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Autore: Mr Lavottino    16/04/2020    2 recensioni
[Alternative Universe, i nostri eroi sono ragazzotti di terza media]
"Possibile che andasse sempre a finire così? Come ogni volta, anche quell'anno non sarebbe andato al ballo perché non aveva nessuna compagna.
In prima Gwen stava con Trent e lui aveva appena litigato con Courtney, quindi non ci era andato. In seconda Courtney si era messa con Scott e lui, nonostante stesse con Gwen, non poté andare perché la mora non se la sentiva di vedere la castana.
Quell'anno, invece, Gwen lo aveva mollato e, assieme a Courtney, avevano completamente smesso di parlargli. Trovava vile il ragionamento della gotica, che aveva definito la loro relazione come "un errore che tu mi hai costretta a fare", ma a sorprenderlo ancora di più era stata Courtney, che aveva perdonato la ragazza come se nulla fosse.
Così lui si trovava lì, seduto su una panchina in un parco vuoto al calar del sole, con il cuore pieno di amarezza e nostalgia dei bei vecchi tempi, quelli in cui non conosceva ancora le due arpie e poteva definirsi uno "spirito selvaggio"."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Duncan, Gwen, Mike, Zoey
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Possibile che andasse sempre a finire così? Come ogni volta, anche quell'anno non sarebbe andato al ballo perché non aveva nessuna compagna.
In prima Gwen stava con Trent e lui aveva appena litigato con Courtney, quindi non ci era andato. In seconda Courtney si era messa con Scott e lui, nonostante stesse con Gwen, non poté andare perché la mora non se la sentiva di vedere la castana.
Quell'anno, invece, Gwen lo aveva mollato e, assieme a Courtney, avevano completamente smesso di parlargli. Trovava vile il ragionamento della gotica, che aveva definito la loro relazione come "un errore che tu mi hai costretta a fare", ma a sorprenderlo ancora di più era stata Courtney, che aveva perdonato la ragazza come se nulla fosse.
Così lui si trovava lì, seduto su una panchina in un parco vuoto al calar del sole, con il cuore pieno di amarezza e nostalgia dei bei vecchi tempi, quelli in cui non conosceva ancora le due arpie e poteva definirsi uno "spirito selvaggio".
Davanti a se aveva il panorama della città, da cui riusciva ad intravedere anche la sua scuola, dove in quel momento le coppiette si stavano radunando per partecipare al ballo scolastico. Ci sarebbe stato il cibo, le bevute, la band della scuola, che avrebbe suonato uno di quei lenti smielati per gli innamorati, e poi la premiazione del re e della reginetta della scuola, assieme a tutte quelle altre cose disgustose, così le definiva lui, che non gli piacevano per niente.
Eppure sentiva il bisogno impellente di andare a quel ballo. Era come se, non andandoci, si stesse privando di un pezzo importante della sua adolescenza. Volendo avrebbe potuto presentarsi da solo, ma sarebbe stata una mossa tristissima e, per poter mantenere intatto il suo orgoglio, preferiva rimanere lì, ad osservare la scuola da un'altura con l'invidia negli occhi.
Perfino Harold, lo sfigato della classe, aveva trovato qualcuno con cui andare a quel ballo. Solo lui, in tutta la classe, non ne era stato in grado.
Dette istintivamente un pugno alla panchina. Stava veramente dando di matto. Cacciò un grossissimo sospiro ed appoggiò la testa sullo schienale della panchina, così da avere una perfetta visuale del cielo: era color violaceo, l'arancione del tramonto ed il blu della notte si mischiavano fino a formare un colore soffocante, quasi opprimente, che gli riportava alla mente tutti i pomeriggi passati nei suoi anni alle medie.
Ormai era tutto finito, a breve sarebbe andato alle superiori, avrebbe detto addio a tutti i suoi vecchi compagni e si sarebbe fatto una nuova vita in un altro istituto scolastico, possibilmente lontano da lì.
Quei pensieri lo fecero sorridere, anche se non voleva farlo. Andava sempre a finire così, con lui che covava odio verso le persone mentre quelle si divertivano. Rivoltante, non aveva un'altra parola per definirsi.
E proprio mentre era così giù di corda che notò la ragazza ferma a qualche metro da lui. Aveva i capelli rossi, racchiusi in due piccole codine, e dai suoi vestiti capì che nemmeno lei sarebbe andata al ballo. La riconobbe dopo qualche secondo di attenta analisi: era di seconda, faceva parte della classe di Scott Wallis, il bulletto con cui ogni tanto andava a giocare a calcio.
La rossa era appoggiata alla grata presente sul bordo dell'altopiano e, esattamente come lui, stava osservando la scuola in lontananza.
Dai suoi occhi intuì che avrebbe voluto essere lì, con uno di quegli abiti imbarazzanti addosso ed un'acconciatura complicata e piena di fronzoli.
- Perché non sei andata?- aveva talmente tanta voglia di discostarsi da quei pensieri pessimisti che, senza nemmeno pensarci, provò ad iniziare una conversazione con lei.
- Eh?- la ragazza si voltò verso di lui, facendogli così vedere il suo volto triste - Ah... beh, Mike ha scelto di andare al ballo con Anne Maria, quindi io...- si prese un secondo di pausa - non ho un compagno.- alzò le spalle, per poi accennare ad una risata.
Lei e Duncan si erano parlati una sola volta prima di quel momento, quando, durante le elezioni del rappresentante di istituto, la rossa gli aveva dato uno dei volantini raffiguranti la faccia di Courtney e lui l'aveva scostata bruscamente dicendole che non gli interessava nulla di quelle cavolate.
- Ah, giusto, tu te la fai con quello schizzato.- disse con poco garbo.
- No! Cioè, non siamo mai stati assieme.- alzò leggermente il tono di voce, per poi abbassarlo subito non appena vide che il punk si coprì istintivamente l'orecchio - Si è fidanzato con Anne Maria, quindi... ma perché ti sto dicendo queste cose? Immagino che a te non interessino.- concluse poi, sorridendo forzatamente. La rossa tenne la testa bassa, ritornando ai suoi pensieri pessimisti ed autodistruttivi.
- Probabilmente in qualsiasi altra occasione ti direi di no, però ora come ora ascolterei anche un disco k-pop pur di non fare lo stesso con il mio subconscio.- si indicò la testa, facendola ridere.
- Sei così disperato? Sentiamo, tu perché non vai alla festa?- si avvicinò, percorrendo tutta la strada con una mano sulla grata.
- Non prendermi in giro, sarò solo un bulletto del cazzo, ma a scuola mi conoscono tutti. Sai benissimo cosa mi è successo.- sputò acidamente, poco voglioso di parlare di ciò.
- Scusa.- lei non disse altro, si limitò a fare una delle sue solite risate di circostanza. In effetti Duncan aveva ragione, era perfettamente a conoscenza di ciò che gli era successo, perché lui, Courtney e Gwen erano delle celebrità nella loro scuola media.
Il triangolo amoroso che i tre avevano portato avanti era diventato il maggior argomento di gossip per gli studenti, tanto che alcune persone si erano addirittura schierate a favore dell'una o dell'altra, creando gruppi nelle chat e cose del genere, da cui lei era rimasta volutamente alla larga.
- Non scusarti, o almeno non dovresti essere tu a farlo.- dette un'altra occhiata verso la scuola, le cui luci iniziavano a brillare nel buio circostante.
- Beh, detto onestamente... te lo sei meritato.- sentendo quelle parole, il punk rischiò un colpo al cuore. Portò gli occhi verso di lei, guardandola come se fosse un alieno - Non capire male, non ce l'ho con te. – lei mise subito le mani avanti, in maniera anche piuttosto imbarazzata, dato che non voleva che passasse un messaggio negativo dalle sue parole - Diciamo solo che avresti dovuto scegliere.- la rossa si grattò un braccio, già pentitasi per avergli detto quelle cose.
- Vorrei veramente prenderti a pugni, ma in questo momento non posso fare nulla.- la ragazza non seppe come prendere quella frase, che suonava leggermente come una minaccia bella e buona.
- Ehm... grazie?- disse, nonostante non fosse sicura di doverlo fare.
- Lo so che ho sbagliato, ma che diavolo! Solo perché mi comporto da idiota non vuol dire che tutti possano trattarmi come se fossi uno straccio da cucina.- si lamentò, sbattendo con forza una mano contro il legno della panchina.
- Potresti provare a comportarti un po' meglio.- propose lei, facendosi sempre più vicino.
- Per favore, non dirmi cosa fare. Tu sei sulla mia stessa barca.- le dette un'occhiataccia, facendola fermare all'istante.
- Cosa intendi dire?- domandò lei, boccheggiando un po'.
- Quel Mike si è messo con Anne Maria solo perché tu non hai avuto le palle di dichiararti prima.- la rossa lo guardò con gli occhi spalancati.
- Come fai a...- il moro non la lasciò finire.
- Zoey Larson, seconda media.- disse, facendola stranire ancora di più - Pensi che solo perché siamo "popolari" non sappiamo nemmeno della vostra esistenza?- scosse la testa, sorpreso dalla poca intelligenza della rossa.
- Tu... mi conosci?- si indicò, completamente nel pallone.
- Certo. So anche che eri molto intima con quel Mike, ma poi hai lasciato che andasse con quella zoccola. Sai, prima di lui si è fatta Justin, Alejandro, suo fratello José, devo continuare? - Zoey, sentendo quelle parole, portò istintivamente le mani sulle orecchie e cacciò un urlo di disperazione.
- Smettila, ti prego.- sussurrò poi, completamente abbattuta dalla cosa. Si sentiva uno schifo per non essere riuscita a tenersi stretta Mike, che era quindi andato con la sua rivale in amore. Ormai era da quasi un mese che i due stavano assieme e lei, per tutto quel tempo, non aveva fatto altre che disperarsi sul divano di casa sua, facendo buon viso a cattivo gioco davanti ai compagni.
- È brutto quando le persone riaprono le tue vecchie ferite, eh?- le disse, con un sarcasmo notevole.
- Sì. – Zoey non aggiunse altro, si limitò a rimanere in piedi a pochi passi dalla panchina, senza sapere se sedersi oppure no.
- Mettiti qui.- Duncan, svogliatamente, le indicò il posto accanto al suo con una mano. Aveva notato come la rossa cercasse di trovare un modo per potersi mettere a sedere e, vista la sua passività, stava iniziando ad irritarsi veramente tanto.
- Posso?- chiese, balbettando. Lui le fece cenno di sì con la testa, senza mai distogliere lo sguardo dalla scuola.
- Sfigati...- sussurrò, nella speranza di convincere se stesso di quello che stava dicendo.
- Sai, forse...- Zoey prese un attimo di pausa, non del tutto sicura di terminare la frase - gli sfigati siamo noi.- concluse poi, facendolo ridere.
- Sì, lo so. Ma fa veramente male dirlo ad alta voce. Preferisco fingere di essere superiore agli altri.- il moro alzò le spalle, accompagnando quelle parole con un ghigno.
- Però così non crescerai mai.- quelle parole stuzzicarono la sua attenzione.
- E cosa vuol dire, per te, crescere?- le domandò, voltandosi verso di lei di colpo. La ragazza, presa alla sprovvista, si prese il suo tempo prima di rispondere.
- Beh, probabilmente... fare i compiti senza che te lo dicano i genitori, mangiare le verdure, arrivare in orario a scuola.- buttò lì le prime cose che le vennero in mente.
- Allora non voglio crescere.- Duncan scosse la testa con forza.
- Cosa intendi dire?- la rossa lo guardò, shoccata da quelle parole.
- Non mi piace fare i compiti, non mi piacciono le verdure e nemmeno alzarmi presto la mattina. Quindi voglio rimanere un ragazzino per tutta la vita. - sbottò, convinto di poter dare contro anche al mondo intero, se lo avesse voluto.
- Io...- Zoey non riuscì a dire nulla, senza nemmeno accorgersene scoppiò in una fragorosa risata.
- Che c'è da ridere?- chiese lui, leggermente contrariato dalla sua reazione.
- Nulla, è solo che... sarebbe bello se fosse... come dici... tu. - lentamente, le risate della rossa si trasformarono in un pianto. Il punk la guardò, sconvolto dalla rapidità con cui la situazione si era capovolta, poi girò la testa dell'altra parte, convinto di non dovere nulla a quella ragazzina.
- Oh, Gesù...- sussurrò poi, cercando di passare sopra l'imbarazzo del momento.
- L'ho lasciato andare con lei... non sono riuscita ad evitarlo.- Zoey cominciò ad elencare tutte le sue colpe, andandoci anche pesante - Avrei dovuto dirgli che mi piaceva, senza farmi fregare in quella maniera. Era l'unico... modo per non essere qua in questo momento.- sentir dire quelle cose fece spalancare gli occhi all'altro - Se lo avessi fatto... adesso ci sarei io affianco a lui a quella festa, con addosso vestiti eleganti e tutti quegli accessori per i capelli!- la rossa si portò le ginocchia al petto e continuò a piangere - Sono un'idiota!- urlò poi, facendo definitivamente esplodere l'ira di Duncan.
- No!- gridò lui, interrompendo immediatamente il suo pianto. Zoey tirò lentamente su la testa e lo guardò, con gli occhi ancora arrossati dalle lacrime - Non è colpa tua. Sono loro ad aver sbagliato. Se quell'idiota ti amava davvero, te lo avrebbe dovuto dimostrare, senza aspettare che fossi tu a fare il primo passo!- dette un altro colpo alla panchina, con ancora più forza delle precedenti - Sono stufo di sentirmi dire che la colpa è mia, mia e solo mia! La verità è che io non ci sto capendo più nulla!- ormai era partito e, difficilmente, si sarebbe fermato.
- Duncan...- la rossa provò a dire qualcosa, ma venne sopraffatto dall'inaspettata fluidità con cui il ragazzo stava facendo il suo discorso.
- Se Courtney mi amava davvero, allora non doveva opprimermi in quella maniera! Hai idea di cosa vogliano dire trentadue pagine di appunti su come migliorare il mio comportamento? Roba da matti. E anche Gwen, diceva di tenere a me più di qualsiasi altra cosa, ma le sono bastati dei semplicissimi sensi di colpa per gettare alle ortiche tutto ciò che ne è stato di noi.- quelle parole, dette con una foga quasi teatrale, suscitarono nella rossa delle emozioni mai provate prima.
- Tu hai...- sussurrò, però il discorso del moro non era ancora giunto al termine.
- Se questo è il mondo degli adulti, no, non voglio crescere. Preferisco rimanere un ragazzino scapestrato che prende note su note, piuttosto che un lurido doppiogiochista che se ne frega dei sentimenti altrui.- finì in quel modo, rimettendosi a sedere come se nulla fosse stato.
Zoey rimase immobile per un qualche secondo, senza sapere esattamente come rispondere. Quel discorso era giusto, ma allo stesso tempo anche sbagliato. Bello, però anche brutto. Fantasioso e realistico allo stesso tempo. Non c'era un corretto aggettivo per definirlo.
- Non me ne frega niente di quello stupido ballo, tanto è pieno di maschere di persone che si fingono felici, si fanno foto orribili e fanno finta di divertirsi quando di divertente non c'è assolutamente niente.- la frustrazione del punk era ben visibile, tanto che non cercò nemmeno di nasconderla. Ormai Zoey aveva perfettamente capito dov'era diretta quella discussione.
Non stavano più parlando fra di loro, ma di loro. Era iniziato uno di quei monologhi tipici dei film, dove i due si sarebbero resi conto dei loro rispettivi errori, nonostante fosse ormai troppo tardi.
- Io avrei dato qualsiasi cosa per andarci.- controbatté lei, fra un singhiozzo e l'altro - Avevo bisogno di quella finta felicità, di quel finto divertimento e di tutte quelle altre cavolate.- la rossa era, da sempre, una ragazza realistica, che si addossava sempre le proprie colpe con maturità.
Ma proprio quel suo lato positivo ed apprezzabile era in realtà la sua rovina. Troppa consapevolezza dei propri errori, anche quando questi erano delle semplici macchiette in un oceano di belle cose.
Duncan era il suo opposto, talmente orgoglioso da non essere in grado nemmeno di ammettere gli sbagli più evidenti, nonostante in cuor suo sapesse la verità.
Erano due facce della stessa medaglia che, per vari motivi, quella sera erano capitati nel luogo giusto, ma nel momento sbagliato. Un confronto fra loro non poteva che portare ad un tragico epilogo e di questo Zoey ne era convinta.
- Allora andiamoci.- furono quelle due semplici parole a smontare completamente l'idea che la rossa si era fatta per quella serata, oltre che per quella conversazione.
- Cosa?- domandò, per essere sicura di aver sentito bene.
- Andiamoci noi.- ripeté, alzandosi dalla panchina. Tenne lo sguardo dritto verso la scuola, quasi come quella fosse una sfida fra loro due.
- Ecco... io...- la ragazza non seppe cosa dire. Rimase immobile, per poi boccheggiare qualche parola non appena il punk la incitò a risponderle - Penso che...- si prese dell'altro tempo - Va bene, andiamo.-
- Perfetto, partiamo.- Duncan si alzò e, facendole cenno di seguirlo, si diresse verso la piccola stradina che li avrebbe condotti fino alla scuola.
- A-Aspetta!- balbettò Zoey. Il punk si girò verso di lei e la guardò dritta negli occhi, senza capire perché l'avesse fermato.
- Che c'è?- le chiese. La rossa sembrò esitare, poi, dopo essersi fatta coraggio, parlò.
- Ci andiamo vestiti così?- indicò il suo vestiario, un semplice top rosso, dei jeans verdognoli ed un paio di zeppe. Il moro, che non aveva minimamente pensato alla cosa, dette un'occhiata al suo, realizzando che una maglietta nera tutto stropicciata, dei jeans strappati ed un paio di Converse rovinate non fossero propriamente il meglio per una serata del genere.
- Incontriamoci qui fra trenta minuti.- detto ciò corse a casa, senza avere la minima idea di cosa indossare.
Zoey rimase ferma per un bel po', ripensando a come si fosse evoluta quella strana situazione. Doveva solo capire come si sarebbe dovuta presentata alla festa visto che, a conti fatti, stava per andare al ballo con uno dei ragazzacci più popolari, e anche mal visti, della scuola che, fra l'altro, nemmeno conosceva.
Però un problema molto più grande le si presentò davanti: cosa si sarebbe messa?
 
ANGOLO AUTORE:
Ciao! È sempre bello pubblicare storie su questa magica sezione. Quello che avete, spero, appena letto è l’estratto di una long che aveva intenzione di scrivere ma che, ahimè, non sono riuscito a portare a termine. Ritengo comunque che sia venuta decentemente e che, nonostante abbia un finale troncato a metà, possa considerarsi comunque una OS.
Il tema, assieme a quello ovvio della mia OTP preferita, è quello della crescita. Eh, sì, un po’ tutti noi siamo in quel periodo di vita dove il futuro appare come buio e vorticoso, ma alla fine, dico io, c’est la vie.
In questa storia i personaggi sono come piacciono a me: contraddittori, frustrati, sconfitti e chi più ne ha più ne metta. So che, per essere dei semplici ragazzini delle medie, sembrano forse fin troppo adulti, ma, ehi, è questo il bello della scrittura, le cose possono essere cambiate!
Quindi, a conti fatti, amo questa storia.
Comunque sia, passiamo al motivo principale per cui ci tenevo a pubblicare questa storia. Dando un’occhiata ad alcune mie vecchie storie, mi sono reso conto di un piccolo teatrino triste a cui mi sono reso, purtroppo, partecipe.  Perciò voglio chiedere scusa al buon Sasi. Il motivo è molto semplice: penso di averlo trattato un po’ male senza motivo. Forse vi starete chiedendo perché stia facendo questo “appello pubblico” anche se è una cosa privata, ma visto che la “rispostaccia” a Sasi è stata fatta proprio su una recensione, ci tenevo a chiedergli scusa pubblicamente.
Ero stressato per via del lavoro e varie cose, non volevo offenderti, scusa davvero.
Detto ciò, ci vediamo, spero, presto!
   
 
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