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Autore: MackenziePhoenix94    05/04/2020    0 recensioni
“E adesso?”
“Adesso reggiti forte”
“Che vuoi fare?”
“Ti fidi di me?” le chiese di getto lui; le aveva già rivolto quella stessa domanda nel corso della notte trascorsa sopra il tetto di casa Anderson e, come in quella occasione, Ginger rispose senza esitare.
“Sono uscita di casa in piena notte di nascosto, ho preso un treno per Cambridge e ti ho appena aiutato a rubare una bici dalla casa di tua madre: pensi che avrei fatto tutte queste cose se non mi fidassi ciecamente di te, Syd Barrett?”.
Le labbra del ragazzo si dischiusero in un sorriso.
“Allora reggiti forte, perché stiamo per prendere il volo”.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Syd e Roger non abitavano più nello stesso condominio da un paio di mesi.

Alla fine di aprile Barrett si era trasferito in un altro appartamento, al numero 101 di Cromwell Road.

I componenti della band e la stessa Ginger ci erano stati rare volte, in compenso era frequentato in modo assiduo da tanta altra gente con cui Syd trascorreva gran parte delle sue giornate e con cui si sballava.

Nessuno degli assidui frequentatori si presentava mai a mani vuote.

Roger bussò due volte contro il legno della porta, attese in silenzio e poi riprovò; Ginger si guardò attorno a disagio e spostò il peso del corpo da un piede all’altro ancora più a disagio, inconsciamente si avvicinò un po’ di più a Waters.

Quel posto non le piaceva affatto.

“Forse non è in casa” mormorò non vedendo arrivare nessuno “che facciamo se non è in casa? Restiamo qui ad aspettarlo oppure andiamo a cercarlo?”

“E dove vorresti andare a cercarlo?” domandò il bassista prima di fare un terzo tentativo “Syd! Apri la porta! So che sei lì dentro. Avanti. Vogliamo solo parlare”.

La giovane stava per ribattere, dicendo che era tutto inutile e che l’appartamento era vuoto, quando venne smentita dal rumore di una serratura che scattava; la porta si socchiuse e dall’altra parte apparve il viso di Barrett.

“Che volete?” chiese in un soffio, vagando con lo sguardo da Roger a Ginger e viceversa.

“Syd, siamo noi”

Noi?” ripeté il giovane; Ginger lo vide socchiudere gli occhi appannati, come se stesse facendo lo sforzo di mettere a fuoco lei e Waters.

“Sì, noi” ripeté a sua volta il bassista, indicando prima sé stesso e poi la ragazza dai capelli rossi “io sono Rog, lei è Ginger… Siamo i tuoi amici”

“I miei… Amici. Ho degli amici?”

“Sì, siamo noi e siamo venuti qui per parlarti. Per favore, lasciaci entrare così possiamo farlo con calma. Vogliamo solo scambiare quattro chiacchiere con te, nulla di più. Te lo prometto. Hai la mia parola” Roger si portò la mano destra all’altezza del cuore per far apparire più convincenti le sue parole; Syd vagò ancora per qualche istante con lo sguardo dall’uno all’altra e poi, con enorme sorpresa della rossa, anziché sbattere la porta con violenza l’aprì e si allontanò, facendo loro intendere che avevano il permesso di entrare.

Ginger si guardò attorno non appena varcò la soglia d’ingresso: nel piccolo appartamento regnava il caos più assoluto, e nonostante fosse dotato di una stanza che poteva fungere da camera da letto, Syd aveva sistemato un materasso sul pavimento del salotto e dormiva lì.

La ragazza vagò con lo sguardo sul lenzuolo ammassato ai piedi del materasso, sul cuscino stropicciato, sulle numerose stoviglie sporche accatastate dentro il lavandino e sui piccoli batuffoli di polvere che galleggiavano pigramente a mezz’aria.

Si chiese da quanto tempo le finestre non venissero aperte.

Syd si avvicinò ad un mobiletto, frugò all’interno di un cassetto e ne tirò fuori un pacchetto di sigarette ed uno quasi vuoto di fiammiferi; se ne accese una, se la portò alle labbra e si sedette sul davanzale di una finestra.

Entrambi i giovani notarono che era più magro, più pallido e più scompigliato del solito.

“Di che cosa volete parlarmi?” chiese allontanando la sigaretta dalle labbra ed appoggiando le mani sul davanzale in legno della finestra.

Ginger lanciò un’occhiata eloquente a Roger e lasciò che fosse lui ad introdurre l’argomento; aveva paura di perdere il controllo e di scoppiare in lacrime se solo avesse provato a parlare.

Roger, invece, riusciva sempre ad essere calmo e distaccato; molte volte appariva perfino eccessivamente freddo.

“Vogliamo parlarti perché siamo tutti preoccupati per te”

Tutti?

“Sì, tutti… Noi due… Rick, Nick, i nostri manager… la EMI… Sono tutti quanti preoccupati per te”

“Questo non è un problema che mi riguarda”

“Syd, questa situazione non è salutare” disse Roger indicando l’appartamento, riferendosi alle condizioni disastrose in cui versava “questo posto non è salutare. Le persone che frequenti qui dentro non sono salutari per te. Hai un problema e noi siamo venuti qui per aiutarti”

Questo non è un problema di Syd” ribatté testardo Barrett, parlando di sé stesso in terza persona; Waters si passò le mani tra i capelli castani e poi tirò fuori il biglietto da visita che aveva fatto vedere a Ginger.

Lo mostrò anche a Syd, ma evitò accuratamente di darglielo in mano per timore che lo strapasse o che decidesse di mangiarlo.

“Sai cos’è questo?”

“Un foglietto di carta” Syd lo guardò con più attenzione “un biglietto da visita. Mi hai preso per uno scemo?”

“È il biglietto da visita del dottor Ronald David Laing. Peter ti ha fissato un appuntamento per oggi e noi siamo venuti qui per accompagnarti, così non sarai solo”.

Barrett corrucciò le sopracciglia nere, guardò ancora per qualche istante il biglietto e poi spostò lo sguardo prima a Roger e poi a Ginger; le iridi appannate diventarono ancora più cupe.

“State dicendo che siete qui per costringermi ad andare da uno strizzacervelli?” sibilò, ritraendosi d’istinto contro il vetro della finestra “è perché ho detto di avere dei vermi nel cervello?”

“Non è uno strizzacervelli, ma uno psichiatra: una persona qualificata con cui puoi parlare di tutti i tuoi problemi e che ti aiuterà a trovare una soluzione definitiva. Ti aiuterà a capire che nella tua testa non ci sono vermi”

“Invece sì che ci sono, Roger” ribatté il ragazzo, sgranando gli occhi “ci sono sempre. Anche in questo momento. Come fai a non sentirli? Come fate a non sentirli?”
“Syd, i vermi nella tua testa non esistono!” ripeté nuovamente Waters esasperato, ma Barrett scosse con forza la chioma arruffata.

“Io non ci vengo. Non voglio parlare con uno strizzacervelli. Non ho bisogno di parlare con uno strizzacervelli. Non è un mio problema. Sto benissimo, grazie. Potete andare”

“Syd, per favore” intervenne Ginger nella speranza di fargli cambiare idea “si tratta solo di un primo consulto, di una semplice chiacchierata. Non è vero, Roger? Solo una chiacchierata tranquilla”

“Sì, Syd. Solo una chiacchierata tranquilla, come quella di due vecchi amici che non si vedono da moltissimo tempo. E non sarai solo, perché io e Ginger saremo con te. Certo, non ci sarà permesso entrare nello Studio perché il dottore vorrà parlare soltanto con te, ma resteremo per tutto il tempo in sala d’attesa ad aspettarti e poi… Poi se vorrai continuare con le sedute potrai farlo, altrimenti nessuno ti riporterà lì con la forza” Waters cercò di distendere le labbra in un sorriso che apparisse convincente “fidati di noi, Syd. Fidati dei tuoi veri amici”.

Ginger e Roger rimasero in silenzio, in trepida attesa di una risposta.

Barrett fissò per un paio di secondi un punto indefinito davanti a sé, e poi spense il mozzicone direttamente sul davanzale.

“Vado a mettermi qualcosa di decente” mormorò saltando giù dal ripiano “nessuno vorrebbe mai incontrare un vecchio amico in condizioni indecenti”.



 
Roger se ne stava seduto in sala d’attesa, intento a giocherellare con i numerosi anelli che indossava sempre, con gli occhi nascosti dietro la lunga frangia castana.

Ginger, invece, continuava a passeggiare nervosamente avanti e indietro.

Era resistita solo pochi istanti seduta accanto a Roger, poi la tensione nervosa l’aveva fatta scattare in piedi come una molla, e da quel momento aveva iniziato a vagare senza sosta tracciando una elissi invisibile sul pavimento bianco.

Bianco.

Lì dentro ogni cosa era bianca e odorava di disinfettante, come negli ospedali.

O come nei manicomi.

“Puoi smetterla di fare continuamente avanti e indietro? Mi stai facendo girare la testa” sbottò il bassista sollevando lo sguardo dagli anelli e scostando la frangia; la rossa si voltò di scatto a guardarlo e strinse le labbra in segno di disapprovazione.

“Scusami se sono così nervosa, ma hai dimenticato la gravità della situazione in cui ci troviamo?” sbottò seccata; si avvicinò alla porta, appoggiò l’orecchio al legno ed mise un lungo e profondo sospiro “questo silenzio non mi piace per niente”

“Preferiresti sentirlo urlare? Preferiresti che nel bel mezzo della visita facesse qualcuna delle sue bizzarrie, tipo urlare e provare ad arrampicarsi di nuovo sulle pareti o che iniziasse a lanciare soprammobili contro il dottore?”

“Assolutamente no, ma vorrei sapere che cosa gli sta raccontando e cosa pensa il dottor Laing del suo caso” Ginger iniziò a tormentarsi le unghie della mano destra “hai sentito i discorsi che ha fatto prima? Ha perfino parlato di sé stesso in terza persona… E quell’assurda storia dei vermi… Ricordi quella mattina a Formentera quando abbiamo parlato in cucina? Quando sono salita in camera nostra e l’ho svegliato, mi ha raccontato di avere sognato dei vermi che gli mangiavano il cervello. È convinto di essere perseguitato da loro… E tutto questo è colpa vostra!”

“Nostra?”

“Sì! È colpa vostra perché avete evitato di guardare in faccia il problema, anziché intervenire subito ed in modo tempestivo!” disse a denti stretti la giovane, stringendo le mani a pugno, faticando non poco a controllare la rabbia che le bruciava nel petto; avrebbe voluto gridare a squarciagola, ma non poteva farlo perché si trovava nella sala d’attesa di una clinica privata e perché poi sarebbero stati entrambi allontanati dall’edificio “scommetto che sei stato tu ad impedire di fare qualcosa quando ancora la sua dipendenza non era così grave! E scommetto anche che tu hai costretto Nick e soprattutto Rick a non dirmi nulla di quello che stava succedendo a Syd!”

“Ma si può sapere che cazzo stai dicendo?” sibilò Waters visibilmente alterato; si alzò dalla sedia e fronteggiò Ginger, esattamente come aveva fatto a Formentera, costringendola a sollevare il viso per guardarlo negli occhi “mi stai accusando di essermene fregato di lui?”

“Direi che quello che è successo all’Alexandra Palace parla da sé, non credi? Anziché chiamare un ambulanza, hai preferito trascinare Syd sul palco, pur sapendo che non era in sé e che non riusciva neppure a stare in piedi. Ed infatti che è accaduto? Lui è rimasto per tutto il tempo dello spettacolo con la chitarra al collo e le braccia a ciondoloni, ed è stato un fiasco”

“Non potevamo annullare all’ultimo secondo una esibizione così importante”

“Dunque per te le esibizioni sono più importanti di una persona che conosci fin da piccolo e con cui sei cresciuto insieme? Una carriera musicale ancora incerta ed indefinita conta di più della salute mentale e fisica del tuo amico d’infanzia?” chiese la giovane incredula ed amareggiata, fissando il bassista come se davanti ai propri occhi ci fosse una creatura repellente.

Waters aprì la bocca per ribattere, ma all’ultimo secondo ci ripensò e spostò lo sguardo al di là di Ginger; lei si voltò subito e vide la porta dello Studio aprirsi.



 
Pam Anderson attese con pazienza il ritorno della figlia maggiore; quando la sentì finalmente rientrare e la vide passare davanti alla porta della cucina, le chiese se avesse voglia di un the caldo.

“Sì” rispose la ragazza in tono stanco, togliendosi la giacca e posando la borsa sul divano “ho proprio bisogno di bere qualcosa di caldo che mi risollevi l’umore”.

Pamela annuì senza dire altro; preparò un the ai frutti di bosco e riempì due tazze di porcellana bianca.

Le posò sopra il tavolo e prese posto su una sedia.

Ginger la imitò.

Erano sole, Jennifer era a letto già da mezz’ora, per cui potevano parlare liberamente.

“Allora” iniziò la donna, gettando dietro le spalle una ciocca di capelli biondi “adesso puoi darmi le spiegazioni che sto aspettando da oggi pomeriggio?”.

Ginger emise un profondo respiro, abbassò lo sguardo sulla bevanda rossa, dal profumo dolce, da cui si levava una piccola nuvoletta di calore e raccontò tutto.

Raccontò tutto sugli strani comportamenti di Syd, su quello che era accaduto in America e su quello che era accaduto nel corso della seconda esibizione all’Alexandra Palace; raccontò tutto dell’orribile serata a Formentera.

Raccontò del bicchiere che Syd aveva scagliato contro Roger e della chitarra che lei stessa aveva ricevuto in testa.

Raccontò di come lui aveva tentato di arrampicarsi sulle pareti del salotto per scappare.

E raccontò perfino dei vermi da cui era perseguitato giorno e notte.

“Io e Roger lo abbiamo convinto a fatica a recarsi nello Studio di uno psichiatra per una prima visita generale, ecco perché oggi pomeriggio mi ha chiamata e perché poco dopo è passato a prendermi. Secondo lui eravamo gli unici ad avere qualche piccola speranza di riuscire a convincerlo ad andare, e così è stato. È rimasto chiuso lì dentro per quasi un’ora e mezza”

“E lo psichiatra che cosa vi ha detto quando è uscito?”

“Non si è espresso in modo definitivo, ma ha detto che secondo lui non si tratta totalmente di un disturbo mentale. Secondo lui questo malessere profondo è causato anche dalle persone che lo circondato e che lo forzano in continuazione”

“Ovvero?”

“Il gruppo… I manager… La casa discografica… Tutti quelli che si aspettano che sforni una canzone di successo dopo l’altra. Evidentemente questo è troppo per lui… Proprio come ho detto a Roger” mormorò la giovane spostando lo sguardo assorto in direzione di una finestra ed appoggiando il mento sul palmo della mano sinistra.

Le parole del dottor Laing l’avevano fatta riflettere non poco da quando aveva abbandonato la clinica insieme a Roger e Syd.

Era Syd ad essere pazzo, oppure era lui ad essere circondato da pazzi?

Erano state davvero le droghe a farlo uscire di testa o tutte le pressioni che continuavano a schiacciarlo?

E se si era rifugiato nelle droghe proprio per scappare a tutti coloro che lo spremevano e spremevano e spremevano senza dargli un solo attimo di respiro?

Erano state davvero le droghe a spegnere la luce che brillava nei suoi occhi oppure i sciacalli famelici che lo circondavano?

E chi erano quei sciacalli, quei lupi affamati, quelle piovre dai mille tentacoli?

Erano solo i manager? Solo i produttori? Solo la casa discografia?

O lo erano anche Rick, Nick e Roger?

Ginger non era più certa di nulla.

Sapeva solo di avere la testa sul punto di scoppiare.

Calde lacrime iniziarono a scenderle lungo le guance, unendosi sotto il mento; allungò la mano destra e strinse con forza quella sinistra della madre adottiva perché aveva bisogno del supporto di qualcuno, di sentire qualcuno che le infondesse coraggio e speranza.

“Che cosa devo fare, mommi?” sussurrò con un singhiozzo disperato “che cosa posso fare per lui? Io voglio aiutarlo, lo voglio con tutta me stessa, ma non so come fare e da dove iniziare. Cosa devo fare per riavere indietro il ragazzo che ho conosciuto e di cui mi sono innamorata?”.

Pamela prese la mano della figlia adottiva tra le sue e la strinse con più forza per infonderle calore.

“Mi dispiace, tesoro” mormorò con uno sguardo dispiaciuto, scuotendo la testa “vorrei tanto poterti dire cosa fare, ma non credo che esista una risposta a questa domanda”.
   
 
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