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Autore: holyground    26/04/2020    2 recensioni
Madam (2017) AU
Lady Leia è tremendamente superstiziosa, e quando si rende conto che alla sua tavola sono presenti tredici ospiti decide che Rey, una delle cameriere di Alderaan House, farà da quattordicesimo. E tutto per colpa di lord Benjamin.
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«Non funzionerà mai.» commentò Ben, brutalmente onesto. Leia gli schiaffeggiò un braccio.
«Non abbiamo bisogno del tuo pessimismo.»
«Se davvero vuoi portare avanti questa sceneggiata, la ragazza deve essere istruita.»
La ragazza. Il distacco con cui lo disse la fece sentire in imbarazzo, con un senso di vergogna che le strisciava addosso.
«E immagino che l’unico che reputi in grado di farlo sia… tu.» replicò Lady Leia.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Han Solo, Kylo Ren, Principessa Leia Organa, Rey
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Alderaan House, 1919

 

  In sei anni di servizio presso la casa di Alderaan della famiglia Solo, Rey aveva capito che Lady Leia era una donna estremamente superstiziosa, che Lord Solo era un lord solo di nome, e che il loro figlio Ben sarebbe sempre rimasto un mistero per lei. Tutto, in quella famiglia, era una sorta di mistero. 

  Rey non capiva perché Leia si ostinasse ad organizzare cene con invitati che palesemente odiava. Non capiva come due persone che si amavano tanto quando il Lord e la Lady di Alderaan potessero passare tanto tempo separati, ognuno impegnato nei propri affari, come se conducessero due vite differenti. Non capiva perché, ad un tratto, Lord Ben avesse smesso di frequentare quella casa. Semplicemente, Rey non capiva le persone come loro: quelle che hanno sempre avuto un cuscino su cui poggiare il volto di notte, e una tazza di tè caldo ad aspettarle ogni pomeriggio. Ma non era suo compito in quanto cameriera preoccuparsi delle scelte dei suoi padroni.

  «Rey, per favore, riporta questi in cucina.» Rey si voltò verso Lady Leia, che le stava indicando i piatti già posizionati sul lungo tavolo del salone. «Useremo il servizio bianco stasera.»

  Rey annuì, raccogliendo i piatti con movimenti metodici e puliti. Aveva imparato in fretta a svolgere i propri compiti senza dare nell’occhio, invisibile come il vento. Era quello il ruolo delle cameriere: efficienti come formiche, e altrettanto insignificanti. Inoltre, lei non era mai stata il tipo che attirava l’attenzione – all’orfanotrofio era meglio passare inosservati. In effetti, molte delle cose che adesso le erano utili sul lavoro, le aveva imparate all’orfanotrofio Jakku. Non perché le istitutrici avessero avuto il desiderio di insegnare ai bambini un mestiere, ma perché la prima regola dell’orfanotrofio era “Fatti gli affari tuoi”. Una regola preziosa per chiunque, ma soprattuto per una giovane donna al servizio di una delle famiglie più importanti del paese.

  «Ha di nuovo cambiato idea?» le chiese Rose quando la vide tornare in cucina con i piatti tra le braccia. Era la terza volta che Rey cambiava la disposizione della tavola.

  «Vuole il servizio bianco.» 

  Rose era lì da più tempo di lei, praticamente dalla nascita, poiché la madre e la sorella avevano servito la famiglia. Poi la madre era morta e la sorella aveva trovato marito, e Rose era rimasta sola. Per questo ogni giorno ringraziava di avere Rey.

  «Hai idea di chi verrà stasera? Sembra tremendamente nervosa.» chiese Rey mentre, con i piatti bianchi in mano, osservava Lady Leia dalla cucina. Rose seguì il suo sguardo. La donna continuava a fare avanti e indietro lungo il perimetro del salone, sostenendosi con l’elegante bastone da passeggio.

  «Ho sentito che l’Ammiraglio Snoke sarà presente.» replicò Rose. Era una fonte incredibilmente attendibile, conosceva gli affari della famiglia meglio di chiunque altro, in parte perché viveva con loro da sempre, e in parte perché era alquanto brava a persuadere chiunque a fare qualunque cosa – incluso farsi raccontare cose che non avrebbe dovuto sapere.

  «L’Ammiraglio Snoke? Ma non è…»

  «Signorine.»

  Rey e Rose si voltarono verso l’austera voce di Mrs. Holdo, la responsabile della servitù, preparandosi ad un’eventuale strigliata.

  «Siamo nel bel mezzo di importanti preparativi. Non è tempo di perdersi in chiacchiere.»

  «Sì, milady.» replicarono le ragazze all’unisono, volgendo lo sguardo a terra.

  Rey entrò in sala da pranzo e posizionò i piatti alla perfezione, assicurandosi che il disegno che li decorava fosse rivolto verso il basso. Leia la guardò con aria di approvazione.

  «Ben fatto, Rey.» si complimentò, osservando la tavola apparecchiata. «Adesso è perfetto.»

  Rey sorrise. Ogni complimento le scaldava il cuore. La verità era che a lei piaceva lavorare per i Solo: era stato Lord Solo a offrirle il lavoro, e fin da subito Lady Leia l’aveva fatta sentire la benvenuta. 

  Rey si era lasciata l’orfanotrofio alle spalle non appena aveva potuto, anche se ciò aveva significato vivere in strada per anni. La sua paura più grande era stata quella di essere venduta ad una casa di piacere, per questo aveva deciso di tagliarsi i capelli e vestirsi da uomo. Il suo fisico esile e la sua voce profonda le avevano permesso di passare facilmente per un ragazzo. Si era guadagnata da vivere con lavoretti di poco conto, come fare le consegne e lucidare le scarpe per strada. Era meno del minimo indispensabile per sopravvivere, ma lei se lo era fatto bastare. Era così che Lord Solo l’aveva trovata: in qualche modo, aveva capito che il ragazzino che gli stava pulendo gli stivali era in realtà una ragazza, sporca e malnutrita e analfabeta. Le aveva offerto di lavorare per la sua famiglia come cameriera. 

  «Se non lo facessi, mia moglie mi ucciderebbe.» aveva risposto quando Rey gli aveva chiesto il perché di quell’offerta. E Rey non era il tipo che si fidava, perché un’infanzia in orfanotrofio e un’adolescenza in strada l’avrebbero uccisa se si fosse fidata del primo che passava. Ma quell’uomo sembrava sincero. Ancora oggi, Rey sentiva di dovere la vita a Leia e Han Solo.

  «Pare che il servizio bianco sia quello giusto.» comunicò a Rose una volta tornata in cucina. Poi affiancò l’amica per finire di decorare l’arrosto.

  Rose infilò il mignolo nella salsa e se lo portò alla bocca per assaggiarla. Rey la guardò con occhi sbarrati, tentando di rimproverarla, ma si ritrovò a ridere e a fare la stessa identica cosa. Erano momenti come questi che le facevano dimenticare la solitudine dell’orfanotrofio.

  Le loro risate furono interrotte dalla voce di Leia, che gridava dalla sala da pranzo.

  «Amilyn! Amilyn, vieni qui!»

  Rey e Rose corsero dietro Mrs. Holdo verso il salone, ma si fermarono sull’uscio per sbirciare.

  Lady Leia stava agitando in aria una lettera. Mrs. Holdo la prese per leggerla.

  «Oh, ma questa è una buona notizia, Madame.» disse una volta che ebbe finito di leggere.

  «Tu credi?» replicò Leia, incerta. Rey non la vedeva così turbata da anni.

  «Ma certo, Madame.» replicò Mrs. Holdo con un sorriso incoraggiante. «È un’ottima notizia.»

  Leia annuì, con le labbra tese e le sopracciglia aggrottate. Sembrava, tuttavia, leggermente rincuorata.

  «Rey.» chiamò Leia. La ragazza corse in sala da pranzo.

  «Sì, Madame?» disse, con un leggero inchino.

  «Per favore, aggiungi un piatto.» le ordinò. «Mio figlio cenerà con noi.»

 

§

 

  “Talvolta ci facciamo prendere dalla compassione per creature incapaci di provare sentimenti sia per se stesse che per altri.”

  Rey rilesse la frase più e più volte, provando uno strano senso di estraneità nei confronti del proprio corpo e del mondo circostante. Richiuse la sua copia di Cime Tempestose e la rinfilò sotto il cuscino. 

  Non era sempre stata la sua copia. Un tempo era appartenuta ad un ragazzo scuro e tormentato quanto il protagonista stesso del romanzo. Ma era la copia grazie alla quale lei aveva imparato a leggere, e lui aveva voluto donargliela.

 

  «“Lei è così in… incom…”» Rey gli aveva passato il libro per farsi aiutare. Lui aveva distolto l’attenzione dai suoi documenti per focalizzarla su lei.

  «Incommensurabilmente.» le aveva suggerito.

  «Incommensurabilmente.» aveva ripetuto Rey. «Cosa significa?»

  «Significa immensamente, infinitamente

  Rey aveva annuito, mostrandogli che aveva capito.

  «“Lei è così incommensurabilmente superiore a loro... a tutti sulla terra, non è vero Nelly?”» aveva poi ripreso a leggere.

  «Se Heathcliff ama così tanto Cathy perché non dirglielo e basta?» aveva chiesto all’improvviso, con tutta l’innocenza dei suoi sedici anni.

  «Perché, Rey…» aveva risposto lui, dall’alto dei suoi ventisei, «Certe cose non si possono dire e basta. Le persone, le situazioni… Non è semplice.»

  «Ma lo è. Entrambi si amano, ma non possono stare insieme… perché? Perché lui non appartiene allo stesso rango sociale di lei?»

  Lui ci aveva riflettuto un momento.

  «È proprio perché si amano così tanto che non riescono a stare insieme. Heathcliff vuole ciò che è meglio per Cathy, non vuole imporle il proprio amore. Sa che lei dovrebbe stare con uno come Linton, quindi si fa da parte. Ma è stato cresciuto nell’amarezza e nel rancore, nel rifiuto verso se stesso, quindi lasciarla andare è cosa tremenda per lui. E poi, se fosse stato più semplice non ci sarebbe stata la storia.»

  Rey aveva aggrottato le sopracciglia. Le implicazioni di un amore del genere le erano ancora estranee.

  «Ma è una storia d’amore. Perché deve essere tutto così complicato?» insisté.

  «Non è solo una storia d’amore.» rispose lui, paziente. «È la storia di una donna prigioniera delle convenzioni sociali. Cathy sa che sposare Linton è la cosa giusta, per la società in cui vivono. Rinuncia a se stessa per assumere il ruolo di donna modello. E nel momento in cui si sposerà, perderà la propria identità.»

 

  Rey scosse la testa per liberarsi di quel ricordo. 

  Si lisciò l’uniforme pulita e lasciò la stanza, improvvisamente impreparata ad affrontare la cena.

  In sala da pranzo, Lady Leia – vestita elegantemente per la serata – stava osservando la tavola imbandita, le labbra che si muovevano impercettibilmente.

  «Undici, dodici… tredici.» la senti mormorare Rey quando le si avvicinò. «Tredici.» ripeté. «Rey, perché ci sono tredici posti?»

  Rey non era certa di come rispondere a una domanda simile.

  «Non possiamo essere tredici a tavola.» esclamò Leia. «Porta terribilmente sfortuna. È terribilmente sconveniente.»

  Quando era nervosa, la Lady di Alderaan utilizzava l’avverbio terribilmente a sproposito. Rey si torse le mani, insicura sul da farsi.

  «Prima erano dodici posti, ma poi mi avete chiesto di aggiungere un piatto per vostro figlio…» mormorò per giustificarsi.

  «Mio figlio. Ma certo, avrei dovuto immaginarlo. Non mette piede in questa casa da tre anni e nel momento in cui decide di tornare scombina tutti i miei piani.»

  Leia prese a fare avanti e indietro per la sala, sempre più agitata.

  «Madame, vi prego.» le andò dietro Rey, nel tentativo di calmarla. «Di certo c’è rimedio.»

  «Oh, ma come? Dovrei forse sperare che uno degli ospiti decida di non presentarsi? Sarebbe terribilmente sgarbato da parte mia.»

  Rey sperò che Mrs. Holdo accorresse in suo aiuto, ma non c’era traccia di lei, e nemmeno di Rose. Probabilmente entrambe erano nelle proprie stanze a prepararsi.

  «Questa cena è importante, Rey.» le disse Leia, prendendola per le spalle. «Ho assoluto bisogno di un’altra persona a tavola.»

  Leia continuava a guardarla preoccupata, finché Rey vide una scintilla accendersi nel suo sguardo. La donna le prese il volto tra le mani, girandolo in angolazioni diverse per osservarlo. Poi le tolse le forcine dallo chignon, lasciando libere le ciocche marroni che le arrivavano alle spalle. Ci era voluto qualche anno perché i capelli le ricrescessero. 

  «Volto grazioso, sguardo sveglio.» stava mormorando Leia. Fece un passo indietro per osservare la figura intera della ragazza. «Portamento degno, spalle dritte. Potrebbe funzionare.»

  Rey avvertì un campanello d’allarme.

  «Madame?»

  «Potremmo dire che sei mia nipote, o una mia protetta.»

  «Madame, vi prego…»

  «Ovviamente, devi essere istruita. Bon Ton, cronaca mondana, argomenti di conversazione… Non c’è molto tempo, ma tu impari in fretta, non è vero?»

  «Madame, cosa state suggerendo?»

  Leia le sorrise, con lo sguardo luminoso.

  «Sederai tu con noi, stasera.»

  Rey sgranò gli occhi, scuotendo la testa.

  «Madame, non posso. Come potrei? Non funzionerà, sono solo una cameriera.»

  «Rey. Non sottovalutare mai la mia capacità di raggiungere gli obbiettivi che mi prefiggo.»

  Rey strinse le labbra, incapace di replicare. Ogni protesta, lo sapeva, sarebbe stata inutile.

 

§

 

  Rose continuava a ridacchiare come una sciocca. Rey l’aveva fulminata con lo sguardo almeno una ventina di volte, ma non era servito a molto. 

  «Devi raccontarmi tutto quello che senti.» le aveva intimato l’amica, quando la situazione era stata comunicata a tutta la servitù. Rey non aveva aperto bocca; era un’ora che non apriva bocca. Gli ospiti non erano ancora arrivati, e lei già temeva tutto ciò che avrebbe sbagliato.

  «Amilyn, l’ho trovato!» gridò Lady Leia entrando nella stanza.

Leia, Rose e Mrs. Holdo si erano riunite nella camera patronale per preparare Rey, e al momento stavano tentando di capire come acconciarle i capelli.

Lady Leia entrò con una custodia per abiti stretta al petto.

  «Non posso credere di averlo trovato.» 

  Mrs. Holdo corse da lei per aiutarla. Prese l’abito e lo appese ad un’anta del guardaroba. Aprì la stoffa e rivelò un abito bianco, semplice e sottile come una camicia notte. Era senza maniche, con un modesto scollo squadrato, ma era ricoperto da un velo di tulle trasparente che scendeva a formare un piccolo strascico, ed era decorato da disegni in oro simili a fiori esotici e piume. 

  «Era di mia madre.» le informò Leia.

  Le quattro donne rimasero ancora a guardare l’abito, catturate dai ricami dorati che riflettevano la luce, e dallo strascico di tulle che sembrava fatto di stelle. Quell’atmosfera trasognante venne interrotta dal suono del campanello. Mrs. Holdo corse ad aprire la porta.

  «Madame.» disse una volta tornata nella camera. «Vostro figlio è qui.»

  «Oh, bene. Fallo entrare.»

  Il cuore di Rey iniziò ad accelerare, e non sapeva bene perché. Probabilmente sarebbe svenuta prima della fine della serata. Probabilmente i membri della servitù avevano aperto delle scommesse proprio su questo.

  «Benjamin! Non ti aspettavo così presto.» 

  Lady Leia andò ad abbracciare il figlio, che la sovrastava in altezza facendola apparire quasi una bambina.

  «Credimi, madre, ho cercato di ritardare il più possibile.» La sua voce era profonda quanto le notti fredde d’inverno.

  «Sempre un gentiluomo, Benjamin.» lo rimbeccò la madre. «Non sai in che guai mi hai cacciato, stasera. Ho dovuto inventarmi l’impossibile.»

  «Oh, non vedo l’ora di sentire questa storia.» replicò lui, con il tono che trasudava sarcasmo.

  Quando Lady Leia si allontanò dal figlio per tornare ad occuparsi di lei, Rey poté finalmente guardarlo in volto. Era come lo ricordava, e allo stesso tempo un uomo totalmente diverso. Aveva gli occhi di chi aveva visto tanto, quasi tutto quello che c’era da vedere nel mondo, eppure non vi aveva trovato niente di emozionante, niente che lo avesse colto di sorpresa, niente che lo avesse fatto innamorare. Il suo volto era oscurato da una cicatrice che gli attraversava l’occhio destro. Avrebbe dovuto essere un tratto spaventoso, allarmante, ma Rey trovava che lo rendesse ancora più affascinante.

  Era bello in modo estremamente anticonvenzionale.

  Rey non lo vedeva da quando, tre anni prima, aveva deciso di arruolarsi in guerra. Era rimasto al fronte per più di un anno, fino a quando non aveva subito una ferita che lo aveva costretto al congedo. Ma una volta guarito non era tornato ad Alderaan House: aveva deciso di trasferirsi in città, e aveva intrapreso una brillante carriera di scrittore. Ovviamente, Rey aveva letto tutti i suoi libri. Ovviamente, l’aveva tenuto per sé. Ovviamente, li aveva amati.

  Leia stava spiegando la situazione al figlio, ma Rey si era persa metà del discorso.

  «Grazie al cielo, Rey è sempre pronta ad assistermi.»

  In quel momento, gli occhi di Benjamin Solo, Lord di Alderaan, si posarono su di lei – e Rey vide l’esatto momento in cui la riconobbero come la ragazzina a cui aveva insegnato a leggere e che lo aveva rimproverato più volte di quanto fosse opportuno. Rey avvertì una scossa di qualcosa simile alla paura, e si sentì piccola come una formica sotto quello sguardo predatore.

  «La presenteremo come Rey Kenobi, nipote di terzo grado del caro prozio Ben.»

  Lo sguardo di Lord Solo le corse lungo tutto il corpo. Inconsciamente, lei fece un passo verso Rose per trovare riparo. Quel movimento sembrò riscuotere l’uomo, che riportò l’attenzione sulla madre.

  «Non funzionerà mai.» commentò Ben, brutalmente onesto. Leia gli schiaffeggiò un braccio.

  «Non abbiamo bisogno del tuo pessimismo.»

  «Se davvero vuoi portare avanti questa sceneggiata, la ragazza deve essere istruita.»

  La ragazza. Il distacco con cui lo disse la fece sentire in imbarazzo, con un senso di vergogna che le strisciava addosso.

  «E immagino che l’unico che reputi in grado di farlo sia… tu.» replicò Lady Leia.

  «Sì, a dire il vero.» disse lui. «Conosco le regole, conosco gli ospiti. Potremmo guadagnare tempo mentre tu sei in salone ad intrattenere gli invitati. Ma se non vuoi il mio aiuto…»

  «Oh, non fare il prezioso, Benjamin, quello è compito di tuo padre.»

  «A proposito. Lord Solo non ci degna della sua presenza, stasera?»

  «Dovrebbe arrivare a breve.» rispose Leia, tornando ad osservare Mrs. Holdo che aggiustava i capelli di Rey. «E non usare quel tono quando parli di tuo padre.» aggiunse.

  «E questa è la mia battuta d’uscita.» replicò Ben, voltando le spalle alla stanza.

  «Ti farò chiamare quando Rey sarà vestita.» gli gridò dietro la madre.

  Ben non rispose. Rey era arrossita.

  
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