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Autore: Nickname1105    08/04/2020    2 recensioni
Durante la rilettura dei tre volumi della saga che per ora sono stati pubblicati mi sto accorgendo di quanto la Dabos ci abbia fatto soffrire per avere qualche momento dolce tra Ofelia e Thorn. Vorrei aggiungere qualche piccolo missing moment alla mia lettura,scrivendo qualche scena che mi sarebbe piaciuto leggere per saziare la mia sete di love story.
Normalmente sono una lettrice sfegatata, non una scrittrice, e non scrivo una fanfiction dal 2009 circa, ma ci sono troppe poche fiction su questa coppia!!! Bisogna rimediare!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Questo missing moment si inserisce nei Fidanzati dell'Inverno tra il capitolo "L'orso" e "La cucina". Insomma, Thorn fa tutto il serio e il burbero, ma Ofelia ha fatto decisamente colpo su di lui. Mentre la Dabos descrive cosa pensa Ofelia mentre è nel suo letto, io mi voglio soffermare sui passi di Thorn che lei sente prima di addormentarsi... a cosa sta pensando l'orso?

Non poteva prendere sonno. Non ci voleva neanche provare. Aveva aperto leggermente la finestra per far uscire le nuvole di fumo che uscivano dalla pipa e da quasi un’ora camminava nervoso, avanti e indietro, per quella minuscola stanza degli ospiti. Sulla scrivania ticchettava l’orologio e secondo dopo secondo gli ricordava che quella ora era la realtà anche se lui stava cercando in ogni modo di negarla a se stesso.
Era arrivato il giorno stesso su Anima e quando aveva iniziato a vedere l’arca della sua futura moglie dall’alto del dirigibile, si era subito pentito della scelta fatta. Gli serviva una lettrice, gli serviva disperatamente una lettrice, ma aveva senso rovinare la propria pace personale? Non c’era un altro modo? Già si immaginava di dover convivere con una ragazza tutta trucco e salotto, la tipica donnicciola di corte, senza cervello e senza cultura. Ma a lui servivano le sue mani, non la sua compagnia. Per tutta la vita aveva fatto a meno della compagnia delle donne, avrebbe continuato così, dopotutto avrebbe potuto provvedere ai suoi doveri da marito quel tanto che sarebbe bastato a rendere il matrimonio valido. Il dirigibile aveva iniziato l’atterraggio e l’odio per l’arca si era trasformato nell’odio per la famiglia di lei. Non aveva fatto in tempo a stiracchiare le gambe dopo il volo decisamente scomodo, che era stato letteralmente assalito dal chiacchiericcio di un mucchio di persone infinitamente più basse di lui, ma la cui voce arrivava alle sue orecchie come uno stormo di cornacchie fastidiose. Poi però qualcosa era cambiato, aveva abbassato lo sguardo quando una ragazza imbacuccata alla bell’e meglio aveva letteralmente sbattuto la testa contro la sua pelliccia. L’aveva guardata: gli occhiali così bagnati da impedirgli di vedere il colore dei suoi occhi, i capelli disordinati scarmigliati dal vento e dalla pioggia, i polsi fini e le labbra leggermente aperte che avevano mormorato qualcosa di impercettibile, probabilmente delle scuse. Non aveva mai visto una ragazza più bella di quella che aveva di fronte. “Buongiorno”, fu l’unica cosa che riuscì a dire, le consonanti dure del suo accento del Polo non si potevano nascondere, così come le cicatrici che portava sul viso, lei non avrebbe mai potuto avere l’impressione che aveva avuto lui guardandola. Thorn odiava il proprio aspetto e cercò di nasconderlo nella folta pelliccia di orso, cercando di rimandare il più possibile l’orrendo spettacolo alla futura sposa.
Quella ragazza lo aveva stupito, era sbadata come nessun’altra, ma in modo dolce… non aveva mai associato l’aggettivo “dolce” a una persona, non conosceva nessuno dolce… per un momento l’aveva anche vista sorridere sotto la sciarpa, mentre raggiungevano l’Osservatorio di Artemide. Non sapeva per quale motivo avesse sorriso, ma forse poteva sperare che lei non avesse paura della stazza d’uomo che si era ritrovata davanti.
Thorn si sdraiò sul letto, non si era nemmeno tolto tutti i vestiti, fissava il soffitto e continuava a pensare alle guance rosee di Ofelia, agli zigomi che si sollevavano piano in quell’accenno di sorriso che aveva avuto la fortuna di sbirciare mentre fingeva di guardare disinteressato fuori dal finestrino, ai capelli mossi e castani nei quali avrebbe voluto affondare le mani. Si era comportato come un burbero, aveva mancato di rispetto a tutta la famiglia di lei, ma non poteva farci nulla, lui aveva provato qualcosa vedendo la sua fidanzata per la prima volta, e quel … sentimento? Non poteva provare un sentimento per qualcuno a cui aveva solo dato il buongiorno. Eppure, ora era lì e sentiva un peso allo stomaco. Avrebbe voluto spiegarle che lui non era come sembrava, ma anche se ce l’avesse avuta davanti agli occhi l’imbarazzo gli avrebbe impedito di essere chiaro.
“Toc Toc”.
Qualcuno aveva bussato alla porta, poteva essere solo la madre chiacchierona di Ofelia, venuta a dirgli che il matrimonio era annullato, per quanto quella donna fosse insopportabile, avrebbe capito se non avesse voluto lasciare la figlia nelle mani di un orso. Thorn si alzò e iniziò ad abbottonarsi la camicia dal basso per rendersi presentabile alla forse mai più suocera, era a malapena al secondo bottone quando la porta si aprì piano e lui vide sgattaiolare dentro la sua fidanzata. Rimase di sasso quando la vide, avvolta da una lunga camicia da notte che le copriva tutto tranne le mani e le punte dei piedi.
“Voi, che diavolo ci fate qui? Non usa su Anima attendere la risposta dopo aver bussato? E soprattutto non usa che i promessi sposi stiano in camere separate prima di essere marito e moglie?” disse mentre quasi arrossendo finiva di abbottonarsi la camicia fino all’ultimo bottone. Il danno era fatto, lei sicuramente aveva visto le cicatrici che aveva sul petto, profonde linee bianche che si stagliavano sulla maggior parte della sua pelle. Se le aveva viste, Ofelia non lo stava dando a vedere, si avvicinò e si sedette in fondo al letto sicuramente troppo corto per l’ospite.
“Certo che usa, ma non potevo rischiare che mia madre mi vedesse entrare qui, voi tardavate a rispondere e sono dovuta entrare prima di essere scoperta… vi chiedo scusa se vi ho disturbato”.
“Nessun disturbo” disse freddamente Thorn “potete spiegarmi cosa siete venuta a fare qui?”
“Che domande. A conoscere il mio futuro marito, non crederete che possa sposarvi dopo aver sentito da voi solamente un – Buongiorno-?”
Thorn non sapeva come comportarsi, avrebbe dovuto farle capire che anche lui aveva un lato dolce, che anche lui in fondo era capace di provare sentimenti, non aveva mai provato l’amore, questo è vero, ma dal ritmo con cui il suo cuore stava battendo il quel momento forse lo avrebbe provato presto, forse lo stava già provando.
“Io…mi dispiace per oggi, non è una situazione facile per me. Vorrei dirvi di più…io, non sono un burbero, anche se potrebbe sembrare, spero di non avervi dato questa impressione”.
“Vi ho visto sapete? Mi guardavate con la coda dell’occhio mentre viaggiavamo verso l’osservatorio. Guardavate i miei capelli, il mio viso… allora? Sono quello che vi aspettavate?”
Thorn non sapeva cosa rispondere, le sue difese, costruite in tanti anni di soprusi da parte della sua famiglia, stavano già crollando un pezzo alla volta durante una semplice conversazione? Deglutì con fatica quando la ragazza si avvicinò a lui per scrutarlo meglio da dietro gli occhiali. Non era ancora una distanza considerabile pericolosa, ma da quel punto poteva sentire il profumo di mandorle che emanavano i suoi capelli, poteva finalmente vedere gli occhi color nocciola, dolci, privi di paura.
“Ofelia, voi… sarebbe meglio che voi torniate in camera vostra prima che vostra madre venga qui e ci trovi in questa situazione sconveniente, credo non basterebbe il mio pugnale a fermare la sua furia”. Aveva pronunciato il nome di lei per la prima volta, la sua voce non aveva più quel timbro duro del pomeriggio, tremava appena.
Ofelia si avvicinò quel tanto che bastava perché Thorn potesse immergere la mano nei suoi capelli, si avvicinò così tanto che Thorn poteva sentire il suo cuore battere sotto la stoffa della camicia da notte… si avvicinò fino a sfiorare le labbra di lui. Thorn sentì il calore vellutato della bocca di lei e lo sentì fluire rapidamente in tutto il suo corpo come una miccia innescata dalla scintilla del fuoco. Le mani della giovane animista si erano infilate sotto la camicia abbottonata e gli toccavano ogni incavo procurato dagli artigli della sua famiglia, scorrevano piano, calde, sfiorando ciò che lui si era preoccupato di nascondere ai suoi occhi.
“Voi non mi fate paura, Thorn”. Ofelia si era staccata dalle sue labbra per dirgli le uniche parole che per lui contavano davvero in quel momento e allora lui, finalmente sicuro di sé, si era riavvicinato alla sua bocca per assaporare qualche altro attimo di felicità.
Thorn si svegliò, i vestiti ancora indossati, la camicia sgualcita, la schiena dolorante per essersi addormentato in quel minuscolo letto. Ofelia non c’era, non c’era mai stata. Il cuore gli batteva ancora pensando al sogno meraviglioso da cui si era appena svegliato.
“Devo essere impazzito…” pensò mentre si toglieva i vestiti del giorno prima e cercava di rendersi presentabile per la colazione. Uscì dalla stanza e scese in cucina. “Mi dispiace darvi una brutta notizia” disse ai genitori di Ofelia che non avevano dormito per tutta la notte per via dei litigi sommessi che l’ospite aveva creato nella coppia “io e vostra figlia partiamo oggi, ho molte faccende da sbrigare al Polo”.
Thorn non poteva rischiare che Ofelia cambiasse idea sul matrimonio, lui provava qualcosa per lei, e doveva solo trovare il coraggio di aprirsi con lei e spiegarle il suo punto di vista, lontani dalla sua ingombrante famiglia animista.
Ofelia arrivò in cucina poco dopo di lui, lo sguardo torvo; Thorn non ebbe il coraggio di guardarla, ancora ricordava le labbra del sogno sulle sue, le mani ovunque... si mise quindi a riempire la pipa in modo nervoso e lasciò parlare i genitori di lei. Ofelia non prese per niente bene la notizia della partenza, così come lui non prese bene il doversi portare dietro anche la zia Roseline.

 
   
 
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