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Autore: EleWar    17/04/2020    6 recensioni
Il passato torna sempre e, a volte, certe verità non avremmo mai voluto conoscerle.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
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Bene, nel capitolo precedente tutti abbiamo tirato un sospiro di sollievo, constatando che Ryoichi non è il figlio di Ryo ;-) ma la storia non è ancora finita, e spero che anche questi ultimi capitoli siano interessanti per voi. Buona lettura e GRAZIE <3




Cap. 11 DIVENTARE GRANDI
 
 
Kaori si era lanciata all’inseguimento di Ryoichi e gli gridava dietro:
 
“Ryoichi! Fermati! Ti prego!”
 
Ma lui, sconvolto, rispondeva disperato:
 
“No, vattene!”
 
Il ragazzino era veloce, ma la sweeper riusciva a stargli dietro, allenata com’era. Solo che ogni volta che era ad un passo dall’acciuffarlo, lui cambiava improvvisamente direzione, scavalcava un muretto, una siepe, e davvero era difficile non perderlo di vista. Lui, dalla sua, aveva il vantaggio innegabile di conoscere il posto e sapeva dove andare e come muoversi, la ragazza non poteva anticipare le sue mosse.
 
Ad un certo punto, sbucando nell’area giochi di un parco pubblico, Kaori s’imbatté in un bambino piccolo che caracollava nel vialetto; per non investirlo, virò bruscamente a destra e si sbilanciò pesantemente. Perse l’equilibrio e finì a terra sul lastricato.
 
“Ahi!” si lamentò cadendo, e subito si portò le mani al ginocchio che aveva strusciato sulle pietre; Ryoichi, che con la coda dell’occhio aveva seguito la scena e l’aveva vista cadere e, soprattutto, sentendo che si lamentava, si fermò di colpo e tornò sui suoi passi:
 
“Kaori, stai bene? Ti sei fatta male?”
 
“No-non è niente” e trattenne una smorfia di dolore.
 
Quel giorno portava la minigonna, e cadendo la pelle scoperta delle ginocchia si era sbucciata come niente. Aveva una bella abrasione, e già un po’ di sangue colava dalla ferita. Alla vista del sangue il ragazzino s’impressionò e, preoccupato, iniziò a ripetere:
 
“È colpa mia, è colpa mia!” ed era sul punto di mettersi a piangere; ma Kaori gli sorrise per tranquillizzarlo e gli disse:
 
“Ma dai! Non mi sono fatta niente! Su, aiutami ad alzarmi, piuttosto, e portami alla fontanella, così ci metto un po’ di acqua fresca.”
 
In realtà sarebbe stata capace di rialzarsi anche da sola, ma voleva farsi aiutare, cosicché lui si sarebbe sentito utile; a lei invece, questo sarebbe servito per riconquistare un po’ della sua fiducia. Voleva che si sentisse l’uomo della situazione.
 
Ryoichi le diede la mano e, prendendola sotto braccio, la tirò su; lei si spazzolò la gonna e gli sorrise di nuovo; anche se lui aveva smesso di piangere, i suoi occhi neri erano gonfi di pianto, era rosso in viso e sembrava davvero un fanciullo spaurito e sconvolto. Kaori provò per lui una potente ondata di affetto, e prima allungò una mano a scompigliargli i capelli, poi lo attirò a sé in un abbraccio pieno d’amore. Il ragazzino si lasciò consolare e affondò il viso nella spalla di Kaori.
 
“Bravo bambino” gli sussurrò la ragazza, e lui singhiozzò.
 
Ryoichi si sentiva tradito: tutto quello in cui aveva creduto e sperato, era stato spazzato via dalle parole di sua madre. Il suo mondo idealizzato era miseramente crollato nell’arco di poche ore: aveva sperato di trovare quel padre mitico e affascinante, quasi perfetto, e invece aveva scoperto… cosa? Che suo padre, il suo vero padre, era un mafioso; che sua madre era una spogliarellista disinibita; che il grande Ryo Saeba era… era Ryo Makimura e che… non era il fratello di Kaori!
Aveva passato gli ultimi sei anni della sua vita a combattere contro il suo patrigno, che di punto in bianco era comparso nella loro vita idilliaca, quella che conduceva con sua madre; e pretendeva di comandarlo, di dirgli quello che doveva e non doveva fare, gli aveva rubato l’affetto di sua madre, aveva avuto una figlia con lei! E anche se lui stravedeva per quella sorellina, Ken proprio non gli andava giù.
 
Riprese a piangere sommessamente. Non sapeva più chi fosse, e si sentiva confuso e abbandonato.
 
Kaori lo lasciò piangere finché non si fu calmato a sufficienza; poi gli chiese:
 
“Ryoichi?”
 
“Sì?”
 
“Si può sapere perché la tua mano mi sta palpeggiando il sedere?”
 
“Eh… eh eh eh eh eh, veramente non saprei” ridacchiò lui, ritirando la mano all’improvviso.
 
“Ah, ecco! Mi pareva che volessi assaggiare un altro dei miei martelli!” concluse lei; poi, scostandolo dolcemente, riprese:
 
“Va un po’ meglio?”
 
“Sì, grazie.”
 
“Bene, allora portami alla fontanella, così mi tolgo un po’ di polvere e sangue dalle ginocchia.”
 
A quelle parole, il ragazzino si riscosse del tutto e si ricordò che Kaori era ferita: la prese per mano e la condusse poco distante, dove lei poté ripulirsi un poco; poi, raccogliendo l’acqua con una mano, sciacquò il viso del ragazzino con un gesto energico e dolce insieme. Ma lui, preso alla sprovvista, si ritrasse:
 
“Ma-ma che fai?”
 
“Ti tolgo le lacrime. Sei più bello così!”
 
“Ma non sono un bambino, faccio da me!” si piccò lui arrossendo; però Kaori non poté impedirsi di sorridere e pensare:
 
Vuoi fare il grande, ma sei ancora un bambino. Non aver fretta di crescere, che essere adulti non è così bello come credi.”
 
E la ragazza ripensò alle ultime ore, agli ultimi giorni vissuti, a tutta la sua vita da adulta. Scacciò quei pensieri molesti e propose:
 
“Senti, ti va se parliamo un po’?” e gli fece segno di seguirla. Il parco giochi era deserto; si sedettero sulle altalene abbandonate, e presero a dondolarsi mollemente, trascinando i piedi sulla sabbia del terreno.
 
Tacevano, mentre le ombre si allungavano lentamente intorno a loro, e il cielo si tingeva delle tinte calde del tramonto.
 
Fu la ragazza a rompere il silenzio:
 
“Perché non ci hai detto che avevi una sorellina? A quanto ho capito, siete anche molto legati tu e lei. E che mi dici di Ken, e di tua madre che sta per dare alla luce un altro fratellino? Mi hai dato della bugiarda, ma anche tu… non sei stato da meno.”
 
“Mmmm… hai ragione, avrei dovuto parlartene” fece una pausa, e abbassò il viso sui jeans strappati e prese a tormentarsi gli sfilacci dello squarcio; riprese:
 
“La verità è che io odio Ken, proprio non lo sopporto. Finché eravamo io e mia madre soltanto, non m’interessava più di tanto sapere chi fosse mio padre; vivevo bene con lei, io e lei da soli. Poi è comparso lui, dal nulla. Si è messo con lei ed è rimasta subito incinta… Io mi sono sentito improvvisamente messo da parte. Lui ci ha provato tanto con me, ad essere simpatico, a farmi da padre, ma io l’ho respinto ogni volta. Mi sono sempre opposto, non gli ho mai lasciato spazio nel mio cuore. Non mi sono mai voluto affezionare a lui anche se, devo ammetterlo, da quando è arrivato, mia madre è cambiata e ha ripreso a sorridere, mentre prima era spesso triste e si chiudeva in silenzi impenetrabili. In quei momenti sembrava lontanissima, e nemmeno io riuscivo a raggiungerla. Invece ora con Ken è rinata, è sempre di buon umore, i suoi occhi brillano ed è ancora più bella. Non so spiegarti perché io ce l’abbia tanto con lui, in fondo dovrei essere contento che lui la faccia felice no?”
 
“È normale Ryoichi: questa si chiama gelosia” rispose dolcemente Kaori.
 
“Comunque sia, non potevo sopportare che un semplice pescatore diventasse il compagno di mia madre, dopo che aveva amato tanto un uomo eccezionale come mio padre, fiero, coraggioso, temuto… Insomma, cosa aveva lei da spartire con uno come Ken? Più passava il tempo e meno lo digerivo, quel tipo; uno così ordinario, quasi anonimo… Un gran lavoratore, certo, e che non ci fa mancare mai niente. E non fa differenza fra me e Shinobu, che è sua figlia a tutti gli effetti; però io... Quando infine la mamma mi ha rivelato il nome del mio vero padre, ho deciso che volevo a tutti i costi incontrarlo, che non potevo perdere ancora dell’altro tempo dietro a loro. Non pensavo certo di abbandonare la mia famiglia, sarei tornato da lei; ma, mi dissi, se avessi conosciuto il grande Ryo Saeba, mi sarei sentito meglio, sarei riuscito a sopportare la convivenza con Ken… forse.”
 
Tacque per un attimo, poi riprese, stavolta guardandola un po’ di sottecchi:
 
“Quando sono venuto a Tokyo e vi ho conosciuto, ero al colmo della felicità, perché voi esistevate davvero! City Hunter esisteva davvero, e non era un’invenzione di mia madre: eravate lì, in carne ed ossa, e avete pure deciso di aiutarmi. Capisco solo ora che non è stato facile per voi, quando sono piombato lì e vi ho detto di essere il figlio di Ryo Saeba… insomma di Ryo.”
 
“Sei un ragazzo intelligente e in gamba, Ryoichi…”
 
“Sì, come no? Ho fatto un gran casino… chissà cosa penserà ora Ryo di me! Lui mi piace veramente, e avrei tanto voluto che mio padre fosse come lui…” poi scoppiò a ridere: “E pensare che Ryo Saeba è proprio lui! Però nemmeno lui è il mio vero padre, peccato…”
 
“Ryo non giudica mai le persone. Può sembrare freddo e distante a volte, quasi severo, ma non lo è. Anche lui si è affezionato molto a te, e capisce come ti senti. Scoprire, così all’improvviso, storie sconvolgenti sul proprio passato, non è mai facile…”
 
“Parli bene, tu, ma che ne sai? Io ho appena scoperto che mio padre, quello vero, era di fatto uno yakuza… non c’è di che esserne fieri. Sono marchiato a vita anch’io!” Concluse con disprezzo.
 
“Ti sbagli. Io lo so molto bene invece, cosa si prova a scoprire una cosa del genere.”
E Kaori si voltò verso di lui, fermando l’oscillare dell’altalena e costringendolo a fare altrettanto; lo guardò intensamente, e Ryoichi si perse nei suoi occhi così profondi e così colmi d’amore e comprensione:
 
“Anch’io sono figlia di un criminale[1], ma lui non era buono e giusto come il tuo, almeno così dicono. Non so perché decise di rapirmi alla mia stessa madre; so che mi portò con sé e, durante un inseguimento, mentre era braccato dalla polizia, ebbe un incidente e rimase ucciso sul colpo. Io ero in macchina con lui, ero molto piccola, poco più di una neonata, e il poliziotto che mi trovò fra le lamiere, miracolosamente illesa, mi prese e mi portò con sé. Mi adottò e mi diede il suo cognome: Makimura, appunto. Crebbi felice in quella famiglia fino a quando non persi i miei genitori adottivi[2]. Rimasi sola, con quello che ritenevo e amavo come un fratello: Hideyuki. Anche lui faceva il poliziotto, e in seguito divenne il socio di Ryo. A quel tempo avevo già scoperto di essere stata adottata, ma non sapevo altro né m’importava più di tanto: i Makimura mi avevano dato tutto, e non potevo di certo lamentarmi. Persi anche Maki, all’incirca ai tempi della tua nascita, e probabilmente quello di tua madre fu uno degli ultimi casi a cui lavorò. Io presi il suo posto accanto a Ryo, e quando, anni dopo, scoprii tutta la verità, fu per me una rivelazione devastante. Io, che combattevo i criminali, ero… figlia di uno di loro. Andai in crisi e mi sentii, in un certo senso, dannata. Eppure mi conosci: lo diresti che razza di padre fosse il mio?”
 
Ryoichi, totalmente affascinato da quel racconto, scosse la testa, in senso di diniego. Allora la ragazza proseguì:
 
“Sai che odio le ingiustizie, che non posso non aiutare gli altri, e lotto a fianco di Ryo perché il bene vinca sempre. Non conta chi ci ha messo al mondo, Ryoichi: conta chi ci ha allevato e come decidiamo di vivere noi la nostra vita, le scelte che facciamo, le decisioni che prendiamo ogni singolo giorno. E nonostante si possa cadere in errore, a volte, perché è inevitabile, è nostro compito impegnarsi a rimediare ai propri sbagli, sempre” concluse Kaori con passione.
 
“Anche Ryo ha un passato tormentato, e non sarò io a raccontarti la sua storia; ma anche lui ha trovato la forza e il modo di riscattarsi, perché si può sempre cambiare, migliorare. Basta solo volerlo.”
Lei fece una pausa, che permettesse al ragazzino di digerire quelle parole, e a lei di riordinare le idee; poi gli chiese:
 
“Quanto hai sentito dei nostri discorsi?”
 
“Abbastanza… credo l’essenziale.”
 
“E allora avrai anche capito che tuo padre era nato nella famiglia sbagliata, che non era disonesto come gli altri. Era un uomo leale e onesto, ed è corso in aiuto di tua madre prima, e di quel negoziante poi, e ha pagato una colpa non sua. È andato in prigione da innocente! Sarà stato uno yakuza, ma il suo cuore era puro, e tu dovresti essere fiero di essere suo figlio!”
 
Ryoichi trasalì, e stupito spalancò la bocca. A quello non ci aveva proprio pensato, troppo impegnato a sentirsi tradito, e in preda delle emozioni del momento. Era vero, suo padre era diverso: quel Sanshiro Kangetsu non aveva nulla da spartire con quella banda di balordi, se non il cognome, e, infatti, la sua stessa famiglia l’aveva abbandonato al suo destino, senza preoccuparsi di lui, proprio perché aveva disatteso i propositi criminali del clan. Come si era sentito quel pover’uomo, si ritrovò a pensare il ragazzo, vittima di una profonda ingiustizia, lui che si era prodigato per aiutare quel commerciante, e che ci era andato di mezzo? Che stupido era stato a giudicarlo così, senza sapere, senza pensare...
 
Kaori, vedendo che il ragazzino stava iniziando a capire, proseguì:
 
“Non giudicare troppo severamente tua madre. Ha avuto una vita un po’ movimentata, diciamo così, ma ha profondamente amato tuo padre e ha lottato per lui fino alla fine. Avevano deciso di scappare da quel mondo malato, di rifarsi una vita. È fuggita e ti ha portato in salvo, ha rinunciato alla sua identità e al suo nome per sottrarti a quei malvagi. Ha fatto dei sacrifici, ma è stata una brava mamma. Ti ha educato in maniera sana: sei un ragazzo buono e assennato e tutto questo lo devi a lei. E allora vedi? Se tu non avessi saputo la verità, saresti stato diverso?”
 
Il ragazzo taceva, travolto dal significato delle parole di Kaori. Suo malgrado, in quel momento, era diventato grande, era cresciuto di colpo: non era più un bambino innocente e spensierato, ora sapeva tante più cose che facevano la differenza. Si ricordò improvvisamente del discorso che gli aveva fatto Kaori giusto la sera prima, quando lui non riusciva a dormire ed era andato da lei: a volte la verità non è come ce l’aspettavamo, e ci delude, e allora avremmo voluto non conoscerla affatto. Era indubbiamente più facile quando non sapeva niente, quando immaginava di essere il figlio di un padre fantastico e perfetto, che nonostante, per qualche motivo, avesse lasciato soli lui e sua madre, continuava ad esistere come un essere mitico e irraggiungibile. E invece… quanto avevano sofferto i suoi genitori? Quando avevano dovuto separarsi pur amandosi tanto; quando sua madre, incinta e sola, era stata costretta a fuggire senza avere più notizie del suo uomo; e lui, suo padre, come aveva vissuto senza la sua Akiko, anzi no, la sua Koyuki, chiuso in una cella, privato della libertà e della donna che amava, senza poterla nemmeno più vedere? Inoltre, lo sapeva di avere un figlio? Sentì il suo cuore stringersi in una morsa d’angoscia. E lui, Ryoichi, era cresciuto inconsapevolmente felice e amato, nonostante sua madre portasse un gran peso sul cuore e non potesse parlarne con nessuno. Fino a quando non aveva conosciuto Ken, che l’aveva accettata così com’era, con un passato pieno di ombre e con un figlio, nato non solo da un’altra relazione, ma da… Si sentì improvvisamente sciocco. Aveva preteso di sapere, di mettere il naso nelle faccende dei grandi… e cosa aveva ottenuto? Voleva essere grande anche lui, e invece ora si sentiva più bambino di prima.
 
Guardò Kaori con un’espressione indescrivibile, quasi volesse essere assolto. La ragazza gli sorrise teneramente e seppe che aveva capito. Infatti, Ryoichi trasse un profondo respiro, prima di dire:
 
“Bene, direi che è ora di tornare a casa. Dovrò parlare con mia madre.”
 
“Sì, ma vedrai che andrà tutto bene. Lei ti ama, e se ti ha tenuto all’oscuro di tutto, è stato solo per proteggerti.”
 
“Hai ragione. A lei va tutto il mio rispetto… ed ora guarderò con altri occhi anche Ken” e fece per alzarsi; poi, voltandosi improvvisamente verso di lei, disse:
 
“Però una cosa bella c’è stata in tutto questo marasma” e la guardò con sguardo furbo.
 
“E sarebbe?”
 
“Che ti ho conosciuto, e che… be’, mi sono innamorato di te” e inaspettatamente le schioccò un bacio all’angolo della bocca.
 
Kaori sobbalzò sorpresa e fece giusto in tempo a pensare:
 
Ma tu guarda questo!” che lui si era già messo a camminare; poi però, si voltò verso di lei e le disse:
 
“Comunque l’avevo riconosciuto quello” e indicò il suo collo “Quello è un succhiotto!” e le strizzò l’occhio.
 
Kaori arrossì e prese fuoco fino alla punta dei capelli, mentre il ragazzino ridacchiava allontanandosi.
Ripresasi dallo shock, si alzò a sua volta e, correndogli dietro, balbettò:
 
“As-a-aspettami!”
 
[1] A questo punto della storia ho immaginato che anche Kaori sapesse tutta la verità sul suo passato e sulla sua famiglia. ^_^
[2] Non si parla mai della madre adottiva e allora ho voluto mettere genitori adottivi anziché solo padre adottivo perché mi sapeva strano che lui l’avesse presa e portata via con sé, avendo un bambino ancora piccolo a casa, senza una figura materna di riferimento.
   
 
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