Abbacchio dovette tornare a trascinarsi alle spalle degli altri due senza nemmeno la possibilità di tornare ad ascoltare la sua adorata musica.
Non ci volle molto per raggiungere il lato opposto della nave. Bruno e gli altri si trovavano a prua, nel punto più lontano da loro, ma non c'era nessuno a parte i tre restanti sulla balconata del traghetto. Era tutto molto tranquillo, persino la marea sembrava essersi calmata almeno un po', e la nave era in movimento da più di un'ora come minimo. I pochi viaggiatori sulla nave stavano cercando un luogo dove riposare, essendo tarda notte. Mancavano ancora più di quattro ore all'arrivo a Salina, e non c'era fretta.
Il mondo sembrava essersi fermato per permettere a Irene di prendere un profondo respiro e godersi quell'attimo. Per un attimo tornò bambina, ma senza tutte quelle sofferenze che avevano caratterizzato la sua infanzia. No, tornò a essere una piccola bimba spensierata, desiderosa di partire all'avventura. E tutto pian piano si stava realizzando attorno a lei.
Poi, quasi all'improvviso, notò che qualcun altro aveva raggiunto la balconata. Non ci fece neppure caso: c'erano altri passeggeri e ognuno era libero di muoversi per la nave come preferiva.
Era un uomo di almeno trent'anni, ben vestito per proteggersi dalla brezza fredda notturna. Una lunga coda di cavallo nera dondolava alle sue spalle, sostenuta da un fermaglio a forma di sole.
Si strinse il colletto della giacca di pelle, curiosamente più corta della maglia scura, che si spezzettava all'altezza dell'ombelico formando tantissimi piccoli ciondoli a forma di rombo.
Nessuno badò troppo a lui, neanche Narancia o Abbacchio. Erano voltati di spalle, addirittura rilassati, e sembravano aver finalmente abbassato un po' la guardia.
Irene non era da meno: credeva fosse una persona come le altre.
Invece lui, in tutta tranquillità, si avvicinò alla ragazza appoggiandosi al stessa ringhiera alla quale lei si stava sorreggendo.
René inizio a ritenerlo un po' fastidioso: con tutto lo spazio libero possibile, doveva proprio starle così appiccicato?
«Irene Cacciatore, immagino.» esclamò poi.
La ragazza sobbalzò e percepì il proprio sangue gelarsi nelle vene. Istintivamente, si allontanò abbastanza da sentirsi al sicuro ma anche da poterlo ascoltare.
«Chi sei tu?» chiese di nuovo sull'attenti. Lanciò un'occhiata anche ai suoi compagni, metri più avanti. Un solo urlo e sarebbero corsi da lei e massacrato quello strano individuo...
«Rilassati, per favore. Non sono in vena di grandi scontri o di uccidere i tuoi amichetti a causa di qualche capriccio. Intesi?» le suggerì con tetra calma, per poi presentarsi spontaneamente: «Mi chiamo Raffaele Marzotto. Faccio parte dei sette Angeli di Apocalisse.» pronunciò. Lentamente si scoprì il colletto, mostrando il marchio impresso a fuoco nella sua pelle, uno che assomigliava molto a quelli ritrovati su Ferragamo e Fendi.
Non c'era dubbio che quell'uomo fosse un loro complice, eppure quel che diceva sembrava non avere senso. Angeli? Apocalisse? Irene non capiva altro oltre ciò che mostrava l'apparenza.
Irrigidendosi pian piano, desiderando potersi avvicinare ai due compagni per assicurarsi una certa sicurezza, René pensò che la cosa migliore fosse assecondarlo, per un po', per estrapolare informazioni importanti.
«Perché me lo hai rivelato? Avresti potuto attaccarmi di sorpresa...»
«Perché tu verrai con me. Dovrai sparire dalla vista della tua squadra per un po', fino al nostro arrivo a Salina. Una volta sull'isola ti condurrò in un altro posto.»
«Stai scherzando, spero?» Irene fu abbastanza sfacciata da soffiargli una risata in faccia, «Mi stai chiedendo di farmi rapire senza lamentarmi. Per quale motivo poi? E per portarmi dove?»
«Fai troppe domande, ragazzina. Fammi indovinare... non hai ancora sviluppato del tutto uno Stand, dico bene? Per cui non sei in grado di fermarmi da sola. Per il resto, conosco gli Stand di tutti i tuoi compagni di squadra. Compresi Aerosmith di Narancia e Moody Blues di Abbacchio, che peraltro non ha un vero potenziale combattivo. Se rifiuterai, inizierò eliminando loro. Vuoi davvero rischiare?» chiese Marzotto audacemente.
A quel punto, Irene si sentì quasi cedere le gambe. Neanche lei era al corrente di quale fosse il nome o il potere dello Stand di Leone, ma non vi era dubbio che il nemico conoscesse bene Narancia. E non avere il favore della sorpresa sarebbe stato un bel guaio: un nemico preparato era sempre più pericoloso di uno che ignora l'abilità altrui. Niente da fare, se avesse agito impulsivamente avvisando gli altri del pericolo avrebbe finito per condannarli a morte. Non aveva idea di quale fosse il potere del nemico.
Non aveva altra scelta. Marzotto non era a conoscenza del forte potere di cui Irene era dotata. O almeno, non sapeva che potesse utilizzarlo ancor prima che si manifestasse fisicamente lo Stand vero e proprio. Certo, non era ancora particolarmente forte e non rispondeva a comando ma, in un modo o nell'altro, la ragazza decise che avrebbe sfidato l'uomo che stava cercando di rapirla con le sue sole forze. Non voleva trascinare in quel rischio nessun altro. Avrebbe almeno dovuto guadagnare un po' di tempo.
«Non ti permetto di far loro del male.» sibilò in una perfetta recita, allontanandosi ancora di qualche passo.
Raffaele la afferrò per un polso. «Ti sei decisa? Mi seguirai senza fare storie?»
«Sì, per adesso. Ma se oserai anche solo sfiorare uno di loro...»
«Questo dipende tutto da te. Sono distratti, vedi? Seguimi adesso senza fare troppe storie.» comandò, facendole segno di muoversi. Lui l'avrebbe seguita senza perderla d'occhio per un singolo istante.
Irene si mosse, non prima di aver lanciato un ultimo sguardo a Narancia e Abbacchio che stavano parlando tra di loro distrattamente, e dirigendosi verso il corridoio destro della nave. Da lì, poi, entrò di nuovo all'interno e venne condotta fino a un ascensore.
«Premi il pulsante del primo piano.» ordinò Marzotto capendo di non poter voltarle le spalle per farlo da sé, «Ma prima copri tutto il tastierino con braccia e busto in maniera tale che non si veda cosa stai premendo. Non fare scherzi o userò il mio Stand contro di te.» la avvisò dopo averle date precise istruzioni.
Irene strinse gli occhi. Perché si preoccupava così tanto? Non c'era nessun altro oltre a loro in quell'ascensore. La nave si divideva in tre piani, eccezion fatta per la cabina del capitano, e loro si trovavano al terzo di questi. Al primo piano non vi erano che macchine parcheggiate e bagni. Da lì si poteva poi prendere le scale per risalire di nuovo.
Raffaele voleva far perdere le sue tracce compiendo vari giri per raggiungere una determinata meta. Ma perché coprire quell'indizio proprio ora?
Lo capì per semplice casualità, un piccolo pensiero che le balenò in mente all'improvviso. Solo Narancia e Abbacchio l'avrebbero cercata una volta notata la sua assenza. Aerosmith non avrebbe mai potuto seguire le sue tracce. Raffaele aveva paura che qualcuno potesse vedere ciò che stava accadendo e che Irene stava facendo. Ma se non temeva l'intervento di Narancia, allora... non restava che Leone.
Si era lasciato sfuggire più del solo nome, a proposito dello Stand dell'ex-poliziotto: questo Moody Blues non era del tutto adatto ai combattimenti. Allora qual era il suo ruolo nella squadra? Che abilità possedeva?
Raffaele conosceva quella capacità. E, di sicuro, aveva paura proprio di essa. Abbacchio era la soluzione a quel problema: solo lui avrebbe potuto seguirla passo dopo passo, ritrovarla e sconfiggere quel nuovo, pericoloso nemico.
Motivo per il quale Irene fece come detto. Pigiò il pulsante. Eppure, un attimo prima che le porte dell'ascensore si chiudessero, si assicurò di facilitare il lavoro al suo alleato.

 

SPAZIO AUTRICE

Questa volta ho impiegato un po' di più a scrivere il capitolo e ho dovuto tagliarlo in maniera tale da inserire più d'una singola scena: la squadra è finalmente partita alla volta dell'isola di Salina ma un nemico ha già fatto la sua comparsa sulla nave, prendendo Irene in ostaggio. Cosa accadrà adesso? L'unica cosa certa è che vedremo finalmente Moody Blues in azione nel prossimo capitolo. Vi ringrazio per la lettura fin qui! Se volete lasciate una recensione e fatemi sapere cosa ne pensate, lo apprezzerei molto. Per adesso vi saluto, Arrivederci!

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo / Vai alla pagina dell'autore: _Zaelit_