Anime & Manga > Detective Conan
Ricorda la storia  |      
Autore: FalbaLove    28/04/2020    1 recensioni
-Cosa c’era tra Haibara e Gin?- quella domanda spiazzò l’agente che confuso fissò il volto del ragazzino. Lui però continuò a mantenere lo sguardo su Ai.
-Cosa intendi?- Conan, all’udire quelle parole, si lasciò sfuggire una smorfia amara.
-Ha percepito la presenza di Haibara solo da un suo capello e dal suo profumo e in più conosceva perfettamente ogni sua futura azione- Akai deglutì a fatica di fronte a quella frase.
-Non è così difficile, Detective- sibilò non celando una nota malinconica nel suo tono di voce.
-Non ti credo- ribatté però lui stringendo tra le dita le lenzuola. Akai si morse un labbro.
-Non mi credi o non vuoi credermi?- disse osservando il volto del bambino dipingersi di una strana emozione non facilmente identificabile.
-Ora devo andare- Conan, a quelle parole, annuì ancora assorto dai suoi pensieri. Dolcemente scostò i capelli ramati dal viso della scienziata che sembrava decisamente più rilassato. Akai non riuscì a non reprimere un piccolo sorriso osservando quei due.
-Conan?- il ragazzo, a malavoglia, staccò lo sguardo della ramata incrociando quello dell’agente.
-Non dovrà mai sapere chi sono- disse estremamente serio arricciando il naso.
-Mai-
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Akemi Miyano, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai, Subaru Okiya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Un rumoroso rantolio accompagnò un forte colpo di tosse: un capo, contornato da capelli ramati, fuoriuscì dalle candite lenzuola accompagnato da un viso pallido e sudato. Ai deglutì a fatica mentre la testa le doleva sempre  di più.
Quella mattina purtroppo si era svegliata con un tremendo mal di testa e la tosse e la febbre non avevano tardato ad arrivare. Inspirò con la bocca costatando quanto fosse sudata, ma allo stesso tempo carica di brividi: i suoi occhi grigi e stanchi vagarono per la sua stanza mentre sentiva sempre di più le forze abbandonare le sue provate membra. Il dottor Agasa, dopo aver constatato in che situazione si trovasse la piccola scienziata, era uscito in fretta e furia per comprare in farmacia qualche medicina che avrebbe potuto regalarle ristoro. Purtroppo, nonostante fosse già passata più di mezz’ora, l’uomo non era ancora tornata e la ragazzina non era riuscita a chiudere occhio: aveva male dappertutto e si sentiva bollente. Mugugnò facendo fuoriuscire la sua pallida e tremante mano da sotto il piumone cercando, invano, di afferrare il termometro riposto sul comodino. Sbuffò sonoramente quando capì che non aveva neanche più le forze per fare un gesto così semplice. Rimase in silenzio per alcuni secondi fissando il soffitto bianco: avrebbe voluto chiamare il Dottore per sapere a che punto fosse, ma si era subito ricordata che la sera precedente aveva lasciato il cellulare in cucina.
-Uffa- sbuffò seccata girandosi su un fianco e lasciando che le lenzuola le coprissero metà viso. Nonostante la grande coperta che si era fatta sistemare sul piumone, i brividi continuano incessantemente a flagellare il suo corpo e Ai era certa che la febbre si fosse alzata. Scosse la testa con decisione: dopotutto la cosa più saggia in quel momento sarebbe stata quella di provare ad addormentarsi. Senza esitazione sbadigliò sonoramente chiudendo i suoi occhi stanchi: il sangue iniziò a pulsare alle tempie talmente forte che le sembrò di avere al posto del cervello un martello pneumatico. Si lasciò sfuggire una smorfia di sofferenza mentre la vista iniziò a farsi sempre  più offuscata causa la stanchezza. Ad un certo punto la sua attenzione venne catturata da una porta che si chiuse con violenza: sorrise debolmente pensando che finalmente il professore era tornato. Mano a mano i passi si fecero sempre più vicini, ma un strana sensazione attanagliò il cuore della scienziata, la stessa sensazione che offuscava tutti i suoi sogni: con forza iniziò a stringere tra le mani i candidi lenzuoli mentre goccioline di sudore scivolarono giù veloci dalle sue tempie. Deglutì a fatica percependo che oramai lo sconosciuto era dall’altra parte della porta, ma Ai oramai ne era certa: insieme a lei in quella casa vi era qualcuno dell’Organizzazione. Provò a parlare, ma aveva la gola in fiamme. La porta si aprì con cautela mentre grossi brividi di paura percorsero veloci la schiena della ragazzina: Ai si intrufolò completamente tra le coperte mentre la testa iniziò a girarle senza preavviso.
No, non poteva finire così.
A nulla però valsero queste sue considerazioni visto che anche le ultime forze abbandonarono le sue stanche membra e prima che la ragazza svenisse uno strano volto sbiadito e offuscato le si presentò davanti agli occhi grigi. Moribonda allungò la mano verso lo sconosciuto stringendola con forza.
-Dai Moroboshi?- sibilò prima di essere accolta tra le braccia di Morfeo.
 
 
-Allora come stai?- quella domanda così usuale non scompose affatto la ragazza dai capelli ramati che si portò la tazza fumante in prossimità della bocca. Lentamente assaporò la calda bevanda socchiudendo gli occhi mentre il brusio di quel bar si fece sempre più lontano.
-Va tutto bene- le sussurrò cercando di mantenere un tono il più neutrale possibile: la sua interlocutrice si lasciò sfuggire una smorfia indecisa prima di soffermare il suo sguardo attento sul volto della ragazza dai capelli ramati. Osservò con attenzione le profonde occhiaie violacee che creavano un orrendo contrasto con la sua pelle candida.
-Shiho sei sicura?- le domandò dolcemente accarezzando la pallida mano della sorella. La scienziata annuì debolmente cercando di risultare il più convincente possibile. La verità era che aveva passato una ennesima notte in bianco a lavorare in laboratorio e ora si sentiva estremamente stanca, ma non aveva alcuna intenzione di farlo capire a sua sorella Akemi: lei si preoccupava sempre troppo per la sua salute.
-Sto bene, davvero- ribatté stringendo con delicatezza la mano della mora e abbozzando un tenero sorriso che sembrò bastare alla sua interlocutrice. Vittoriosa osservò il solito e dolce riso comparire nuovamente sul volto di Akemi.
-Tu invece?- mormorò alzando un sopracciglio e sistemandosi il colletto del suo camice. Akemi si morse nervosamente le unghie lasciandosi sfuggire una espressione tenera e carica di felicità.
-Anche io tutto bene- sospirò mantenendo lo sguardo basso, ma a Shiho questo non bastò.
-Immagino che tutta questa gioia derivi da un certo Dai Moroboshi- sibilò sorniona e all’udire quel nome la sorella iniziò a tossire imbarazzata.
-Chi?- bisbigliò cercando di non far combaciare i loro sguardi: Shiho iniziò a tambureggiare divertita sul tavolo che le separava.
-Preferisci che lo chiami con il suo nome in codice Rye?-
-Shiho!- la ammonì la sorella incrociando le braccia al petto. La ragazza dai capelli ramati si lasciò sfuggire una risata divertita e carica di ironia cosa che però non sembrò scaldare la sua interlocutrice.
-Stai tranquilla Akemi, nessuno ci sta ascoltando e poi la vostra frequentazione è uno degli argomenti più in voga tra i laboratori-
-Davvero?- sospirò la ragazza dipingendosi di un rosso vermiglio cosa che scatenò ancora ulteriormente l’ilarità della giovane.
-No, tranquilla volevo solo prenderti in giro- disse Shiho afferrando un biscottò e non badando minimamente alla espressione arrabbiata di sua sorella. Diede un altro sorso alla bevanda constatando che non fosse più bollente.
-Comunque sono contenta per te, davvero- Akemi la fissò interdetta intuendo perfettamente che la ramata stava scegliendo accuratamente le parole nella sua testa.
-E solo che speravo non fosse uno del giro- continuò lasciandosi sfuggire una espressione amara. Akemi si portò una ciocca di capelli mori dietro all’orecchio mentre la sua dolce espressione riacquistò forza sul suo viso.
-Dai è diverso da loro- disse con una estrema decisione che stupì anche la sorella.
-Lui è speciale- continuò mentre i suoi occhi si illuminarono. Shiho la osservò con attenzione: non aveva mai visto sua sorella così. Si morse debolmente un labbro pensierosa: che si fosse realmente innamorata?
-Questo lascia che lo decida io- la interruppe la scienziata divertita e lasciandosi sfuggire una smorfia fanciullesca.
-Ora sono ancora più curiosa di conoscere questo fantomatico fidanzato- la schernì regalandole un veloce occhiolino che fece ridacchiare Akemi.
-Tu invece? Hai forse incontrato qualcuno di speciale?- mormorò senza preavviso sorseggiando il tè alla pesca ghiacciato. All’udire quelle parole Shiho spalancò sorpresa i suoi grandi occhi grigi perdendo per un secondo la calma che la contraddistingueva.
-Io? Akemi lo sai che a me questo cose non interessano- borbottò lasciando vagare le sue mani in aria: Akemi rise divertita capendo perfettamente quanto sua sorella fosse in difficoltà.
-E comunque non ho tempo per un ragazzo io-
-Perché passi tutte le giornate in laboratorio, vero?- la precedette la mora incrociando lo sguardo della sorella. Shiho sospirò appena mordendosi un labbro.
-Lo sai che non puoi rimanere sempre in quel laboratorio, Shiho. Hai anche bisogno di dormire e …-
-Svagarmi?- la interruppe leggermente seccata la ramata alzando un sopracciglio. La mora la ammonì con uno sguardo di fronte a quel tono che sapeva che non avrebbe portato da nessuna parte.
-Akemi la mia intera vita è il laboratorio! Io non sono una ragazza normale e mai lo sarò- mormorò mentre un velo di tristezza attanagliò il suo sguardo. Akemi all’udire quelle parole si rabbuiò all’istante intrecciando le dita della sorella con le sue.
-Ti prometto che le cose cambieranno- sussurrò sorridendole dolcemente e beandosi di quel contatto. Shiho abbozzò una smorfia prima di ritornare a sorseggiare la sua bevanda.
-E poi anche volendo non posso abbandonare il mio posto di lavoro. Gin mi sorveglia tutti i giorni e nell’ultimo periodo mi riporta anche a casa- sospirò lasciando che il suo sguardo vagasse per tutto il locale. Un’espressione di terrore e paura si impadronì del dolce volto di Akemi all’udire quel nome.
-Gin?- bisbigliò con un sussulto cosa che però non venne notata da sua sorella.
-Sì, stranamente ha preso il posto di Scotch come mio sorvegliante. È un vero peccato visto era l’unico simpatico lì dentro- le mani di Akemi iniziarono involontariamente a tremare mentre un volto spigoloso e contornato da lunghi capelli biondi balenò nella sua mente. Tutti all’interno dell’Organizzazione conoscevano perfettamente chi fosse, anche un pesce piccolo come lo era Akemi: quell’uomo era spietato, un assassino privo di scrupoli e saperlo così vicino alla sua amata sorella la faceva tremare di paura.
-Ora devo andare- mormorò ad un tratto Shiho che non pareva essersi accorta del cambio di umore della sua interlocutrice. In silenzio aprì la sua borsa iniziando a cercare qualcosa: qualche secondo dopo estrasse una banconota posandola sul tavolo davanti a lei.
-Oggi offro io- sussurrò lasciandosi sfuggire un sorriso divertito e passandosi una mano tra i ramati capelli.
-La prossima volta voglio assolutamente conoscere questo famoso Dai- continuò schioccando un tenero bacio sulla rosea guancia della sorella. Akemi  deglutì a fatica osservando la sorella dirigersi verso l’uscita del locale: le sue mani iniziarono a giocherellare nervosamente con una ciocca di capelli mentre brividi di paura scossero il suo corpo. Ammutolita osservò la scienziata salire su una Porsche 365A.

 
 
Un rantolio acuto spezzò il calmo silenzio di quel pomeriggio di fine primavera: Ai si portò istintivamente una mano alla tempia digrignando dal dolore. L’altra però era stretta a qualcosa di caldo che all’inizio la scienziata non riuscì ad identificare. A fatica riaprì gli occhi mentre una forte luce le offuscò la vista.
-Finalmente ti sei svegliata- quella voce cupa, ma allo stesso tempo conosciuta costrinse la ragazzina a mettere a fuoco più velocemente la figura affianco a lei. Un brivido di terrore percorse la sua schiena mentre una montatura antiquata le saltò subito all’occhio. La figura del giovane si confuse nella sua mente con quella del ragazzo che aveva creduto di aver sognato.
-Subaru Okiya?- sibilò sbattendo le palpebre velocemente: lo studente, seduto su una sedia affianco a letto, sorrise di sfuggita prima di ritornare a riservare la sua più completa attenzione al libro che stava leggendo.
-Cosa si fai qui?- disse, ma la stanchezza e la debolezza erano talmente tanto forti che le uscì solo un sussurro.
-Il Dottore Agasa mi aveva avvertito che avessi la febbre e visto in farmacia vi era una lunga coda mi ha gentilmente chiesto di venire a controllare come ti sentissi- disse con tono neutrale continuando a leggere. Ai lo fissò per qualche istante confusa: quel ragazzo non le piaceva e una strana sensazione accompagnava sempre la sua figura e in più era sempre in mezzo ai piedi. Istintivamente scosse la testa con forza mentre due occhi verdi non accennavano ad abbandonare la sua mente. La figura di Dai Moroboshi era stata solo un sogno?
Improvvisamente si accorse che la sua mano destra era saldamente aggrappata a quella del suo interlocutore: come un automa la allontanò rintanandola sotto le calde coperte. Lo studente, per tutta risposta, si lasciò sfuggire un breve sorriso.
-Ora sto benissimo, puoi anche andare- mormorò stizzita girandosi sull’altro fianco e riservando la schiena all’ingegnere. Lui la fissò per qualche secondo con aria divertita sapendo perfettamente che gli aveva mentito. Ai si rintanò ulteriormente tra le candide lenzuola oramai bagnate di sudore cercando di tenere a bada i brividi di freddo. Senza proferire parola il ragazzo si allungò ad afferrare qualcosa.
-Provati la febbre- disse serio ponendole il termometro davanti agli occhi. Ai sbuffò sonoramente, ma continuò a nascondere la testa sul guanciale.
-Se vuoi che io me ne vada ti conviene provarla- continuò lui con un evidente tono di sfida cosa che irritò la scienziata. Sbuffando sonoramente seguì le indicazione del suo interlocutore mentre quello si lasciò andare ad una risata divertita. Una smorfia di fastidio si dipinse sul suo volto pallido e sudato: nonostante le parole di Conan la scienziata faceva ancora fatica a fidarsi di lui ed era certa che nascondesse qualcosa. Per questo era meglio assecondarlo così se ne sarebbe andato il prima possibile. Socchiuse gli occhi e al ragazzo non passò inosservata la sofferenza che il suo viso emanava.
-Hai quasi 40 di febbre- disse serio fissando il termometro. Ai increspò le labbra non aspettandosi di avere una temperatura così alta.
-Ora puoi andare- mormorò con voce tremante affondando il capo sul bianco cuscino.  Nonostante le calde e spesse coperte continuava incessantemente a tremare dal freddo: si portò una mano sulla guancia bollente costatando che fosse gelata.
-Hai freddo?- domandò Subaru sistemandosi gli occhiali sul naso e fissandola attentamente. La scienziata non rispose, ma scosse la testa debolmente. Lui a quella sua evidente bugia sospirò sonoramente alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso il grosso armadio della camera di Ai. Senza proferire parola lo aprì.
-Cosa sono tutte queste cartelle?- domandò alzando un sopracciglio interrogativo: i suoi occhi aperti come fessure osservarono curiosi le cartelle di tutte le dimensioni che la ramata aveva nascosto all’interno dei cassetti. Una grossa goccia di sudore scivolò lungo la tempia di Ai: se quell’uomo ne avesse aperta anche solo una si sarebbe trovato davanti alle documentazione sul suo farmaco. Si morse nervosamente il labbro mentre la sua mente lavorava in fretta.
-Ho freddo- bofonchiò cercando di nascondere la preoccupazione nel suo tono di voce. Il ragazzo si girò interrogativo verso la scienziata accaldata e sudata.
-Potresti prendere la coperta su quella sedia?- sospirò indicando con le poche forze che ancora aveva in corpo una coperta di pile che si trovava in un angolo della stanza. Subaru strizzò gli occhi compiaciuto.
-Allora avevo ragione- disse estremamente divertito richiudendo le ante dietro di sé. Ai si lasciò andare a un sospiro di sollievo mentre il suo interlocutore seguì la sua richiesta.
-Va meglio così?- le domandò. Lei annuì silenziosa affossando il volto sul cuscino pregno di sudore. Si sentiva scottare eppure la sua malattia era passata in secondo piano rispetto alla paura che quell’uomo scoprisse qualcosa.
-Potresti andartene? Vorrei riposare- biascicò stremata alzando i suoi occhi verso la sua direzione. Lui alzò un sopracciglio sistemandosi nuovamente sulla sedia vicino al suo capezzale.
-Non posso lasciarti in queste condizioni e poi il professore Agasa dovrebbe arrivare a momenti- commentò scrutando il grosso orologio che aveva al suo posto.
Ai deglutì a fatica: era in trappola. Qualsiasi azione le era completamente impossibile visto che si sentiva estremamente debole.
-Tranquilla ti proteggerò io, principessa- sibilò Subaru continuando a leggere un libro che sembrava un giallo. Improvvisamente i suoi occhi si fecero sempre più pesanti e alla ragazzina non restò che fare un ultimo ed estremo gesto: con tutta la forza che possedeva in corpo ricercò nuovamente la mano del ragazzo stringendola tra la sua. L’ultima immagine che i suoi occhi grigi videro fu un sorriso divertito dello studente.
 
 
Akai rinchiuse con forza la porta del suo appartamento dietro di sé: lavorare per l’Organizzazione si stava rivelando molto più difficile di quanto pensasse, soprattutto psicologicamente. Si passò con stizza una mano tra i lunghi e spettinati capelli corvini facendo cadere il suo capello di lana sul piccolo divano. La verità era che ci stava mettendo più tempo del previsto a raggiungere le vette più alte e questo lo dilaniava. Come un automa ricercò sotto lo scaffale una bottiglia di vetro che afferrò insieme a un bicchiere. Sbuffando sonoramente si lasciò andare sul divano lasciando che le sue membra finalmente si rilassassero: un amaro sorriso si dipinse sul suo volto sorseggiando un primo goccio di whisky. Stanco e pensoso permise che la sua testa ricadesse su un pomposo e soffice cuscino mentre i suoi capelli corvini si sparsero tutt’intorno. Fissò istintivamente il piccolo orologio sulla parete: Akemi non sarebbe tornata per cena visto che l’aveva avvisato che sarebbe andata a riprendere sua sorella. Negli ultimi giorni la sua ragazza gli era sembrata estremamente strana e preoccupata e il giovane agente dell’FBI sapeva perfettamente che c’entrava la ragazza ramata che così tante volte era stata descritta dalla sua carnosa bocca. Akemi non aveva più nessuno se non quella strana scienziata che lui non aveva ancora avuto l’onore di conoscere: sapeva solamente che era abbastanza importante all’interno dell’Organizzazione e che il suo nome in codice era Sherry. Sorriso divertito pensando a quanto fossero ridicoli i soprannomi all’interno di quei pazzi: Rye, il nome che gli era stato affidato, lo disgustava come tutta la gente che ne faceva parte. Si morse il labbro con decisione sapendo perfettamente quanto fosse non vera questa sua ultima affermazione. Akemi non era come loro, Akemi era diversa: quando si era dovuto infiltrare nell’Organizzazione il suo capo James Black l’aveva spinto verso quel piccolo pesce in modo tale da ricavare informazioni per l’FBI. Purtroppo però non tutto era andato secondo i piani e uno strano e improvviso sentimento stava sempre più crescendo nei confronti di quella dolce e allegra ragazza.
Scosse immediatamente la testa con decisione
No, lui aveva una missione, doveva ricordarselo.
Velocemente si allungò ad accendere una sigaretta che appena mise a contatto con le labbra lo fece sentire meglio. Inspirò ed espirò per alcuni secondi cercando di svuotare la mente troppo piena di pensieri. La sua copertura era la cosa più importante, soprattutto ora che quello strano individuo di nome Gin aveva mostrato i primi dubbi sulla sua lealtà. Appena quel nome disturbò i suoi pensieri Akai digrignò i denti: tra tutti i membri che aveva conosciuto sicuramente quell’uomo dai lunghi capelli biondi era quello che odiava di più. Era spietato, crudele e gli dava il voltastomaco.
Ad un certo punto i suoi ragionamenti furono brutalmente strappati via dalla sua mente quando la porta dell’abitazione si aprì di botto. Akai lasciò cadere a terra la sigaretta accesa mentre un viso sconvolto dalle lacrime venne riflesso nei suoi verdi occhi.
-Akemi- mormorò osservando la donna che era immobile sulla soglia del loro appartamento. Si alzò di scatto, ma la ragazza gli si fiondò tra le braccia. Ancora confuso Akai deglutì a fatica mentre Akemi si liberò in un pianto straziante tra le sue braccia. Un terribile dubbio attanagliò la sua mente mentre sentì chiaramente la terra disintegrarsi sotto ai suoi piedi: che avesse capito la sua vera identità?
-Akemi cosa è successo?- domandò accarezzando dolcemente i morbidi capelli della fidanzata. Non l’aveva mai vista così sconvolta.
-Shiho- sibilò lei tra le lacrime bagnando sempre di più la camicia del ragazzo, che all’udire quel nome, rilassò involontariamente i suoi muscoli. Per fortuna la sua identità era ancora salva.
Dolcemente le regalò un bacio sulla nuca prima di sollevarle il viso: i suoi occhi verdi incontrarono il volto della sua fidanzata completamente stravolto dal dolore e della sofferenza.
-Cosa è successo?- domandò cercando risposte nel suo sguardo. La ragazza abbassò il viso distrutta.
-L’ho vista baciarsi con Gin- sospirò portandosi le mani alle tempie e scuotendo la testa con decisione. Il ragazzo sgranò gli occhi sostenendo il corpo stanco della fidanzata.
-Erano in laboratorio e non si sono accorti di me. Dai, io ho paura per lei- sibilò non riuscendo a reprimere le lacrime. Un terribile brivido attraversò la schiena dell’agente dell’FBI.
-Gin è un killer spietato e senza scrupoli e non oso neanche pensare cosa potrebbe farle- biasciò stringendo con forza i pugni. Solo in quel momento Akai si rese conto che la ragazza stava tremando
-Devo farla uscire da lì- disse seria riacquistando una certa decisione. Akai rimase impietrito a guardarla.
-Non gli permetterò di mettere le mani su di lei!- continuò allontanando i capelli castani dal suo volto.
-Akemi è troppo pericoloso- la ammonì lui scuotendola, ma lei si allontanò decisa.
-Tu non capisci, lei è tutto per me- quelle parole pronunciate con così tanta sicurezza e forza sorpresero il ragazzo. Gli occhi della giovane brillarono prima di rivolgergli un dolce sorriso. Si riavvicinò a lui accarezzando teneramente la guancia del suo fidanzato.
-Lei si merita un vita migliore e io farò tutto quello che è in mio potere per garantirgliela- Akai socchiuse leggermente gli occhi beandosi di quel gesto così carico di amore.
-Promettimi che, se mi succedesse qualcosa, tu la proteggerai- continuò ricercando gli occhi verdi di Akai. Lui corrucciò la fronte scuotendo la testa.
-Se ti succedesse cosa?- domandò, ma lei lo azzittì posandogli un dito sulle labbra.
-Promettimelo- continuò con sempre più decisione.
-Promettimi che proteggerai Shiho-

 
 
-Finalmente sei arrivato- una voce leggermente assonnata venne rivolta al piccolo ragazzino che proprio in quel momento aveva fatto ingresso nella stanza della scienziata. Conan alzò un sopracciglio con fare interrogativo.
-Ho fatto il prima possibile- sentenziò non rivolgendo neanche un’occhiata al suo interlocutore, ma regalando la sua più completa attenzione al piccolo corpicino avvolto tra le coperte. Facendo attenzione a non fare rumore osservò la scienziata che finalmente pareva essersi addormentata: il suo volto era contrito in una smorfia di sofferenza mentre le sue tempie era bagnate dal sudore.
-Come sta?- domandò rimboccando le coperte all’amica. Subaru sorrise di fronte a quel gesto.
-La febbre le è salita, ma finalmente si è addormentata- sibilò mentre il suo volto venne riflesso negli occhiali del giovane. Conan però mantenne lo sguardo fisso e interrogativo su un punto preciso del letto: la sua amica stava stringendo con forza la mano dello studente. Subaru parve accorgersi dell’attenzione del bambino e dolcemente lasciò la presa. Conan alzò un sopracciglio con fare interrogativo aspettandosi una risposta e non nascondendo una strana espressione sul suo viso fanciullesco.
-Ora è meglio che vada, dopotutto ci sei tu- disse però quello ignorando completamente il bambino. Rivolse un’ultima e fugace occhiata alla scienziata prima di dirigersi verso la porta.
-Akai- il suo nome pronunciato con così tanta decisione lo fece però fermare. Conan si portò una mano sotto al mento con una strana espressione pensierosa. Rimasero così per alcuni secondi prima che il bambino si decidesse a parlare.
-Devo chiederti una cosa- mormorò serio sedendosi dove fino a pochi secondi prima vi era stato l’agente dell’FBI. Subaru si liberò degli occhiali lasciando finalmente che i suoi occhi verdi si liberassero di quel fastidioso impedimento.
-Su cosa?- domandò con fare interrogativo appoggiandosi allo stipite della porta.
-Si tratta di Gin- rispose serio il piccolo detective e quel nome spiazzò il ragazzo. Akai serrò le labbra lasciandosi sfuggire una espressione di rabbia sul volto ricoperto dal cerone. Immediatamente un volto dolce e allegro si balenò nella sua testa, ma il giovane sapientemente lo allontanò prima che il cuore potesse risentirne. Conan si allungò e strizzò una piccola pezza nell’acqua fresca e successivamente la adagiò sulla fronte bollente dell’amica: la scienziata immediatamente rilassò il viso grazie a quel fresco contatto.
-Cosa c’era tra Haibara e Gin?- quella domanda spiazzò l’agente che confuso fissò il volto del ragazzino. Lui però continuò a mantenere lo sguardo su Ai.
-Cosa intendi?- Conan all’udire quelle parole si lasciò sfuggire una smorfia amara.
-Ha percepito la presenza di Haibara solo da un suo capello e dal suo profumo  e in più conosceva perfettamente ogni sua futura azione- Akai deglutì a fatica di fronte a quella frase.
-Non è così difficile Detective- sibilò non celando una nota malinconica nel suo tono di voce.
-Non ti credo- ribatté però lui stringendo tra le dita le lenzuola. Akai si morse un labbro.
-Non mi credi o non vuoi credermi?- disse osservando il volto del bambino dipingersi di una strana emozione non facilmente identificabile.
-Ora devo andare- Conan, a quelle parole, annuì ancora assorto dai suoi pensieri. Lentamente Akai si diresse nuovamente verso l’ammalata lasciando che il suo sguardo percepisse tutto il dolore che quella figura stava provando: poi scostò dolcemente  i capelli ramati dal viso della scienziata che sembrò immediatamente molto  più rilassato. Akai non riuscì a non reprimere un piccolo sorriso regalandole un tenero e casto bacio sulla fronte accaldata. Il piccolo detective osservò quella scena sentendosi spettatore di uno spettacolo così intimo e pieno di affetto. Si sistemò gli occhiali sul naso mentre le parole dell’agente dell’FBI rimbombarono all’interno della sua mente: come lui anche Akai aveva promesso di tenerla al sicuro.
-Conan?- il ragazzo, a malavoglia, staccò lo sguardo della ramata incrociando quello dell’agente.
-Non dovrà mai sapere chi sono- disse estremamente serio arricciando il naso.
-Mai-
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Detective Conan / Vai alla pagina dell'autore: FalbaLove