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Autore: RLandH    12/04/2020    2 recensioni
-Si con i titoli faccio schifo -
Raccolte di fanfiction per l'iniziativa proposta da CampMezzosangue dei "100AU"
(Non sono certa di riuscire a scrivere tutte e cento le storie, ma tentar non nuoce)
#32(Frank/Hazel)
#81 (Leo/Calypso)
#87 (Luke/Thalia)
#10(Jason/Piper)
#100 (Nico/Will)
#18 (Travis/Katie)
#11 (Chris/Clarisse)
#42(Reyna/Annabeth)
#5 (Leo/Khione)
#23 (Percy/Annabeth)
#34 (Percy/Reyna)
#33(Luke!Centric)
#28(Leo/Echo)
#90(Michael/Clarisse)
#98(Percy/Rachel)
#19(Jason&Leo)
#65 (Annbeth/Luke!Past)
#77 (Calypso/Lester)
#39 (Harry Potter!AU) (Charlie/Silena)
#15 (Nico/Will)
#38 (Annabeth/PercyPercy/Calypso)
#17 (Percy/Calypso)
#70 Quella spogliarellista ha un aspetto familiare OMG sei tu!AU (Nico&Reyna)
#2 Mi sono infiltrato in casa tua alle due di notte perché ero ubriaco e pensavo fossa casa mia!AU(Leo/Calypso)
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: I sette della Profezia, Quasi tutti
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo(Storia):   I Cento Mo(n)di
Titolo Capitolo:   Ho cercato il tuo fioraio
Prompt:  #17 Ho trovato un portafogli e la mia Impresa è trovarne il proprietario e restituirlo!AU (Percy/Calypso)
 Personaggi:  Calypso, Zoe Nightshade, Thalia Grace, Katie Gardner, Grover Underwood, Juniper, Sally Blofis (Annabeth Chase, Luke Castellan, Bob/Giappetto, Atlante, Phoebe, Jason Grace, Luke Castellan, Clarisse LaRue, Travis e Connor Stoll, Ulisse, Francis Drake, Paul Blofis, Estelle Blofis, tecnicamente Leo Valdez)
Paring: Perlypso (ma neanche troppo) (minor: Percabeth, Juniper/Grover, Sally/Paul, past!Ulisse/Calypso, past!Francis Drake/Calypso).
Rating: Verde frutta acerba
Warning:  Modern!AU, Highschool!AU, Age-gap (strizzando gli occhi underage e, forse, stalking? Non sono convinta)
 Beta: Nessuna
Note: Volevo finirla ieri per pubblicarla oggi. Ma, ahimè, non ho fatto in tempo. Buona Pasqua a chiunque legga e sappia che non è da solo; per me è stato difficile vivere lontana da casa la giornata di oggi, per ciò alla fine ho pensato di sfogare questo magone nella scrittura.
Volevo scrivere ancora di Percy e Calypso perché per me come ship sono validissimi, ma continuo a non trovare prompt che mi convincano. Comunque, se avete consigli per future ship o (b)romance, confessatevi.
Oltre questo, questa os è completamente isolata dalle altre, ma riprende elementi già inseriti (tipo Leo vicino di casa di Calypso) e Calypso studentessa di Genomica.
Il tag underage è perché tecnicamente Calypso e Percy si portano qualcosa come sei-cinque anni di distanza e lui è ancora minorenne, in italia non è un problema, ma l’America ha un diverso approccio alla cosa
Si il titolo è una parodia al titolo di un libro di Nicholas Sparks (?), che piaceva moltissimo ad una mia amica al liceo.
Niente, non so, spero vi piaccia.
 Vorrei ringraziare: Farkas, little_spycho e fenris per la recensione <3. Grazie.
Come sempre la lista dei prompt la potete trovare nei capitoli precedenti.

Ps- Io ho proprio l’headcanon di Percy Bello-ma-inconsapevole.

 

Ho cercato il tuo fioraio

 

Quella mattina Calypso aveva scoperto di Perseus Jackson più cose di quanto non avrebbe mai voluto.
Prima di tutto era un disordinato.
Era un accumulatore impenitente – di scontrini.
Aveva una famiglia molto carina.
Aveva una ragazza, almeno indovina, dall’aspetto molto sicuro.
Gli piaceva il colore blu.
Un insana passione per i quarti di dollaro.
Aveva una carta di debito dell’OlympusExpress.
Giovedì, alle sedici e trenta, doveva essere da un fioraio.
Mentre doveva ritirare, a data da destinarsi, dei medicinali da una farmacia, vista la ricetta.
E, sopra tutte le altre, Calypso aveva scoperto che era un ragazzo maledettamente bello.
Non quelle bellezze da bello-e-dannato, tipo Ulisses, o una bellezza raffinata come quella di Francis, spontanea semplice, di chi non deve sforzarsi di essere bello ne forse ne è consapevole, con un sorriso pieno verso la telecamera. Anche se era troppo giovane.
Calypso aveva scoperto tutte queste cose grazie ad un semplice portafoglio.
Era di una stoppa lucida, forse troppo plasticosa per i suoi gusti, di un blu intenso, sul cui fronte era presente in un azzurro più chiaro l’immagine di un tridente.
Il portafoglio era piegato in due, si apriva rivelando  poi per esteso tutta la sua lunghezza e Calypso lo aveva trovato strabordante di roba al suo interno.
Di solidi: solo un mucchio di monete da un quarto di dollaro e la carta di debito. La foto ripiegata di una famiglia sorridente composta da una donna riccioluta dal sorriso luminoso, un uomo dall’aspetto un po’ goffo, un ragazzo attraente dai capelli scuri ed una bambina dalle fossette, issata sulle spalle di quello che doveva essere suo fratello.
Un'altra foto, piegata, arrotolata era quella del medesimo ragazzo, solo in primo piano apparivano gli occhioni verdemare, che schiacciava la sua faccia su quella di una biondissima ragazza dalla pelle d’ambra.
E la patente : Perseus Jackson, dicesette anni, New York City.
Ciò che mancava era la carta di identità.
E poi un infinita di scontrini, infilati un po’ ovunque, senza ordine, in ogni scompartimento.
“Hai finito di guardare quello stupido portamonete?” aveva chiesto sua sorella leggermente spazientita mentre sorseggiava il suo caffè.
Zoe era una persona spigolosa da ogni angolazione Calypso l’avesse mai guardata, era una cosa che l’aveva sempre ferita essere incapace di relazionarsi con sua sorella per bene, a lei che la compagnia era sempre piaciuta e si era spesso ritrovato a vivere un esistenza solitaria nella villa dei Nightshade, lì sul colle, in una casa troppo grande per un bambina come lo era stata lei. Per sua sorella era stato diverso, Zoe aveva quasi dieci anni – nove anni e sette mesi – in più di sua sorella Calypso, aveva vissuto i suoi anni in casa in stoica solitudine senza elemosinare un briciolo dell’affetto di suo padre, e poi un giorno a diciannove anni era andata via dopo aver conosciuto un uomo.
C’erano voluti dieci anni da quel momento perché Calypso la ricontrasse.
Quell’uomo le aveva spezzato il cuore, ma Zoe Nightshade aveva trovato comunque il suo posto nel mondo e era diventata un avvocato, e lavorava come associato presso uno studio di grido di New York City: Artemide, Abnoba[1] & Rādhā[2].
Si erano riviste solo in occasione del funerale di Atlante Nightshade, un uomo potente, al cui capezzale si erano riuniti meno d’una decina di persone e nessuna delle sue figlie avevano versato lacrime.
Dopo quell’incontro le due sorelle si erano tenute più in contatto, tre anni dal funerale di suo padre, terminato il corso preparatorio e si appropinquava, all’età di ventidue anni di cominciare l’università di genomica[3], si era trasferita a New York da sua sorella, tecnicamente vive abusivamente sul divano di quest’ultima con le sue altre due coinquiline: Phoebe e Thalia.
“Che mi dispiace per lui” aveva risposto Calypso a Zoe, mentre posava il portafoglio blu, di fianco il suo cornetto integrale minimante toccato.
Con gli occhi aveva guardato le acque argentate che si increspavano appena del lago dove alcune giovani coppiette amoreggiavano sulle barche.
Quel sabato mattina aveva trovato il portamonete di Persesu Jackson lungo uno dei sentieri di Central Park durante l’ormai abitudinario jogging mattutino di Zoe.
In vero sua sorella andava a correre, scattante, mentre Calypso con l’abito a fiori e le scarpe da ginnastica bianche si limitava a seguirla, con il borsello a tracolla per godersi quel piccolo momento di pace e tranquillità nel cuore verde di New York.
Era cresciuta in campagna e i palazzoni di cemento che scomparivano tra le nuvole e le infinite Aveneu di asfalto le davano spesso un senso di inadeguatezza.
“Vedi se ha una qualche tessera della Biblioteca o scolastica” aveva detto solamente Zoe, con ancora i pantaloni da jogging ed una felpa grigia a coprire il reggiseno sportivo, completamente slacciata.
Di norma sarebbe già tornata all’appartamento per farsi la doccia, ma aveva deciso di rimanere in giro con lei a prendere il caffè, questo perché Phoebe era andata a Boston dai suoi genitori e Thalia … be, era agitata per qualcosa.
“Scusa sulla carta di identità non c’è scritto dove vive?” aveva chiesto sua sorella, “Non era nel portafoglio, solo la patente” aveva detto, mostrandola alla sorella.
“Bel faccino. Probabilmente uno stronzo” aveva stabilito asciutta come solo Zoe poteva essere, “Tu lo dici di tutti gli uomini” aveva replicato Calypso, “Ho mai avuto torto?” aveva risposto l’altra ruvida.
Atlante.
Ulisse.
Francis[4].
Il suo uomo.
Calypso aveva taciuto.
“Sono un avvocato” aveva detto Zoe, come quello dovesse chiarire ogni cosa.
Calypso aveva sbuffato, “Poi mi chiedo come lo abbia perso” aveva valutato lei, “Il venerdì sera gli adolescenti, che non guardano la cronaca nera si imboscano sempre nelle angustie viette del parco” aveva detto sua sorella. “O Law & Order[5]” aveva commentato Calypso.

 

Sapeva che l’unico modo per risolvere la questione era portato il portafoglio alla più vicina stazione di polizia e liberarsi dell’inghippo, immediatamente.
Ma in un certo senso, non voleva.
Aveva passato eoni ed eoni nella solitaria villa sulla collina dei Nighshade, fantasticando delle vite delle persone che non aveva mai incontrato e che mai avrebbe.
Il postino.
Il fattorino.
Le fototessere che rovinate che aveva trovato una volta camminando per il bosco dietro la proprietà, rovinate abbastanza perché del viso dello sconosciuto si riconoscesse una bocca stretta e dritta, in un viso sbiadito.
I compagni di penna di Nonno Bob, le cui lettere, alcune scritte in una lingua che non conoscevano, erano accatastate in soffitta, la cui carta era mangiata, lasciando a Calypso nulla che pagine frammentari di racconti che stava a lei completare.
Il ragazzo nella stanza accanto che parlava spagnolo, odorava di fumo e di cui aveva intravisto una zazzera riccia che abitava dirimpetto l’appartamento di Zoe[6].
Così Perseus Jackson ed il suo portafoglio blu erano diventate un'altra di quelle cose,  qualcosa di nuovo su cui fantasticare.
Forse aveva ragione Francis nel dirle che invece di occuparsi delle piante, avrebbe dovuto scrivere.
Aveva una bella fantasia.
Cosa immaginava di Perseus Jackson?
Sicuramente che era un bravo fratello maggiore ed era un bravo figlio. Sua sorella si sbagliava, era un bravo ragazzo, pieno di vita, bello si, ma non affascinante o seduttivo, forse completamente ignorante del suo aspetto. Non sapeva perché, ma dalla foto che aveva accartocciato con la sua ragazza, mentre gli occhi di lei, grigi come argento, erano sicuri e puntati con fierezza verso l’obbiettivo, lui pareva più umile ed indeciso.
Poi aveva deciso facesse sport, era alto non contava, ma aveva spalle larghe e petto piatto, non pallacanestro e neanche football, il baseball forse.  La sua fidanzata aveva i capelli biondi parzialmente coperti da un cappellino dei New York Yankees.
Frequentava una scuola pubblica decise, le foto di famiglia erano abbastanza modeste, nulla fuori dall’ordinario ed il mare che si vedeva alle loro spalle era quello di Long Island. Niente di esotico. Una famiglia normale.
Padre, madre, due bambini.
Si, normale. Accettabile.
Poi come il suo portafoglio era un caos di scontrini e post-it, Calypso immaginava dovesse anche essere la sua camera, un letto da una piazza sola, poster della squadra preferita, magari una band poco famosa e foto. Perseus Jackson sembrava un tipo da avere la camera tappezzata di foto di persone che gli erano care e ne aveva tante, perché Calypso lo immaginava buono e alla mano.
Si era rigirata tra le mani la patente del ragazzo per vederla bene, era plastificata, l’immagine sul quadrato era appena un po’ sfocata, non sorrideva in quella foto, per dovere civico, ma Calypso riconosceva un fremito leggero, immortalato nella camera, per l’eternità, l’intenzione di piegarsi ad un sorriso, vibrante della gioia di quel traguardo.
Calypso non aveva mai preso la patente.
Le medicine che doveva prendere in farmacia erano anti infiammatorie, forse si era ferito durante un qualche allenamento.
Aveva cercato altri indizi per costruire la sua storia.
C’era un post-it verde pisello, ‘Manchi ad Arcobaleno. T.’, portava i segni di molte piegature e l’inchiostro si era tinto di una sfumatura aranciata, segno del tempo.
Forse una vecchia fidanzata. O Forse era la ragazza dai capelli biondi e gli occhi grigi che lo aveva scritto, forse era un ricordo della loro storia.
Aveva frugato ancora, trovando solo un biglietto mensile della metropolitana.
Null’altro di intimo.
Fino a che aveva realizzato quanto in realtà di intimo ci fosse lì dentro.
Gli scontrini.
Erano tutti di minimarket per lo più, Calypso non gli conosceva, come ancora non conosceva New York, ma immaginava non fossero della sua zona.
C’era lo scontrino di una catena di librerie piuttosto famosa, Perseus Jackson aveva acquistato ‘Il Dottor Zivago’. Era un libro russo, anche se non ricordava l’autore.
Non sapeva perché ma questa informazione un po’ si discostava dall’immagine che aveva avuto. Non aveva pensato a lui in materia di cultura ed interesse, come studioso, forse un po’ subornata dal suo bell’aspetto. Avrebbe dovuto riorganizzare le sue idee.
Thalia aveva stappato una lattina, differentemente da sua sorella – o Phoebe – non aveva mai mostrato fastidio per l’assediante presenza di Calypso nella loro già piccola casa.
“Che fai?” aveva chiesto subito.
Thalia odorava sempre di qualcosa, un po’ di nicotina, sudore e menta, i capelli erano una massa informe nera, su cui spiccava azzurrissima una ciocca di capelli, indossava sempre abiti strappati e pantacalze nere di pelle lucida, aveva sempre l’aria di una qualche cantante di una band punk – non che Calypso fosse esperta – invece che un ex-studentessa di economia aziendale. Sapeva che aveva abbandonato gli studi ed aveva preferito darsi a carriere più disparate ed era finita per essere assunta dallo stesso studio di Zoe, in veste di investigatrice privata.
“Mi faccio un’idea su questo ragazzo” aveva ammesso candida, mentre allungava la patente nelle mani di Thalia.
Lei aveva staccato dalle labbra la bottiglia, “Vuoi una mano? Sono brava” aveva scherzato.
Calypso avrebbe voluto ritrarsi, voleva che quella cosa restasse tutto sommato solo sua, come era sempre stato, ma aveva fantasticato dalla mattina prima su Perseus Jackson, che le sarebbe piaciuto scoprire quanto lontana o vicina fosse arrivata.
Così aveva passato il portamonete a Thalia e le aveva raccontato le sue impressioni.
La ragazza aveva puntato gli occhi azzurri, intensi come fulmini, su tutte le varie carte, con un moto di interesse per nulla discreto.
“Si. Non è ricco” aveva detto, “Ma ha la faccia da ragazzo ricco – lì conosco” aveva aggiunto soddisfatta la donna. Thalia Grace era figlia di Zeus Grace un CEO di un importante compagnia di Import-Export, da quello che Zoe si era lasciata sfuggire. “Per la carta di debito, è probabile che sia una di quelle con un iban, fanno il conto dai sedici anni in su, probabilmente aveva bisogno di un posto dove mettere i soldi di un lavoretto” aveva ipotizzato, “Ma è pure speculazione, magari lo ha fatto perché doveva andare in gita da qualche parte e non voleva portarsi i soldi” aveva aggiunto.
Magari in trasferta con la squadra di baseball, aveva pensato Calypso.
“Comunque non è neanche povero, vesiti puliti, espressione, pulita. Famiglia pulita. Classe media” aveva detto, passando a setaccio gli scontrini.
“Però è un ragazzo che ha avuto la sua dose di traumi” aveva valutato, “Come lo fai a dire?” aveva chiesto poi Calypso, “Senti io non ho una laurea in psicologia o altre cose, è solo un impressione” aveva detto, “Ma questo ragazzo ha post-it vecchi di anni e foto accartocciate nella suo portafoglio” aveva spiegato, “Mi sembra il comportamento di qualcuno che ha bisogno di sapere che le persone che ama siano sempre vicine e con lui” aveva detto Thalia.
“Forse perché è in sicuro o forse perche ha paura di perderle, comunque quello nella foto di famiglia non è il padre” aveva detto, “La madre cento-cento, la sorella, be, sicuramente è figlia dei due aldulti. Ma il ragazzo ed il padre – un patrigno” aveva aggiunto.
“Forse il timore dell’abbandono viene da un padre naturale assente, forse, non so” aveva aggiunto Thalia, prima di allungare uno scontrino verso di lei.
Dolci d’America, era il negozio.
“Io partirei da qui” aveva detto.
“Perché?” aveva chiesto lei.
“Tutti i negozi sono nella stessa area, in cui fa la spesa, incluso il fiorario – si lo ho googlato mentre ti crogiolavi” aveva detto Thalia schietta, “Questo è lo scontrino più recente ed ha battuto la spesa di uno zero-zero che implica o che qualcuno aveva un buono gratis, sai di quelli Bevi-Dodici-Milkshake ed il tredicesimo è gratis o qualcuno aveva un codice sconto, di solito i dipendenti” aveva detto.
“Ma non ha altri scontrini” aveva sottolineato, Thalia. Forse era un po’ strano, “Magari era un unicum” aveva proposto, “Non so, io faccio sempre colazione allo stesso bar da tipo dieci anni a questa parte” aveva aggiunto, “E’ più probabile che butti gli scontrini di quel posto perché si sente sicuro lì, sai, saprà sempre dove trovarlo. Ma ipotizzo è basta” aveva aggiunto.

 

Dolci d’America, era una piccola caffetteria incredibilmente patriottica.
Tutto in quel posto era orientato con i colori della bandiera.
Quando era entrata lunedì, tesa come una corda di violino, aspettandosi di veder spuntare la zazzera di capelli scuri e gli occhi verde acqua del suo sconosciuto, si era dovuta trovare leggermente delusa.
Il locale era lungo la settima avenue, in altezza della cento-ventiquattresima strada, davanti a gli hotel di medio reddito.
Gli avventori erano quasi tutti turisti ciancianti con qualche sensibile eccezione.
Come il ragazzo alla cassa che parlava con una delle cameriere dietro il bancone. Indossava un ingombrante cappello da rastafariano e teneva a fatica due stampelle.
“Ascoltami Jun, io gli dico questo e lui è così incazzato …” stava dicendo, americanissimo, con un accento New Yorkese.
Jun, con la maglietta a maniche corte rossa, con sopra il grembiule blu ed una banda bianca alla vita, lo guardava divertita, “Se non ti sposti Grover non posso lavorare” lo aveva ammonito, invitando Calypso ad avvicinarsi.
Aveva preso un caffè lungo ed un muffin ai mirtilli, il colorante aveva reso la pasta blu con chiazze violacee per via dei frutti.
Si era seduta al bar ed aveva aspettato lì per qualche oretta, dirando fuori il blocco degli appunti sconnessi della lezione  di quella mattina per sistemarli meglio su un altro quaderno ad anelli.
Grover era stato lì quasi tutto il pomeriggio a raccontarsi storie fittamente con la cameriera, che sembrava conoscerlo bene, visto come di tanto in tanto, quando non era guardata allungava una mano per tirarle un buffetto.
Poi la porta si era aperta, Calypso inizialmente non aveva alzato gli occhi, all’ennesimo cliente che non era lui, aveva rinunciato, fino a che non aveva sentito una voce.
“Scusa! Scusa!” aveva detto subito una donna. Calypso aveva sollevato lo sguardo, una furia con i capelli ricci ed il viso sorridente, “Estelle ha vomitato e Paul aveva un consiglio di classe” aveva detto la mamma di Perseus, “E Percy quando è all’allenamento non sente mai il telefono” aveva aggiunto.
Faceva sport.
“Tranquilla Sally” aveva detto Jun, “Non mi è pesato. Come sta Estelle?” aveva chiesto, “Bene, adesso. Non aveva neanche la febbre, aveva solo mangiato qualcosa che non doveva mangiare, ora è a casa con Percy” aveva spiegato subito, mentre sbottonava la giacca, per rivelare una maglietta rossa. “Signora B.!” aveva esclamato Grover, a tutto denti.
“Ha ritrovato il portafoglio?” aveva chiesto subito Jun, prima che Sally potesse andare dietro il bancone per mettersi il grembiule blu, aveva risposto Grover, “No” aveva aggiunto, “Ma alla fine ieri siamo andati a fare la denuncia. Non poteva restare senza patente e carta” aveva detto subito quello.
“O la ricetta per la lussazione di Paul” lo aveva imbeccato Estelle, “Comunque che questo vi sia di lezione a non andare a giocare ad Alce Rossa a Central Park di notte” lo aveva rimproverato la madre di Percy.
“Si, signora B.” aveva detto subito Grover, “Nessun Signora B. Grover! È mortalmente pericoloso! Cosa farei poi senza i miei ragazzi?” aveva detto lei, allacciandosi il grembiule.
Grover aveva riso con sincero imbarazzo per quella spontanea confessione d’affetto.
“Ma Alce Rosso non è un gioco diurno?” aveva chiesto Jun con onestà, “Si ma secondo Luke Castellan sarebbe stato più divertente di notte” aveva risposto poi Grover.
Anche Calypso aveva sorriso in qualche maniera. Percy – perché doveva evidentemente preferirlo a Perseus – aveva una mamma gentile, piena d’amore, era amico di Grover, e probabilmente di Jun della caffetteria, non aveva perso il suo portafoglio imboscandosi negli anfratti per amoreggiare o un rave-party ma per giocare ad Alce Rossa. Calypso non sapeva neanche cosa fosse Alce Rossa[7].
“E come è finita invece?” lo aveva stuzzicato con un rimprovero Sally, Grover si era voltato verso Jun, con il viso pregno di mortificazione, “Clarisse si è lussata una caviglia, Jason[8] si sono rotto gli occhiali, Percy ha perso il portafoglio e Connor Stoll è stato arrestato per schiamazzi e disturbo della quiete pubblica” aveva detto, “Però era notte e sicuramente non c’era nulla di pubblico” aveva sottolineato.

Era martedì, quando Calypso aveva saltato la lezione di Chimica Inorganica, alla Pace,  per dirigersi al negozio di fiori, era all’incrocio della settima avenue, solo all’incrocio con la centoventisettesima. Due vie da Dolci d’America.
Il negozio riportava sull’insegna con un elegante rosa pastello in corsivo la scritta: Gardner & Sisters, su un fondo ocra spento.
Calypso era entrata dentro il negozio odorando a pieni polmoni l’odore di fiori, diversi, prorompenti e la saporita acquosa dell’aria.
“Salve, come posso aiutarla?” aveva domandato subito una uomo da dietro il bancone, al suo fianco c’era una ragazza adolescente, con i capelli scuri che stava sfogliando una rivista, sembrava disinteressata ma osservava tutto di sottecchi.
“Volevo comprare un vaso con cui decorare il mio balcone” aveva mentito, non aveva una casa ne un balcone da decorare, ma Zoe aveva un appartamento nel Greenwich Village e le scale antincendio che fuggivano bene da ritrovo dove fumare, per Thalia, e prendere aria per le altre inquiline.
Il proprietario aveva cominciato a spiegare tutti i fiori che aveva nel negozio, i loro significati e come fosse d’uopo trattarli.
Calypso nella vecchia mansione dei Nightshade aveva avuto una serra di cui si era occupata personalmente e le piante in un modo o nell’altro erano sempre stati la sua ragione.
La porta del negozio si era aperta.
Un ragazzo si era palesato sull’uscio, indossava un blazer nero sopra una camicia bianca e dei pantaloni cachi. Calypso gli aveva visti alcune volte che avendo lezione solo la mattina era andata a Central Park, era l’uniforme di una scuola privata.
Il ragazzo però aveva anche capelli scuri ed occhi verde intenso ed un sorriso carico di aspettative.
Percy Jackson!
“Katie!” aveva detto subito lui, trafelato leggermente.
Katie la ragazza dietro il bancone aveva sollevato lo sguardo da lui con un sorriso accondiscendente, “Buon pomeriggio anche a te, Percy” aveva scandito, “Come sta quel demente di Travis, finirà in prigione?” aveva chiesto.
“Era Connor” aveva detto Percy, sbrigandosi poi a salutare anche il signor Gardner, l’uomo con cui Calypso era stata a parlare.
“Va bene lo stesso” aveva detto la ragazza.
“Perché sei qui?” aveva domandato poi Katie, “Oh, per ritirare i fiori di Annabeth” aveva detto subito lui. “Che carino le hai preso dei fiori” aveva detto lei addolcita.
“No, i fiori li ha ordinati la signorina Chase” si era intromesso nel discorso il signor Gardiner, prima di scusarsi con Calypso.
Annabeth Chase.
Calypso indovinò dovesse essere la bella ragazza dall’aspetto californiano, con i riccioli biondi ed il capello degli yankee.
La fidanzata di Percy aveva ordinato un bouquet bello pieno di tulipani gialli ed aranci, che Katie aveva sistemato in una carta crema, con un nastro rosso corallo. Katie aveva allungato una mano verso di lui, “Dammi la tesserina che ho dato ad Annabeth” aveva detto subito, davanti lo sguardo confuso dell’amico.
“Come?” aveva chiesto Percy.
“Quello dice che Annabeth ha già pagato” aveva detto Katie.
“Ma Annabeth ha già pagato” aveva sottolineato Percy.
“Lo so ma senza quello potresti essere qualcuno che viene a ritirare i fiori al posto suo” aveva specificato la ragazza, “Come i biglietti per i cappotti in discoteca” aveva aggiunto.
Percy aveva sbuffato, “Mi conosci da quando ho dodici anni” aveva detto, “Sono il fidanzato di Annabeth, quasi dallo stesso tempo” aveva sottolineato come ovvietà.
Katie non aveva ritratto la mano.
“Ora la chiamo” aveva proposto Percy, “Potrebbe essere qualcun altro” aveva  scherzato Katie, “Allora chiamala tu” aveva insistito il ragazzo, “Magari mentirebbe sotto coercizione” aveva risposto la fioraia.
“KitKatie” le aveva detto l’uomo, come ammonizioni bonarie.
“Hai sentito la mamma, ‘pa” era stata la pigra risposta di Katie, “Nessuna eccezione, Percy” aveva detto, rivelando un certo dispiacere, “Dai ho perso il portafoglio con dentro il biglietto” aveva detto lui, “Posso farti credito se non hai i soldi, però” aveva proposto la ragazza.
Percy si era morso le labbra per il disaggio e probabilmente anche la rabbia.
Calypso aveva scosso il capo, “Un secondo” aveva detto al signor Gardner, raggiungendo i due ragazzi.
Era andata lì a posta alla fine.
Si era tirata i capelli cannella dietro l’orecchio ed aveva sorriso.
“Salve” si era intromessa.
Entrambi l’avevano guardata.
Sapeva di non sembrare una ventiduenne, con i pantaloni di jeans, sapeva di non dimostrare mai l’età giusta, ancora nei locali le chiedevano ancora i documenti.
“Sono Calypso Nightshade” aveva detto, allungando una mano verso di lui.
Percy l’aveva stretta, nonostante i suoi diciassette anni, aveva mani grandi e calde. Da uomo.
Lui si era presentato, un filo di imbarazzo dipingeva le guance in prugne rosse.
“Lo so” aveva detto, “Sono venuta qui per te” aveva detto, aprendo la borsa ed estraendo il portafoglio blu.
“Èqualche giorno che ti cerco” aveva rivelato
E tutta la vita che cerco il protagonista di una mia storia, aveva pensato.
La realtà era sorprendemente diversa. Non più brutta. Solo diversa.
Dal vivo Percy Jackson restava ancora bello, ma restava ancora un ragazzino con un principio di acne sulle guance, il sorriso un po’ tremolante, le spalle non così larghe e l’andatura un po’ ingobbita. La pelle segnata un po’ dal sudore e l’affanno di una corsa.
Gli occhi, be, Calypso doveva ammettere che le foto non rendevano giustizia.


 



[1] Una divinità celtica adorata nella Foresta Nera.

[2] È una bellissima pastorella, compagna eterna del dio Krsna, nella mitologia indù – o vetica, non ne sono troppo sicura.

[3] Niente alla povera Calypso si è beccata questo corso di studi e continua; comunque non ho ben capito come funziona l’università americana, ma prima ci sono due anni preparatori e poi quattro effettivi, mi pare. Tecnicamente l’università cominciando a 18 anni, un anno prima che da noi, prevede che a 22, Calypso dovrebbe già star frequentando per il bacellorato, ma lei ha iniziato in tirando (colpa di Atlante).

[4] Francis Drake, un pirata, che secondo il canone riordiano è finito sull’isola di ogigia.

[5] Sul serio, metà degli episodi di Law and Order e Law and Order: SVU sono ambientati a Central Park ed effettivamente è un posto che di notte deve fare spavento.

[6] Questa storia non si svolge dello stesso universo della Caleo, della Khileo e della Jason&Leo(che scoprono gli hentai) ma anche in questo caso sono vicini di casa.

[7] Neanche io ho mai giocato ad Alce Rossa, ma una mia amica mi ha assicurato che è molto divertente, qui ci sono regole (https://it.scoutwiki.org/Alce_rossa). Alce Rossa è un gioco diurno, ma lei mi ha detto che è molto più divertente di notte – ma anche più pericoloso.

[8] Spoiler: Thalia è una brava investigatrice, ma non così brava!

   
 
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