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Autore: Arte_alla_Spina    16/04/2020    2 recensioni
Questa è la prima fanfiction che pubblico quindi ho cercato di creare una scena semplice, parte da Thorn che uccide il suo aggressore prima di partire per Anima, si concentra sui pensieri di Thorn in merito al matrimonio e alla sua situazione personale, per questo contiene spoiler si tutti e tre i libri, specialmente nel finale. Spero vi piaccia.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Il libro era la chiave. La chiave della libertà, della verità ma, sopratutto, della giustizia. Da quando era nato di giustizia ne aveva ricevuta davvero poca, per questo era votato ad essa più di quanto un uomo potesse essere votato ad un'amante. Il cuore, un pozzo profondo senza luce, nessun libro, nessun manuale gli avrebbe mai chiarito i misteri delle emozioni ma i numeri non sbagliavano mai, i numeri erano freddi, costanti, fissi e immutabili come lui. Automaticamente aprì e chiuse l'orologio da taschino, non lo faceva per guardare l'orario come tutti scioccamente pensavano, era un tic, quel gesto, il rumore metallico dello sportellino, il freddo dell'oro, gli davano pace, lo calmavano e poche cose al mondo erano capaci di farlo. Il caffè amaro, la brezza gelida contro il suo volto spigoloso, i calcoli algebrici e... e nient'altro. Il dirigibile era in ritardo, odiava quei piccoli incidenti che gli causavano cambi di programma, perché non erano tutti meticolosi ed efficienti come lui? Non ci voleva mica tanto! Invece l'umanità gioiva nella sua follia, si eccitava di perdizione, si inebriava delle proprie debolezze. Sarebbe arrivato in ritardo su Anima, poco male, non ci teneva a fare colpo su gente che, se tutto andava secondo i piani, non avrebbe rivisto mai più. Un rumore, passi nel buio, il baluginio di una lama... Thorn scattò alla sua destra, il colpo cadde nel vuoto, seguito dal suo sicario.  "Intendente, buonasera. State partendo? Una vacanza?" Thorn fece brillare il calcio della pistola sotto le luci dell'hangar. "Chi vi manda?" "Qualcuno che ci tiene tanto a congratularsi per le future nozze". Quella frase lo destabilizzò. Nessuno, NESSUNO sapeva, nè doveva sapere, della sua partenza. Aveva appositamente lasciato trapelare una notizia falsa, Ofelia, questo il nome dell'ignara vittima dei suoi piani, ufficialmente sarebbe giunta al Polo a pochi giorni dalla cerimonia. Doveva proteggerla dai suoi nemici, se qualcuno l'avesse uccisa difficilmente avrebbe trovato una nuova lettrice, in età da marito, disponibile a correre un rischio simile. Un salto, la lama sfiorò il suo polpaccio, cinquantasei, quella era la sua cinquantaseiesima cicatrice. Gli piaceva quel numero, era la somma di sei numeri primi. Gli artigli scattarono in automatico, come un battito di ciglia, il suo aggressore si ritrovò con un ampio squarcio che correva dalla spalla alla vita. "I bastardi non dovrebbero usare un potere del quale non sono degni", sputò fra un sospiro e l'altro. "Non ve lo chiederò di nuovo: chi vi manda?" La canna della pistola in posizione. "Immaginatelo da solo", il coltello fischiò accanto all'orecchio di Thorn, l'hangar fu attraversato dal rimbombo di uno sparo: il proiettile aveva fatto centro. 'Immaginatelo da solo', Thorn non aveva immaginazione e possedeva fin troppi nemici, molti nobili avrebbero inviato un senza poteri in quella missione suicida solo per dargli fastidio, solo per il gusto di indisporlo. Si avvicinò al cadavere, ne osservò i tratti, sotto la barba scura c'era un uomo più giovane di quanto pensasse e lui aveva messo fine alla sua vita. L'episodio gli ricordò la prima volta che si era difeso, aveva fatto a pezzi un uomo grosso il doppio di lui con il solo ausilio degli artigli. Quella notte, osservando la neve tinta di cremisi, aveva giurato a se stesso che non si sarebbe mai più tramutato in bestia, il giorno dopo aveva comprato la fedele amica aggrappata alla sua cintura. Non poteva smettere di uccidere, poteva però decidere il modo in cui farlo. "Signore, la vostra gamba sanguina, posso consigliarvi una visita dal nostro medico di bordo?" Thorn aveva appena varcato la porta del dirigibile lasciandosi dietro pozze scarlatte. "È solo un graffio. Fatemi consegnare alcol, garze sterili, ago e filo" "Signore, intendente suturarvi da solo?" La sorpresa nella voce del capitano era fuori luogo, lo sguardo affilato dell'intendente gli fece ingoiare il resto della frase. "Sarà fatto signore, vi auguriamo buon viaggio", Thorn girò sui tacchi e si diresse verso il suo alloggio. Pochi minuti dopo un inserviente lasciò sulla scrivania tutto il necessario, Thorn sollevò il pantalone, il taglio era profondo ma non aveva creato danni. Disinfettò la zona, strinse i denti e iniziò a cucire, non era doloroso in confronto agli abusi che il suo corpo aveva subito negli anni. Mentre, meticolosamente, suturava il polpaccio, lo sguardo corse sulla valigetta. Faruk era stato chiaro, non doveva aprirla, il contenuto avrebbe potuto ucciderlo e andava consegnata solo ed esclusivamente ad Artemide, immediatamente al suo arrivo, senza tergiversare. La curiosità lo consumava, di solito non era curioso, non gli interessavano quelle faccende ma... Faruk donava solo diamanti alle sue favorite per poterle distinguere nella folla e favori, in cambio di altri favori. Non ricordava nulla del suo passato, da qui l'ossessione per il libro, a stento era consapevole dei suoi fratelli, cosa custodiva gelosamente fra i suoi giochi? Cos'era così importante da dover essere consegnato ad Artemide? Tagliò il filo, con gesti chirurgici fasciò la gamba, indossò un paio di pantaloni puliti, si sedette su una sedia troppo piccola per la sua altezza fuori dal comune, appoggiò i gomiti alle ginocchia e il mento sulle dita lunghe. Che contenesse informazioni su Dio? Chi era Dio? Cosa voleva? Perché su ogni arca c'era gente, gente come sua madre, pronta a tutto pur di accontentarlo? Faruk collaborava con Dio? Le memorie di chi l'aveva messo al mondo erano troppe per poterle ignorare, troppo poche per fornire risposte. Afferrò la valigia, l'oggetto era straordinariamente leggero, così leggero da fargli credere che fosse vuoto, ma non poteva esserlo, non avrebbe avuto senso e per Thorn tutto doveva avere un senso, altrimenti non aveva ragione d'esistere, come il suo matrimonio. Un unione d'amore era insensata, l'amore era un sentimento sopravvalutato che si esauriva nell'arco di poco tempo e del fuoco iniziale cosa restava? Nulla, anzi, il nobile sentimento mutava pelle, come una serpe, evolvendosi in tradimenti e sotterfugi. Non era ciò che voleva, lui desiderava un'alleanza fruttuosa. Avrebbe assicurato alla moglie una casa ricca, un posto in società, una vita agiata accanto ad un uomo che sarebbe stata costretta a vedere di rado, le avrebbe anche fatto dono dei suoi artigli con i quali difendersi dai nemici che, volente o nolente, avrebbe ereditato dal marito insieme all'oro e alle proprietà. In cambio lui avrebbe preso una piccolissima cosa: la sua capacità di leggere. Per il resto non aveva nessun tipo di pretesa, probabilmente la lettura lo avrebbe portato a scoprire quella verità che bramava dall'infanzia, una verità che lo avrebbe costretto a viaggiare e che gli avrebbe dato ben poche occasioni per essere un marito. La donna che stava per sposare era fortunata, otteneva più lei da quell'unione che tutte le sue parenti messe insieme. Fu con quel pensiero in testa che abbandonò l'idea di sbirciare oltre i fermagli dorati e chiuse gli occhi, doveva riposare... non avrebbe avuto molte altre occasioni per farlo.
   
 
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