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Autore: Kakashi_Haibara    16/04/2020    2 recensioni
L'errore di un padre ha trasformato la vita del figlio in una tempesta senza fine, piena di tormenti e domande.
Ma la luce di una persona allevierà ad Arthur Kirkland il peso della vita, trasformandola in una dolce melodia di colori, proprio come il sole al tramonto.
(Dal IV Capitolo)
- Francis... Tu sei p.. padr- balbettò Arthur non riuscendo nemmeno a finire decentemente la frase per quanto assurda gli suonasse.
- Ti prego, prima di dire qualunque cosa, fammi spiegare! - eppure non c'era nulla da spiegare. La realtà era quella, davanti agli occhi dell’ultima persona che Francis avesse mai pensato di incontrare mentre era insieme ai propri figli.
{FRUK, accenni di Spamano, AusHunPru, GerIta} [FACE Family] (Prologo prescindibile per il momento)
Genere: Drammatico, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4
Una Famiglia Inaspettata


Un silenzio carico di tensione era calato tra i due giovani mentre sedevano su una panchina di un parco, osservando distrattamente i quattro bambini che giocavano sulla “nave dei pirati”, così la chiamavano, del parco giochi.

Arthur non sapeva cosa dire, era troppo imbarazzato e sconcertato per poter formulare una frase realmente sensata ed il fatto che Francis si stesse mordicchiando insistentemente le pellicine delle dita non era affatto d'aiuto. Era stata un'idea del francese sedersi per parlare, ma da ben cinque minuti non aveva ancora spiccicato una parola.

L'inglese dal canto suo doveva ancora elaborare ciò che aveva appena scoperto.

 

- Francis... Tu sei p.. padr- balbettò Arthur non riuscendo nemmeno a finire decentemente la frase per quanto assurda gli suonasse.

- Ti prego, prima di dire qualunque cosa, fammi spiegare! - eppure non c'era nulla da spiegare. La realtà era quella, proprio davanti agli occhi dell’ultima persona che Francis avesse mai pensato di incontrare mentre era insieme ai propri figli.

- Arthur!! - trillò la vocina di Alfred che si fiondò tra le braccia dell'inglese, il quale si riscosse dallo stato di shock per la sorpresa.

Francis aggrottò un sopracciglio rivolgendosi al bimbo. - Voi vi conoscete?

Il bimbo annuì stringendo la vita del ragazzo in una morsa solida. - E' il vecchietto di cui ti parlavo! Il fratello di Peter! - il ragazzino chiamato in causa gli fece subito la linguaccia.

- Hey piccoletto, te l’ho già detto, non sono vecchio. - Arthur squadrò prima Alfred e poi diresse lo sguardo verso l'altro bambino identico a lui. Sì, era proprio il piccolo che aveva visto due settimane prima con Alfred. Sembrava molto tranquillo e particolarmente attaccato a Francis, gli stringeva forte la mano e sembrava non avesse assolutamente intenzione di lasciarla. Aveva i capelli un po' più lunghi del fratello ed era di corporatura molto più esile, forse era per quello che non l'aveva notato la prima volta. Poi spostò lo sguardo verso l'altra figurina, che era appena stata messa a terra e che si stava avvicinando per osservare meglio la scena. A prima vista, non avrebbe mai detto che fosse figlia di Francis, era completamente diversa dal padre e i due maschietti: aveva la carnagione lievemente più scura, gli occhi color ambra e i capelli neri legati in due code. Ma guardandola meglio man mano che si avvicinava, poté notare qualche tratto in comune con gli altri, quali il viso rotondo e dai lineamenti delicati, gli occhi grandi e curiosi proprio come quelli di Francis e un neo sotto il labbro inferiore che accomunava sia Francis che i suoi tre figli. Arthur si ritrovò a pensare che fosse una caratteristica carina da condividere.

Intuì che quella era la bimba della foto che Francis teneva nel suo portafoglio.

In quel momento capì tutto. Comprese come mai Francis non volesse mostrare quelle foto, perché lavorasse ogni giorno nonostante fosse solo un ragazzo e soprattutto benestante e perché spesso saltava le lezioni pomeridiane per uscire prima.

- Possiamo... Possiamo parlarne in un posto più tranquillo? Il parco andrebbe bene... - Francis sembrava seriamente che stesse per vomitare. Era pallido, anzi, era proprio verde. Arthur non l'aveva mai visto in quello stato, di solito intuiva che mascherasse bene le sue reali emozioni con un sorriso falso, ma convincente. Ad Arthur fece quasi pena. - Tu siediti, - continuò. - Io devo recuperare lo zainetto di Alfred.

 

E così adesso si trovavano lì seduti senza il coraggio di iniziare la conversazione.

Solo quando il silenzio divenne troppo insopportabile, Francis sospirò alzando lo sguardo al cielo. - Se vuoi ridere, puoi farlo. Posso capire, chi non lo farebbe?

Ma ad Arthur non veniva affatto da ridere, non per una situazione così seria e delicata.

Solo quando gli fu chiaro che l'inglese non avrebbe né riso né pronunciato alcuna parola, Francis continuò. - Insomma, metto incinta una ragazza a soli sedici anni e qual è la sorpresa? Non arriva un solo bambino, ma tre! C’est drole, non? - buttò fuori una risata amara, per niente divertito.

Arthur non disse nulla nemmeno in quel momento, lo ascoltava in silenzio, anche perché non avrebbe saputo cosa dire. Probabilmente quel ragazzo aveva soltanto bisogno di sfogarsi e confidarsi, non l'avrebbe preso in giro per la prima volta da quando si erano conosciuti.

- Si chiamava Saran. - aggiunse Francis dopo qualche istante. - I suoi genitori venivano dalle Seychelles. Era la ragazza più dolce che abbia mai incontrato nella mia vita, devi credermi, sarebbe piaciuta persino a te se l'avessi vista. La mia bambina, Shell, le assomiglia molto. Stessa vitalità, stesso aspetto… - rimase in silenzio per qualche attimo, poi continuò. - Ci volevamo molto bene. Ma io ero troppo preso a deludere i miei genitori per accorgermi del mio grande sbaglio quella notte di luglio. Eravamo tutti e due ubriachi dopo una festa e... E niente, puoi immaginare. - nascose il volto tra le mani, sbuffando. Appoggiò i gomiti sulle gambe e stette di nuovo in silenzio, affogato nei rimorsi del passato.

Arthur si guardò intorno sentendosi completamente inutile, non sapeva che dire o cosa fare. Ma notò con insolito dispiacere che Francis quando non sorrideva non aveva le stesse ammirabili caratteristiche che lo avevano fatto diventare famoso in tutta la scuola. Era silenzioso, non faceva alcuna battuta squallida e il pallore lo rendeva simile ad un morto. Arthur deglutì a vuoto, schiarendosi la voce. - Se ti fa così male, non c'è bisogno di continuare la storia. Ho capito...

- Papà!! - In quel momento, la vocina di Shell che gli correva incontro li distrasse dal discorso. Francis si sfregò una mano sul viso e si affrettò a mostrare un grandissimo sorriso alla sua bambina. Questa gli saltò sulle gambe prendendogli le guance tra le mani e scuotendogli la testa. - Papà, non mi fanno giocare ai pirati solo perché sono una femmina!

- Ma che cattivi! Ora andiamo a sgridarli. Ma prima saluta Arthur, prima non l'hai fatto, devi sempre essere gentile, Shellie. - Francis le fece il solletico sulla pancia prendendola poi in braccio e voltandosi verso l'inglese.

Shell divenne tutta rossa e strusciò la testolina sulla spalla del padre, salutando timidamente con la manina il ragazzo. Arthur sorrise intenerito e ricambiò il saluto.

Poi osservò Francis che si avvicinava alla nave dei pirati per fare la ramanzina ai tre maschietti. Non appena ritornò al suo posto sulla panchina, la situazione tra i bambini era già cambiata e Shell comandava con grinta e fierezza.

- E' un bel peperino. - ridacchiò Arthur.

Francis rise divertito. - Sì, è furba. Anche Alfred non scherza però! L'unico che mi dà un po' di pace è Matthew. - si incantò a guardare i suoi figli giocare con Peter e solo dopo qualche attimo continuò a parlare, voltando lo sguardo verso Arthur. - Questi bambini sono la mia felicità, sono l'unica cosa che mi ha fatto andare avanti dopo la perdita di Saran. Loro mi donano tutto il loro amore ogni giorno e io non potrei essere più felice. Per questo devo garantirgli il meglio, affinché crescano sani, buoni e intelligenti. Mi basta questo.

Arthur per la prima volta lo guardò con ammirazione, era esterrefatto da tutta quella tenacia, non se lo sarebbe mai aspettato da uno come Francis, un ragazzo all’apparenza svogliato e che faceva sempre il minimo indispensabile in tutto.

Quella magia si spezzò non appena notò che Francis aveva cominciato a fissarlo insistentemente. Arthur si senti immediatamente in soggezione e stette per rispondergli bruscamente, ma venne zittito dal gesto del francese, che sfiorò l'occhio dolorante di Arthur con le sue dita calde, morbide e dal tocco delicato. - E' diventato tutto nero, ti fa male?

Arthur si ritirò dalla mano di Francis, rosso in viso. - Certo che fa male, scemo! Gilbert mi ha dato il colpo di grazia a karate, è un miracolo che non si sia gonfiato!

- Ma si è gonfiato…

- Beh, allora non sono affari tuoi e non toccarmi mai più in questo modo o ti trancio la mano! - replicò incrociando le braccia.

- Se vuoi a casa ho del ghiaccio e anche del disinfettante.

Arthur fece schioccare la lingua sul palato in segno di disapprovazione. - Ah! Te lo scordi, non verrò mai a casa tua, maniaco!

- Non potrei mai fare il “maniaco” davanti ai bambini, non credi? - Francis ghignò divertito. - E poi io sono passionale, non un pervertito!

Non importava se non sarebbero stati soli, non sarebbe mai andato a casa sua.

Eppure l'occhio gli pulsava talmente forte che forse un po' di ghiaccio non gli avrebbe fatto male e la sua villa era ancora troppo lontana... Che diamine! Non riusciva mai a vincere con quel dannato francese!

Si alzò di scatto infastidito, battendo un piede per terra. - E va bene, ma facciamo in fretta!

Francis sorrise vittorioso e si mise in piedi pure lui. Richiamò i bambini e, una volta arrivati, prese per mano Matthew e Shell e si incamminarono, con Arthur, Peter ed Alfred a pochi passi dietro di loro, che discutevano sul motivo della grandezza delle sopracciglia dei fratelli Kirkland.

 

 


La casa di Francis non era per niente come Arthur l’era immaginata nei suoi peggior incubi.

Era un semplice appartamento con una piccola cucina, una sala da pranzo collegata al salotto e lungo il corridoio vi erano due camere da letto e un bagno. Molto sobria e troppo poco da Francis. Al contrario, si era immaginato una villa sfarzosa, tre volte più grande della sua, più simile al labirinto del Minotauro che ad una casa.

Francis sembrò capire i pensieri dell’inglese dal solo sguardo e aggrottò la fronte. - Vivo da solo rinnegato dai miei genitori da quando ho diciassette anni, non credo di possedere i soldi necessari per vivere in una villa degna della regina Elisabetta! - Ridacchiò mentre sistemava il cappotto sull’appendiabiti. - Però la villa di famiglia in Francia può essere paragonata a quella.

Arthur fece una smorfia: se lo aspettava.

Alfred si aggrappò alla divisa scolastica di Arthur e cominciò a saltellare. - Giochi con noi?? Puoi stare nella mia squadra, tanto io sono il più bravo! Mattie, Shellie e Peter possono stare insieme!

L’inglese si ritrovò lusingato per quella proposta, ma non era bravo con i bambini e soprattutto non aveva alcuna voglia di giocare, specialmente davanti a Francis, sarebbe stato troppo imbarazzante.

Francis intervenne prendendo in braccio il figlio. - Arthur non può adesso, giocate in salotto voi bambini. - gli diede un bacio sulla guancia e lo rimise a terra. - Se fate i bravi stasera cucino lo stufato di carne, che ne dite?

Gli occhi dei tre figli si illuminarono all’istante ed esultarono correndo verso il salotto, seguiti da Peter.

Francis sorrise e fece segno ad Arthur di seguirlo in cucina. L'idea di dover stare solo con Francis improvvisamente gli fece rimpiangere la proposta di Alfred.

Il francese aprì uno sportello tirando fuori una boccetta di disinfettante e del cotone, poi prese dal freezer del ghiaccio in busta e si voltò verso Arthur sorridendo beato. - Siediti, mio caro paziente!

- Scordatelo, faccio da solo. E il disinfettante non serve. - Arthur incrociò le braccia guardando con aria di sufficienza il francese.

Francis scosse la testa contrariato. - Allez! Non fare il bambino, sarà più veloce e delicato se lo faccio io, considerando il tuo tocco da elefante.

Nonostante il commento provocatorio, Arthur dovette arrendersi come sempre e si sedette di peso sulla prima sedia che trovò vicino a lui.

Francis versò un po’ di disinfettante sul cotone e si chinò appena per tamponare qualche graffio che si era formato attorno all’occhio di Arthur a causa delle botte ricevute.

L'inglese trattenne un gemito per il bruciore molto poco virile, ma dovette ammettere che il tocco di Francis era davvero leggero come diceva. Il francese passò il cotone bagnato anche su alcune ferite sul naso e sul labbro inferiore, il tutto con calma e tranquillità. Tutto in quel ragazzo era tranquillo: il colore degli occhi dava l'impressione di affacciarsi davanti al mare dopo una tempesta, l’espressione del viso era rilassata, i movimenti e persino il tono della voce inspiravano tranquillità. Sarebbe stato bello, pensava Arthur, avere quella calma in ogni occasione. Invece lui non faceva altro che pensare, pensare al futuro e ricordare il passato. Il suo animo non trovava pace, non riusciva a trovare equilibrio e calma. Nel suo vocabolario non esisteva la parola “tranquillità”.

Gli occhi di Francis si posavano spesso su quelli verdi dell’inglese e per questo Arthur distoglieva lo sguardo, a disagio, trattenendosi il più possibile per non rivolgergli qualche commento poco gradevole davanti ai suoi figli.

Figli. Se ci pensava gli sembrava ancora così assurdo. Francis padre di tre gemelli, chi se lo sarebbe aspettato? Assolutamente nessuno, era talmente bravo che era riuscito a nascondere il suo segreto a tutti per quasi quattro anni. O quasi tutti...

- Chi altro lo sa oltre a me? - Chiese puntando lo sguardo curioso su quello pacato del francese.

Questo si fermò per guardarlo a sua volta, sorpreso per quella domanda improvvisa. Alzò lo sguardo come per rifletterci su, poi fece spallucce sorridendo. - Credi di essere il solo, eh? Non, mon amour, non sei così speciale. Non molti però conoscono i bambini. Gilbert ed Antonio sono stati tra i primi, sono i miei più cari amici, mi hanno aiutato molto e lo fanno tutt’ora. Anche mia sorella mi aiuta nonostante la scuola. Nessuno di loro ha avuto una brutta reazione, tranne i miei genitori… - fece una pausa e strinse la boccetta di disinfettante come se volesse spezzarla in due. Quando si accorse dello sguardo turbato di Arthur, riprese a sorridere come se non fosse successo niente, posò la boccetta sul bancone della cucina e prese il ghiaccio in busta porgendolo al ragazzo. - Loro non l’hanno presa bene purtroppo, mi hanno cacciato di casa come se non fossi mai stato loro figlio. Secondo loro ho disonorato l'antica e ricca famiglia Bonnefoy. Non hanno nemmeno voluto vedere i bambini. Beh, peggio per loro, sono davvero dei bimbi dolcissimi, li avrebbero amati senza ombra di dubbio. Ma non sempre le cose vanno nel verso giusto. Specialmente in queste situazioni

Arthur annuì e prese tra le mani la busta di ghiaccio posandola poi sull’occhio. Aveva ancora molte domande da fargli, era curioso, quella situazione lo aveva scioccato ma allo stesso tempo affascinato. Forse porre fine a tutte le sue curiosità sarebbe stato inopportuno, ma tanto valeva tentare. - Immagino non sia stato facile... - aggiunse qualche attimo dopo, guardando i quattro bambini che saltavano sui divani e correvano attorno al tavolo con quella vivacità che nessun adulto riusciva ad avere.

Francis sospirò appoggiandosi con la schiena al bancone. - Non, pas du tout. Specialmente all’inizio, dopo la morte di Saran. Non sapevo che fare, ero disperato, tenere tre bambini da solo non era un’impresa facile e mi spaventava. Ero così giovane e lei aveva scelto di non abortire solo perché era certa che saremmo stati insieme... - lanciò uno sguardo al ragazzo per poi scuotere la testa. - Ma fortunatamente le persone che mi hanno davvero voluto bene sono rimaste e di nuove sono giunte per aiutarmi... C’è stata una donna tra queste a cui sarò sempre grato. Una donna cinese dolce come il miele. Si era trasferita in Inghilterra dodici anni prima con i suoi primi tre figli. All'epoca della morte di Saran e quindi la nascita dei bambini, aveva anche lei avuto da poco dei gemelli e si è presa cura anche dei miei figli. E’ stato un caso aver incontrato lei e il suo figlio maggiore, Yao, nella sala d’aspetto dell’ospedale...

Si interruppe non appena notò l’espressione sorpresa di Arthur. - Yao? Yao Wang, l’investigatore della centrale di polizia?

Francis sorrise. - Proprio lui, mon ami! Anche tu lo conosci? Come?

Arthur ammutolì. Non poteva rivelare il vero motivo per cui conosceva l’investigatore cinese. Il caso di suo padre non era stato reso pubblico proprio per non rovinare la vita dei figli. Non avrebbe rovinato anni e anni di ricerche e di silenzio per un errore. Alzò le spalle sistemandosi meglio il ghiaccio sull’occhio e cercando di mascherare le sue emozioni. - Lo conoscono tutti in città, è una specie di leggenda. La persona più giovane ad essere entrata nel corpo di polizia. Specialmente come investigatore. E' davvero intelligente!

Il francese approvò annuendo. - Proprio come sua madre. E' stato lui il primo a parlarmi, voleva rassicurarmi. Aveva sentito la mia storia da qualche infermiera e il suo senso della giustizia, come diceva lui (o qualcosa del genere, era un tipo un po' particolare in effetti), gli imponeva di aiutarmi. Senza il loro aiuto non so se sarei riuscito a trovare la forza per andare avanti. Ancora oggi ci aiutiamo a vicenda. I bambini si sentono quasi come fratelli con loro.

L’inglese annuì riflettendo sulle sue parole. Poi aggrottò le sopracciglia. - Aspetta... Fino a un mese fa non eri fidanzato con Lien Chung, la sorella di Yao? Ma hai appena detto che siete come parenti ormai!

- Sì, ma non di sangue. - Rispose lui alzando le spalle. - Ed è stata anche una bella relazione se è per questo. - Fece l’occhiolino ghignando, cosa che innervosì non poco l’inglese.

Prima che potesse cominciare una lite su quanto il francese potesse fare schifo secondo i canoni mentali dell'inglese, Francis sospirò e cambiò argomento. - Mi dispiace averti insultato. E poi anche colpito, anche se quella è stata colpa tua. Non penso affatto quelle cose. E non te le avrei mai dette, ma sono giunto a conclusioni affrettate e non ho ragionato... Mi perdoni?

Arthur rimase un po’ scettico. Gli occhi da cerbiatto di Francis non gli facevano alcun effetto, più che altro lo stupiva il fatto che si stesse scusando per primo.

Magari lo avrebbe perdonato per i colpi ricevuti, ma gli insulti... Non era una cosa da Francis insultare così ferocemente qualcuno e se era giunto a farlo probabilmente era stata proprio colpa delle poche parole dell’inglese. Ma questo non lo giustificava.

- Vedrò se accettare o meno le tue scuse. E comunque lotti peggio di una ragazzina. Non mi hai fatto niente, mentre io ti ho conciato per le feste. - disse indicando il cerotto sullo zigomo di Francis e i vari lividi sparsi sulla faccia.

Francis incrocio le braccia. - Ah! S'il vous plaît, Arthur, e quei bernoccoli che io ti ho fatto dove li metti?

Arthur ghignò in tono di sfida. - Tutto merito di Gilbert, tu non hai fatto nulla debole come sei.

Prima che potessero iniziare a lanciarsi pentole e utensili da cucina, la vocina di Matthew li interruppe.

- Papà... Peter e Arthur possono restare per cena? - Parlava con un tono talmente basso che l'inglese dovette piegarsi per sentirlo.

Francis, che invece lo sentì anche senza avvicinarsi, probabilmente perché era abituato, sorrise dolcemente. - Non possiamo, Mattie, papà deve studiare tanto. E tu devi andare a dormire presto per riprenderti meglio dalla brutta febbre che hai avuto nell'ultima settimana!

Prese in braccio il figlio e gli fece il solletico sotto il mento, gesto che suscitò la risata acuta del bambino.

Guardandoli così felici insieme, Arthur si ritrovò a pensare a tutti gli attimi perduti con suo padre. Quando lui era molto piccolo, non lo vedeva spesso a causa del lavoro impegnativo che lo tratteneva anche diversi mesi all'estero. Poi era avvenuta quella fatidica notte, in cui aveva perso per sempre il padre, perdendo con lui tutti i momenti di gioia che un bambino dovrebbe poter passare con il proprio genitore. Si sentì felice per Matthew e gli altri bambini, avevano un padre che li amava e che sacrificava tutto per essere presente il più possibile.

Francis dovette notare l'aria assorta di Arthur, perché subito intervenne. - Non vi sto cacciando, ovviamente, se vi fa piacere restare, posso preparare dello stufato per tutti...

Arthur si risvegliò dai propri pensieri. - E rischiare di essere avvelenati dalla tua cucina? No grazie, toglieremo il disturbo più che volentieri!

- Non sono mica inglese, mon cher.

- Bonnefoy, attento a quello che dici, non vorrei picchiarti davanti ai tuoi figli...

Matthew li interruppe, di nuovo, salvando la situazione. - Allora possiamo giocare al gioco delle storie tutti insieme! - Disse accarezzando la barbetta del papà.

A quanto pare, Francis non ne era entusiasta e probabilmente doveva studiare come aveva detto, dal momento che erano in vista altri test per le settimane a venire. Arthur intuì che gli dispiaceva dover dire di no ancora una volta a suo figlio, quindi decise che sarebbe stato meglio intervenire di persona.

- Matthew, ci piacerebbe tanto, ma io e Peter dobbiamo tornare subito a casa. Anche noi dobbiamo preparare la nostra cena. - Cercò di usare il tono più dolce possibile, il che lo mise un po' in imbarazzo.

A quanto pare, Matthew era un bimbo educato e per niente capriccioso, infatti annuì rassegnato. - E va bene... - Abbassò lo sguardo e mise su il broncio, ma si rallegrò subito e continuò. - Allora giochiamo la prossima volta che venite!

Arthur avrebbe quasi voluto ribattere che non avrebbe mai più rimesso piede nella casa di quel francese scaltro e senza scrupoli, ma il tono di Matthew e il suo sorriso debole, ma sincero gli sciolsero il cuore e tutti i commenti acidi che aveva in mente. Si ritrovò ad annuire e lasciargli un buffetto sulla guancia. - Alla prossima, dunque.

Matthew esplose in un gridolino di gioia che divertì l'inglese. Soltanto quando notò lo sguardo interessato e sorpreso di Francis, riprese ad aggrottare le sopracciglia e si allontanò il più velocemente possibile verso la sala, fuggendo da quegli occhi penetranti. Chiamò il fratello che non aveva alcuna intenzione di andarsene e quasi a forza lo costrinse a mettersi il cappotto.

Quando furono sulla soglia di casa, Francis lo afferrò per un polso, cosa che Arthur non gradì molto. - Mi prometti di non dirlo a nessuno a scuola, vero? E' una questione seria, se le persone sbagliate lo venissero a sapere... - Qualunque cosa stesse pensando, la tenne per sé. - Devi dimostrarmi che mi posso fidare.

Francis gli puntava gli occhi blu addosso e Arthur dovette ancora una volta allontanare lo sguardo per non sentirsi troppo a disagio. - Hai la mia parola, non lo rivelerò a nessuno. Anzi, se c'è qualcosa... Qualcosa che posso fare... - quelle ultime parole gli uscirono a fatica, ma era sincero. Quei bambini lo avevano conquistato. Ovviamente avrebbe offerto il suo aiuto a loro, non a quella rana fritta di Francis.

Di rimando, il francese lo guardò con fare divertito. - Ah, quindi hai un cuore sotto questa corazza di diamante. Non l'avrei mai detto!

- Vai al diavolo, Bonnefoy! - Arthur grugnì, voltandosi e cominciando a scendere le scale impettito.

Francis rise di gusto. - Ci vediamo a scuola, dolce Kirkland! - E si chiuse la porta alle spalle.







Spazio dell'Autrice
Buongiorno popolo!
Eh già, sono scomparsa per mesi e ritorno magicamente e all'improvviso. Sono peggio di Togashi lol (l'autore di HxH *momento nerd*)
La quarantena forse mi ha dato alla testa oppure semplicemente ho ritrovato l'ispirazione per correggere questi capitoli e pubblicarli.
Non voglio rinunciare a questa storia, è troppo carina e l'ho pensata talmente tanto nella mia testa che non continuarla sarebbe uno sbaglio. Però devo ammettere che sarà piuttosto complicato scrivere i prossimi capitoli. Sono quelli in cui si cominciano a conoscere tutti i personaggi e devo ragionarci tanto, tutto deve coincidere con come andrà avanti la storia. (+ Sto scrivendo una nuova fanfiction sempre su Hetalia e mi sta prendendo talmente tanto che in soli 3 mesi ho scritto 6 capitoli *u* voglio arrivare almeno al decimo così da essere sicura di pubblicarla in tranquillità, ma ora mi metterò d'impegno a continuare anche "Come Il Sole Al Tramonto". Ah e in più ho 4 esami da dare T^T)
Detto questo, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, e lasciate una recensione se vi fa piacere.
Alla prossima!

   
 
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