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Autore: Elenis9    21/04/2020    1 recensioni
Spaccato di vita di due coinquilini in un giorno speciale. Sebastian e Axel, due stili di vita diversi che si incrociano soltanto quando qualcosa stravolgerà la loro quotidianità.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Universitario
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Sebastian sospirò togliendosi la cuffietta e stropicciandosi l’orecchio infastidito. La voce acuta delle sue colleghe non aiutava il suo umore, non dopo ore ed ore di riunioni improduttive in video-conferenza. Per fortuna a pomeriggio inoltrato del suo rumorosissimo coinquilino ancora non c’era traccia, le sue povere orecchie non avrebbero sopportato anche lui. Stanco di sentire le due ragazze litigare per l’esposizione di un progetto di cui ancora non vedeva la fine e deciso a salvarsi l’udito, Sebastian dirottò l’argomento sulla parte che gli competeva, quella grafica per l’esattezza, per poi scusarsi e lasciare le due ai loro affari. Il suo udito era sempre stato particolarmente sensibile e fin da piccolo era un mezzo tormento perché gli impediva di dormire bene e spesso non aiutava la sua già bassa tolleranza delle voci altrui, specie quando erano particolarmente acute o alte.
Avendo finito la conferenza tolse le cuffiette e solo il leggero ticchettio della pioggia disturbò il silenzio della stanza vuota. Che pace.
Fu strano rendersi conto dopo solo qualche istante che tutta quella pace non era poi così confortevole. Continuava ad aspettarsi di sentire un tonfo, qualche nota stonata canticchiata, le voci dei personaggi di una serie tv e invece… niente.
Infastidito persino da se stesso, Sebastian si alzò dalla scrivania avventurandosi in cucina. Era perfettamente pulita e ordinata come sempre. Sul frigo la lavagnetta magnetica indicava, con la scrittura disordinata di Axel, che sarebbe tornato dopo pranzo. Non che fosse andato a controllare, ma visto che lo sguardo gli era caduto proprio su quell’informazione non poté fare a meno di chiedersi che cosa l’avesse trattenuto.
Beh, tanto meglio per lui, giusto? Un po’ di silenzio in più.

Doveva essersi addormentato perché a svegliarlo fu il rumore della porta che si apriva e, mentre era ancora nel dormiveglia, quello di un leggero bussare.
“Sebastian, ho portato la cena.” La voce di Axel era profonda e melodiosa, il motivo per cui aveva accettato che fosse lui il suo coinquilino era che non gli aveva mai una volta ferito le orecchie. Certo, era rumoroso per tutto il resto del tempo, ma niente lo aveva mai infastidito quanto le voci delle persone. Quella di Axel no, era persino piacevole. Si alzò e uscì dalla stanza ancora mezzo addormentato causando una risatina da parte dell’altro.
“Beh? Cosa…” Sebastian sgranò gli occhi e Axel si affrettò a lasciare che i capelli gli nascondessero parte del volto. Anche così i lividi erano più che evidenti, come anche il taglio rosso e gonfio sul labbro inferiore. Sebastian allungò piano la mano per scostare il ciuffo di capelli biondi e Axel lo fermò prendendogli debolmente il polso, la sua espressione pareva costernata.
“Lascia perdere.” Lo pregò, mentre gli scopriva il viso. L’occhio tumefatto stentava ad aprirsi e il livido scendeva giù per tutta la guancia fino alla mascella. “Non è nulla.”
“Col cazzo che non è nulla!” Sbottò subito Sebastian, la voce abbastanza alta da infastidire il suo stesso udito.
“Che ti è successo?”
“Sono caduto…”
Sebastian si congelò sul posto. Quante volte gli aveva detto quelle stesse parole? Ogni volta che notava un livido o un segno su di lui, anche quando non faceva nessuna domanda, Axel era sempre pronto a dirgli quanto era maldestro. Sebastian ci aveva creduto.
“Non sono stupido. Forse non me ne sono accorto fino ad ora, ma non sono stupido. Se non vuoi dirmi chi è stato va bene, ma non mentirmi.” Gli sistemò con delicatezza il ciuffo dietro l’orecchio. Axel portava i capelli lunghi fino alle spalle e di solito li teneva raccolti in una mezza coda. Quella sera aveva invece una semplice coda di cavallo che lasciava un ciuffo libero di scendere a coprirgli il volto, pur se inutilmente.
“Non è niente, non devi preoccuparti. Ho sbagliato io, lui non voleva…” L’udito fine di Sebastian gli permise di sentire perfettamente le incrinature nella voce di Axel anche prima che si spezzasse del tutto, impedendogli di finire la frase.
“Vieni.” Sebastian lo spinse verso il bagno facendolo sedere sul bordo della vasca, poi tirò fuori disinfettante e cerotti. Si abbassò davanti al biondo che se ne stava tremante e nervoso dove l’aveva lasciato, gli occhi lucidi sull’orlo del pianto. Cominciò a medicarlo delicatamente. “Non sono affari miei, però nessuno dovrebbe mai fare questo a qualcuno, a prescindere da ciò che ha fatto. In più… tu non sei maldestro, vero? Lo fa spesso.” Era difficile per lui impicciarsi così nella vita dell’altro, gli sembrava di forzarlo, di sbagliare. Non poteva lasciar correre, però.
“No, lui… mi ama?” Axel alzò lo sguardo su Sebastian, poi lo abbassò di nuovo.
“No, non ti ama. Se ti amasse non vorrebbe vederti ferito o sofferente.” Gli assicurò con ferocia. Aveva già finito col disinfettante e non poteva far nulla coi cerotti perché non poteva certo mettergliene uno sul labbro spaccato.
Non aveva pensato molto lucidamente prima di prendere l’occorrente e si rese conto di essere più agitato del dovuto anche in quel momento.
“Lui è solo…” Axel iniziò di nuovo, ma si fermò quando notò l’espressione severa sul volto di Sebastian. Sembrava feroce come non l’aveva mai visto, di solito pareva annoiato e un po’ distratto, con la testa fra le nuvole. Non quella sera.
“Se tu fossi mio, io non potrei mai picchiarti.” Disse all’improvviso, passando le dita a pochi millimetri dalla sua pelle dove era marchiata dai lividi.
Axel rimase in silenzio, Sebastian invece si dedicò a mettere a posto il disinfettante e i cerotti così da non doverlo guardare.
Si era accorto che Axel non gli era indifferente già da un po’, ma non avrebbe approfondito quell’argomento in altro modo. D’altronde lui non era certo il candidato ideale come fidanzato dell’anno. Non usciva mai se non era costretto, i rumori gli ferivano le orecchie anche attraverso le cuffie quando era all’esterno e in qualche occasione gli era capitato che lo sovraccaricassero così tanto che aveva rischiato di svenire.
Il silenzio si prolungò fra loro finché Axel non ne poté più e lo esortò ad andare a cena, asserendo che non sarebbe stata buona se si fosse raffreddata.
Durante il pasto chiacchierò e sorrise come sempre, ma Sebastian non riuscì a fare a meno di notare quanto fosse forzata e dolorante la sua espressione.

La mattina dopo si svegliò di buonora, come sempre, e attese che i tonfi dalla stanza di Axel si concretizzassero in lui che saltellava cercando di mettersi una scarpa bofonchiandogli un saluto mentre si precipitava verso la porta.
“Ti accompagno.” Gli disse, comparendogli alle spalle come una sorta di ombra. Axel lo guardò dal basso, notando per la prima volta quanto fosse evidente la differenza di corporatura fra loro. Sebastian era alto e grosso come un armadio e non importava che cosa mangiasse o quanto esercizio facesse, il suo fisico era prestante e scolpito naturalmente. Teneva i capelli neri tagliati corti e così, dritto e scuro in faccia, sembrava talmente minaccioso che neanche i grandi occhi verdi potevano smorzare quella sensazione.
“Cosa?” Axel si rese conto di avere un’espressione sciocca sul viso, ma… cosa? Da quando vivevano insieme non aveva mai visto Sebastian uscire se non per dare degli esami. Aveva persino una disposizione medica per cui era autorizzato a non seguire le lezioni.
“Ti accompagno. Ho una macchina, ricordi? Verrò anche a prenderti.”
“Davvero? Grazie.” Axel decise di non insistere più di tanto, lo avrebbe imbarazzato se si fosse mostrato troppo sorpreso.
Fu un po’ strano per entrambi il viaggio fino all’università, ma Sebastian fu soddisfatto di vedere che Axel sembrava contento. Aveva coperto il livido col trucco e teneva il ciuffo sull’occhio ancora chiuso e gonfio, ma era quasi impossibile nascondere del tutto quello che era stato fatto al suo volto.
“Finisco alle tre. Mi raccomando, non pranzare con la pizza congelata. L’ho vista in freezer. No. Va bene?” Axel scese di macchina in tutta fretta ma non chiuse lo sportello finché non gli arrivò il “sì, mamma,” di Sebastian in risposta.
La macchina chiusa attutiva molto i suoni e lui restò fuori dall’università per un po’, guardando la gente che camminava e chiacchierava spensieratamente, provando un po’ di invidia, poi se ne tornò a casa. In mattinata avrebbe sicuramente ricevuto chiamate da tutti i parenti e nel fine settimana sarebbe tornato a casa dai suoi per festeggiare il compleanno. Non li vedeva da un po’ e gli mancava suo fratello, anche se lo sentiva quasi ogni giorno. Non gli mancavano troppo i vicini, invece. Fin troppe volte li aveva sentiti bisbigliare alle sue spalle quale disgrazia fosse per la sua famiglia: un figlio sordo e per di più omosessuale? Che fardello!
Certo, lui non era sordo, ma non sembrava fare poi molta differenza.
Come promesso tornò a prendere Axel alle 15 in punto e fu ripagato nel vederlo uscire salutando sorridente quella che aveva riconosciuto come una sua compagna di corso. Era una bella ragazza, ma aveva una voce nasale che gli risultava davvero difficile da ascoltare ed era stato un pessimo ospite ogni volta che era stata invitata a casa. Non era riuscito a stare nella stessa stanza di lei per più di una manciata di minuti ed era piuttosto certo che lei pensasse che la odiava.
Nulla del genere, ovviamente.
Mentre alzava la mano per salutarlo avanzando verso l’auto, Axel venne bloccato da un ragazzo castano che lo prese per un braccio. Sebastian poté vedere l’espressione del biondo oscurarsi mentre tirava indietro il braccio e parlava veloce. Era lui. Quello che lo picchiava.
Scese dalla macchina prima ancora di rendersi conto di ciò che stava facendo e i rumori lo aggredirono da tutti i lati. Il traffico, le voci degli studenti, persino il suono continuo e ritmico dei loro passi gli entrava in testa come amplificato. Al di sopra di tutto, la voce melodiosa di Axel. Seguì quella, stordito dal sovraccarico sensoriale che non provava da un pezzo. Avrebbe fatto meglio a tornare in macchina, ma non sopportava di vedere il modo in cui la mano del ragazzo stringeva il braccio di Axel, così forte che gli avrebbe lasciato di sicuro un altro livido da aggiungere alla collezione.
“Tutto bene?” Si sforzò di chiedere, raggiungendo finalmente il biondo e afferrando il polso dell’altro stringendo per fargli mollare la presa. Fu istintivo, non avrebbe voluto intromettersi ma non sopportava di vedere il modo in cui lo teneva mentre Axel cercava di liberarsi e fu soddisfatto quando vide che il suo intervento era servito perché riuscisse a sottrarsi alla presa.
“Sì. Andiamo a casa, Sebastian.” Aveva la voce un po’ affannata. Il ragazzo era rimasto un po’ sorpreso per un attimo, ma prima che potessero fare anche solo cenno di allontanarsi prese ad urlare e si avventò di nuovo verso Axel. Sebastian si mise in mezzo, le orecchie esposte alla voce assordante dell’altro che continuava a parlare mentre tentava senza successo di aggirarlo. Sebastian non capiva esattamente che cosa stesse dicendo perché la sua voce mescolata a tutto il resto del rumore gli aveva letteralmente mandato in pappa il cervello. Comprese che per lo più erano insulti e, soprattutto che Axel l’aveva lasciato con un messaggio o qualcosa del genere. Sebastian decise che nonostante la nausea che gli faceva sentire lo stomaco pronto a rigirarsi da un momento all’altro e il cervello in pappa scendere di macchina era stata una grande idea. Poi un pugno lo centrò in piena pancia e lui si piegò in due, vomitando tutta la pizza congelata sui pantaloni e sulle scarpe del ragazzo prima di beccarsi anche un pugno in faccia.

“Sebastian!”
Quando si riprese un po’ era seduto per terra mezzo accasciato su Axel che gli teneva le mani premute sulle orecchie e creava un meraviglioso isolamento dalla cacofonia di suoni intorno a loro. Non credeva di aver perso i sensi completamente, aveva un vago ricordo del momento in cui era caduto dopo il pugno e di Axel che lo soccorreva mentre intorno a loro si scatenava un caos di rumori e grida.
“Sto bene.” Rispose automaticamente. “Non togliere le mani, per favore.” Aggiunse subito, sentendolo allentare la presa. Poteva ancora sentire le grida del ragazzo che veniva trascinato via da un gruppo di persone, pieno zeppo di vomito.
“Ti avevo detto di non mangiare quella pizza.” Fu il commento di Axel, che doveva aver seguito il suo sguardo. Ci fu un istante di silenzio, poi Sebastian rise e sentì la tensione del biondo allentarsi mentre anche lui si lasciava scappare una risatina.
“Volevo aspettare di essere a casa, ma credo che questo sia il momento giusto.” Disse. Staccò una mano dall’orecchio di Sebastian, intorno a loro c’era ancora rumore ma le grida si erano allontanate. Una piccola scatola incartata spuntò dalla sua tasca e la diede al moro. “Buon compleanno.”
Il pacchettino conteneva degli auricolari senza fili che gli avrebbero consentito di gestire il rumore ambientale così da non esserne aggredito ma neanche di essere completamente isolato dall’esterno. Sebastian sgranò gli occhi, poi si girò di scatto verso Axel, sinceramente commosso. “Sono…”
“Bellissime?”
“Costose.”
Axel lo ripagò con uno scappellotto e Sebastian sorrise.
“D’accordo. Sono bellissime.” Disse, poi si allungò a posargli un leggero bacio sull’angolo delle labbra. “Grazie.”
  
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