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Autore: BeaterNightFury    20/04/2020    0 recensioni
«Tra un po' di tempo in stazione passerà il mio amico Sora...»
«Lo scemo?» Shiro rispose quasi di scatto.
Riku dovette trattenersi per non darsi una manata in testa.
«In effetti è un po' scemo.» Si costrinse a sorridere, poi si tolse un borsellino dal mantello. «Dagli questi soldi, e prendi assieme a lui e ai suoi compagni il treno che parte dal binario zero.»

Sora apre gli occhi dopo un anno di sonno, e si accorge immediatamente che qualcosa è cambiato.
Riku abbraccia il suo nuovo scopo e la sua missione, guardando ad essi per non vedere sé stesso.
Un Nessuno guarda negli occhi la sua vittima, e trova le risposte ad una tragedia di una vita prima.
Una studentessa di una città che non dorme mai incontra un ragazzo dai confini delle tenebre, e la scintilla tra i loro cuori prelude ad echi di una vita mai vissuta.
Viaggi cominciano, continuano, e si concludono, o forse non sono che piccole tappe di un'unica, grande avventura.
Ricominciare a viaggiare non è poi così difficile...
(Sequel di "Legacy" - ancora non sono riuscita a metterle come serie...)
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Axel, Kairi, Nuovo personaggio, Riku, Sora
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Kingdom Hearts, Kingdom Hearts II, Più contesti
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Su questo capitolo dico solo una cosa: spero di aver reso la giustizia che dovevo a...
Un consiglio a proposito di alcune scene: dopo il diario andrebbe ascoltato "Come Back to Us" dalla colonna sonora di Final Fantasy 7 Remake, durante la battaglia "The 13th Dilemma" dalla colonna sonora di KH3 e dopo la battaglia "Dad" da Onward, o almeno sono le tracce che ho usato mentre scrivevo - o in certi casi riscrivevo - le scene, ma se volete evitare lo spoiler da musica potete anche farne a meno.
Nella prima stesura di questa storia avevo proprio "indicato" le tracce con dei collegamenti, posso riprendere a farlo se volete! ;) 
 

Journey – Capitolo 6
Prima dell’Alba
 
«Non fermatevi, o l’oscurità avrà il sopravvento! Muovetevi!»
Almeno una volta, Axel sembrava essere arrivato in tempo per fare qualcosa. Era rimasto ad osservare i ragazzi di Crepuscopoli da quando i Moguri avevano recapitato loro una lettera da un certo Prompto che li aveva informati dell’esistenza di una città parallela e di un probabile modo per arrivarci.
Avevano finito per cercare un modo di contattare Sora, e a quanto pareva c’erano anche riusciti, se Sora aveva finalmente trovato il Corridoio Oscuro.
Adesso Sora e i suoi compagni di viaggio erano circondati dai Simili, e non avrebbero resistito a lungo se qualcuno non avesse indicato loro l’uscita.
«… Axel?» Sora borbottò, ma per un momento lui fu certo di aver visto l’ombra di un sorriso familiare.
Fu l’illusione di un momento, perché la faccia del ragazzo tornò subito corrucciata.
«Shiro mi ha parlato di te. Dice che sei un brav’uomo. Se quello che ha detto è vero… perché
«Ragazzino, ti auguro di non scoprirlo mai.» Axel scagliò i chakram contro i nemici più vicini, creando un’area vuota attorno a loro quattro.
«Shiro non capisce più che succede!» Il tono di Sora era ancora stizzito mentre falciava Simile dopo Simile, ma Axel quasi riconosceva alcune note di quella voce. «Perché hai fatto tutto questo?»
Axel cercò di ignorare gli interrogativi del ragazzo. Suonavano troppo come quelli di Roxas. Probabilmente avrebbero persino potuto esserli. E i Nessuno che li aggredivano continuavano ad aumentare… Axel sinceramente li avrebbe preferiti dalla sua parte. Non era mai stato un bene avere lo svantaggio dei numeri…
Cosa altro avrebbero potuto fare?
Sora sembrava stare mantenendo il terreno, quindi Axel decise di proteggergli le spalle. Se Roxas era ancora con lui… se stava ascoltando… doveva sentire.
«Volevo rivedere Roxas,» confessò. «Mi manca. Lui e Shiro, mi mancano da pazzi. Non so dove saremmo potuti andare, non so cosa avremmo potuto fare, ma… avevo rapito Kairi per farti cedere all’oscurità, ma Saïx me l’ha portata via.»
Rimase in silenzio un momento, falciando un Simile troppo vicino a Sora.
«Kairi è nelle segrete del castello. Sta’ pronto a correre quando ti do il segnale.»
Si mise in posizione, pronto per lanciare quello che sarebbe stato il suo ultimo attacco.
«Mi dispiace per quello che le ho fatto.»
 
Un boato assordante risuonò alle spalle di Sora, e nonostante la sua abitudine a combattere, il ragazzo lasciò andare il Keyblade, chiuse gli occhi e si coprì le mani con le orecchie.
Una ventata d’aria bollente era partita da appena dietro di lui, risparmiandolo come qualsiasi fuoco alleato che si rispettasse, ma spingendo indietro e poi incenerendo tutti i Simili attorno a lui, Paperino e Pippo.
Improvviso come era stato il boato, calò il silenzio, e Sora ebbe appena il tempo di girarsi che vide Axel cadere al suolo.
Dal suo corpo iniziava a esalare una nebbiolina nera.
Aveva aperto le labbra, ma Sora non riusciva a sentire quel che diceva.
«Stai… scomparendo?» Sora provò a dire, ma il ronzio che gli riempiva le orecchie gli permetteva a stento di sentire sé stesso parlare.
«… è quello… succede… metti tutto te stesso… attacco… capisci cosa intendo?» Axel rantolò, ma Sora afferrava più o meno una parola ogni due. Il Nessuno sembrò capire, perché alzò un braccio a fatica e aprì un passaggio, indicandolo a Sora.
Axel, fermo, che stai dicendo, cosa stai facendo, perché hai usato un Limite nelle tue condizioni?” Sora riuscì a sentire un’altra voce, stavolta forte e chiara, nonostante la sua sordità momentanea, e si sentiva le viscere pesanti di una tristezza che non era la sua.
«… perché?» Sora riuscì finalmente a dire, anche se sospettava di non essere da solo nel parlare. Sentiva che gli occhi gli si riempivano di lacrime.
«Non… riuscito… portare… in salvo. Quella notte.» Axel cercò di tirarsi su, ma continuava a svanire, e se possibile lo sforzo stava accelerando ancor più la sua scomparsa. «Non perdere… Kairi. Sora. Non…»
Venne interamente coperto dalla nebbia nera, e poi il fumo si diradò e Axel non c’era più.
Sora avrebbe voluto piangere, o meglio si sentiva di piangere, ma Paperino lo tirò per la manica e gli indicò il passaggio. Prima che Sora lo varcasse, sentì sopra di lui la magia curativa del papero, e il ronzio che gli aveva impedito di udire lasciò di nuovo il posto a suoni e rumori.
«Muoviamoci!» fu la prima parola che Sora sentì Paperino dire.
Il ragazzo non se lo fece ripetere e varcò il passaggio, ma la voce di prima parlò di nuovo.
Sora… fa’ che non sia invano.”
 


La casa di Aerith era l’unica nel quartiere con le stanze a forma di esagono.
Shiro viveva nella sua stanza degli ospiti da giorni, ma non aveva mai realmente fatto caso a quel dettaglio fino a quando, quella mattina, Aerith non aveva deciso che, ora che le cose in città erano tornate tranquille, era il momento che Shiro dovesse imparare cosa era la normalità, e, senza tante cerimonie, l’aveva fatta sedere al tavolo del soggiorno e aveva iniziato a spazzolarle i capelli.
«Dici che gli Heartless spariranno una volta per tutte?» Shiro aveva già sentito da Yen Sid che non era possibile che svanissero per sempre, ma almeno non trovarli più all’interno delle mura avrebbe potuto dire che i bambini come Finn avrebbero potuto iniziare a giocare per strada.
«Non lo so, ma abbiamo pur sempre la nostra piccola guerriera qui, no?» Aerith rise. «E non appena Tron riuscirà a ripristinare le mappe per intero, per Merlino sarà un gioco da ragazzi agitare la bacchetta e riportare la città a com’era in passato.»
«E per i file corrotti come facciamo?» Shiro era stata nel castello con Stitch il pomeriggio prima (la creatura sembrava essere molto protettiva con qualunque bambino, e aveva preso l’abitudine di scortarla), e aveva trovato Leon e Cid intenti a farsi scappare parole non molto gentili riguardo ad alcuni dati non recuperabili.
«Stando a quanto ci ha detto Tron, il dataspazio era stato copiato una trentina d’anni fa da uno studioso di un altro mondo, un certo Kevin Flynn. Cid ha trovato i suoi dati di chiamata e ha provato a contattarlo, ma senza ricevere alcun tipo di risposta. E quindi ha lanciato una ricerca in altri mondi, per poter basare nuovi programmi su intelligenze artificiali preesistenti. O qualcosa del genere, mio padre era lo scienziato, io conosco solo qualche termine.» Aerith rise. «Pare che il suo ottavo e nono tentativo stiano avendo qualche successo, però. Scommetto che Cloud sta contando i giorni, ho visto quanto gli pesa dover essere ospite di Vostro Onore.»
«Riportare tutto com’era?» Shiro strinse i denti quando la spazzola si fermò in corrispondenza di un nodo abbastanza grosso. «Intendi che tornerebbe a casa sua?»
«Già. Ammesso e non concesso che…» Aerith alzò la spazzola e diede un altro colpo, stavolta più leggero e lento. «Cloud ha perso la mamma quando Radiant Garden è caduta. Potrebbe non voler tornare in quella casa.» La sua voce si era fatta pensierosa, ma dopo un momento di silenzio il suo tono tornò il solito. «Spero che almeno Tifa gli dica una parola o due sul fatto che lui abbia bisogno di un posto dove stare. Quel ragazzo con me fa orecchie da mercante!»
«Secondo me Tifa lo convincerà.» Per distrarsi dal fastidio della spazzola che attaccava i nodi, Shiro si concentrò sulle foto appese ai muri. Riconobbe Cloud con una divisa blu in una delle fotografie, e Lea, Isa e Zack con la faccia dipinta, e lì vicino c’erano Tifa e Leon con la stessa divisa blu di Cloud, e infine Aerith con una giacca con il nome della scuola sopra al vestito. Le venne una punta di tristezza, ricordandosi che non aveva foto di Roxas e Axel, né tantomeno della sua famiglia. «Un po’ come farò io con i miei amici quando mamma sarà tornata a casa!» Diede un altro sguardo alla foto appesa al muro, poi guardò Aerith. «Mi mancano, i miei amici.»
Aerith, che si era fermata mentre Shiro era girata, attese che le desse le spalle e poi riprese a pettinarla.
«Spero che fino ad allora sarà la tua mamma a tenerti i capelli in ordine. Per me non è un peso…»
Già, penso che lo sia più per te, Shiro…” la coscienza trovò divertente fare una battuta in quel momento.
«… ma te lo meriti, sai? Nessun bambino dovrebbe crescere lontano dalla propria famiglia, o comunque senza le attenzioni che merita.»
«Dici che lo farebbe?» Shiro si girò di nuovo, facendo fermare Aerith un’altra volta. «E se si mette a viaggiare tutto il tempo come fa Sora?»
Aerith alzò leggermente lo sguardo verso il soffitto e infilò la spazzola in una tasca del vestito.
«Neanche quel che Sora fa è normale, Shiro.» Camminò verso il muro, fino ad indicare quella foto. «Questi eravamo noi. Sai quanti anni avevano Lea e Isa, questi due qui, quando questa foto è stata fatta? Diciassette. Andavano a scuola, si occupavano della sorellina e del cane, va bene, Lea si occupava anche di te ma a quell’età è normale fare un lavoro in estate, e Zack era apprendista guardia ma nessuno lo aveva mai mandato a fare la ronda di notte o che so io… in un mondo ideale, Sora adesso andrebbe a scuola, così come lo faresti tu. Certo… in un mondo ideale, non ci sarebbe bisogno di eroi.» Si fece triste, ma poi incrociò lo sguardo di Shiro e sorrise. «Ma prima o poi, le cose torneranno a posto.»
Per un momento, Aerith rimase in silenzio, un’espressione perplessa in volto. Nella stanza iniziava a sentirsi odore di bruciato.
«Shiro… abbiamo spento il tostapane dopo colazione, vero?» le chiese in tono leggermente apprensivo.
Sì, lo avete fatto,” la coscienza rispose immediatamente e Shiro fece sì con la testa.
«Senti anche tu puzza di bruciato?» chiese poi.
Veniva dal piano di sopra.
Sperando con tutto il cuore che non fossero entrati Notturni Rossi in casa, Shiro portò il Keyblade alla mano e corse su per le scale.
Sembrava tutto tranquillo. Le finestre erano chiuse… c’era silenzio. Controllò una camera da letto che era sempre rimasta vuota, poi la stanza di Aerith, poi la stanza degli ospiti dove dormiva… l’odore veniva da lì.
Dalla scrivania.
Dal diario che teneva poggiato là.
Shiro dismise il Keyblade e aprì immediatamente il libricino. Era tiepido, come se fosse stato appena rilasciata su di esso una debole magia di fiamma. Alcune delle pagine, tra le ultime, erano leggermente accartocciate e calde, e delle piccole bruciature marroni… no, un momento. Erano bruciature, ma erano anche lettere! Qualcuno aveva scritto sul suo diario!
 
Ciao Shiro,
Lo avresti mai immaginato? Il limone e il fuoco fanno un magnifico inchiostro invisibile!
Se stai leggendo queste righe significa che a quanto pare non sono riuscito a salutarti come si deve.
Sai funghetto, sono contento di averti finalmente vista felice insieme a dei Qualcuno e potrei dire di esserne persino geloso, ma che ne sa un Nessuno come me di gelosia?
Volevo solo dirti di essere forte e di fidarti di Sora: lui ti porterà dai tuoi genitori come te lo abbiamo promesso io e Roxas, ricordi? E ti prego non essere triste per me, il tuo sorriso mi ha fatto affrontare tutti questi anni e poi ormai sei una guerriera, non devi piangere mettitelo in testa.
Vorrei dirti tante altre cose ma non c'è più tempo.
Fa’ attenzione Shiro e prenditi cura di te, non farli preoccupare.
Tienimi con te nei tuoi ricordi.
Ti voglio tanto bene.
Axel.
 
Aerith entrò nella stanza degli ospiti mentre Shiro lasciava cadere il suo diario sul pavimento.
«No… non puoi anche tu…»
Stava tremando visibilmente. Cosa era successo?
Una rapida occhiata alle pagine aperte le diede la risposta: una lettera di addio? E la calligrafia di Lea?
Dopo tutto quel tempo… si era occupato lui della bambina… e adesso cosa gli era successo?
Shiro intanto era scoppiata in singhiozzi, coprendosi la testa con le mani.
«Perché mi dite di non piangere…?» Riuscì a dire in mezzo ai singhiozzi.
«Lea, sei un idiota,» Aerith bisbigliò a mezza voce. Si sentiva un nodo alla gola… se realmente quella lettera era un addio, probabilmente era saltata fuori in un qualche modo… soltanto ora che era morto… ma morto come? Cosa poteva essere successo?
La giovane donna rimase in silenzio, poi si sedette vicino a Shiro e attese che fosse lei ad avvicinarsi. Cercò un fazzoletto nelle tasche e fece per asciugarsi gli occhi – fino a quando sarebbe durata quella brutta storia? Avrebbe dovuto dirlo a Cloud, al giudice… cosa stava accadendo?
E se Lea era rimasto vivo per quei dieci anni… Zack… Isa… Kairi?
No, non poteva essere. Zack non era più riapparso, Isa nemmeno… e l’unica Kairi che avevano incontrato in quegli anni veniva da un altro mondo.
«Perché mi lasciano tutti sola?» Shiro strinse Aerith, continuando a singhiozzarle addosso. «Prima Roxas, adesso anche Axel… perché?»
Aerith non sapeva cosa dire – non era facile spiegare una cosa del genere ad una bambina di quell’età, era già stato tremendo con Yuffie dopo la caduta del Giardino. La strinse forte, continuando a carezzarle i capelli… non importava cosa fosse stato scritto in quella lettera… Shiro aveva bisogno di sfogarsi e buttare tutto fuori.
«È colpa mia…» Shiro riprese fiato e gemette. «Roxas… Axel… Zack… è solo colpa mia se è successo questo… volevate proteggermi e alla fine non sono capace…»
Rimase in silenzio un momento, come se stesse parlando con qualcuno che nessun altro poteva sentire, fissando un punto a caso della stanza mentre continuava a piangere, poi si sfregò la faccia con un pugno chiuso e parlò di nuovo.
«Io… voglio la mia mamma!»
«La troveremo.» Aerith rispose subito, pur consapevole di quanto difficile avrebbe potuto essere mantenere quella promessa. «Shiro… hai solo dodici anni. Ricordi? Non puoi pretendere di affrontare l’universo e cavartela da sola.»
Non sembrava affatto convinta, ma Aerith non disse altro. Poteva immaginare come si sentiva – se Lea, o Axel, o comunque si facesse chiamare, si era preso cura di Shiro per gli ultimi dieci anni, perderlo per la bambina era come perdere la vita che aveva conosciuto.
Dieci anni prima, aveva sperato e pregato che i suoi amici fossero ancora vivi là fuori. Cloud era tornato, ma non era mai davvero tornato in sé. Lea si era preso cura di Shiro per tutto quel tempo, e adesso li aveva lasciati, senza che sapessero il come e il perché. Tutti i superstiti portavano ancora i segni della tragedia, eppure la tragedia non si era ancora conclusa.
Aerith non sapeva nemmeno dire se avessero imparato da quel che era successo.
Cosa ti dice il tuo cuore?
Già. Cosa?
 


Era sulla Torre dell’Orologio di Crepuscopoli.
Roxas era con lui.
«Presto non potremo più parlare così…»
«Significa che… è ora che io ritorni a casa?» Roxas alzò lo sguardo. «E… tu dove andrai?»
Axel mise una mano sulla spalla al suo migliore amico.
«Avanti, suppongo. Ho i miei genitori che mi aspettano. Mia nonna. La mia sorellina…»
Riusciva quasi a vederli – come se fossero lì davanti a lui. Iniziava a chiedersi perché mai stava parlando con Roxas e non con loro.
Sentiva quasi le loro voci.
Ma non quella di Kairi.
«Axel, qualcosa non va?» Roxas sobbalzò.
Axel chiuse gli occhi. Anzi… era davvero quello il suo nome?
«Roxas, sei davvero certo di non avere un cuore? E se ne avessimo TUTTI uno? Tu, io, e…? O sto solo sognando a occhi aperti?»
«Sora troverà la risposta che cerchiamo… ne sono certo.» Roxas si mise in piedi, facendo un sorriso fino alle orecchie.
La città si stava dissolvendo attorno a loro. Roxas stava sparendo… lo stesso Axel stava finendo per sparire.
Era davvero quella la fine?
«Starà bene, lo so.» Furono quelle le ultime parole di Roxas. «Staremo bene.»
 


Ora o mai più.
Riku era rimasto tutto quel tempo ad osservare in silenzio, aiutando Sora il meglio che poteva senza farsi vedere. Una piccola parte di sé stesso aveva provato a dirgli che si era impastoiato da solo agendo in quel modo, ma si vergognava troppo per uscire allo scoperto.
Shiro era stata un altro conto – non aveva mai visto il suo vero volto prima, se non una volta o due, e probabilmente lo aveva già dimenticato.
Già, Shiro. Chi avrebbe avuto il cuore di dirle che Axel se ne era andato?
Il ragazzo strinse il pugno, e la sensazione della sua mano contro l’elsa del suo Keyblade lo riportò nel luogo e nel momento. Se tutto stava andando come da piano, Naminé aveva portato Kairi fuori dalle celle e avrebbero lasciato il castello.
E infatti… eccole lì, stavano correndo giù per la balconata. Riku rimase ancora nascosto – non voleva farsi vedere, non se poteva evitarlo… salva Kairi, distruggi Kingdom Hearts, sparisci, va’ a cercare Aqua. Salva Kairi, distruggi Kingdom Hearts, sparisci, va’ a cercare Aqua.
Un Corridoio Oscuro si aprì davanti alle ragazze, e Saïx ne uscì assieme a due dei suoi Berseker.
Riku si morse il labbro per non imprecare. Alzò il Keyblade, pronto a vender cara la pelle… e vide che in lontananza, Kairi aveva fatto lo stesso gesto e un altro Keyblade era apparso nelle sue mani.
Era davvero appena successo? Riku non sapeva cosa pensare, sapeva soltanto che sentiva il cuore in gola e i battiti che quasi gli assordavano le orecchie. Kairi. Kairi si stava difendendo da sola.
Non era abbastanza – bastò un colpo di un Berseker per mandarla indietro addosso a Naminé – ma non era sola.
Riku scattò, svanendo momentaneamente nelle tenebre, per poi riemergere accanto a Kairi, tenderle una mano ed aiutarla ad alzarsi.
Stava per dire qualcosa, quasi quello scontro non fosse altro di più che una delle loro interminabili avventure d’infanzia contro un’improbabile ciurma nonmorta, o dei mostri delle sabbie, o i loro compagni di classe nelle loro contese dello spazio in spiaggia…
… ma no, non poteva e non voleva farsi riconoscere da lei.
Se non altro, non sembrava temerlo. Se da sola, i Berseker erano capaci di tenerla alle corde, sembrava avere acquisito più sicurezza ora che Riku era con lei. Uno, due… i colossi bianchi furono presto prima brandelli e poi fumo, e Saïx rimase da solo.
Prima che Riku potesse metterlo al muro, il Nessuno evocò un Corridoio Oscuro e svanì.
Riku era tentato di dire qualcosa, di poter anche solo vociare il suo disappunto, ma Kairi avrebbe capito subito.
Beh, non poteva restare lì.
«Riku… sei davvero qui…»
OH, MERDA.
 
«Facciamo il punto. Dov’è Sora?»
«Dovrebbe essere con il Re. Stanno venendo qui.»
Nonostante la differenza di statura, Kairi riuscì comunque a prendere Riku per un orecchio e tirarglielo forte.
«Vorresti dirmi che non sai dov’è adesso?» lo sgridò. «Lo hai seriamente lasciato da solo finora?»
Sebbene fosse quasi impossibile con la sua stazza inusuale, Riku sembrò farsi piccolo piccolo quando Kairi lo fulminò con lo sguardo.
«Ehm… no,» confessò il ragazzo. «Ho chiesto al Re di tenerlo d’occhio. Ma non… voglio… che…»
Kairi si diede una manata alla fronte. Sul serio, Riku? Per come Sora era capace di preoccuparsi per qualcuno, era già tanto se il loro migliore amico non era mezzo morto di paura!
«Sei un pezzo di tonto, socio, e ringrazia che non stia gridando.» Kairi alzò gli occhi al cielo e continuò a camminare. «Quanti altri ce ne sono come quel Saïx?»
«Dovrebbero essere rimasti Xigbar, Luxord e Xemnas oltre lui.» Riku mormorò. «Dovrebbero essersi appostati in posizioni strategiche per rallentare Sora, se non altro perché Xemnas vuol fare qualcosa con Kingdom Hearts. DiZ invece, dei nostri, ha un macchinario per distruggere Kingdom Hearts, o perlomeno sequestrarlo sotto forma di dati o chissà cosa. Quanto a me…»
«Ti puoi scordare che io scappi.» Kairi tagliò corto. «Posso già immaginare che tu voglia aprire la strada a Sora. Se intendi farlo, il mio posto è vicino a te.»
Se già non era stato il suo modo di muoversi, e poi la voce, a convincere Kairi, la faccia da limone che fece Riku alla sua replica fu ulteriore conferma che era davvero lui.
Kairi avrebbe perso la pazienza con quei due ragazzi, ma non li avrebbe scambiati per nulla al mondo. Riku, ancora con la sua familiare aria rassegnata nonostante la sua faccia non fosse affatto familiare, la superò con una falcata, poi si guardò intorno e la fece fermare.
«Xigbar è oltre quella porta,» sussurrò.
«Ho presente.» Kairi non riuscì a celare il disgusto nella sua voce. «Sai altro su di lui?»
Riku sorrise e scrollò le spalle.
«Diciamo che abbiamo avuto una valida informatrice.» Sembrava abbastanza compiaciuto. Kairi immaginò che avrebbe dovuto stringere la mano alla ragazza che aveva vuotato il sacco. Da come Riku ne parlava, sembrava sapesse il fatto suo.
«Chi, Naminé?» si ritrovò a chiedere, e con sua sorpresa Riku si portò una mano alla bocca per soffocare una risata.
«Che sei, gelosa?» le ribatté. «No, è una bambina. Si chiama Shiro, l’hanno rapita quando era molto piccola. L’ho portata via io dalle loro grinfie. Allora, secondo lei Xigbar è il braccio destro del capo. Può teletrasportarsi e ha due specie di pistole con cui combatte. Si tiene a distanza, ma è esposto quando ricarica.»
Rimase in silenzio per un momento.
«Lei lo detesta
Non c’era molto tempo per fare un piano, ma se Xigbar in un qualche modo stava aspettando Sora, stava dando le spalle alla porta. Probabilmente la strategia migliore sarebbe stata aspettare proprio che arrivasse Sora, e attaccarlo in quel momento per stringerlo tra martello e incudine.
Portarono i Keyblade alla mano e rimasero in attesa. Furono minuti interminabili di silenzio, poi…
«… hai messo davvero nei guai l'Organizzazione XIII. Dev'essere per questo che il Keyblade ha scelto te. Però, accidenti, stavolta ha scelto un incapace. Non sembri valere neanche la metà degli altri eroi.»
«Hai finito di blaterare?» gli rispose adirata la voce di un ragazzo.
Era diversa da come Kairi la ricordava… ma era Sora, lo poteva giurare.
«Blaterare? Magari.» Xigbar ribatté nel suo usuale tono menefreghista. Kairi si chiese se avesse avuto quella voce quando aveva perso l’occhio, o quando chiunque fosse stato gli aveva bruciato via i capelli.
«Ti sto solo dicendo, traditore, il tempo è scaduto!»
Kairi e Riku si scambiarono un’occhiata. Sì, il tempo era scaduto. Ma per quello schifoso monocolo.
Alzarono i Keyblade e spalancarono la porta, intenti a prendere il nemico alle spalle.
Erano a due passi da lui quando Xigbar ebbe un sussulto e sparì. Riapparve alle loro spalle, con un ghigno sul volto sfregiato.
«Oh, sto forse interrompendo la rimpatriata?»
Schioccò le dita, e la stanza cambiò attorno a loro.
Si ritrovarono di colpo al piano inferiore, con Sora in piedi tra loro e altrettanto sorpreso. Xigbar li guardò dal piano di sopra con il suo occhiaccio da avvoltoio.
«Pazienza, mocciosi. Potrei insegnarvi una cosa o due riguardo alle attese, ma stavolta sarò magnanimo.»
«Vieni giù e combatti da uomo, pezzo di farabutto!» Sora era visibilmente confuso, ma la cosa non gli impedì di apostrofare il cecchino.
Riku sembrava stare cercando di trattenersi dal parlare, ma Kairi lo conosceva troppo bene per immaginare che sarebbe rimasto zitto dopo che Sora aveva iniziato un dileggio simile. Se Sora cominciava, Riku finiva, e viceversa, e spesso anche Kairi aveva aggiunto del suo.
Se proprio non era stata lei a cominciare, a volte.
«Cosa c’è, hai paura di noi?» Kairi urlò a Xigbar, poi lanciò un’occhiata a Riku perché intervenisse. Lo vide deglutire vistosamente… poi il ragazzo sorrise.
«Shiro ti manda i suoi saluti, ratto di chiavica!»
Con un rapido movimento della mano, Riku alzò il Keyblade verso Xigbar e dalla punta partì una raffica di fiamme violacee. Il guercio si teletrasportò lontano, ma il suo volto era livido di furia.
«Ragazzi!» Kairi alzò il Keyblade in posizione di guardia. «Wakka
«Wakka?» Sora si guardò attorno di scatto. Sembrava non avere afferrato, ma Riku puntò immediatamente Xigbar e si mise in guardia, come avevano fatto innumerevoli volte nelle loro lotte per gioco per difendersi dalle dolorose e infallibili pallonate del loro vecchio amico. Dopo un momento, quando Xigbar iniziò a sparare proiettili traslucidi, Sora comprese e chiuse la guardia, rispedendo gli spari al mittente.
Non avendo modo di parare, Xigbar incassò il suo stesso colpo, non senza farsi sfuggire un: «Sporca carognetta!» all’indirizzo di… beh, uno dei tre.
«Ragazzi, adunata!» Riku alzò il braccio libero, facendo gesto anche a Paperino e Pippo. «Siamo cinque a uno, cerchiamo di non intralciarci!»
Era chiaro che quello Xigbar non avesse quasi nulla a che vedere con Wakka: nonostante combattesse a distanza come lui, e i suoi colpi potessero essere rispediti, spariva e riappariva a metri e metri di distanza, persino le sue stesse mani a volte apparivano lontane dal resto del corpo…
Di tanto in tanto sparava persino proiettili più grossi degli altri, che Sora, finito per diventare il più agile dei tre, respingeva saltando in aria e dando un colpo simile a una battuta di baseball.
«I suoi sgherri fanno così!» spiegò rapidamente a Kairi quando atterrò vicino a lei. «Attenta, potrebbe rimbalzare sulle pareti!»
E scattò via, cercando di far assaggiare la sua lama al loro nemico. Dall’altro lato, Riku si avventò sul fianco scoperto del guercio, cercando di metterlo alle strette. Xigbar scomparve, e Kairi ebbe appena il tempo di sentire un rumore alle sue spalle prima che Pippo e il suo scudo si mettessero tra lei e il nemico.
«Potevo cavarmela!» disse al cavaliere, respingendo al mittente alcuni proiettili viola.
«Yuk, non si sa mai!» Pippo le rispose prima che Xigbar sparisse. Riapparve quasi al centro del triangolo immaginario che avevano formato, e sembrava che Paperino lo avesse quasi previsto, perché alzò lo scettro e dal soffitto piovvero lampi.
«Vedo che voi ragazzini avete un concetto abbastanza dubbio del giocare pulito… va bene, come volete voi!» Xigbar commentò, e la stanza attorno a loro svanì.
Adesso Kairi e i suoi quattro alleati erano su altrettanti pilastri, ognuno solo in mezzo al vuoto, con Xigbar che sghignazzava da un plinto centrale.
«Ora vediamo come ballate!»
Prima che potessero reagire, scagliò verso di loro una pioggia di proiettili bluastri, poi sparì e riapparve in aria sopra di loro, fluttuando in cerchio, continuando a sparare loro addosso. Quei colpi non potevano neanche venire riflessi, solo fermati o schivati… Kairi cercò di muoversi più in fretta che poteva, cercando di non farsi colpire, ma le braccia le facevano male, quando quei proiettili colpivano faceva male come venire toccati da un ferro rovente, e quella pioggia di colpi sembrava non finire mai…
… proprio quando sembrava che braccia e ginocchia le avrebbero ceduto, la sala ritornò ad essere quella che era stata. Paperino corse subito verso di lei e le mise una fiasca verde nella mano libera, Riku si parò davanti a lei, e Sora, pur fissandolo strano, diede loro un’occhiata di intesa e si appoggiò il pugno sul petto, mormorando qualcosa che Kairi non riuscì a discernere.
Il ragazzo venne coperto da un lampo di luce bianca, i suoi abiti divennero candidi e nella mano sinistra gli comparve un’altra lama.
L’unico occhio di Xigbar si sgranò in un’espressione di consapevole sgomento appena prima che Sora gli puntasse contro entrambe le spade, e un singolo lampo di luce partì da entrambe, colpendolo in pieno petto.
Inizialmente sembrò che il guercio avesse resistito al colpo, ma le sue mani presero a tremare, lasciò andare le pistole e crollò in ginocchio.
«Hai parlato di altri eroi.» Sora dismise uno dei Keyblade e i suoi vestiti tornarono neri, ma continuò a tenere l’altro in posizione di guardia. «Dov’è la madre di Shiro? Parla!»
Xigbar rise, il suo sguardo ancora fisso sul pavimento. Alzò la testa. Stava… svanendo?
«Ti piacerebbe saperlo, eh?»
E sparì nel nulla.
 
Brutto muso di avvoltoio, ratto di fogna, verme di palude, so che sai qualcosa, ti vengo a prendere dall’Ade e te lo faccio vomitare…!
Sora era letteralmente tempestato dalla stessa voce che aveva pianto quando Axel era sparito. Si portò una mano alla tempia, gli stava salendo il mal di testa. La voce sembrava quasi averlo capito, perché Sora lo sentì letteralmente riprendere fiato e mormorare delle scuse.
«… Roxas?» Sora mormorò.
Se davvero era lì, Roxas rimase in silenzio. Solo allora Sora si accorse che Kairi – Kairi! – lo stava fissando.
«Sora, stavi parlando da solo?»
Non aveva neanche il tempo di sentirsi sollevato che Kairi fosse lì e stesse bene… no, adesso avrebbe voluto poter sprofondare nel pavimento… che razza di figura dell’idiota stava facendo…?
Ehi, un momento!” Roxas, se era lui, intervenne di nuovo.
Sora non disse nulla, preoccupato com’era di fare nuovamente una figuraccia.
«L’ho già visto altre volte.» L’altro combattente, che somigliava in modo terrificante all’Heartless di Xehanort ma non sembrava essere un nemico, si avvicinò a Kairi e squadrò Sora con una certa aria inquisitoria. «Shiro. Shiro fa così. La nostra informatrice. Dice di avere una… coscienza. O così lei la chiama.»
«Quella che ti ha dato le informazioni su Xigbar?» Kairi gli chiese. Sembrava fidarsi di lui, quindi Sora non si allarmò affatto, nonostante l’aspetto dell’uomo gli mettesse in mente brutti ricordi.
«Sì. A volte parla da sola. O è come se stesse parlando da sola.» L’espressione del tipo era stranamente familiare, come se qualcuno avesse attaccato la mimica di un ragazzo più giovane a un uomo adulto. «E adesso anche Sora fa così.»
«Non sono io, è Roxas!» Sora sbottò quasi senza pensare.
«Immagino che quando rivedremo Shiro dovrò fare un paio di domande. A lei e alla coscienza.» Lo sconosciuto alzò gli occhi al cielo e fece per aprire un corridoio oscuro. Sora si stava per ficcare un dito in un orecchio, la sua voce suonava fin troppo come quella di…
Dimmi che stai per dire Riku, perché la risposta è esatta.”, Roxas non lo lasciò nemmeno finire di pensare. C’era una distinta nota di amarezza, forse rabbia, nella sua voce.
«… Riku?» Sora aveva appena mosso le labbra, la sua voce a stento udibile da sé stesso… ma l’uomo in nero lo stava guardando in faccia e sobbalzò come se lo avessero punto.
Riku sapeva leggere le labbra.
Ovvio che è lui. Si è conciato in quel modo per potersi rialzare e battermi dopo che l’avevo messo al tappeto…” Roxas commentò.
«Ti sbagli,» rispose l’altro con una voce grave, da adulto. «Sono soltanto un rifiuto dell’oscurità.»
Che pezzo di imbecille!” Roxas si riservò di commentare. “Glielo puoi dire? Lasciamelo dire!
«Cavoli, Riku, da quando in qua ti comporti così?» Kairi gli lanciò un’occhiataccia e lo afferrò per la manica in una presa di ferro, poi fece gesto a Sora di avvicinarsi. «Sora, qua la mano.»
Kairi prese Sora per il polso con la mano libera e gli fece appoggiare la mano su quella dell’uomo che lei chiamava Riku.
Sora non capiva, l’uomo davanti a lui cercava di guardare da un’altra parte, ma Kairi non sembrava voler mollare, anche se la sua stretta era visibilmente più leggera su Sora, come se pensasse che l’altro volesse scappare.
«Sora, chiudi gli occhi.» Kairi gli disse. «… Fidati.»
Avrebbe ribattuto, ma il ragazzo lo fece. Stava per ribattere a Kairi di non vedere niente, ma… sentiva la presenza dell’uomo, no, del ragazzo che gli teneva la mano, il ritmo del suo respiro e del suo polso, un tallone che batteva impazientemente sul pavimento, come Riku quando era in imbarazzo e cercava di aspettare il momento migliore per filarsela…
Non guardando la faccia del suo vecchio nemico, Sora aveva visto quello che avrebbe dovuto trovare.
«Riku… Riku è qui
Sentì le ginocchia che gli cedevano e un peso che non sapeva nemmeno di avere sul petto che si dissolveva. Non riusciva più a trattenere né i singhiozzi, né sé stesso, sapeva soltanto di voler abbracciare forte la persona che aveva davanti e lo fece – finendo per urtare forte la fronte contro la sua cassa toracica.
«Dai, Sora, cerca di riprenderti!» Una mano pesante gli diede un paio di colpi sulla spalla, ma Sora continuò a piangere addosso al suo amico di sempre, a stringerlo forte perché col cavolo che lo avrebbe mollato, ora che lo aveva trovato…
«Siete dei tonti, voi due!» Kairi li rimproverò, poi Sora sentì anche il suo braccio contro la schiena. Doveva averli abbracciati entrambi, perché Riku non stava facendo niente, ma Sora si sentiva premuto forte contro di lui.
Sotto di lui, Sora sentiva Riku tremare, e sentì il suono della sua voce rotto in singhiozzi. Strinse più forte, se Riku aveva bisogno di un abbraccio doveva.
«Sora, ho fatto una promessa…» Riku confessò quando sciolsero l’abbraccio, fissandosi i piedi. Era raro che Sora avesse visto il suo amico in imbarazzo, ma la sua postura, la sua voce, cavolo sì che era lui. «Ricordi Shiro, no? Le ho promesso…»
«Che avresti cercato i suoi genitori?» Sora incrociò le braccia dietro la nuca. «Siamo nel posto giusto, Riku. L’Organizzazione saprà senza dubbio qualcosa. Dobbiamo soltanto fare attenzione a non farli sparire prima che parlino, ma date pure la colpa a Roxas se Xigbar è svanito troppo in fretta.»
Ricordami di darti un pugno quando tutto questo sarà finito.”
Roxas sembrava alquanto offeso dal commento, ma Riku si portò una mano alla bocca per nascondere una risata. Kairi era ancora abbastanza perplessa, ma Riku smise di ridere e le spiegò.
«Shiro ha perso i suoi genitori quando era molto piccola. E sono Custodi del Keyblade… come noi. Forse l’Organizzazione vuole qualcosa da loro, forse c’è qualcos’altro dietro… ma…»
«Xemnas è la nostra pista.» Sora tagliò corto. «Si è spacciato per il padre di Shiro per tutto questo tempo…»
Per non dire che ha rubato il suo aspetto…, pensò amaramente. «Quindi, Riku, ora vieni con noi. E poi… poi torniamo a casa.»
   
 
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