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Autore: AdelaideMiacara    26/04/2020    0 recensioni
Questa storia è la dimostrazione che non sempre tutto va secondo i nostri piani, nonostante la precisione a regola d'arte, l'organizzazione, c'è sempre un 1% di probabilità che tutto vada in fumo, è la dimostrazione che giocare con il fuoco ci fa scottare. Ma questa storia è anche rivincita, crescita personale attraverso la comprensione delle sfumature: quando non sappiamo come cambiare una situazione, ciò che ci può aiutare è cambiare punto di vista.
Il nero costituisce l'assenza dei colori e definisce il punto di partenza della nostra storia, al momento inesistente, che prenderà forma durante la lettura con la nascita dei colori, per terminare con il bianco: l'unione di tutti.
Non ci resta che affrontare questo viaggio. E si prega di allacciare le cinture.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Si ricomincia. Dopo aver spento la mia fastidiosissima sveglia, ancora mezza addormentata, sento dal piano di sotto i ragazzi fare casino già alle 7 e sono convinta di non potercela fare oggi. Per una volta, che sarà mai saltare le lezioni? Visto e considerato che nelle ultime settimane sono andata al college solo per figura e ne ho frequentate la metà. Mentre chiudo di nuovo gli occhi, la porta della mia stanza si spalanca.
«Sam, alzati, è già tardi!» mi rimprovera Lucas, seguito da mio fratello. Quale parte del cartello “Lucas Taylor non può entrare” appeso dietro la mia porta non è chiaro? Mi alzo dal letto scattando, afferro il cuscino e inizio a picchiarlo. Non ho intenzione di continuare a sopportare la violenza psicologica di questo ragazzo e le sue minacce. Harry mi blocca, levandomi il cuscino, e fa uscire il guastafeste dalla camera.
«Odio anche te» gli dico, sedendomi ai piedi del letto e strofinandomi gli occhi. È possibile, di tanto in tanto, iniziare una giornata in santa pace? Come se il lunedì non fosse già abbastanza duro di per sé.
«Seriamente ce l’hai con Lucas perché vuole spifferare tutto a Jay?» domanda lui, lanciando il cuscino sul letto. Lo fisso con sguardo interdetto, poi continua «Credevo che per te fosse solo una scommessa».
«Per me è solo una scommessa. Ma come faccio a vincere se interferite?» replico infastidita, poi mi alzo e vado verso l’armadio in cerca di vestiti. Oggi volevo soltanto dormire, ma stiamo partendo alla grande. Harry esce silenzioso dalla mia stanza, chiudendo dietro di sé la porta. Scenderò da sola, non ho voglia di parlare con nessuno, e le ragazze probabilmente sono già lì ad aspettarmi.
Quando arrivo davanti l’ingresso dell’edificio, diversi gruppetti sostano davanti l’entrata, noto i volti confusi ed entusiasti degli studenti mentre mi avvicino. C’è aria di novità. Scorgo tra la folla Chiara e Amie discutere con Jason e Martin del gruppo di Giornalismo.
«Buongiorno!» mi urla una voce all’orecchio alle mie spalle. Mi giro sconvolta, pronta alla mia prima scenata della settimana, ma mi fermo appena vedo il volto coraggioso che si è permesso a gridarmi nell’orecchio di lunedì mattina.
«A te» rispondo a un Jay sorridente, «ma tutta questa confusione?».
«I ragazzi della confraternita del dodici hanno proposto di organizzare un mash up e girarlo qui, dentro il college» mi spiega, mentre camminiamo verso l’entrata. L’idea non è male, certo i soggetti che offre la Goldsmiths non sono il massimo – noi compresi – ma forse può uscirne fuori qualcosa di carino. «Almeno resterà un ricordo degli studenti peggiori che questa università abbia mai conosciuto» continua il ragazzo, a questa affermazione rido spontaneamente. Non ho nulla da obiettare, onestamente siamo stati e siamo ancora terribili, forse sempre peggio. Quando noi non ci saremo più, chi tormenterà il signor Shoe? E la signora Mary? E gli abusi ai professori? Non ce la faccio, troppi ricordi.
«Hanno chiesto a me, Mason e Cooper di mixare qualche brano, il tutto non deve durare più di dieci minuti complessivamente. È una cosa grossa da organizzare, stiamo cercando di convincere il professore Camp» continua il suo discorso Jay, io lo assecondo nonostante sia abbastanza scettica. Tutto ciò che richiede un grande impegno in termini di socialità è al di fuori della mia portata, purtroppo.
«Chi l’ha proposto?» domando, sforzandomi di attivare il cervello. Si sa che a quest’ora per me è già tanto camminare, figuriamoci conversare.
«James Collins e Primrose Hill» risponde lui con una risatina. Mi volto a guardarlo accigliata.
«La collina, Primrose Hill?» gli chiedo seriamente interdetta. Lui in risposta scuote la testa ridendo e, con un bacio sulla fronte, si congeda per entrare nell’aula di Design. Piccolo appunto: dopo quasi una settimana passata ad uscire ogni giorno con il signor Wilson, ho scoperto finalmente che frequenta il corso di Design.
Poco più avanti mi aspettano le mie amiche fuori la classe di Francese, con aria seccata.
«Sto arrivando, sto arrivando, oggi stiamo insieme...» mi imita Amie, riprendendo le parole che le ho detto al telefono stamattina prima di arrivare.
Sbuffo. «Ma dai, solo perché sono entrata con lui… oggi davvero stiamo insieme, ricordate? Escursione alla Cattedrale!» dico avvicinandomi e abbracciandole entrambe. Dovrebbero ringraziare quel ragazzo, specialmente Chiara che in anni di amicizia non mi ha mai vista così solare di mattina presto.
«Non è questo» inizia quest’ultima, incrociando le braccia «è che adesso non stai più con noi per stare con Jay Wilson. È assurdo!» esclama esasperata. Io la guardo confusa.
«Proprio tu non puoi parlare! Sai benissimo… » replico, poi abbasso la voce guardandomi intorno, «sai benissimo perché lo faccio. E poi l’altro giorno siete uscite con i ragazzi senza dirmi niente!». Alle mie proteste le ragazze roteano gli occhi, evidentemente sono io quella che non capisce, anche se non mi sembra di aver sbagliato nulla. Entriamo in aula prima che la professoressa Sage si possa lamentare e prendiamo gli ultimi posti disponibili, in seconda fila. Non proprio il massimo.
La Sage ci invita ad improvvisare una presentazione di noi stessi, rigorosamente in francese, davanti tutti gli studenti e sceglie come cavia un collega di Amie. Questo si piazza al centro dell’aula, ben visibile a tutti, ed esordisce con un “Je m’appelle Jean et j’aime la pomme de terre”.
«Cioè?» domando alle mie amiche in lacrime, che capiscono il francese molto meglio di me.
«Peccato che nessuna te la dà!» risponde qualcuno dalle ultime file, mentre io continuo a non seguire il filo del discorso. Sipario.

Nel bel mezzo della lezione, quando stavo per addormentarmi piegata sul banchetto, sento vibrare il telefono nella borsa. Lo tiro fuori con la testa ancora appoggiata, è un messaggio.

J: «Che fai di pomeriggio?»

Sorrido istintivamente. Mi dispiace, caro Jay, ma oggi non ho come scappare dalle grinfie delle mie streghe.

S: «Sono con Amie e Chiara, non mi posso proprio liberare… la Cattedrale di Saint Paul ci aspetta!»

J: «Magari verrò a salvarti. Sempre se le tue amiche mi lasceranno avvicinare a te…».

Continuo a tenere la testa abbassata per non mostrare la mia espressione soddisfatta, e contenta allo stesso tempo. Che succede, Jay, è vero che non si può stare lontani da Sam Davis? Ok, confesso: stanotte non ho dormito, ho passato tutta la notte a parlare al telefono con Jay, fino alle 5 del mattino. Mi sono sentita di nuovo una liceale, parlare dei nostri interessi e scoprire di avere così tante cose in comune – a partire dalle serie tv preferite, Chuck ovviamente vince su tutte, fino all’ossessione per Harry Potter. Ma in verità, man mano che ci addentravamo nella notte, la conversazione prendeva una piega sempre più intensa e confidenziale. Jay mi ha raccontato dell’università che frequentava prima, della città in cui è cresciuto, e dalla sua fama da heartbreaker. Mi è sembrato così sincero, così vero, in un modo in cui non mi sarei mai immaginata potesse mostrarsi. Mi sono chiesta, e mi chiedo adesso di nuovo, cosa ho fatto per meritarmi che mi aprisse il suo cuore. E soprattutto mi sono chiesta perché, nonostante la sua apertura nei miei confronti, io non riesca a fare lo stesso. A meno che il ragazzo non stia complottando con qualcuno per scoprire cosa mi piace, e finge di avere gli stessi interessi. Ma certo! È così fuori di testa per me che sta facendo di tutto per conquistarmi!
Dovrei solo accettare l’idea di aver perso la scommessa.

 

Ore 16 in punto.

La Cattedrale di Saint Paul si erge immensa in tutta la sua bellezza davanti i miei occhi. Insieme alle ragazze giriamo intorno scattando foto da ogni angolazione, ogni tanto ci fermiamo vicino qualche guida turistica per ricavare informazioni utili. Questa gita in verità è un compito, con il gruppo di Giornalismo dovremo scrivere un articolo sulla storia della Cattedrale e mi servono anche delle foto. Meglio avere tanto materiale su cui lavorare.
«Andiamo da Starbuck’s?» propone Amie, nel mezzo dello shooting alla chiesa. Nello stesso istante mi arriva un messaggio, e so già da chi proviene. Le guardo, colpevole: è arrivato il momento della verità.
«Io… veramente…» inizio, distogliendo lo sguardo e cercando le parole giuste per non mandarle in escandescenza.
«Sam, non dirmi… ti prego, no» dice Chiara, spazientita, mentre si passa una mano sulla fronte.
«Non è colpa mia, giuro! Cioè, era di passaggio… potevo mai dirgli no?» mi giustifico. Scusa pessima, quelle due non sono stupide. Ma come posso giustificare il fatto che ho invitato anche lui in un pomeriggio di sole amiche? Stavolta sono davvero colpevole.
«Tu preferisci stare con lui ché con noi, ammettilo!» sentenzia Amie, con l’approvazione di Chiara.
«È assurdo!» replico io, «non capisco come possiate pensare una cosa del genere, sapete benissimo che non è vero!»
«Lo diciamo per te, Sam. Chi ci sta rimanendo fregato in questa storia, sei tu, non Jay» conclude la mia amica, la stessa che mi ha spinta a fare questa scommessa, dopodiché se ne vanno lasciandomi da sola su una panchina del cortile della Cattedrale ad aspettare il ragazzo delle fotocopie. Come posso dargli torto, alla fine? Hanno ragione. La scommessa è stato uno sbaglio fin dall’inizio, ma avrei potuto fermarmi in qualsiasi momento. Forse non ho il coraggio per ammettere la verità…
Alzo lo sguardo e vedo Jay entrare nel cortile. In questo momento è l’ultima persona con cui vorrei stare.
«Hey!» mi saluta una volta vicino, con il solito bacio sulla fronte. Sento un tonfo al cuore. Si siede a cavalcioni sulla panchina in pietra dove sono seduta anche io. «Senti, stasera con un paio di ragazzi andiamo a parlare con Camp per il mash up, vieni con me?» propone, facendo gli occhi dolci. Io non riesco a trattenermi e mi lascio scappare uno sbuffo, facendolo stranire.
«Non vorrei essere fuori posto… » cerco di riprendermi, mentre gli accarezzo lo guancia. Lui mi sorride, quasi timidamente, guardandomi negli occhi. «È importante per me, Sam. Ho bisogno di te» dice, prendendo la mia mano dal suo volto e stringendola. Poi, iniziando a vedere i miei tentennamenti, sfoggia un sorrisone. «E poi non sarai fuori posto, sei con me!».
«Va bene, va bene, ho capito, verrò a questa stupida riunione» mi arrendo infine, come se fosse possibile fare altrimenti con questo ragazzo. Prendo la macchina fotografica per fargli vedere le foto che ho scattato, la stessa che abbiamo comprato insieme nella bancarella ai piedi del Marble Arch. Devo ricordarmi di fare sviluppare tutte quelle foto che abbiamo fatto insieme.«Sarà meglio andare, a momenti chiudono i cancelli» gli dico, dopo aver controllato l’orario dallo schermo del telefono. Questa è la prima volta che sono con Jay e ho altri
pensieri per la testa: le parole delle mie amiche. So bene a cosa vado in contro stando con lui, ma chi dice che debba per forza uscirne scottata? Vale la pena provare.

«Oh merda» il ragazzo mi toglie le parole di bocca quando arriviamo davanti il cancello principale del cortile, trovandolo chiuso. Entrambi ci giriamo a guardarci, scoppiando a ridere, più per disperazione ché per divertimento. «Ci hanno chiusi dentro! E adesso come facciamo?» esclama il ragazzo, passandosi una mano sulla testa. Questo non era il momento giusto per aggiungere del pepe…
Mi guardo intorno cercando una via d’uscita, ma purtroppo i cancelli sono due e sono entrambi serrati, le recinzioni non sono abbastanza alte da nasconderci alla vista dei passanti che potrebbero tranquillamente denunciarci per essere qui dopo l’orario di chiusura. Ed ecco la lampadina!
«Facile. Scavalchiamo» affermo, andando verso le inferriate. Jay, inizialmente perplesso, non ha altra scelta se non quella di seguirmi. Inizio a scrutare la ringhiera, cercando di capire come fare, visto che da lontano sembrava più facile. Jay, dal suo canto, mette un piede qua e un piede là ed è già a metà dell’opera.
«Hai detto tu che era facile» commenta, facendomi una linguaccia dall’alto. Questo ragazzo non ha ancora capito che oggi non ho voglia di scherzare, e se voglio lo faccio volare da lì sopra. Ok, Sam, è più semplice di quanto pensi. Il trucco è non entrare nel panico, e non dare nell’occhio. Imito i movimenti di Jay, mandando qualche occhiata omicida di tanto in tanto, mentre lui se la ride beatamente.
«Accorro in suo aiuto, damigella!» proclama il cavaliere già dall’altro lato della recinzione, mentre io in cima non ho idea di come scendere. Grazie, caro, potevi pensarci un’ora fa. Jay tenta di prendermi in braccio, schivando i colpi che cerco di sferrare alla cieca perché “ce la faccio da sola”, e finisce per prendermi come Shrek fece con la principessa Fiona, ovvero la meglio nota presa a sacco di patate.
«Mi fai sentire proprio come una principessa» commento ironicamente, mentre il ragazzo mi deposita letteralmente su una panchina, ridacchiando.

 

Alle 21 Jay si fa trovare fuori casa mia e insieme raggiungiamo il gruppo di ragazzi che ci aspetta davanti la Terza per andare da Camp, tra i quali Nick, Cooper, Daniel Mason e l’altro coinquilino di Jay di cui non ricordo mai il nome. E poco mi interessa. La depressione da sconfitta sta prendendo il sopravvento e non riesco a godermi il momento, ogni volta che guardo Jay penso a cosa succederà quando scadrà il tempo della scommessa. A quel punto, nessuno mi obbliga più a uscire con lui.
Quando arriviamo davanti l’entrata dell’università, troviamo già piazzati davanti ad aspettarci il professor Camp con due ragazzi, che dovrebbero essere James Collins e Primrose Hill. Quando il professore si accorge della mia presenza si acciglia con un sorrisino.
«Davis! Che ci fai tu qui? Chi ti ha costretta?» domanda affabile, mentre il resto del gruppo è troppo impegnato a chiacchierare entusiasta del mash up per ascoltarci. Solo Jay presta attenzione a questa conversazione, ai suoi occhi, stranamente amichevole: in effetti, il professor Camp è uno di quelli che conosce me e i ragazzi come le sue tasche, e soprattutto sa che a causa della mia pigrizia mortale non parteciperei mai ad un’iniziativa del genere.
Entriamo nell’edificio deserto e buio, come non lo vedevo da qualche mese. Fare irruzione nel cuore della notte rientra nella nostra top 10 delle attività da fare alla Goldsmiths quando siamo annoiati, ma ultimamente siamo stati troppo impegnati. Procediamo fino all’aula informatica dell’ala ovest al piano terra, dove ognuno di noi siede nelle postazioni individuali, ognuna dotata di computer, mentre Jay e il gruppetto di dj lavorano sul computer centralizzato – quello che solitamente usa il professore. Con mio grande disgusto siedo accanto al terzo coinquilino di Jay, Jhonny Nesbitt – ecco come si chiamava! - attenta a parlargli il meno possibile.
«Perché sei così snob?» mi chiede questo, masticando una chewingum con la bocca aperta. Non ti sei forse risposto da solo?
«Preferisco definirmi selettiva» taglio corto, rivolgendo tutta la mia attenzione ai ragazzi in piedi davanti a noi, tra cui il mio. Amico, chiaramente, il mio amico.
Mason clicca play e fa partire il remix, tutta l’aula è concentrata ad ascoltare. Devo ammettere, contro il mio scetticismo, non è niente male: successi del passato si mescolano in armonia con hit del momento, i ragazzi sembrano così soddisfatti mentre osservano le nostre facce. Quando Jay mi guarda speranzoso rispondo con un sorriso e alzando i pollici in su.
Camp rimane silenzioso una volta terminato il remix, osservando i ragazzi quasi perplesso.
«Come posso dirvi no? È andata» dice infine, generando gridolini e saltelli in tutta l’aula. Io resto come gelata da tutta questa agitazione, ragazzi che si abbracciano e provano a farlo anche con me, che prontamente li schivo. Va bene l’entusiasmo, ma non troppo.

 

A fine serata, quando ci congediamo dal gruppo del mash up, Jay mi riaccompagna alla Quinta continuando a parlare del video e di quanto poco tempo ci sia a disposizione per organizzare bene tutto. A chi lo dici, fratello. Io cerco di non distaccarmi troppo dalla conversazione e non cadere nei miei pensieri, rispondendo freddamente e di tanto in tanto facendo qualche domanda per fingermi interessata. Sam, torna in te…
«Domani sera hai impegni?» mi chiede, una volta arrivati davanti la porta di casa. Fingo di pensarci su.
«Di che si tratta?» rispondo, cercando di nascondere un sorriso.
«Sorpresa».
Cerco di protestare mentre il ragazzo mi spinge verso la porta di casa e suona al campanello.
«Ma io voglio sapere!» insisto. La porta della Quinta si apre, alla soglia c’è Harry che rotea gli occhi quando ci vede comportarci come due quindicenni. Jay mi saluta con un abbraccio, dopodiché si allontana prima che io possa continuare a insistere per saperne di più su domani sera, e io entro in casa. All’ingresso c’è un grosso armadio nel quale teniamo dei pigiami d’emergenza, tipo quando dimentichiamo di stendere quello appena lavato, esattamente come nel mio caso adesso. Ne afferro uno a caso, senza curarmi di chi sia il proprietario, e salgo verso la mia stanza.
Mancano soli tre giorni alla fine della scommessa e, anche se mi sento sconfitta e giù di morale, credo proprio che continuerò a uscire con Jay. Riesce sempre a portarmi indietro da lui quando cerco di allontanarmi…


 

«Certo che te la porti dappertutto, eh. Proprio non ci puoi stare lontano per un po’?»
«Non è così, lo sai, solo che mi diverte, cioè, mi piace stare insieme a lei. E poi, scusa, che fastidio ti da?»
«Oh, ma nessuno. Solo, non ti fissare troppo. Stai attento.»
«Parli come se fosse una cosa negativa.»
«Jay, sei più confuso di lei»

   
 
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