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Autore: Anna Wanderer Love    11/04/2020    1 recensioni
La sua vista si schiarì, e riuscì a vedere un volto umano davanti a lui, dai grandi occhi verdi che lo fissavano preoccupati. Le labbra dell’umana si mossero veloci, di nuovo, ma di nuovo Thranduil non riuscì a comprendere cosa stesse dicendo e fece una smorfia mentre un fischio copriva ogni rumore, tranne quello del suo cuore che batteva sempre più lento.
Sentì le palpebre farsi sempre più pesanti, e appoggiò la nuca al tronco ruvido dietro di sé.
No, lesse sulle labbra dell’umana. Non addormentarti.
La vide estrarre qualcosa da sotto al mantello grigio, una fiala dal contenuto azzurrognolo. La avvicinò alle sue labbra, afferrandogli il mento per socchiudere la sua bocca. Versò un sorso del liquido, il sapore dolciastro si mischiò a quello acre del sangue. Thranduil fece in tempo a mandare giù, poi gli abissi calarono su di lui.
O:
Thranduil rimane ferito mentre viaggia per raggiungere le sue truppe, che si stanno radunando per cacciare il male da Bosco Atro. Da chi sarà salvato? E come farà a tornare dal suo popolo?
Kairos: dal greco, "momento giusto o opportuno, momento supremo". Un momento in cui accade qualcosa di speciale.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thranduil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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V

 



Sulla via del ritorno, Asinna rimase in silenzio a lungo, così come il suo compagno. Procedevano con passo lento, seguendo i sentieri battuti dai boscaioli, immersi nei loro pensieri, finché la mente della giovane smise di vagare e tornò a bearsi della natura attorno a lei. Flebili cinguettii e il frinire di piccoli insetti risuonavano in una melodia appena udibile, mentre fruscii di foglie e cespugli davano minuscoli indizi sui rapidi movimenti di creature che li seguivano curiose. Anche senza avere una percezione particolarmente acuta come quella degli elfi, la donna sentiva la vita fluire attorno a sé, ed era una sensazione meravigliosa.
A tratti ricordava l’alce maestoso che era apparso come d’incanto. Non riusciva ancora a credere che fosse successo davvero. Il modo in cui quella creatura imponente li aveva guardati, e in cui aveva reso omaggio all’elfo, la sbalordiva e la commuoveva al tempo stesso. Non molti umani potevano dire di aver vissuto la stessa esperienza magica, e lei si sentiva fortunata ad avervi assistito, anche perché c’era qualcosa di arcano, in quell’alce, che le aveva subito fatto intuire che fosse diverso dagli animali che popolavano la foresta.
Era rimasta stupefatta anche nel vedere la reazione dell’elfo. Certo, non si aspettava che rimanesse impassibile come sempre; ma nel vedere i suoi occhi lucidi di lacrime perlacee, e nel sentire la sua voce rotta da un’emozione profonda, era rimasta profondamente turbata.
Non si era sentita a suo agio, quando l’aveva ringraziata. Era stata quella creatura magica e antica a concedere loro quell’esperienza surreale, non lei.
Il silenzio fu rotto quando, intenta a sorpassare una radice particolarmente alta che tagliava in diagonale la via, il suo piede scivolò su una macchia di muschio e perse l’equilibrio, scivolando in avanti. L’elfo era balzato sulla parte superiore della radice senza alcuno sforzo, ma nel vedere il suo movimento improvviso con la coda dell’occhio si riebbe dai suoi pensieri e in un secondo Asinna si ritrovò la schiena premuta contro al suo petto, il braccio sano di lui che le circondava le spalle, la mano che stringeva il suo braccio e sorreggeva il suo peso, depositandola delicatamente a terra. Rimase immobile per un secondo, gli occhi sgranati e il cuore che batteva impazzito nel petto, incapace di muoversi, mentre l’elfo non lasciava la presa ma continuava a stringerla.
- State bene? – udì la sua voce melodiosa avvolgerla e si riscosse. Si allontanò bruscamente da lui, con un respiro spezzato, scostandosi con gesti nervosi le ciocche davanti al volto e schiarendosi la voce.
- Sì, sì – disse affannata, salvo poi ricordarsi che lui non poteva sentirla. Maledì la sua goffaggine e si voltò, solo per trovarsi davanti le braccia tese dell’elfo, sulle cui mani a coppa risaltavano i funghi dai colori accesi. Li aveva raccolti da terra con una velocità straordinaria, mentre lei era voltata.
Sospirò, guardandolo con un’espressione di stanchezza mista ad imbarazzo, mentre lui la esaminava con uno sguardo intenso.
- Sto bene. Grazie – mormorò, e tese il cestino verso di lui. L’elfo vi fece ricadere i funghi e indicò davanti a loro, iniziando a camminare senza dire altro.
Asinna lo seguì. Era così agitata perché era stata colta di sorpresa, nient’altro. E anche perché non le piaceva il contatto fisico, e trovarsi la schiena premuta contro il torace ampio dell’elfo, i suoi capelli d’oro pallido che le sfioravano il viso e le ricadevano sul petto in una profumata cascata, le sue mani ferme e gentili che affondavano nella sua pelle, e il piacevole tepore del suo corpo... si riscosse bruscamente, rimproverandosi. L’ultima cosa che le serviva era mettersi ancora di più in imbarazzo. Cestino contro al fianco, si posò una mano sulla guancia e si detestò, quando sentì che era bollente sotto alle dita.
Di fronte a lei, la figura maestosa ed elegante proseguiva leggiadra, saltando su sassi e radici come se il suo corpo fosse stato leggero come una piuma. La differenza tra loro era abissale: lui a suo agio come un pesce nel mare, con una grazia ed un’eleganza innaturali, e lei che procedeva sul terreno ben attenta a dove metteva i piedi per non cadere di nuovo.
- Perché sul soffitto della vostra camera avete appeso dei fiori?
La domanda la colse alla sprovvista e fissò l’elfo con un’espressione fin troppo spaesata, almeno finché lui voltò con un movimento elegante il capo e la guardò con intensità.
- Nessun motivo – rispose, lievemente sulla difensiva. – Mi piaceva il pensiero che fossero la prima cosa da vedere, al risveglio.
Lui saltò giù e le si affiancò. Era straordinariamente imponente, ora che Asinna ci faceva caso. La camicia gli calzava a pennello, evidenziando i fasci di muscoli delle braccia e il torace ampio. La sua voce era vibrante di curiosità, e i suoi occhi avevano una scintilla di interesse infantile, mentre mandava avanti la conversazione.
- Non ho mai visto questo tipo di funghi.
La donna annuì, gettandovi un’occhiata. Sorrise nel ricordare come avesse imparato a conoscerli. Mentre camminava impaurita lungo la via che attraversava la foresta, in fuga e nel disperato tentativo di arrivare all’estremità occidentale della selva, alla fine si era rassegnata alla fame e aveva mangiato alcuni di quei funghi velenosi senza sapere se fossero commestibili, affidando la sua vita al fato. Era stata ritrovata tra dolori lancinanti da un paio di boscaioli che si erano allontanati dal villaggio a caccia, e l’avevano portata lì, dove l’anziana guaritrice l’aveva presa a male parole per aver rischiato di morire in un modo così stupido. Dopo essere guarita, era rimasta lì finché la donna era stata in vita, imparandone il mestiere, per poi andare a vivere nella casetta sull’altopiano in cui si era imbattuta per caso durante una passeggiata.
- Nemmeno io li avevo visti, prima di arrivare qui. Credo non esistano altrove, e crescono solo in quelle pozze d’acqua. Alcuni sono commestibili, quelli che hanno il cappello arancione, per quanto possa sembrare improbabile. Quelli azzurri o rosa sono velenosi ma se trattati possono essere usati per due cose; la parte colorata per gli unguenti, mentre il gambo a puntini servirà per voi. Ha un potente effetto su corpi debilitati. Ho pensato che avrei potuto provare a fare qualcosa per il vostro udito, oltre all’infuso con la foglia di re.
Il re degli elfi scosse lievemente il capo, sorpreso dalla sua premura, ancora una volta. Doveva ancora abituarsi all’entusiasmo della giovane umana per la medicina, e la sua passione per aiutare i malati gli sembrava incredibile. Gli pareva ancora assurdo che l’avesse raccolto morente ai margini di una strada, ma aveva notato la scintilla che aveva illuminato i suoi occhi di giada mentre descriveva le capacità dei funghi, e la sua aria contenta gli ricordava quella che suo figlio aveva avuto quando aveva ricevuto dalle sue stesse mani il suo primo arco. Era il volto di qualcuno che gioiva nel praticare una passione, non un lavoro. Rammentava come il Legolas bambino l’avesse preso per mano e trascinato fuori, nei giardini, implorandolo di insegnargli a tirare. E ricordava come si fosse inginocchiato, avesse guidato le sue piccole braccia e sussurrato le istruzioni nelle sue orecchie, mentre sorrideva nel vedere la felicità di suo figlio nell’imparare a tirare con l’arco. Quella felicità era stata come una stella cadente, intensa e meravigliosa, che si era spenta in quello che era sembrato un istante.
- Vendete al villaggio i vostri unguenti? – le chiese, cercando di abbandonare quei ricordi dolorosi.
Lei annuì, scostando un ricciolo ribelle dalla guancia e ricacciandolo dietro all’orecchio. Thranduil lo osservò per un secondo. La sua estremità, tonda e non a punta, era buffa.
- La maggior parte. Altrimenti non saprei come usarli. Non mi capita spesso di trovare elfi feriti – scherzò, suscitando un sorriso lieve.
- Per vostra fortuna direi.
L’elfo però era curioso. Sapeva che non avrebbe dovuto insistere a porle domande personali, era parte del patto che la donna aveva imposto il primo giorno. Ma non era sua abitudine rinunciare a qualcosa che voleva. Rifletté su come ottenere quell’informazione, trovando un’unica soluzione.
- Asinna.
Lei si girò verso di lui, guardandola sospettosa. L’elfo fece del suo meglio per sorridere con grazia e usare un tono ammaliante -e dall’espressione incantata che balenò per un attimo sul suo volto, sortì l’effetto sperato.
- Se vi prometto di rispondere a una delle vostre domande, farete lo stesso?
Il passo della donna rallentò fino a fermarsi del tutto. Lui si voltò a guardarla, parandosi di fronte a lei, che lo guardava incerta. Si fissarono per una manciata di secondi, poi le ciglia dell’umana si abbassarono e Thranduil seppe di aver vinto.
- Va bene. Però giudicherò io se rispondere o meno. Se sarà troppo personale, potrete farmene un’altra.
L’elfo ridusse le labbra ad una linea sottile, evidentemente contrariato, provocando il sorrisetto della donna.
- Non vale.
- O così o nulla – ridacchiò Asinna. Dall’espressione crucciata di lui, e dal carattere testardo che aveva dimostrato in quei giorni, poteva intuire che non avrebbe rinunciato a soddisfare la sua curiosità. Era sicura che avrebbe accettato, anche se le condizioni non erano quelle che aveva posto lui. Difatti, l’elfo annuì con aria scontenta, le folte sopracciglia nere aggrottate.
- Forza allora – lo esortò lei.
Erano arrivati nei pressi di un’altra radice che sorgeva dal terreno e Thranduil balzò agile sulla sua sommità, senza alcuno sforzo. Asinna cominciò a chiedersi se non lo facesse apposta, per intimorirla con la sua forza elfica, ma mentre si allontanava di qualche passo per cercare un punto in cui fosse più facile arrampicarvisi sopra lui la seguì in perfetto equilibrio sulla corteccia, tendendole una mano. I suoi occhi grigi la fissavano con un’ombra di gentilezza nelle iridi chiare.
Allungò la mano e afferrò quella dell’elfo, che sostenne il suo peso mentre scalava con difficoltà la massa di corteccia ruvida. La aiutò anche a scendere, indicandole dove posare i piedi per non rischiare di scivolare, e poi proseguì tranquillo, come se quello non fosse stato il gesto più gentile e privo di astio che le avesse mai rivolto.
- Come siete arrivata in questa foresta?
Anticipò la sua smorfia infastidita con un cenno della mano, mitigando la sua rabbia con un’occhiata tranquilla.
- Non intendo perché: intendo come siete riuscita a non perdervi o a non farvi divorare dalle bestie. Presumo siate entrata in questa foresta da est, e non è una strada breve fino al villaggio.
- Non lo so nemmeno io – disse lei dopo una breve esitazione. – So che sembra strano, ma ho davvero avuto fortuna. Ci sono stati momenti in cui credevo di impazzire. Questa foresta è spaventosa, e spesso sentivo rumori orribili… fruscii spettrali, schiocchi di rami, sibili di ragni. Ma non mi sono mai fermata, e questo mi ha salvata. Ho continuato a camminare, anche quando ho perso la via, perché se non l’avessi fatto mi sarei lasciata andare alla disperazione. Era come se non riuscissi ad abbandonare la speranza di poter arrivare in un luogo sicuro, come se ci fosse una forza che mi guidasse. Me ne sono resa conto dopo, ma credo che la foresta mi abbia permesso di arrivare nei paraggi del villaggio sana e salva. Non so perché, non so se è stata tutta un’invenzione della mia mente, ma quando cadevo o mi lasciavo andare allo sconforto c’era sempre qualcosa a indurmi a riprendere a camminare. Il canto di un uccellino, uno spiraglio di luce in una direzione particolare, il gorgoglio di un ruscello svanito appena mi sono rimessa in piedi… è stata lei a proteggermi. Questo luogo si chiama Bosco Atro, ma è il simbolo della mia salvezza.
Thranduil assimilò in silenzio le sue parole, colpito suo malgrado da ciò che Asinna aveva rivelato. Ancora una volta, il bosco riusciva a sorprenderlo quando meno se lo aspettava. Non dubitava della veridicità del racconto, anzi era sicuro che la foresta e gli ultimi spiriti antichi che la dimoravano avessero tratto in salvo quell’umana. Se non ne avesse appena incontrato uno, non avrebbe mai creduto a ciò che la donna aveva detto. Avrebbe attribuito la sua salvezza alla fortuna e le sensazioni che aveva provato alla facilità con cui le menti umane sull’orlo del terrore potevano piegarsi all’immaginazione e ai vaneggiamenti. Ma dopo aver visto con i suoi stessi occhi l’alce, era certo che fosse stata la foresta; lo spirito non si sarebbe mai mostrato agli occhi della donna, altrimenti.
Ciò che però sfuggiva alla sua mente curiosa era il perché. Perché quella donna aveva colpito in quel modo il bosco? Perché aveva fatto sì che rimanesse in vita e arrivasse al villaggio?
Per quanto generosa e abile nel suo lavoro di guaritrice, Asinna era solamente una donna. Non c’era nulla di speciale in lei, ne era certo. Non conosceva la magia, non era predestinata a grandi imprese. Ma allora perché prendersi tanto disturbo per una donna comune?
- È il vostro turno – disse, interrompendo quei fili interminabili di pensieri.
La donna annuì. Rimase in silenzio per un po’, e l’elfo la osservò mentre guardava le fronde color smeraldo, ornate d’oro e di marrone, sopra di loro. Aveva notato come, a differenza della maggior parte degli umani, lei fosse a suo agio nella natura, e non perdesse l’occasione per rimirarne la bellezza.
- Vorrei tanto chiedervi di rivelare il vostro nome – disse infine. Piantò gli occhi smeraldini nei suoi, abbozzando un sorriso obliquo mentre si stringeva nelle spalle. – Ma so che sarebbe chiedervi troppo. Capisco che vogliate tenere la vostra identità segreta. Nel caso in cui qualcosa dovesse andare storto, sarebbe più sicuro per voi.
Thranduil avvertì una nota amara nella sua voce. Tese la mano ad afferrare il manico del cestino, notando come le sue spalle fossero incurvate per la fatica, e lei lo guardò sorpresa mentre glielo toglieva dalle mani. Ignorò il suo sguardo e osservò i colori sgargiati dei funghi.
- Non vorrei nemmeno farvi domande riguardo al vostro combattimento con gli Orchi e alla guerra, perché immagino siano informazioni che non potete rivelare a cuor leggero a chiunque. E se lo faceste, posto che non potrei comunque rivelarle a nessuno quindi non so come i vostri superiori potrebbero venirne a conoscenza, potreste finire nei guai. E non sia mai che finiate nei guai a causa di una donna umana. Non potrei sopportare la colpa.
Thranduil non riuscì a non sorridere alla tenera scena. La donna si preoccupava persino che finisse nei guai. Il pensiero lo divertiva molto, perché non avrebbe mai potuto verificarsi quell’occasione, essendo lui a capo dell’intero regno, libero da ogni ordine e responsabilità, ma lei ovviamente non poteva saperlo. Scosse la testa, divertito, rivolgendole un’occhiata penetrante.
- Allora non sapete cosa chiedermi? Pensavo aveste più fantasia – non riuscì a trattenersi dallo stuzzicarla, e l’espressione indignata di Asinna lo soddisfò più di quanto si aspettasse.
- Certo che ho fantasia! Più di voi, anche se avete undicimila anni più di me.
La risata cristallina dell’elfo la colse di sorpresa, ma un grande sorriso le illuminò le labbra nell’ascoltare quel suono melodioso, che sembrava risuonare in una perfetta armonia con la foresta stessa.
- Forza, allora – la esortò lui, guardandola con la testa inclinata.
- Qual è la prima cosa che farete, non appena sarà finita questa guerra?
Thranduil smise di sorridere, sentendo un’ombra calare sul cuore. La domanda della donna era innocente, e dal suo volto capì che la sua reazione cupa l’aveva spaesata, ma ancora una volta il pensiero della guerra riusciva ad avvelenare ogni istante di serenità che provava.
- Non volevo… - fermò le scuse con un gesto della mano.
- Non preoccupatevi.
- Non dovete rispondere.
- Un patto è un patto – mormorò il re con voce greve. Riportò le iridi chiare sul sentiero davanti a loro, riconoscendo il tratto che avevano percorso qualche ora prima. Erano vicini a casa.
- Spero di avere modo di rimediare ad alcuni torti che ho fatto. Vorrei… ricostruire il rapporto con mio figlio – aggiunse, a voce talmente bassa che si stupì nell’accorgersi che lei aveva sentito.
Il volto di Asinna non mascherava lo stupore cocente che stava provando in quel momento. Solo quando lui si voltò a guardarla cercò di riacquistare un’espressione neutra, rimproverandosi. Quell’elfo aveva undicimila anni, era ovvio che avesse una famiglia. Chi mai avrebbe potuto sopportare di vivere così a lungo senza di essa?
- Siete stupita che io abbia un figlio?
Asinna scosse la testa, ma evitò il suo sguardo. – No, in effetti, è piuttosto logico.
Thranduil era incerto su cosa dire. Non sapeva perché, ma gli dava fastidio che fossero passati da un’atmosfera così piacevole e scherzosa a quel silenzio imbarazzato. Non che gradisse particolarmente la compagnia dell’umana, ma non era nemmeno spiacevole intrattenere due parole con una persona diversa dai generali cui era abituato.
- E vostro figlio quanti anni ha?
- Duemilaottocentosettant’anni.
Asinna sbuffò, scuotendo la testa divertita. Thranduil non riuscì a capire cosa avesse mormorato, ma era piuttosto sicuro che fosse un’esclamazione stupita. Era esilarante come il pensiero dell’età di un elfo potesse sconvolgerla così intensamente.
Prima che potesse aggiungere altro, davanti a loro gli alberi cominciarono a farsi più radi e la luce più intensa. Il volto della donna si illuminò e tirò un sospiro di sollievo.
- Finalmente! – esclamò, accelerando il passo contenta. Avevano tardato abbastanza e il sole era alto in cielo, con l’unico risultato che il suo stomaco aveva continuato a borbottare per l’ultima parte del viaggio. In quel caso la sordità dell’elfo le era tornata comoda.

Appena rientrati, dopo che Asinna era andata a controllare Mirtilla e le galline, si misero subito all’opera per preparare il pranzo. Nonostante la febbre e le ferite avessero debilitato il suo corpo, Thranduil era sollevato nel vedere che la camminata non l’avesse stancato più tanto. Significava che la guarigione stava procedendo bene, anche se non si sarebbe mai ripreso abbastanza velocemente per riuscire a raggiungere le sue truppe in un tempo ragionevole.
A quell’ora, dopo cinque giorni dall’aggressione degli orchi, degli esploratori lo stavano sicuramente cercando nei pressi del combattimento, senza alcun risultato. Secondo i suoi calcoli, dovevano essere passati due giorni dall’attacco perché i generali prendessero consapevolezza della sua scomparsa; e altri due perché le squadre di elfi raggiungessero il luogo dell’imboscata. I suoi elfi erano stati seppelliti, e di sicuro avevano trovato le loro tombe poco lontano dalla via, e scoperto che il suo corpo mancava tra quello dei caduti. Probabilmente stavano cercando di seguire le tracce, ma era piuttosto sicuro che si sarebbe rivelato tutto inutile. Non sapeva perché, ma aveva la sensazione che la foresta avrebbe impedito loro di raggiungerlo. Era piuttosto sicuro che il bosco lo volesse lì, in quel preciso momento, e non avrebbe permesso ai suoi sudditi di portarlo via. Altrimenti perché mai l’alce si sarebbe mostrato?
Seduto sullo sgabello traballante, dato che l’umana gli aveva rubato l’unica sedia intatta, a Thranduil toccò l’ingrato compito di pulire i funghi commestibili. Mentre le sue dita si macchiavano di terra e gli anelli si opacizzavano per i granelli neri che andavano ad oscurare la loro brillantezza, storse il naso. Non era abituato a cucinare e mai si sarebbe abituato.
Asinna sorrideva sotto i baffi nel vedere le smorfie dell’elfo che guardava implacabile i funghi, come se fossero stati nemici da spellare. Li tagliava con movimenti aggressivi e decisi, imbronciato. Quando le aveva chiesto se invece di occuparsi di quelli potesse impastare la farina e le uova per formare una focaccia, lei gli aveva negato quel privilegio e l’aveva costretto a fare quel lavoro ingrato, ma solo perché pensava che prima o poi, nel caso si fosse ritrovato costretto in circostanze simili, gli sarebbe tornato utile saper cucinare altri alimenti oltre che pane e patate. Questo però non gliel’aveva detto, e l’elfo non le aveva più rivolto la parola, mantenendo però una vaga aria indignata.
Quando ebbe finito, la donna si sporse sul tavolo per guardare il frutto della sua opera. Inarcò un sopracciglio e Thranduil la fulminò con un’occhiata minacciosa, quando si azzardò a commentare che la prossima volta avrebbe potuto tagliarli in strisce più sottili.
Asinna mise a cuocere la focaccia su una lastra sopra alle fiamme del camino, di fianco a una padella dove versò i funghi dopo averli conditi con alcune spezie. Voltandosi, si ritrovò l’elfo a una spanna di distanza e inarcò le sopracciglia, mentre lui la guardava severo.
- Cosa? Stavo solo guardando – borbottò, mentre lei lo aggirava e cominciava a sistemare il tavolo.
La donna represse un sorriso per evitare di farlo irritare, ma la divertiva molto assistere ai vani tentativi con cui l’elfo guerriero cercava di mascherare l’interesse per la sua cucina.
Mentre lei stava monitorava la cottura Thranduil si dedicò ad esplorare la libreria. Scoprì che la donna aveva numerosi volumi riguardanti la storia e geografia dei vari regni, sebbene fossero pochi quelli che contenevano informazioni sugli elfi e sui nani. C’era un discreto numero di pergamene contenenti poesie e poemi, trattati sulla medicina e rare edizioni di diari di viaggio di molti esploratori che avevano girato il mondo e scrupolosamente trascritto le loro esperienze e le tradizioni politiche e sociali di vari popoli.
- Non molti possono vantare una raccolta simile – commentò perplesso.
Guardò la donna, appoggiandosi alla libreria e incrociando le braccia. Lei voltò il viso per far sì che riuscisse a leggere le sue parole, ma continuò a fissare il loro pranzo.
- Sono rimasti a me quando la vecchia guaritrice è morta. Li aveva portati scappando dagli orchi. Non so come, ma l’ha fatto.
Il sovrano annuì.
- Potete leggerli, se volete. Non so se c’è qualcosa che potrebbe interessarvi, ma nel caso.
- Grazie – mormorò lui, accarezzando il dorso di cuoio rossastro di Antiche leggende di elfi e nani. Lo estrasse e sfogliò le prime pagine. Degli appunti erano stati presi in alcuni passaggi, e il tratto era sbavato in alcuni punti, segno che era stato molto tempo prima.
- Pronto – annunciò Asinna, per poi ricordarsi che le parole non servivano. Schioccò le dita alzando il braccio e il gesto richiamò l’attenzione dell’elfo, che mise a posto il libro e si accomodò. Mentre la donna disponeva le porzioni nei piatti, Thranduil versò l’acqua nei bicchieri. Non era abituato a pranzare senza bere il vino più pregiato delle sue cantine, ma doveva ammettere che non era così male come aveva pensato inizialmente.
Mentre mangiavano, altre domande affollavano la mente della donna, l’elfo poteva vederlo con chiarezza da come era assorta nei suoi pensieri e continuava a gettargli occhiate assorte, per poi distogliere gli occhi non appena lui incrociava il suo sguardo.
Posò il bicchiere e le lanciò uno sguardo sfrontato.
- Avanti, chiedete.
 Lei finì di masticare e dondolò la forchetta tra le dita, sostenendo il suo sguardo senza timore. La luce che proveniva a fiotti dalla finestra illuminava la spruzzata di lentiggini sul suo naso, e dava ai suoi occhi una sfumatura calda, accogliente.
- Voi dove vivete?
L’elfo inarcò le sopracciglia, ma prima che potesse ribattere lei lo anticipò. – Voglio dire, c’è un palazzo? All’interno della foresta? Mi sembra strano, se a nord il bosco è come qui gli alberi sono fitti e non ci sarebbe spazio per una corte.
Thranduil annuì. – Molto tempo fa, quando gli elfi si stabilirono nella parte settentrionale della foresta, trovarono una serie di caverne sotto ad antiche colline. Lì sorge la reggia, che in realtà funge anche da capitale. Vivono migliaia di elfi… non come un tempo, ma ancora adesso il Palazzo del Re è il principale centro del regno.
Asinna lo fissava ad occhi sgranati, meravigliata. Thranduil sapeva che avrebbe dovuto moderare le informazioni che stava elargendo, ma il suo stupore era così sincero e puro che esitò. Non spesso si era trovato di fronte a qualcuno che non mascherasse le sue vere emozioni davanti a lui, ed era persino piacevole rispondere a quelle domande innocenti.
- Quindi il palazzo è formato da caverne?
Il re degli elfi chinò il capo in un cenno d’assenso.
- Ma… deve essere immenso – mormorò lei.
Il sorriso ermetico sulle labbra di lui si ampliò, mentre gli occhi grigi balenavano di un segreto piacere nel catturare la sua attenzione tessendo una pittoresca trama di parole.
- Lo è. Ogni caverna è collegata all’altra da corridori maestosi, che formano un intricato labirinto su diversi livelli. Ogni insenatura ha la sua funzione, ma la sala più maestosa è quella del trono del re. Il trono svetta al suo centro, illuminato da torce e lampade, così come le colonne intagliate e pitturate da mosaici realizzati dai migliori artisti elfici, che hanno messo la loro arte a disposizione del sovrano.
La donna pendeva dalle sue labbra. Era una soddisfazione impareggiabile, quasi perversa, quella che l’elfo stava provando. Era tornato ad usare la malia delle sue parole per controllare colei che gli stava davanti, esercitando un potere che lei nemmeno sospettava avesse.
- E voi?
Thranduil inclinò la testa, senza capire.
- Che funzione avete voi, a casa? Dubito siate un semplice soldato, avete detto di essere vicino al re.
Una sensazione di gelo lo aggredì.
E io che pensavo di averla in pugno, ironizzò l’elfo. È lei che ha in pugno me, senza nemmeno saperlo.
Trasse un sospiro teatrale, appoggiando la schiena alla sedia e raddrizzando le spalle, senza volerlo sembrando ancora più massiccio di quanto non fosse. Dondolò la gamba, accavallando una sull’altra, e guardò dall’alto in basso l’umana che non accennava ad abbassare lo sguardo, anche se le sue guance si tinsero di un lieve colore rosato.
- Sono ai vertici dell’esercito – la risposta fu laconica, ma Asinna non si scoraggiò.
- E anche vostro figlio lo è?
- Quante domande. Io non ve ne ho fatte così tante – replicò con un sorriso mellifluo l’elfo. Lei lo guardò dolcemente, anche se le sue parole erano intrise di veleno.
- Siete stato voi a incitarmi a parlare.
Thranduil si morse lentamente il labbro inferiore, alzando lievemente il mento, mentre i suoi occhi grigi rimanevano intrecciati in uno sguardo di sfida con quelli di lei. Il pranzo si era trasformato in una prova di forza velata che nessuno dei due riusciva a vincere.
- Anche lui riveste una carica importante, ma se ne è andato da Bosco Atro per seguire il suo destino.
- Non lo rivedrete a breve, allora.
Un’espressione feroce comparve sul volto dell’elfo. – No, non credo.
La donna afferrò una mela dalla ciotola in cui erano riposta assieme a vari altri frutti e la tagliò in spicchi. Il succo dolce le inumidì le dita e ne tese uno all’elfo, in silenzio. Thranduil sentì la sensazione appiccicosa sulle dita, mentre lo raccoglieva dal suo palmo e ne addentava piano un’estremità.
- Sono scappata – disse all’improvviso Asinna, evitando lo sguardo dell’elfo. I suoi occhi erano fissi sulla finestra, e osservavano un piccolo pettirosso che cantava allegro appollaiato sul davanzale. Si alzò, raccogliendo un pezzetto della focaccia avanzata e dirigendosi lentamente verso di lui, la mano tesa con le briciole sul palmo. L’uccellino smise di emettere la sua melodia acuta e girò di scatto la testa, ma Thranduil mormorò una breve frase in elfico per non farlo scappare via.
Piccolo amico, ti nutrirà. Non volare via.
La donna sorrise quando lui, con un frullo d’ali, saltò sul suo polso e becchettò piano le briciole.
- Sono scappata perché ero intrappolata in una vita che non avevo scelto e che mi ha causato tanta sofferenza. Ne porto ancora i segni, sul mio corpo e sulla mia anima.
Si riferiva forse alla cicatrice che gli stessi occhi di Thranduil avevano scorto sulla sua schiena? Era piuttosto sicuro di sì. Ma le parole che aveva detto non dovevano essere state facili da pronunciare, si rese conto. Lui stesso non era mai riuscito a parlare a qualcuno della morte che aveva spezzato la sua famiglia, dell’orrore di aver assistito alla morte di suo padre che gli aveva scavato profonde ferite dolorose nel cuore, e della guerra in cui aveva visto atrocità che tutt’ora gli infestavano la mente. Per non parlare della cicatrice che gli aveva sfigurato il viso, e che nascondeva grazie a un incanto potente, fingendo che non esistesse, che il suo volto fosse ancora integro e bello come era quando ancora ignorava cosa fosse la vera sofferenza.
Asinna si voltò, una sfumatura triste negli occhi.
- Qui sono felice, ma manca una parte di me che ho lasciato quando sono fuggita. Sono felice, ma ho il terrore che non possa durare.
Thranduil sostenne il suo sguardo, ogni goccia di avversione che aveva provato quando la donna aveva menzionato suo figlio ormai evaporata. Sentiva solo una profonda empatia.
- Comprendo. Ma talvolta è necessario lasciar andare i ricordi di ciò che è stato, o anche il presente rischia di essere avvelenato.
Il pettirosso emise una nota trillante che spezzò l’aria, per poi aprire le ali e volare via, fuori dalla finestra aperta.










Angolino dell'autrice:
Buon pomeriggio! Come state? Come procedono le vostre vacanze pasquali? (: 
Ed ecco qui un altro capitolo... vediamo Asinna e Thranduil cedere sempre di più alla curiosità, e mettersi in gioco per cercare di cogliere qualche indizio reciproco. Parlano di età, di figli, di cariche, il nostro re cede, disposto persino a rivelare qualcosa sul suo palazzo. Ho approfittato di questo capitolo, un po' di passaggio, per indagare le loro curiosità, le loro idee, far sì che rivelassero la curiosità che nutrono una nei confronti dell'altro. è stato molto divertente (: 
Qual è la scena che vi è piaciuta di più? A me, se devo essere sincera, quando l'altezzoso sovrano cerca di nascondere il suo interesse per la cucina... fallendo miseramente (: 
Vi ringrazio per essere arrivati a leggere fino a qui, se vi va fatemi sapere cosa pensate (della storia, dei personaggi, di Mirtilla...), se avete dubbi o riflessioni! 
Stay home and stay safe  <3
Anna
   
 
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