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Autore: CrisBo    14/04/2020    1 recensioni
Il mio dosso non era l'iceberg del Titanic. Era la montagna di Maometto. Era il monte Fato appena ristrutturato. Era quel simpaticone del kraken in digiuno da quarant'anni. Era un machiavellico tranello del diavolo che persino il diavolo, vedendolo, mi aveva dato una pacca sulla spalla compatendomi. La famosa pacca di consolazione del diavolo era, in realtà, Yoongi che mi guardava con aria tremendamente
demoniaca
paradossale, sembrava che stesse pensando a 101 modi per uccidersi e, allo stesso tempo, a quale nome dare al suo futuro chiosco di carne.
************
Seoyun è innamorata del suo migliore amico, vive con Namjoon e Yoongi e dovrà affrontare, durante un'estate particolare, il grande fenomeno del tempismo effetto sorpresa, con una bolgia di amici in conflitto coi problemi che la vita comune regala. Durante la stagione più calda, frizzantina e soleggiata dell'anno cosa potrebbe andare storto, in fondo?
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Jung Hoseok/ J-Hope, Kim Seokjin/ Jin, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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19 ~ La nostra transizione






 
Mi svegliai abbracciata ad un vaso di peonie mentre un' ape mi gironzolava sopra la testa, ronzando come una sveglia naturale. Ebbi un sano autocontrollo per non morire d'infarto davanti a quel corpo bomboso, peloso e rigato, ma dimenticai l'imminente morte quando notai che Yurim aveva provato a chiamarmi, aveva lasciato un messaggio vocale dove pigolava qualcosa sul fatto che Tae era sveglio, stava bene, aveva mangiato, doveva uccidere l'infermiera che gli aveva controllato la flebo civettando con lui e di venire presto che voleva vederci. 

Fui la prima a svegliarmi a quanto pare, dentro tutti dormivano ancora immersi tra ciotole vuote, bottiglie riverse e cuscini bitorzoli. Jimin era abbracciato a Yoongi, mentre un piede di Yoongi faceva da cuscino a Hoseok. Namjoon dormiva in stile vampiro, con le mani incrociate al petto, aspettando la luce divina. Jungkook era a gambe incrociate, sotto al tavolino, in una sorta di meditazione del sonno mentre Jin, dopo una ricerca accurata,  lo trovai  intento a dormire in camera mia, abbracciato ad una mia felpa. Sarei stata capace di intenerirmi davanti a quella scena ma mi ritrovai a fare da alza bandiera, urlacchiando che Tae era sveglio e dovevamo andare. 

Ci furono mugolii di protesta ma tra insulti, versi e dialetti all'incontrario simili a dei rituali satanici alla fine ci ritrovammo, dopo un'ora, verso la via dell'ospedale. Ci fermammo a comprare una sfilza di hamburger gourmet, convinti che sarebbero stati sequestrati come bottino di guerra dalle infermiere, ma non potevamo presentarci a mani vuote e quello era il miglior regalo che Tae avrebbe ricevuto quel giorno, ne eravamo consapevoli. C'era un bel sole, faceva meno caldo rispetto al solito, ma la luce rendeva il corpo dell'ospedale meno spaventoso del giorno precedente. Era insolita come la prospettiva dello stesso posto, in base ad un'emozione interiore meno infelice, creava una sensazione del tutto diversa. Non vedevo più l'ombra che incombeva con una falce e un mantello nero, sembrava che qualcuno avesse spolverato via l'aria malsana di quel posto, rendendo quelle pareti azzurrine quasi un sollievo, gli infermieri sorridenti e i corridoi meno lunghi e paurosi, continuava a non piacermi, ma sotterrai l'ascia di guerra verso quel mio personale nemico ospedaliero. Senza neanche passare dal via ci catapultammo tutti insieme nella camera  di Tae, nonostante i vari borbottii delle infermiere che ci intimarono di entrare uno alla volta, senza irruenza, quasi travolgendo Yurim che lo stava giusto preparando alla nostra venuta.

Quando ci vide fece un sorriso che non scorderò mai. 
Sembrava aver visto la salvezza, sembrava che una luce particolare lo avesse colpito, rendendolo più raggiante, più fragile, estremamente incline al pianto. Ero sicura che stava per scoppiare ma Jimin gli saltò letteralmente addosso, abbracciandolo stretto.
«Dio Tae, non provarci mai più. Non provare mai più a farci preoccupare in questo modo o giuro che, giuro che...»
Non so se rispose, perché tutti copiammo Jimin e ci ritrovammo praticamente sopra il letto stretti in un grande abbraccio di gruppo, nonostante un'infermiera avesse cominciato a urlare che dovevamo lasciarlo respirare, sarebbe morto, chiamo il dottore, vi faccio cacciare. Ma noi non l'ascoltammo, restammo tutti chiusi a uovo per un bel pezzo prima di accertarci che non l'avessimo effettivamente ucciso sotto il nostro peso. Quando ci tirammo via notai che stava piangendo, ma nel mentre sorrideva. Si era commosso. O forse era semplicemente grato per quell'affetto.

«Ragazzi io...»
Ci provò a dire qualcosa, scuotendo il capo. Alzò il braccio per tastarsi la faccia ma non gli lasciammo molto spazio di replica.
«Non dire niente, lo sappiamo, senza di noi non puoi vivere, lo so. Siamo troppo fantastici! Guarda, ti abbiamo portato il tuo cibo preferito: non ringraziarci.» 
Disse Jin, ridendo e scompigliandogli i capelli, mentre poggiava il sacchettone odoroso di buono sulle coperte. Tae di nuovo tirò su col naso, asciugandosi delle lacrime con la manica del pigiama dell'ospedale. Mi fece male vedergli il polso circondato dal bracciale in cartoncino bianco per identificarlo ma cercai di non darci peso.

«Nascondilo all'infermiera, non sembra molto incline ad accettare una dieta ospedaliera del genere.» Continuò Jin,mentre Yurim afferrava il sacchetto, eclissandolo in qualche anfratto dietro il letto, cercando di non farsi vedere dalla boicottatrice in divisa.
«Oh ragazzi...» provò a dire Tae.


«Siamo i primi,vero? Ieri Jin ha avvisato qualche tuo amico dell'università. Speravamo di trovarti immerso in regali costosi, accidenti!» Si lagnò Hoseok, gonfiando le guance.
«Cosa? Ma perché lo avete-»
«Abbiamo detto che ti sei sentito male, un colpo di sole, anche se sei poco credibile così bianco latticino. Perché boicotti il sole, Tae? Eh, perchè?» Brontolò Jin, mentre sbuffava. 
«Ma non dovevate. Non mi interessa dei regali, io ...» Tae aveva ancora gli occhi gonfi di pianto e arrossati, vidi Yurim posargli una mano sulla testa in una carezza leggera.

Lo vidi assumere un'espressione corrucciata, era indecifrabile in quel caso, ma potevo immaginare che si sentisse profondamente in colpa. O forse si vergognava. Non mi sarei mai abituata a quel nuovo strato umano di Taehyung, faceva ancora male, nonostante tutto.

«Scusaci Tae, per non - insomma siamo degli idioti, a non aver capito. Ma tu lo sai, capoccione, quando pensi di non farcela, se hai voglia di menare qualcuno, chiamaci dannazione.» Incalzò Namjoon, pinzandogli una guancia bagnaticcia.
«Io...»
«Oh, ma che menare qualcuno, ma lo sai che se Tae ti tira un pugno ti scartavetra la faccia? Magari ti aiutiamo a trovare qualcuno da picchiare.» Continuò Hoseok, praticamente l'unico ancora sul letto.
«A Tae lo distruggo con un dito, che ci provasse.» Scherzò Jungkook, ridendo nervosamente.
«Ragazzi io una volta l'ho avvelenato, non c'è competizione.»  Incalzai io, ricordando i miei iniziali periodi culinari con conseguenti intossicazioni. Ammisi per la prima volta in vita mia il grave fatto della famosa intossicazione. Ma grazie a me Yurim e Tae erano ritornati insieme, dopo due giorni di distacco, nel male dovevo trovare una cooperazione benigna. 
«Ma quindi sei stata tu? Non era colpa dei funghi andati a male?» Mi chiese Yoongi. «Anni e anni di timore per i porcini per nulla! Sei un'assassina, non provare mai più a cucinare.»
«Avevo letto male la scadenza, non l'ho fatto volutamente.» Mi giustificai, mentre Tae, dopo qualche attimo, cominciò a ridere divertito. Piangeva e rideva. Era uno spettacolo davvero buffo da vedere ma quel suono, la sua risata, ci fece sospirare a tutti quanti e cominciammo a ridere dietro a lui. Stava cominciando a sciogliere i nervi; sapevo che i miei amici sarebbero riusciti a fare quel piccolo miracolo, che insieme avremmo alleggerito l'atmosfera. In fondo loro, il loro casino, le loro risate erano state, da sempre, un toccasana per ogni inconveniente della vita. 
Tutti insieme, nessuno di meno. 

«Oh ragazzi, in realtà una volta anche Jimin mi ha quasi ucciso.» Provò a dire lui, guardando il colpevole che aveva elargito una faccia da gufo. «Quando abbiamo provato a usare il motorino del fratello di Jin.»
«Cosa avete fatto scuuuusa? Mio fratello mi ha quasi staccato le ginocchia pensando che glielo avessi ammaccato io.»
«Tae mi sa che non lo sapeva.» Intervenne Jimin, fingendo di non averlo neanche sentito.
«Siete dei teppisti Non mi devo fidare di voi! Vandali! Delinquenti!» Si lamentò Jin di nuovo, alzando le mani, condendo l'aria con quella sfilza di sinonimi. L'infermiera, ero sicura, si mise a fare un veloce segno della croce, imprecando.

«Per non parlare di quando Nam ha lasciato quella candela profumata accesa tutta la notte e ha preso fuoco la coperta. Mi sono svegliato già  con un piede nella tomba.» Continuò Taehyung, continuando a ridere. Si era tutto piegato sul  cuscinone, dietro la schiena, incapace di restare dritto.
«Senti, c'era scritto che lo stoppino si spegneva da solo, come potevo saperlo.»
«Beh che il fuoco sia pericoloso non è proprio un mistero.» Dissi io, ridendo. 
«Oh ma perché quella volta che Junk, per provarci che il microonde sarebbe esploso, ha infilato dentro un vecchio telefono di sua madre?»
Ci voltammo verso Junk che aveva sgranato gli occhi.
«Oh senti, se lo metti nelle condizioni, il maledetto esplode.»
«Sì ma perché ci hai infilato dentro un telefono?» Continuò Hoseok, quasi strillando.
«Non lo so! Non ero in me!» Urlò l'altro, quasi di conseguenza.

«Ma mai come quella volta che Yu mi ha tagliato i capelli in casa e per poco non perdevo un orecchio.» 
«Sembravi un fungo di bosco, dovevo. Dovresti apprezzare il gesto, amore mio.» Si lagnò Yurim, guardando Tae con una smorfia. 
«Stavi benissimo col nuovo taglio.» Intervenne Yoongi, ridendo pure lui. «Sembravi quella famosa cantate, come si chiama? Lady Gaga?»
«Ma perché Lady Gaga?» Urlacchiò Tae, indignato, piantandosi le mani alla faccia.

«Uh-uh ma invece quando abbiamo provato a fare quel corto per Minno?» Incalzò Hoseok, saltando sul letto con il sedere. «Ho infilato Tae vestito da donna in quel carrello per vedere se riusciva a scivolare giù per la discesa! Il vestito che indossava si era incastrato nelle ruote, si è accappottato nello stagno.»
Strizzai gli occhi, ridendo come una matta. Cercai di evitare di pensare al fatto che, la sera della veduta del corto, Hoseok non ci fosse. Ma in fondo lui l'aveva vissuto, un po' come gli attori di guerre stellari. 
«Oh cavolo: in quello stagno c'erano sicuro dei coccodrilli! Li ho visti!» Disse Jimin, strabuzzando gli occhi.
«Sono quasi sicuro che fossero delle salamandre ma va bene uguale, la fauna non è il tuo forte Jimin.» Incalzò Namjoon, provando a esporre le sue conoscenze biologiche.
«Dissento Nam: gli anfibi urodeli li puoi trovare in zone più umide, come ambienti boscati o foreste.» Intervenne Jin, più esperto.
«Esatto, Nam» continuai io, esponendo la mia cultura, confermando così notti insonni insieme al qui presente Jin
 «e la qualità dell'acqua è importante, per  deporre le uova, prediligendo torrenti e acque non inquinate, anche per nutrirsi dei macroinvertebrati di cui si cibano le larve.» 
Tutti ci guardarono con aria un po' perplessa.
«Quanto vi odio.» Dichiarò Namjoon, guardandoci male.
«In realtà, vi ricordo, che dopo essere  caduto nello stagno mi sono ritrovato addosso quelle sanguisughe.»
«Che schifo ragazzi, ma perchè?» Commentò Yurim, sconvolta
«Non vi posso lasciare andare in giro da soli, mi fate paura!»
Tutti ci mettemmo a ridere di nuovo, mentre l'infermiera ritentò a piombare nella stanza, davanti a noi, borbottando che stavamo facendo troppo casino, ci avrebbe cacciato sicuramente ora, ma dov'era il dottore quando serviva?

Non parlammo di quello che aveva fatto, non ce n'era bisogno.

Probabilmente parlare delle nostre, o più sue, quasi morti premature aveva alleggerito il discorso, espiandogli la colpa di un gesto che, ero sicura, non volesse realmente fare. Yurim, poco prima che andassi via, mi disse che la notte prima gli aveva confidato com'era andata realmente: dopo la discussione aveva cominciato a bere, ritrovandosi a cercare in casa dei calmanti per prendere sonno e scacciare via il senso di ansia e irrequietezza.  Doveva aver sbagliato le dosi, stava cominciando a perdere i sensi e aveva cercato di indursi il vomito per buttare fuori tutto. Quando Yurim lo aveva trovato era già svenuto da diversi minuti. Non potevo essere sicura che quella fosse la realtà dei fatti, forse Tae aveva alleggerito la questione per non far preoccupare Yurim, per farle indorare una pillola troppo dura da sciogliere. Forse non avremmo mai saputo se aveva davvero tentato di addormentarsi una volta per tutte, se stava mentendo a sé stesso per scacciare via quella potente ombra nera che si portava sulle spalle pesanti, convincendosi che, sì, voleva davvero avere una ragione, una sola, per non lasciarci.

So solo che, Yurim, com'era sempre stata il suo tormento era, allo stesso tempo, la sua salvezza.
Il suo piccolo angelo custode, sempre pronto a salvarlo da quelle viscere meschine che lo trascinavano giù ogni volta che non si sentiva all'altezza. 

Lei era esausta ma sembrava serena, continuava a tenergli gli occhi incollati, come se ogni dettaglio di quel ragazzo non fosse stato visto abbastanza, come se dovesse marchiare nella mente ogni cosa e rivederla ancora, e ancora, senza mai prendersi una pausa. 

La paura fa fare brutti scherzi, ti mette di fronte ai tuoi limiti, alle tue debolezze ed ero sicura che un evento del genere l'avesse segnata come mai niente prima di allora. Credo che lo avesse fatto con ognuno di noi, non solo perché la sera precedente eravamo riusciti, dopo tanto tempo, a essere sinceri gli uni con gli altri, senza più filtri, senza più segreti non detti, ma perché lo vedevo dal loro sguardo che qualcosa si era rotto, era cambiato e avrebbe continuato ad aleggiare intorno a loro come un fantasma. Non lo potevo considerare un errore ma era così che lo sentivano, era così che lo sentivo anche io e più ne prendevo coscienza più mi sentivo in dovere di fare qualcosa per me, non potevo arrivare ad un punto di non ritorno, non volevo più farmi sovrastare da qualcosa che non controllavo.
In qualche modo dovevo estrapolare qualcosa di buono da tutto questo o non sarei stata in grado di voltarmi indietro, a osservare quel grande buco nero, senza provare la temibile sensazione che mi stesse attirando verso di sé. 
Volevo che fosse solo un buco, niente di più. Un grande ammasso senza fine, ma che fosse dietro di me, sempre un passo dietro di me, incapace di raggiungermi.

Quando guardai gli altri,  ero pronta a giurare che ognuno di noi, in modi diversi, tendeva a rubare da tutto questo la stessa medesima sensazione. 

Prima di andare via lo abbracciamo tutti ancora un volta, al mio turno rimasi un po' di più, stringendolo forte. Sarebbe rimasto in osservazione altri due giorni, e avrebbe dovuto seguire un programma indetto dall'ospedale obbligatorio, vedere una psicologa una volta a settimana e sarebbe dovuto tornare ad abitare con dei tutori, in questo caso i genitori, nonostante la maggiore età, fino a che la dottoressa l'avrebbe trovato idoneo per riprendere una routine solitaria. Era ovvio che avrebbe avuto delle conseguenze ma lui sembrò accettarlo, in fondo poteva fare solo del bene. Poteva sfogarsi, non avrebbe più dovuto tenere niente dentro fino a scoppiare. Avrebbe avuto sempre qualcuno, nel bene o nel male, pronto a notare una ruga corrucciata sulla sua fronte, anche quando la luce della stanza si spegneva, o lo schermo del cellulare non brillava più.

«Appena esci fuori di qui andiamo a farci un giro nella fumetteria in centro, che dici? È
da un bel pezzo che non spendacciamo lo stipendio.»
Lui mi sorrise, annuendo, stringendomi un po' più forte prima di lasciarmi andare.
«Budget illimitato con la tua carta di credito?»
«Basta che non mi fai morire di fame.»
«Ti lascio giusto i soldi per comprarti almeno un paio di mele, da farti durare tutto il mese.»
«Ah allora a posto.»
Lui si mise a ridere, stringendomi di nuovo ancora una volta prima che l'infermiera diede un ultimatum a tutti con in mano una cartellina che brandì come arma, l'orario visite era finito, dovevamo sloggiare, il paziente doveva riposare, andate a fare casino da altre parti.
Dopo i saluti da parte di tutti, svariate promesse, ed esposizioni affettuose avevamo il cuore un po' più sereno.







Alla fine tutti ritornammo a casa nostra, ormai base operativa per quell'estate a quanto pare. Tutti tranne Jin, che mi disse di non fare tardi per l'appuntamento, un dettaglio che mi fece quasi sentire offesa per almeno un secondo buono, prima di ricordarmi che il mio essere in anticipo era quantomeno uno dei più grandi paradossi universali. Non capitava neanche se, qualcuno, sbagliava l'orario di proposito. 
Decisi che non era ancora il caso di far sapere di me e Jin visto che non stava progredendo proprio come la più bella storia d'amore del secolo, ma Jimin lo aveva scoperto e aveva passato l'ultima ora ad aiutarmi a prepararmi. Yoongi doveva averglielo rivelato come vendetta personale per la sua canzone, un po' me lo meritavo, ma mi sentivo un po' l'artefice della loro riappacificazione quindi non c'era motivo per quella particolare ripicca.

«Seo così sembri che stai andando ad un funerale.»
«Guarda che l'effetto è voluto
In radio stava passando una canzone molto depressiva,un miscuglio tra depresso e passiva, parlava di un amore finito, o di un amore morto. Non lo sapevo, ma non aiutava molto a farmi entrare in un'atmosfera più romantica. E poi per quello che avevo in mente era giusto che trovassi un equilibrio.

«Che  ne dici di questo?»
«Ma dove lo hai trovato? Ah, è di Yurim, deve averlo dimenticato qui mille anni fa.»
Jimin stava sventolando un vestito blu, stretto e con il preannuncio di parti scosciate e scoscese. Non era il caso, nonostante il caldo, mentre stavo lanciando fuori dall'armadio almeno tre paia di jeans diversi. 
«Secondo me ti starebbe bene e poi non vuoi che Jin abbia gli occhi solo per te?»
«No.»
In verità sì, ma mica potevo dirglielo, già mi sentivo imbarazzata ad avere un improvvisato modaiolo che mi stava dando suggerimenti di stile. E non perché con Jimin mi trovassi a disagio, ma perché come un vecchietto che guarda i cantieri in costruzione, c'era Yoongi seduto sul mio letto che mi fissava senza dire una parola da almeno mezz'ora. Odiavo il suo non avere espressioni facciali, in determinati momenti.
«E questi? Maglietta e short, un classico.»
Jimin stava sventolando cose, mentre cercava di scavare con l'altra mano sotto la montagna di panni ammassata sul letto.
«Perché non vai nuda? Immagina la sorpresa.» Yoongi si decise a contribuire con quell'idea pazzesca.
«Come ho fatto a non pensarci prima?»
«Lo sai che sono un genio.»
Finalmente un'espressione:  aveva aperto le braccia, tirando su le spalle, con una smorfia in viso talmente scema che mi venne da ridere per l'esasperazione.

«Stai bocciando tutto quello che ti sto consigliando, sei un tormento.»
«Jimin, ti devo ricordare le ore passate ai grandi magazzini per scegliere il vestito per la laurea di Jin?»
«Oh ma-»
«O di quando siamo stati invitati al concerto di Natale dai genitori di Junk, all'Auditorium? Era un coro di bambini che cantavano ma tu no, dovevi essere il Gesù sceso in terra anche in quel caso.» Accodò Yoongi, facendo un sorrisetto scaltro.
«Perché ci tengo all'immagine.» Si giustificò Jimin, arrossendo, prima di lanciarsi addosso a Yoongi e placcarlo col suo dolce peso.

Si misero a ridere entrambi, mentre facevano strane lotte ambigue sopra il mio letto, ma prima che la mia mente potesse adoperarsi per immaginare il seguito mi decisi a bloccarli infilandomi una delle ultime cose tirate fuori dall'armadio, nulla di sensazionale, ero piuttosto anonima.

«Ragazzi per favore, quel letto è rimasto vergine fino ad ora, non mi sembra il caso di traumatizzarlo ora.»
«Non esserne così sicura, Seo.» Ghignò Yoongi, mentre spintonava Jimin di lato. 
Non volli sapere cosa intendesse, così mi limitai solo a fare una giravolta, allargando le braccia.
«Vado bene così? Sì? Perfetto, grazie.»
Acciuffai uno zainetto vuoto, giusto per fare scena, e me lo ficcai sulla spalla.
«Vedrai che lo farai impazzire anche vestita così. Divertiti anche per noi!»
Mi urlacchiò Jimin prima di sentirlo ridere di nuovo, immerso in chissà quale nuova lotta con Yoongi. Non riuscivo proprio a capire se mi avesse offeso o no, ma d'altro canto cercai di non pensarci troppo, sentivo un groppo allo stomaco come se stessi andando ad incontrare l'Imperatore del Mondo. In sala trovai Hoseok e Jungkook intenti a giocare alla playstation, Namjoon era chiuso in camera sua e cantava a squarciagola una canzone che avrei voluto dimenticare.

«Ehi, stai uscendo?»
Mi bloccò Hoseok, guardandomi di sbieco. La mia infallibile tattica di uscire senza farmi notare non aveva funzionato, avrei dovuto prevederlo visto che la porta era proprio di fianco alla televisione.
«Eee sì.» Ammisi. Notai Jungkook fare un sorrisetto scaltro ma non disse niente.
Sapevo che lui sapeva che io forse sapevo che lui magari sapeva.
«Appuntamento?» Aggiunse Hobi con un tono che non seppi interpretare. 
Perché mi sembrava infastidito? Ma no, era immerso nel gioco, magari era solo concentrato.
«Noo, ma che appuntamento.»
Adoravo il mio nuovo sport di menzognera, mi usciva talmente male che, se fosse stato uno sport vero, sarei stata eliminata alla prima fase.
«Stai attenta.» Mi rispose lui, senza più guardarmi. Poi lo  vidi fare un sorriso, non proprio uno dei suoi soliti sorrisi ma poteva andare. «Sei davvero carina vestita così, fortunello il tuo principe.»
A discapito dell'effetto che mi fece sentirlo da Jimin, sentirlo dire da Hoseok mi provocò solo l'insana voglia di andare in camera e cambiarmi. In passato avrei pagato oro per un commento del genere, ora mi stava dando solo un leggero fastidio. 
«G-grazie. Oh, è tardi, vado, ci vediamo dopo se avete intenzione di occupare casa anche oggi. Junkino, visto che stai giocando sopra i miei salvataggi triennali di Fallout pensando che non me ne sarei accorta, lo porti tu fuori Monie dopo vero? Grazieciao.»
«Ma lo ha portato fuori Nam-»


Non aspettai neanche una risposta, mi defilai fuori di casa mentre prendevo un respiro profondo. 
Hoseok era un puntello che dovevo levarmi di dosso, non poteva subentrare così ogni volta che riuscivo a scacciarlo. Ripartivano le paranoie, i pensieri, quei se, quei ma che ero riuscita ad allontanare dopo settimane di terapia auto-analitica. Da quel giorno sul ponte pensavo che le cose, fra noi, fossero tornate normali ma forse, questa volta, ero io a non vedere cosa c'era di diverso. E poi quella nuova rivelazione, quel suo cambio di idea non facevano bene. Mi piazzai davanti alle porte dell'ascensore, dove la mia immagine riflessa era un po' distorta. Provai a sorridere ma non ci riuscii bene, così mi sprimacciai la faccia, scacciai via i pensieri e mi diressi verso il mio non appuntamento.
 






nda: salve ragazzi <3 Ecco un altro capitolo, grazie per essere arrivati fino a qui come al solito:3 come procede questa quarantena? Spero bene e non nella noia più drastica come ...invece presumo. In tutto ciò speravo che questo tempo libero (?) mi avrebbe fatto velocizzare con la pubblicazione dei capitoli e invece NO perché, a quanto pare, mi perdo a fare altre cose e mi scordo di scrivere, da brava demente. Spero di avervi tenuto un pochino di compagnia, in tutto ciò. A presto <3 stay safe sempre. 
 
  
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