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Autore: lady lina 77    05/04/2020    2 recensioni
La storia dei Romelza riscritta in modo del tutto nuovo, partendo da zero...
Lui è un giovane disilluso dall'amore che dopo aver trascorso tre anni a combattere in Virginia, torna in Cornovaglia e scopre che tutto il mondo che aveva lasciato è in distruzione, suo padre è morto lasciandolo pieno di debiti e il suo grande amore, Elizabeth, è in procinto di sposare suo cugino Francis.
Lei è una giovane ragazza povera di Illugan che viene presa per caso alle dipendenze dei Boscawen e finisce per sposare il nipote di Lord Falmouth, Hugh Armitage, un giovane dalla salute malferma che ha perso la testa per lei...
Ross e Demelza, anime sconosciute, lontane, le cui strade si incrocieranno in modo del tutto imprevisto scardinando ogni loro convinzione sull'amore, sulla vita e sul futuro...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Francis Poldark, Ross Poldark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La mattina non era iniziata nel migliore dei modi e lo stato d’animo di Demelza era nervoso ed agitato.

Ma il pensiero che fra poche ore sarebbe arrivato il loro ospite e che quel pranzo per Lord Falmouth significava molto, la costrinse a vestirsi, a sfoderare il suo migliore sorriso e ad affrontare la giornata in maniera costruttiva anziché distruttiva.

Ma rimaneva arrabbiata e mentre si vestiva, non erano infrequenti gli sguardi torvi che di tanto in tanto le sfuggivano verso suo marito.

Difficilmente lei e Hugh erano in disaccordo e ancor più rare erano state le liti fra loro, ma quella mattina qualcosa nell’atteggiamento di suo marito l’aveva indispettita oltre ogni misura. Da sempre Hugh si era dimostrato poco attratto dal lavoro di suo zio e il suo animo poetico mai si era sottomesso ed adattato a questioni politiche e finanziarie su cui basava la sua vita Lord Falmouth e che erano i fondamenti del potere stesso del casato dei Boscawen.

Falmouth aveva dovuto suo malgrado accettare il fatto che Hugh non avrebbe seguito le sue orme e con l’arrivo della malattia, aveva deposto definitivamente ogni speranza su di lui. Tutto ciò che gli chiedeva era però una costante presenza, quanto meno, ai pranzi con i suoi illustri ospiti in modo da dare risalto all’unità famigliare verso l’esterno.

Ma Hugh aveva sempre acconsentito mal volentieri a tutto questo e l’aggravarsi dei suoi mal di testa l’avevano tenuto isolato per un po’, cosa che forse non gli era dispiaciuta troppo.

Questo suo atteggiamento però aveva sempre indispettito Demelza che di certo diventava protettiva come una chioccia verso di lui quando stava davvero male e si sentiva di concedergli qualsiasi cosa, ma mal tollerava nei momenti di calma  in cui suo marito le sembrava spesso un bambino un po’ capriccioso. Era ben consapevole di quanto fossero fortunati, di quanto dovessero ringraziare Falmouth per il benessere in cui vivevano, di quanto Hugh dovesse essere grato alle ricchezze di famiglia per le ottime cure che riceveva e la irritava questo suo volersi sottrarre ai pochi obblighi che gli erano richiesti. Presenziare a un pranzo poco più che di famiglia era poca cosa, il minimo che potesse fare in un giorno in cui le sue condizioni di salute non destavano preoccupazioni e il suo atteggiamento di uomo che si avvia al patibolo avevano fatto arrabbiare Demelza che quella mattina era sbottata, richiamandolo ai suoi obblighi famigliari. Raramente succedeva e forse era la prima volta che non si era trattenuta nei toni e da quel momento Hugh era diventato taciturno e musone come un bambino.

Decise di non farsi abbindolare ed intenerire, però. Perché per quanto fosse vero che Hugh la accontentava sempre in ogni richiesta, era altrettanto vero che lo stesso faceva lei con lui. Ma qui non erano lei o lui i protagonisti della scena, qui c’erano gli interessi di Lord Falmouth e l’attività di famiglia da tutelare e visto quanto ricevevano dallo zio senza dargli nulla in cambio e considerato che suo marito stava bene, il minimo da fare era partecipare a un pranzo – visto che comunque a mezzogiorno dovevano mangiare – senza fare troppe scene. E poi in fondo, da quel poco che conosceva Ross Poldark, di certo non si sarebbe prolungato in cerimonie e in poco tempo se ne sarebbe andato senza troppi fronzoli.

Finì di vestirsi, legandosi in vita un abito verde non troppo ricercato ma elegante il giusto per un pranzo informale. “Hai finito o hai bisogno di aiuto con la camicia?” – chiese in tono piatto al marito, che stava finendo di vestirsi seduto sul bordo del letto.

Posso fare anche da solo”.

Bene”.

Hugh alzò lo sguardo su di lei. “Ti sei preparata in fretta oggi, sembri così eccitata per questo pranzo…”.

Il tono di voce vagamente accusatorio di Hugh non le piacque per niente e servì ad irritarla ulteriormente. “Non mi pare di essere eccitata”.

Hugh si alzò dal letto, oltrepassandola. “A me sembra di sì! Mi sarebbe piaciuto averti dalla mia parte, oggi. Ma evidentemente i tuoi desideri migrano altrove”.

Demelza, con un gesto stizzito, picchiò la spazzola sul ripiano della toeletta. “Sono dalla tua parte, sempre! E dalla parte della famiglia!”.

Se fossi stata dalla mia parte, non avresti organizzato questo pranzo con Ross Poldark!”.

Ho colto la palla al balzo per tuo zio, quando ne ho avuto l’occasione. A tavola, a tu per tu, di certo avranno modo di parlare e confrontarsi meglio che ad una festa piena di invitati”.

Hugh aprì la porta, sbuffò e poi uscì, sbattendola dietro di se. “Certo, lo hai fatto per mio zio…” – disse malignamente, con la sua voce che evaporava come un soffio lungo il corridoio.

Demelza scattò in piedi e la sua furia l’avrebbe di certo spinta ad inseguirlo nel corridoio per urlargli contro qualsiasi cosa gli venisse in mente per quell’atteggiamento insensato, ma quanto aveva appreso negli anni sulle norme di comportamento che una buona lady deve tenere, la frenarono il tempo necessario per riflettere e pensare. Hugh era un visionario? Era semplicemente annoiato o geloso? Oppure forse, davvero lei era particolarmente contenta per quel pranzo, tanto da irritare suo marito? Certo, Ross Poldark era un tipo anticonvenzionale con dei modi di fare talmente poco ortodossi da divertirla ed attrarla, ma a parte questo, che cosa poteva esserci d’altro? Decise che non c’era nulla, se non i capricci senza senso di Hugh che quel giorno aveva deciso di diventare l’uomo più antipatico di Cornovaglia.


Ross Poldark arrivò puntuale, cosa che in un certo senso stupì Demelza. Non le sembrava un tipo così affidabile, ma a quanto sembrava quel sabato si era votato alle buone maniere a differenza di quanto facesse Hugh.

La giornata, piuttosto calda e soleggiata, spinse Lord Falmouth a far apparecchiare la tavola che avevano in veranda in modo che potessero pranzare all’aria aperta, circondati dal profumo del rigoglioso giardino della tenuta.

Demelza si sedette accanto a Hugh, senza degnarlo di uno sguardo. Falmouth, che doveva essersi accorto della tensione nell’aria ma non si era pronunciato, dal lato opposto del tavolo assieme a Ross.

Le cameriere servirono le pietanze in un clima piuttosto rilassato nonostante tutto, e Falmouth prese il discorso alla lontana, chiedendo a Ross delle sue miniere e della sua famiglia.

Gustando la carne, Ross sospirò. “La mia famiglia sta bene, la mia miniera un po’ meno ma continuo ad avere, con mio cugino, qualche speranza in un futuro colpo di fortuna”.

Falmouth addentò un pezzo di montone. “Ci vuole fortuna e ci vogliono anche capitali e soci…”.

Demelza trattenne una risatina per quella non troppo velata allusione di Falmouth che Ross finse di ignorare.

Per ora, posso solo permettermi di sperare nella fortuna” – rispose infine Ross, sibillino.

E nella vostra testa dura” – asserì Falmouth, vago.

Ross decise di cambiare discorso per evitare di incamminarsi nel sentiero voluto da Falmouth, rivolgendosi a Demelza fin lì stranamente silenziosa ed arrendevole. “Mia cugina Verity vi saluta. E vi ringrazia, a quanto pare siete l’artefice della sua felicità”.

Demelza spalancò gli occhi. “Io?”.

Ross annuì. “Dal giorno del ballo, frequenta Andrew Blamey. E ne è felice, anche se mio cugino Francis inizialmente, ha avuto da ridire per via dei suoi trascorsi famigliari. Ma ora pare convinto anche lui, anche se le fa mille raccomandazioni come se fosse il padre di Verity e non il fratello”.

Torvo, Hugh addentò della carne. “Blamey è una brava persona e per voi, viste le circostanze, sarebbe una fortuna averlo nel clan di famiglia”.

Lo disse in tono un po’ saccente, cosa non da lui, che Demelza captò subito. Santo cielo, era insopportabile! “Mio marito voleva dire che… Blamey è una persona sicuramente valida che gode della sua massima fiducia. E che sarà una piacevole compagnia per Verity. Sono felice per lei e ditele che ricambio i suoi saluti”.

Ross si rese conto al volo del disagio di Demelza e di quanto fosse brava a coprire tensioni o eventuali contrasti col marito. C’era qualcosa di strano nell’aria, che non capiva ma che turbava la ragazza che di certo sembrava meno sbarazzina rispetto alla settimana prima, quando l’aveva incontrata al cantiere della scuola. Si chiese cosa la legasse davvero a suo marito, la natura del loro matrimonio e se fosse felice in quella realtà artefatta e apparentemente molto lontana dal suo modo di essere. “Porterò i vostri saluti a Verity” – disse infine, cercando di darle una mano a gestire il malumore del marito più che evidente.

"Vi ringrazio" – rispose Demelza, osservando di sbieco lo sguardo sempre più cupo di Hugh.

Finirono di mangiare piuttosto in fretta, con un Falmouth mattatore della conversazione. Demelza rimase silenziosa, così come Hugh, entrambi nervosi e poco inclini ad essere di compagnia.

Dopo il dolce Hugh chiese di andare a riposare, accusando un vago mal di testa, Falmouth rapì Ross nel suo studio con la scusa di mostrargli alcune vecchie mappe sulle miniere recuperate a un mercato di Londra e Demelza, forse felice di trovare nella solitudine un pò di pace e una cura al suo malumore, si rifugiò in giardino. Di solito quando Hugh stava male, lo seguiva in camera. Ma quel giorno non ne aveva voglia, non credeva fino in fondo al suo malessere e per una volta decise di essere egoista e di pensare a se stessa. Scese fra le sue rose, al massimo della loro fioritura, ne inspirò il profumo, osservò le siepi e la magnolia, i fiorellini di campo seminati nel prato e si inginocchiò infine a controllare lo stato delle sue primule di campagna che stavano sbocciando in mille colori diversi.

Il giardino, da sempre, le offriva svago e serenità e vi si perdeva per ore, senza rendersi conto del passare del tempo. Ma quel giorno non riuscì a calmarla del tutto. Si chiese cosa indisponesse tanto Hugh, perché di colpo avesse trovato motivo di essere geloso quando non lo era mai stato e soprattutto, se ne aveva motivo... Lei e Ross Poldark non si erano visti che due volte, di certo non lo aveva incoraggiato a nulla e tutto ciò che le sembrava di sentire era una simpatia istintiva – o forse voglia di sfida – verso una persona particolare ma con un carattere simile al suo. Certo, non poteva dire di trovare spiacevole la sua compagnia, nelle volte in cui si erano confrontati da soli lo aveva trovato divertente e dotato di un carisma non indifferente, ma a parte questo...? Il pranzo di quel giorno era stata un'idea che le era balenata in mente il sabato prima, in un incontro fortuito che l'aveva messa sulla strada giusta per aiutare Falmouth. Lo aveva invitato per aiutare il capostipite della famiglia, lo aveva fatto solo per questo! Giusto? Non era così? Non se lo era mai chiesta, era abbastanza certa delle sue intenzioni o meglio, lo era stata fino a quel mattino davanti alle velate accuse di Hugh che ci fosse altro. Forse c'era altro, una normale simpatia... Chi non trova simpatico qualcuno oltre a suo marito, dopo tutto?

Persa il quei pensieri, raccolse dei fiori da mettere in un vaso nella sua camera da letto, legandone i gambi con una fascina. Emanavano un profumo intenso e avrebbero alleggerito l'aria pesante di casa sua in quel giorno poco lieto.

Fece per tornare poi verso casa, rendendosi conto che forse erano passate due ore buone da quando era in giardino, quando vide Ross Poldark scortato da una domestica verso il cancello. "Ve ne state andando?" - gli chiese andandogli incontro, stranamente delusa di essere stata così tanto da sola. Insomma, una buona padrona di casa non dovrebbe farlo...

"Mi sono trattenuto fin troppo... Vostro zio mi ha illustrato prima delle mappe, poi i libri con l'albero genealogico di famiglia e infine i suoi piani politici per le prossime elezioni. Sapevo che ci sarebbe arrivato, ero pronto a controbattere e me la sono cavata dicendo che ci avrei pensato...".

Demelza sorrise, immaginando la scena. Fece cenno alla domestica di rientrare che avrebbe scortato lei l'ospite all'uscita e poi, una volta rimasti soli, si incamminarono verso il cancello a piccoli passi. "E lo farete?".

"Cosa?".

"Ci penserete a un'alleanza con Falmouth?".

"Non lo so! Ma dirlo mi sembrava una buona via di fuga!".

Demelza alzò gli occhi al cielo. "Lui pretenderà una risposta".

"Lo immagino..." - rispose Ross, vago, guardandosi attorno. "E' davvero un bellissimo giardino, questo" – esclamò, cambiando furbamente discorso.

Demelza arrossì, orgogliosa di quel complimento. Quel giardino era come un figlio per lei. "Vi ringrazio. Lo curo personalmente".

"Beh, complimenti".

"Voi avete un giardino?".

Ross scoppiò a ridere. "A Nampara? Una volta c'era, quando ero piccolo lo curava mia madre ed era brava quanto voi. Ma ora è incolto e pieno di erbacce".

Demelza si imbronciò. "Oh, è un peccato! Avreste dovuto curarlo in memoria di vostra madre".

Ross fischiettò, rivolto al vento. "Sono solo, scapolo, pieno di debiti e con una miniera da portare avanti. Vi sembra che possa mettermi a fare giardinaggio?".

"Potreste trovarvi una moglie che lo faccia. Alle donne piace" – propose lei, rendendosi conto che in effetti quello era un lavoro da donne.

Ross si accigliò. "Me lo consigliate?" - chiese, ironicamente, ripensando al clima pesante di poco prima a tavola.

Demelza stentò a mascherare un sorriso sarcastico. "Chiedetemelo un altro giorno...".

Ross parve incuriosito. "Lo immaginavo... Vostro marito... Oggi era...".

Lo bloccò. "Ecco, non stava molto bene stamattina, mal di testa" – mentì.

"Ne soffre spesso...".

Demelza non rispose, Hugh non avrebbe gradito quel loro discorso su di lui e in fondo non erano affari del signor Poldark. Giunsero al cancello e finalmente lo fronteggiò, viso a viso. "Buon rientro, signor Poldark. E pensate a quanto vi ha detto Falmouth".

"E se non lo facessi? Verreste voi a prendermi per le orecchie?" - le chiese, con quel tono di sfida che di tanto in tanto sembrava amare usare con lei.

Demelza, di nuovo, raccolse d'istinto la sfida. "Può darsi... Da Truro a Nampara, a cavallo, si fa veloce".

Ross non le rispose. Ridacchiò, accennò un saluto con la mano e poi montò a cavallo. "A presto allora, Lady Boscawen".

Demelza rimase ferma a guardarlo andare via. "A presto, Ross Poldark..." - disse in un soffio.

Rimase lì ferma, coi fiori in mano, come in tranche, alcuni minuti. Che le prendeva? Perché ogni volta le batteva così il cuore? E Hugh? Era di questo che Hugh aveva paura?

Quei pensieri le fecero ricordare i suoi doveri, che aveva un marito, che non poteva permettersi certe sensazioni e che doveva fare rientro in casa.

A passi veloci oltrepassò il giardino, salì al primo piano dove c'erano le stanze da letto ed entrò in camera. Hugh era lì, seduto alla scrivania invece che a letto, a scrivere e leggere alcune carte.

"Non avevi mal di testa?" - chiese, sistemando i fiori nel vaso.

"Mi è passato!" - rispose lui, stanco. "In realtà volevo scriverti una poesia per farmi perdonare per il mio comportamento di oggi".

Lei sospirò, andandogli vicino e mettendogli la mano sulla spalla. "Non ho bisogno di poesie ma di fiducia. Quella che sembri aver perso...".

"Ne ho motivo?" - chiese lui, guardandola.

Demelza strinse i pugni. "No".

Hugh sospirò. "Eppure, sembri tenerci così tanto a questa collaborazione di mio zio con Poldark. E pure mio zio sembra non pensare ad altro... Con me non avete insistito così".

Demelza gli si sedette accanto, accarezzandogli la guancia e capendo forse in parte il tormento che lo affliggeva. "Hugh, non ho mai insistito perché ho sempre saputo che non era quello che volevi. E anche tuo zio".

"Se mio zio mi avesse ritenuto valido, avrebbe insistito fino alla nausea con me e tu lo sai. Invece ha deposto subito le armi e ha guardato e cercato altrove".

Demelza sospirò, cercando le parole adatte a tranquillizzarlo ma anche quelle giuste per fargli comprendere che il suo era un atteggiamento sbagliato. "Da piccola, sai, c'erano tante cose che avrei voluto. Una bambola, ad esempio... Per una bambina ricca, una bambola è ben poca cosa ma per chi non ha quasi cibo è un sogno irrealizzabile. E così ho capito che non ci si può permettere tutto, che ognuno ha dei punti di forza e dei punti di debolezza e che è segno di maturità accettarlo. Tu non sei nato per la politica e per gli affari, sei nato per essere un artista e un poeta. Lo sai tu, lo so io e lo sa tuo zio. Ross Poldark forse ha la faccia tosta adatta a spuntarla a Westminster ma tu hai altre dote che lui non ha. Ognuno è ciò che è e non è essendo gelosi degli altri che ci si migliora. Io ad esempio non so essere una lady al pari delle altre gran dame che incontriamo alle feste, ma cerco di far del mio meglio in ciò che mi riesce e ne sono contenta".

Hugh abbassò lo sguardo. "Mi fai sembrare infantile...".

"Non lo sei. A parte oggi non lo sei mai stato" – rispose, in maniera dolce ma comunque risoluta. Quel giorno Hugh non si era comportato bene e non era giusto nasconderglielo.

L'uomo sospirò, alzandosi e avvicinandosi alla finestra. "Se n'è andato?".

"Chi?".

"Poldark?".

"Sì, poco fa. L'ho incrociato mentre ero in giardino".

"E che vi siete detti?".

"Nulla di che! Mi ha fatto i complimenti per piante e fiori. E io gli ho consigliato di trovarsi una moglie che curasse il suo di giardino".

Hugh scoppiò a ridere. "Sei sfacciata!".

Anche lei rise. "Forse un pò...".

"E..." - Hugh tentennò – "Ti farebbe piacere?".

"Cosa?".

"Che si sposasse?".

Demelza deglutì, presa alla sprovvista da quella domanda a cui non aveva pensato. Perché avrebbe dovuto dispiacergli? E perché pensarci non la lasciava del tutto indifferente? "No, perché dovrebbe?".

Hugh sorrise, avvicinandosi e accarezzandole il viso. "Scusa, hai ragione".

Lei abbassò lo sguardo. Anche Ross Poldark l'aveva sfiorata sulla guancia allo stesso modo solo sette giorni prima e a differenza di suo marito, la cui mano era spesso tiepida, aveva laciato una traccia di fuoco sulla sua pelle. "Quindi, stasera andremo a letto non arrabbiati, Hugh?".

"Spero di sì. E per quanto riguarda Poldark, dubito che seguirà il tuo consiglio sul matrimonio" – asserì suo marito con sicurezza.

"Perché?".

"Te la ricordi Elizabeth, la lady sposata con suo cugino?".

Demelza sentì un crampo allo stomaco nel ricordare quella sgradevole donna. "Sì, come scordarla?".

Hugh si affrettò a spiegare. "Prima di partire per la guerra anni fa, era la sposa promessa di Ross, dicono che lui vivesse per lei. Ma quando tornò, scoprì che Elizabeth si era fidanzata con Francis ed erano promessi sposi. Da allora vive come un monaco, credo che non abbia ancora superato lo scorno e la delusione".

Demelza spalancò gli occhi, non se lo aspettava e di certo gli sembravano due persone talmente mal assortite da considerare un colpo di fortuna per Ross non averla sposata. "Sì è innamorata di suo cugino?" - chiese, incredula. Francis era un uomo piacevole certo, ma Ross... Come poteva una donna che poteva scegliere, scegliere Francis?

Hugh sorrise, tornando alle sue carte. "Non credo si tratti d'amore, mia cara".

"E di cosa?".

"Lei ha scelto il cugino con la terra più ricca e la casa più lussuosa" – spiegò, con semplicità.

E Demelza, per la prima volta, pensando all'arroganza di Ross che forse nascondeva un grande dolore, provò una stretta al cuore per lui. Era un mondo feroce e complicato quello in cui entrambi vivevano, un mondo fatto di interessi ed apparenze che schiacciava chi era ritenuto inferiore e meno meritevole. E lui di certo ne era stato vittima, come lo era lei ogni volta che una dama come Elizabeth Poldark la incontrava a un ballo e col solo sguardo le ricordava quanto fosse inferiore a chiunque in quella stanza.


  
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