Titolo(Storia):
I Cento Mo(n)di
Titolo
Capitolo: Ho
cercato il tuo fioraio
Prompt:
#17 Ho trovato un
portafogli e la mia Impresa è trovarne il proprietario e
restituirlo!AU
(Percy/Calypso)
Personaggi:
Calypso,
Zoe Nightshade, Thalia Grace, Katie Gardner, Grover Underwood, Juniper,
Sally Blofis
(Annabeth Chase, Luke Castellan, Bob/Giappetto, Atlante, Phoebe, Jason
Grace,
Luke Castellan, Clarisse LaRue, Travis e Connor Stoll, Ulisse, Francis
Drake,
Paul Blofis, Estelle Blofis, tecnicamente Leo Valdez)
Paring: Perlypso
(ma
neanche troppo) (minor: Percabeth, Juniper/Grover, Sally/Paul,
past!Ulisse/Calypso,
past!Francis Drake/Calypso).
Rating: Verde
frutta
acerba
Warning:
Modern!AU,
Highschool!AU, Age-gap (strizzando gli occhi underage e, forse,
stalking? Non
sono convinta)
Beta: Nessuna
Note:
Volevo finirla ieri per
pubblicarla oggi. Ma, ahimè, non ho fatto in tempo. Buona
Pasqua a chiunque
legga e sappia che non è da solo; per me è stato
difficile vivere lontana da
casa la giornata di oggi, per ciò alla fine ho pensato di
sfogare questo magone
nella scrittura.
Volevo scrivere ancora di Percy e Calypso perché per me come
ship sono
validissimi, ma continuo a non trovare prompt che mi convincano.
Comunque, se
avete consigli per future ship o (b)romance, confessatevi.
Oltre questo, questa os è completamente isolata dalle altre,
ma riprende
elementi già inseriti (tipo Leo vicino di casa di Calypso) e
Calypso studentessa
di Genomica.
Il tag underage è perché tecnicamente Calypso e
Percy si portano qualcosa come
sei-cinque anni di distanza e lui è ancora minorenne, in
italia non è un
problema, ma l’America ha un diverso approccio alla cosa
Si il titolo è una parodia al titolo di un libro di Nicholas
Sparks (?), che
piaceva moltissimo ad una mia amica al liceo.
Niente, non so, spero vi piaccia.
Vorrei ringraziare: Farkas,
little_spycho
e fenris per la recensione <3.
Grazie.
Come sempre la lista dei prompt la potete trovare nei capitoli
precedenti.
Ps- Io ho proprio
l’headcanon di Percy Bello-ma-inconsapevole.
Ho cercato il
tuo fioraio
Quella
mattina Calypso aveva scoperto di Perseus Jackson più cose
di quanto non
avrebbe mai voluto.
Prima di tutto era un disordinato.
Era un accumulatore impenitente – di scontrini.
Aveva una famiglia molto carina.
Aveva una ragazza, almeno indovina, dall’aspetto molto sicuro.
Gli piaceva il colore blu.
Un insana passione per i quarti di dollaro.
Aveva una carta di debito dell’OlympusExpress.
Giovedì, alle sedici e trenta, doveva essere da un fioraio.
Mentre doveva ritirare, a data da destinarsi, dei medicinali da una
farmacia,
vista la ricetta.
E, sopra tutte le altre, Calypso aveva scoperto che era un ragazzo
maledettamente bello.
Non quelle bellezze da bello-e-dannato, tipo Ulisses, o una bellezza
raffinata
come quella di Francis, spontanea semplice, di chi non deve sforzarsi
di essere
bello ne forse ne è consapevole, con un sorriso pieno verso
la telecamera.
Anche se era troppo giovane.
Calypso aveva scoperto tutte queste cose grazie ad un semplice
portafoglio.
Era di una stoppa lucida, forse troppo plasticosa per i suoi gusti, di
un blu
intenso, sul cui fronte era presente in un azzurro più
chiaro l’immagine di un
tridente.
Il portafoglio era piegato in due, si apriva rivelando
poi per esteso tutta la sua lunghezza e
Calypso lo aveva trovato strabordante di roba al suo interno.
Di solidi: solo un mucchio di monete da un quarto di dollaro e la carta
di
debito. La foto ripiegata di una famiglia sorridente composta da una
donna
riccioluta dal sorriso luminoso, un uomo dall’aspetto un
po’ goffo, un ragazzo
attraente dai capelli scuri ed una bambina dalle fossette, issata sulle
spalle di
quello che doveva essere suo fratello.
Un'altra foto, piegata, arrotolata era quella del medesimo ragazzo,
solo in
primo piano apparivano gli occhioni verdemare, che schiacciava la sua
faccia su
quella di una biondissima ragazza dalla pelle d’ambra.
E la patente : Perseus Jackson, dicesette anni, New York City.
Ciò che mancava era la carta di identità.
E poi un infinita di scontrini, infilati un po’ ovunque,
senza ordine, in ogni
scompartimento.
“Hai finito di guardare quello stupido
portamonete?” aveva chiesto sua sorella
leggermente spazientita mentre sorseggiava il suo caffè.
Zoe era una persona spigolosa da ogni angolazione Calypso
l’avesse mai
guardata, era una cosa che l’aveva sempre ferita essere
incapace di
relazionarsi con sua sorella per bene, a lei che la compagnia era
sempre
piaciuta e si era spesso ritrovato a vivere un esistenza solitaria
nella villa
dei Nightshade, lì sul colle, in una casa troppo grande per
un bambina come lo
era stata lei. Per sua sorella era stato diverso, Zoe aveva quasi dieci
anni – nove
anni e sette mesi – in più di sua sorella Calypso,
aveva vissuto i suoi anni in
casa in stoica solitudine senza elemosinare un briciolo
dell’affetto di suo
padre, e poi un giorno a diciannove anni era andata via dopo aver
conosciuto un
uomo.
C’erano voluti dieci anni da quel momento perché
Calypso la ricontrasse.
Quell’uomo le aveva spezzato il cuore, ma Zoe Nightshade
aveva trovato comunque
il suo posto nel mondo e era diventata un avvocato, e lavorava come
associato
presso uno studio di grido di New York City: Artemide, Abnoba[1]
& Rādhā[2].
Si erano riviste solo in occasione del funerale di Atlante Nightshade,
un uomo
potente, al cui capezzale si erano riuniti meno d’una decina
di persone e nessuna
delle sue figlie avevano versato lacrime.
Dopo quell’incontro le due sorelle si erano tenute
più in contatto, tre anni dal
funerale di suo padre, terminato il corso preparatorio e si
appropinquava, all’età
di ventidue anni di cominciare l’università di
genomica[3],
si era trasferita a New York
da sua sorella, tecnicamente vive abusivamente sul divano di
quest’ultima con
le sue altre due coinquiline: Phoebe e Thalia.
“Che mi dispiace per lui” aveva risposto Calypso a
Zoe, mentre posava il portafoglio
blu, di fianco il suo cornetto integrale minimante toccato.
Con gli occhi aveva guardato le acque argentate che si increspavano
appena del
lago dove alcune giovani coppiette amoreggiavano sulle barche.
Quel sabato mattina aveva trovato il portamonete di Persesu Jackson
lungo uno
dei sentieri di Central Park durante l’ormai abitudinario
jogging mattutino di
Zoe.
In vero sua sorella andava a correre, scattante, mentre Calypso con
l’abito a
fiori e le scarpe da ginnastica bianche si limitava a seguirla, con il
borsello
a tracolla per godersi quel piccolo momento di pace e
tranquillità nel cuore
verde di New York.
Era cresciuta in campagna e i palazzoni di cemento che scomparivano tra
le
nuvole e le infinite Aveneu di asfalto le davano spesso un senso di
inadeguatezza.
“Vedi se ha una qualche tessera della Biblioteca o
scolastica” aveva detto
solamente Zoe, con ancora i pantaloni da jogging ed una felpa grigia a
coprire
il reggiseno sportivo, completamente slacciata.
Di norma sarebbe già tornata all’appartamento per
farsi la doccia, ma aveva deciso
di rimanere in giro con lei a prendere il caffè, questo
perché Phoebe era
andata a Boston dai suoi genitori e Thalia … be, era agitata
per qualcosa.
“Scusa sulla carta di identità non
c’è scritto dove vive?” aveva chiesto
sua
sorella, “Non era nel portafoglio, solo la patente”
aveva detto, mostrandola
alla sorella.
“Bel faccino. Probabilmente uno stronzo” aveva
stabilito asciutta come solo Zoe
poteva essere, “Tu lo dici di tutti gli uomini”
aveva replicato Calypso, “Ho
mai avuto torto?” aveva risposto l’altra ruvida.
Atlante.
Ulisse.
Francis[4].
Il suo uomo.
Calypso aveva taciuto.
“Sono un avvocato” aveva detto Zoe, come quello
dovesse chiarire ogni cosa.
Calypso aveva sbuffato, “Poi mi chiedo come lo abbia
perso” aveva valutato lei,
“Il venerdì sera gli adolescenti, che non guardano
la cronaca nera si imboscano
sempre nelle angustie viette del parco” aveva detto sua
sorella. “O Law &
Order[5]”
aveva commentato Calypso.
Sapeva che
l’unico modo per risolvere la questione era portato il
portafoglio alla più
vicina stazione di polizia e liberarsi dell’inghippo,
immediatamente.
Ma in un certo senso, non voleva.
Aveva passato eoni ed eoni nella solitaria villa sulla collina dei
Nighshade,
fantasticando delle vite delle persone che non aveva mai incontrato e
che mai
avrebbe.
Il postino.
Il fattorino.
Le fototessere che rovinate che aveva trovato una volta camminando per
il bosco
dietro la proprietà, rovinate abbastanza perché
del viso dello sconosciuto si
riconoscesse una bocca stretta e dritta, in un viso sbiadito.
I compagni di penna di Nonno Bob, le cui lettere, alcune scritte in una
lingua
che non conoscevano, erano accatastate in soffitta, la cui carta era
mangiata,
lasciando a Calypso nulla che pagine frammentari di racconti che stava
a lei
completare.
Il ragazzo nella stanza accanto che parlava spagnolo, odorava di fumo e
di cui
aveva intravisto una zazzera riccia che abitava dirimpetto
l’appartamento di
Zoe[6].
Così Perseus Jackson ed il suo portafoglio blu erano
diventate un'altra di
quelle cose, qualcosa
di nuovo su cui
fantasticare.
Forse aveva ragione Francis nel dirle che invece di occuparsi delle
piante,
avrebbe dovuto scrivere.
Aveva una bella fantasia.
Cosa immaginava di Perseus Jackson?
Sicuramente che era un bravo fratello maggiore ed era un bravo figlio.
Sua
sorella si sbagliava, era un bravo ragazzo, pieno di vita, bello si, ma
non
affascinante o seduttivo, forse completamente ignorante del suo
aspetto. Non
sapeva perché, ma dalla foto che aveva accartocciato con la
sua ragazza, mentre
gli occhi di lei, grigi come argento, erano sicuri e puntati con
fierezza verso
l’obbiettivo, lui pareva più umile ed indeciso.
Poi aveva deciso facesse sport, era alto non contava, ma aveva spalle
larghe e
petto piatto, non pallacanestro e neanche football, il baseball forse. La sua fidanzata aveva i
capelli biondi
parzialmente coperti da un cappellino dei New York Yankees.
Frequentava una scuola pubblica decise, le foto di famiglia erano
abbastanza
modeste, nulla fuori dall’ordinario ed il mare che si vedeva
alle loro spalle
era quello di Long Island. Niente di esotico. Una famiglia normale.
Padre, madre, due bambini.
Si, normale. Accettabile.
Poi come il suo portafoglio era un caos di scontrini e post-it, Calypso
immaginava dovesse anche essere la sua camera, un letto da una piazza
sola,
poster della squadra preferita, magari una band poco famosa e foto.
Perseus
Jackson sembrava un tipo da avere la camera tappezzata di foto di
persone che
gli erano care e ne aveva tante, perché Calypso lo
immaginava buono e alla
mano.
Si era rigirata tra le mani la patente del ragazzo per vederla bene,
era
plastificata, l’immagine sul quadrato era appena un
po’ sfocata, non sorrideva
in quella foto, per dovere civico, ma Calypso riconosceva un fremito
leggero,
immortalato nella camera, per l’eternità,
l’intenzione di piegarsi ad un
sorriso, vibrante della gioia di quel traguardo.
Calypso non aveva mai preso la patente.
Le medicine che doveva prendere in farmacia erano anti infiammatorie,
forse si
era ferito durante un qualche allenamento.
Aveva cercato altri indizi per costruire la sua storia.
C’era un post-it verde pisello, ‘Manchi ad
Arcobaleno. T.’, portava i segni di
molte piegature e l’inchiostro si era tinto di una sfumatura
aranciata, segno
del tempo.
Forse una vecchia fidanzata. O Forse era la ragazza dai capelli biondi
e gli
occhi grigi che lo aveva scritto, forse era un ricordo della loro
storia.
Aveva frugato ancora, trovando solo un biglietto mensile della
metropolitana.
Null’altro di intimo.
Fino a che aveva realizzato quanto in realtà di intimo ci
fosse lì dentro.
Gli scontrini.
Erano tutti di minimarket per lo più, Calypso non gli
conosceva, come ancora
non conosceva New York, ma immaginava non fossero della sua zona.
C’era lo scontrino di una catena di librerie piuttosto
famosa, Perseus Jackson
aveva acquistato ‘Il Dottor Zivago’. Era un libro
russo, anche se non ricordava
l’autore.
Non sapeva perché ma questa informazione un po’ si
discostava dall’immagine che
aveva avuto. Non aveva pensato a lui in materia di cultura ed
interesse, come
studioso, forse un po’ subornata dal suo
bell’aspetto. Avrebbe dovuto
riorganizzare le sue idee.
Thalia aveva stappato una lattina, differentemente da sua sorella
– o Phoebe –
non aveva mai mostrato fastidio per l’assediante presenza di
Calypso nella loro
già piccola casa.
“Che fai?” aveva chiesto subito.
Thalia odorava sempre di qualcosa, un po’ di nicotina, sudore
e menta, i
capelli erano una massa informe nera, su cui spiccava azzurrissima una
ciocca
di capelli, indossava sempre abiti strappati e pantacalze nere di pelle
lucida,
aveva sempre l’aria di una qualche cantante di una band punk
– non che Calypso
fosse esperta – invece che un ex-studentessa di economia
aziendale. Sapeva che
aveva abbandonato gli studi ed aveva preferito darsi a carriere
più disparate
ed era finita per essere assunta dallo stesso studio di Zoe, in veste
di investigatrice
privata.
“Mi faccio un’idea su questo ragazzo”
aveva ammesso candida, mentre allungava
la patente nelle mani di Thalia.
Lei aveva staccato dalle labbra la bottiglia, “Vuoi una mano?
Sono brava” aveva
scherzato.
Calypso avrebbe voluto ritrarsi, voleva che quella cosa restasse tutto
sommato
solo sua, come era sempre stato, ma aveva fantasticato dalla mattina
prima su
Perseus Jackson, che le sarebbe piaciuto scoprire quanto lontana o
vicina fosse
arrivata.
Così aveva passato il portamonete a Thalia e le aveva
raccontato le sue
impressioni.
La ragazza aveva puntato gli occhi azzurri, intensi come fulmini, su
tutte le
varie carte, con un moto di interesse per nulla discreto.
“Si. Non è ricco” aveva detto,
“Ma ha la faccia da ragazzo ricco – lì
conosco”
aveva aggiunto soddisfatta la donna. Thalia Grace era figlia di Zeus
Grace un CEO
di un importante compagnia di Import-Export, da quello che Zoe si era
lasciata
sfuggire. “Per la carta di debito, è probabile che
sia una di quelle con un
iban, fanno il conto dai sedici anni in su, probabilmente aveva bisogno
di un
posto dove mettere i soldi di un lavoretto” aveva ipotizzato,
“Ma è pure speculazione,
magari lo ha fatto perché doveva andare in gita da qualche
parte e non voleva
portarsi i soldi” aveva aggiunto.
Magari in trasferta con la squadra di baseball, aveva pensato Calypso.
“Comunque non è neanche povero, vesiti puliti,
espressione, pulita. Famiglia
pulita. Classe media” aveva detto, passando a setaccio gli
scontrini.
“Però è un ragazzo che ha avuto la sua
dose di traumi” aveva valutato, “Come lo
fai a dire?” aveva chiesto poi Calypso, “Senti io
non ho una laurea in psicologia
o altre cose, è solo un impressione” aveva detto,
“Ma questo ragazzo ha post-it
vecchi di anni e foto accartocciate nella suo portafoglio”
aveva spiegato, “Mi
sembra il comportamento di qualcuno che ha bisogno di sapere che le
persone che
ama siano sempre vicine e con lui” aveva detto Thalia.
“Forse perché è in sicuro o forse
perche ha paura di perderle, comunque quello
nella foto di famiglia non è il padre” aveva
detto, “La madre cento-cento, la
sorella, be, sicuramente è figlia dei due aldulti. Ma il
ragazzo ed il padre –
un patrigno” aveva aggiunto.
“Forse il timore dell’abbandono viene da un padre
naturale assente, forse, non
so” aveva aggiunto Thalia, prima di allungare uno scontrino
verso di lei.
Dolci d’America, era il negozio.
“Io partirei da qui” aveva detto.
“Perché?” aveva chiesto lei.
“Tutti i negozi sono nella stessa area, in cui fa la spesa,
incluso il fiorario
– si lo ho googlato mentre ti
crogiolavi” aveva detto Thalia schietta, “Questo
è lo scontrino più recente ed ha battuto la spesa
di uno zero-zero che implica
o che qualcuno aveva un buono gratis, sai di quelli
Bevi-Dodici-Milkshake ed il
tredicesimo è gratis o qualcuno aveva un codice sconto, di
solito i dipendenti”
aveva detto.
“Ma non ha altri scontrini” aveva sottolineato,
Thalia. Forse era un po’
strano, “Magari era un unicum” aveva proposto,
“Non so, io faccio sempre
colazione allo stesso bar da tipo dieci anni a questa parte”
aveva aggiunto, “E’
più probabile che butti gli scontrini di quel posto
perché si sente sicuro lì,
sai, saprà sempre dove trovarlo. Ma ipotizzo è
basta” aveva aggiunto.
Dolci
d’America,
era una piccola caffetteria incredibilmente patriottica.
Tutto in quel posto era orientato con i colori della bandiera.
Quando era entrata lunedì, tesa come una corda di violino,
aspettandosi di
veder spuntare la zazzera di capelli scuri e gli occhi verde acqua del
suo
sconosciuto, si era dovuta trovare leggermente delusa.
Il locale era lungo la settima avenue, in altezza della
cento-ventiquattresima
strada, davanti a gli hotel di medio reddito.
Gli avventori erano quasi tutti turisti ciancianti con qualche
sensibile
eccezione.
Come il ragazzo alla cassa che parlava con una delle cameriere dietro
il
bancone. Indossava un ingombrante cappello da rastafariano e teneva a
fatica
due stampelle.
“Ascoltami Jun, io gli dico questo e lui è
così incazzato …” stava dicendo,
americanissimo, con un accento New Yorkese.
Jun, con la maglietta a maniche corte rossa, con sopra il grembiule blu
ed una
banda bianca alla vita, lo guardava divertita, “Se non ti
sposti Grover non
posso lavorare” lo aveva ammonito, invitando Calypso ad
avvicinarsi.
Aveva preso un caffè lungo ed un muffin ai mirtilli, il
colorante aveva reso la
pasta blu con chiazze violacee per via dei frutti.
Si era seduta al bar ed aveva aspettato lì per qualche
oretta, dirando fuori il
blocco degli appunti sconnessi della lezione
di quella mattina per sistemarli meglio su un altro
quaderno ad anelli.
Grover era stato lì quasi tutto il pomeriggio a raccontarsi
storie fittamente
con la cameriera, che sembrava conoscerlo bene, visto come di tanto in
tanto, quando
non era guardata allungava una mano per tirarle un buffetto.
Poi la porta si era aperta, Calypso inizialmente non aveva alzato gli
occhi,
all’ennesimo cliente che non era lui, aveva rinunciato, fino
a che non aveva
sentito una voce.
“Scusa! Scusa!” aveva detto subito una donna.
Calypso aveva sollevato lo
sguardo, una furia con i capelli ricci ed il viso sorridente,
“Estelle ha
vomitato e Paul aveva un consiglio di classe” aveva detto la
mamma di Perseus, “E
Percy quando è all’allenamento non sente mai il
telefono” aveva aggiunto.
Faceva sport.
“Tranquilla Sally” aveva detto Jun, “Non
mi è pesato. Come sta Estelle?” aveva
chiesto, “Bene, adesso. Non aveva neanche la febbre, aveva
solo mangiato
qualcosa che non doveva mangiare, ora è a casa con
Percy” aveva spiegato
subito, mentre sbottonava la giacca, per rivelare una maglietta rossa.
“Signora
B.!” aveva esclamato Grover, a tutto denti.
“Ha ritrovato il portafoglio?” aveva chiesto subito
Jun, prima che Sally
potesse andare dietro il bancone per mettersi il grembiule blu, aveva
risposto Grover,
“No” aveva aggiunto, “Ma alla fine ieri
siamo andati a fare la denuncia. Non poteva
restare senza patente e carta” aveva detto subito quello.
“O la ricetta per la lussazione di Paul” lo aveva
imbeccato Estelle, “Comunque
che questo vi sia di lezione a non andare a giocare ad Alce Rossa a
Central
Park di notte” lo aveva rimproverato la madre di Percy.
“Si, signora B.” aveva detto subito Grover,
“Nessun Signora B. Grover! È mortalmente
pericoloso! Cosa farei poi senza i miei ragazzi?” aveva detto
lei,
allacciandosi il grembiule.
Grover aveva riso con sincero imbarazzo per quella spontanea
confessione d’affetto.
“Ma Alce Rosso non è un gioco diurno?”
aveva chiesto Jun con onestà, “Si ma
secondo Luke Castellan sarebbe stato più divertente di
notte” aveva risposto
poi Grover.
Anche Calypso aveva sorriso in qualche maniera. Percy –
perché doveva evidentemente
preferirlo a Perseus – aveva una mamma gentile, piena
d’amore, era amico di
Grover, e probabilmente di Jun della caffetteria, non aveva perso il
suo
portafoglio imboscandosi negli anfratti per amoreggiare o un rave-party
ma per
giocare ad Alce Rossa. Calypso non sapeva neanche cosa fosse Alce Rossa[7].
“E come è finita invece?” lo aveva
stuzzicato con un rimprovero Sally, Grover
si era voltato verso Jun, con il viso pregno di mortificazione,
“Clarisse si è
lussata una caviglia, Jason[8]
si sono rotto gli
occhiali, Percy ha perso il portafoglio e Connor Stoll è
stato arrestato per schiamazzi
e disturbo della quiete pubblica” aveva detto,
“Però era notte e sicuramente
non c’era nulla di pubblico” aveva sottolineato.
Era
martedì,
quando Calypso aveva saltato la lezione di Chimica Inorganica, alla
Pace, per dirigersi
al negozio di fiori, era all’incrocio
della settima avenue, solo all’incrocio con la
centoventisettesima. Due vie da
Dolci d’America.
Il negozio riportava sull’insegna con un elegante rosa
pastello in corsivo la
scritta: Gardner & Sisters, su un fondo ocra spento.
Calypso era entrata dentro il negozio odorando a pieni polmoni
l’odore di
fiori, diversi, prorompenti e la saporita acquosa dell’aria.
“Salve, come posso aiutarla?” aveva domandato
subito una uomo da dietro il
bancone, al suo fianco c’era una ragazza adolescente, con i
capelli scuri che
stava sfogliando una rivista, sembrava disinteressata ma osservava
tutto di
sottecchi.
“Volevo comprare un vaso con cui decorare il mio
balcone” aveva mentito, non
aveva una casa ne un balcone da decorare, ma Zoe aveva un appartamento
nel
Greenwich Village e le scale antincendio che fuggivano bene da ritrovo
dove
fumare, per Thalia, e prendere aria per le altre inquiline.
Il proprietario aveva cominciato a spiegare tutti i fiori che aveva nel
negozio, i loro significati e come fosse d’uopo trattarli.
Calypso nella vecchia mansione dei Nightshade aveva avuto una serra di
cui si
era occupata personalmente e le piante in un modo o
nell’altro erano sempre
stati la sua ragione.
La porta del negozio si era aperta.
Un ragazzo si era palesato sull’uscio, indossava un blazer
nero sopra una
camicia bianca e dei pantaloni cachi. Calypso gli aveva visti alcune
volte che
avendo lezione solo la mattina era andata a Central Park, era
l’uniforme di una
scuola privata.
Il ragazzo però aveva anche capelli scuri ed occhi verde
intenso ed un sorriso
carico di aspettative.
Percy Jackson!
“Katie!” aveva detto subito lui, trafelato
leggermente.
Katie la ragazza dietro il bancone aveva sollevato lo sguardo da lui
con un
sorriso accondiscendente, “Buon pomeriggio anche a te,
Percy” aveva scandito, “Come
sta quel demente di Travis, finirà in prigione?”
aveva chiesto.
“Era Connor” aveva detto Percy, sbrigandosi poi a
salutare anche il signor Gardner,
l’uomo con cui Calypso era stata a parlare.
“Va bene lo stesso” aveva detto la ragazza.
“Perché sei qui?” aveva domandato poi
Katie, “Oh, per ritirare i fiori di
Annabeth” aveva detto subito lui. “Che carino le
hai preso dei fiori” aveva
detto lei addolcita.
“No, i fiori li ha ordinati la signorina Chase” si
era intromesso nel discorso
il signor Gardiner, prima di scusarsi con Calypso.
Annabeth Chase.
Calypso indovinò dovesse essere la bella ragazza
dall’aspetto californiano, con
i riccioli biondi ed il capello degli yankee.
La fidanzata di Percy aveva ordinato un bouquet bello pieno di tulipani
gialli
ed aranci, che Katie aveva sistemato in una carta crema, con un nastro
rosso
corallo. Katie aveva allungato una mano verso di lui, “Dammi
la tesserina che
ho dato ad Annabeth” aveva detto subito, davanti lo sguardo
confuso dell’amico.
“Come?” aveva chiesto Percy.
“Quello dice che Annabeth ha già pagato”
aveva detto Katie.
“Ma Annabeth ha già pagato” aveva
sottolineato Percy.
“Lo so ma senza quello potresti essere qualcuno che viene a
ritirare i fiori al
posto suo” aveva specificato la ragazza, “Come i
biglietti per i cappotti in
discoteca” aveva aggiunto.
Percy aveva sbuffato, “Mi conosci da quando ho dodici
anni” aveva detto, “Sono
il fidanzato di Annabeth, quasi dallo stesso tempo” aveva
sottolineato come
ovvietà.
Katie non aveva ritratto la mano.
“Ora la chiamo” aveva proposto Percy,
“Potrebbe essere qualcun altro”
aveva scherzato
Katie, “Allora chiamala
tu” aveva insistito il ragazzo, “Magari mentirebbe
sotto coercizione” aveva
risposto la fioraia.
“KitKatie” le aveva detto l’uomo, come
ammonizioni bonarie.
“Hai sentito la mamma, ‘pa” era stata la
pigra risposta di Katie, “Nessuna
eccezione, Percy” aveva detto, rivelando un certo dispiacere,
“Dai ho perso il portafoglio
con dentro il biglietto” aveva detto lui, “Posso
farti credito se non hai i
soldi, però” aveva proposto la ragazza.
Percy si era morso le labbra per il disaggio e probabilmente anche la
rabbia.
Calypso aveva scosso il capo, “Un secondo” aveva
detto al signor Gardner,
raggiungendo i due ragazzi.
Era andata lì a posta alla fine.
Si era tirata i capelli cannella dietro l’orecchio ed aveva
sorriso.
“Salve” si era intromessa.
Entrambi l’avevano guardata.
Sapeva di non sembrare una ventiduenne, con i pantaloni di jeans,
sapeva di non
dimostrare mai l’età giusta, ancora nei locali le
chiedevano ancora i
documenti.
“Sono Calypso Nightshade” aveva detto, allungando
una mano verso di lui.
Percy l’aveva stretta, nonostante i suoi diciassette anni,
aveva mani grandi e
calde. Da uomo.
Lui si era presentato, un filo di imbarazzo dipingeva le guance in
prugne
rosse.
“Lo so” aveva detto, “Sono venuta qui per
te” aveva detto, aprendo la borsa ed
estraendo il portafoglio blu.
“Èqualche giorno che ti cerco” aveva
rivelato
E tutta la vita che cerco il protagonista di una mia storia, aveva
pensato.
La realtà era sorprendemente diversa. Non più
brutta. Solo diversa.
Dal vivo Percy Jackson restava ancora bello, ma restava ancora un
ragazzino con
un principio di acne sulle guance, il sorriso un po’
tremolante, le spalle non
così larghe e l’andatura un po’
ingobbita. La pelle segnata un po’ dal sudore e
l’affanno di una corsa.
Gli occhi, be, Calypso doveva ammettere che le foto non rendevano
giustizia.
[1]
Una
divinità
celtica adorata nella Foresta Nera.
[2]
È
una bellissima
pastorella, compagna eterna del dio Krsna, nella mitologia
indù – o vetica, non
ne sono troppo sicura.
[3]
Niente
alla povera
Calypso si è beccata questo corso di studi e continua;
comunque non ho ben
capito come funziona l’università americana, ma
prima ci sono due anni
preparatori e poi quattro effettivi, mi pare. Tecnicamente
l’università
cominciando a 18 anni, un anno prima che da noi, prevede che a 22,
Calypso
dovrebbe già star frequentando per il bacellorato, ma lei ha
iniziato in tirando
(colpa di Atlante).
[4]
Francis
Drake, un
pirata, che secondo il canone riordiano è finito
sull’isola di ogigia.
[5]
Sul
serio, metà degli
episodi di Law and Order e Law and Order: SVU sono ambientati a Central
Park ed
effettivamente è un posto che di notte deve fare spavento.
[6] Questa storia
non si svolge dello
stesso universo della Caleo, della Khileo e della Jason&Leo(che
scoprono gli
hentai) ma anche in questo caso sono vicini di casa.
[7] Neanche
io ho mai giocato ad Alce Rossa, ma una mia
amica mi ha assicurato che è molto divertente, qui ci sono
regole (https://it.scoutwiki.org/Alce_rossa).
Alce Rossa è un gioco diurno, ma lei mi ha detto che
è molto più divertente di
notte – ma anche più pericoloso.
[8] Spoiler:
Thalia è una brava investigatrice, ma non così
brava!