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Autore: FalbaLove    29/04/2020    1 recensioni
“Vedo che neanche questa notte hai dormito” all’udire quella frase Ai corrucciò la fronte: avrebbe potuto benissimo chiederle se avesse riposato abbastanza o se si fosse alzata presto eppure aveva parlato con una anormale sicurezza, come se conoscesse benissimo la verità.
“Mi hai spiato?” sibilò. Lui non rispose subito, ma lasciò che le velenose parole della scienziata fossero portate via dal vento.
“No, semplicemente ho notato la luce accesa” un amaro sorriso si dipinse sul suo volto. Mentiva, lo sapeva benissimo: nonostante le grandi tende in casa Kudo la ragazzina l’aveva beccato a spiarla più volte al giorno. Un brivido attanagliò la sua schiena riscuotendola dal torpore.
“È meglio se rientriamo” la precedette lui. Lei si limitò ad indugiare il suo sguardo su di lui come lui aveva fatto così tante volte.
“Ok” rispose glaciale seguendo il suo consiglio. Sulla soglia però si bloccò all’istante.
“Subaru?” all’udire il suo nome venir pronunciato da lei la compostezza venne a meno nello studente. Lei lo notò, ma cercò di non darci troppa importanza.
“Odio le persone che mentono” concluse riprendendo la sua camminata.
Un amaro sorriso si dipinse sul volto coperto di cerone dell’uomo.
Sì, lo sapeva bene
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Detective Boys, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai, Subaru Okiya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ai si lasciò sfuggire un sonoro sbadiglio stropicciando nervosamente gli occhi: storse le labbra in una smorfia osservando che la scrivania davanti a lei era nel più completo disordine.
Ai Haibara inspirò sonoramente: odiava il disordine e rendersi conto che ne era circondata le faceva prudere le mani.  Si sistemò diligentemente i capelli ramati in una coda constatando però che era troppo stanca per fare qualsiasi cosa che comprendesse alzarsi dalla sedia. Aveva lavorato per tutta la notte al computer alla ricerca di un antidoto per ATPX e ora i primi segni della stanchezza iniziavano a farsi sentire. Fuori era una giornata soleggiata e solo in quell’istante la bambina parve accorgersene. Aveva perso la cognizione del tempo, non era un buon segno. I suoi occhi però notarono nella casa di fronte un figura scomparire da dietro la tenda mentre un brivido percorse velocemente la sua schiena.  Socchiuse le palpebre con aria preoccupata  e irrigidendo le spalle. La presenza di quello sconosciuto, quel tale Subaru Okiya, l’aveva resa in quegli ultimi giorni particolarmente inquieta, tesa al punto che un semplice trillo del campanello la fece trasalire.
Udì chiaramente i passi pesanti del professore dirigersi verso la porta e urla infantili e allegre presero il pieno possesso di quella grande casa. Ai sorrise leggermente mentre le voci dei membri della squadra dei Giovani Detective spazzarono via quella nota malinconica che si stava sempre più facendo spazio all’interno del suo cuore.
“Haibara” alla ragazza non risultò difficile capire chi la stesse chiamando da dietro la porta della sua stanza.
“Ho da fare” ribatté scocciata afferrando tra le dita affusolate nuovamente la sua penna. La iniziò a tambureggiare con insistenza sul legno della scrivania mentre percepiva chiaramente che la presenza del piccolo detective non si era mossa neanche di un passo.
“Il dottore Agasa mi ha riferito che sei rimasta sveglia per tutta la notte” la ramata maledì mentalmente il suo vecchio tutore. Increspò le labbra in una smorfia.
“Dovevo lavorare” tagliò corto sperando che quell’impiccione finalmente si decidesse a raggiungere gli altri. Conan però non demorse, ma senza preavviso aprì la porta lasciando che la luce sgusciasse nella stanza della piccola scienziata.
“Ho un regalo per te” disse incrociando le braccia dietro la nuca e raggiungendo da dietro la sua interlocutrice: Ai non si scompose continuando a scrivere qualcosa di indecifrabile sul piccolo taccuino.
“Tieni” bofonchiò il piccolo allungandole un capello. Lo sguardo glaciale e scettico della Haibara si mosse veloce sulla sua figura.
“Un capello?” mormorò con scetticismo. Questo suo tono, però, non scalfì affatto l’espressione sorniona di Conan.
“In realtà si tratta di un berretto in edizione limitata dei Big Osaka. So quanto ci tenevi ad andare alla partita che disputeranno oggi contro i Tokyo Spirits”
Immediatamente la ragazzina assunse una faccia corrucciata mentre il suo sguardo si posò sul piccolo calendario appeso alla parete. Sospirò constatando che si era completamente dimenticata del match che si sarebbe svolto a minuti. Improvvisamente il motivo per cui i suoi amici si trovavano lì le apparve più che chiaro.
“Grazie” rispose cercando di mantenere il tono più neutrale possibile. Lui la fissò per qualche istante divertito prima di adagiare il dono sul capo contornato da capelli ramati dell’amica.
“Dai andiamo, la partita sta quasi per iniziare”
 
I tre Detective Boys fissarono estasiati l’entrata dei giocatori in campo dallo schermo della televisione: un piccolo angolo delle labbra della ramata si mosse osservando che anche Conan, nonostante si mostrasse estremamente tranquillo, stava fremendo dall’entusiasmo. Scosse la testa con decisione appoggiando il capo, stanco e pesante, su uno dei braccioli. Le parole dello speaker della partita accompagnarono il fischio d’inizio mentre il boato allegro proveniente dallo stadio si fece sempre più lontano.
Era stanca, tremendamente stanca e stava facendo sempre più fatica a mantenere gli occhi aperti. Si maledì per aver passato una ennesimo notte in bianco che, ovviamente, non aveva portato ad alcun risultato concreto.
“Vado io” il commento improvviso costrinse la ragazzina ad aprire gli occhi: si guardò intorno leggermente preoccupata rendendosi conto che si fosse addormentata.
“Buongiorno” la riprese Conan. Lei di soppiatto lo fissò notando che si era seduto accanto a lei sul divano. Si massaggiò con calma le tempie constatando che le squadre si stavano ritirando negli spogliatoi con il risultato di 1-1. Sospirò maledicendosi per aver perso metà della partita.
“Ciao ragazzi” una voce roca e raffreddata generò un inaspettato brivido che percorse, veloce e silente, la schiena della ramata. I passi si fecero sempre più vicini al divano mentre Ai d’istinto ricercò il braccio del suo amico.
“Subaru!” urlò contenta la piccola Ayumi alzandosi da terra e correndogli incontro. L’uomo le sorrise dolcemente posando una pentola bollente sul tavolo. Agasa sorrise divertito di fronte a quella scena andandosi ad accomodare nuovamente sulla poltroncina poco distante da loro. La presa di Ai si fece sempre più forte mentre osservò, con una espressione amara sul viso, l’uomo chinarsi e arruffare i corti capelli castani della bambina.
“Come mai sei qui?” domandò curioso Genta senza lasciare che il suo sguardo lasciasse lo schermo della televisione. Lo studente si rialzò senza perdere il suo atteggiamento gentile e pacato.
“Avevo preparato dello stufato in abbondanza e quindi ve l’ho portato” replicò alzando le spalle e lasciando che la luce solare si rispecchiasse nelle sue lenti. Ai serrò le labbra mentre Conan non parve essersi minimamente accorto della tensione che quel vicino causava alla sua amica.
“Oh sei stato molto gentile Subaru. Che ne dici di fermarmi a pranzo da noi?” propose il dottore Agasa socchiudendo gli occhi.
“Ma io veramente …” sussurrò Subaru con aria pensosa: le mani di Ai smisero immediatamente di tremare mentre un certo sollievo si manifestò di fronte a quella risposta dubbiosa.
“Dai Subaru, ci farebbe molto piacere” ribatté Ayumi battendo le mani. Un dolce e tenero sorriso si dipinse sul volto del giovane di fronte a quel gesto.
“Allora se non è un problema accetto l’invito a meno che Ai non abbia niente in contrario” all’udire il suo nome venir pronunciato da lui la ragazza si sentì quasi mancare. Deglutì a fatica sentendo chiaramente il terrore scorrerle nelle vene. Questo atteggiamento sembrò divertire Subaru che la fissò con occhi socchiusi.
“Non farci troppo caso, Haibara è sempre una musona” le parole di Conan interruppero quel momento di tensione generando una fragorosa risata in Subaru mentre una indecifrabile espressione si dipinse sul volto della scienziata. Conan, dopo aver sostenuto per qualche secondo il suo sguardo di sfida, si lasciò andare anche a lui a quel momento ilare.
“Dai non fare quella faccia” la punzecchiò  non curante dell’occhiata rancorosa di Ai. Poi, senza alcun preavviso, si alzò dirigendosi verso la televisione dove stava probabilmente iniziando il secondo tempo.
“Posso principessa?”
Ai immediatamente abbassò lo sguardo verso il pavimento mentre il giovane, senza aspettare alcun tipo di risposta, si accomodò al posto di Conan. La scienziata si morse debolmente il labbro percependo chiaramente il forte profumo di muschio che quello sconosciuto sembrava emanare. L’odore sicuramente si discostava molto da quello caratteristico dell’Organizzazione, ma qualcosa dentro di lei la bloccava dal rapportarsi con lui. L’uomo si portò una mano tra i capelli senza lasciare che il suo sguardo abbandonasse la piccola figura accanto a lui.
“Oh, non fare quella faccia, mica voglio mangiarti” sussurrò costringendola ad alzare il volto e a guardarlo confusa: Subaru sembrò rallegrarsi di fronte a quella espressione dubbiosa e carica di domande che la bambina gli stava regalando. Poi, silenziosamente, le fece un occhiolino.
“Smettila di fissarmi” ringhiò lei liberandosi da qualsiasi dubbio e corrucciando la fronte. I suoi occhi, di un grigio puro e limpido, lo scrutarono per alcuni secondi prima di rivolgersi nuovamente verso la partita.
“Guardate, ma quello non è Higo?” sospirò Ayumi indicando con enfasi una figura che stava facendo il suo ingresso nel campo.
“Oh sì, è proprio lui” aggiunse Mitsuhiko battendo le mani divertito. Ai si lasciò sfuggire un piccolo sorriso che cercò di nascondere da un sonoro sospiro. Tutto questo però non passò affatto inosservato al ragazzo accanto a lei.
“Chi è Higo?” domandò il più gentilmente possibile Subaru.
“Veramente non sai chi sia?” esclamò Ayumi incrociando le braccia del petto e sbattendo ripetutamente i suoi grossi occhi marroni. Subaru scosse la testa quasi dispiaciuto di vedere la bambina così scossa. Ai non disse niente, ma si limitò ad alzare gli occhi al cielo accompagnata da una risatina divertita di Conan. Il bambino incrociò le braccia dietro la nuca lasciando che le sue gambe penzolassero dalla sedia.
“Si tratta del giocatore migliore di tutto il Giappone” le braccia di Mitsuhiko si mossero veloci nell’aria coma a voler enfatizzare queste sue parole.
“E poi è anche la cotta segreta della nostra Haibara” quel commento, così stizzito e improvviso, prese alla sprovvista la ragazzina che si fece andare di traverso il tè che stava sorseggiando. Tossì per qualche secondo sotto lo sguardo dei presenti. Quando finalmente i suoi occhi grigi e arrossati si levarono dal pavimento incontrarono quelli divertiti e ricchi di sfida del piccolo detective davanti a lei.
“Davvero?” quella parola così neutrale mise fine alle occhiatacce glaciali che i due si stavano rivolgendo.
“Stavo scherzando” bofonchio Conan facendo una smorfia, quasi un sorriso ironico. Ai notò immediatamente i muscoli di Mitsuhiko rilassarsi mentre il suo dolce e sincero sorriso si fece spazio nuovamente tra tutte le lentiggini. Uno sguardo però, accorto e attento, non si decideva a levarsi dalla sua figura.
“Vado un attimo in bagno” tagliò seria la scienziata allontanandosi.
 
 
Ai si appoggiò stanca al mancorrente del balcone della stanza di Agasa: sospirò silenziosamente mentre il vento le scompigliò i capelli ramati con fare dispettoso. Si lasciò sfuggire un sonoro sbadiglio mentre percepì chiaramente la stanchezza riprendere possesso delle sue membra. Haibara piantò il mento sul palmo domandosi quanto tempo le mancasse prima che la stanchezza le offuscasse la mente. Tambureggiò con insistenza mordendosi il labbro con forza: doveva tornare al lavoro.
“Eccoti finalmente” un voce calma ed estremamente gentile non sembrò scomporla più di tanto. Lui le si affiancò non facendoci troppo caso al suo mutismo, dopotutto era abituato.
“Ti ho cercato dappertutto” continuò scrutandola. Ai si morse un labbro con insistenza: quell’uomo, in sua presenza, non le toglieva gli occhi di dosso come se avesse paura che scomparisse da un momento all’altro o come per non perdersi una eventuale sua mossa falsa. Rabbrividì al solo pensiero mentre il cielo, complice con i suoi ragionamenti, si fece decisamente più scuro.
“Perché?” sibilò conoscendo già che il suo interlocutore non le avrebbe mai rivelato la vera risposta.
“Una bambina come te potrebbe cacciarsi in qualche guaio” ribatté velocemente, quasi come avesse la battuta pronta.
“So cavarmela da sola, grazie” quelle parole, così fredde e sprezzanti, non scalfirono minimamente lo studente che anzi iniziò a ridere sempre più forte. Lo osservò per qualche istante cercando di studiare la sua ilare espressione mentre si domandava se uno come lui potesse realmente risultare un pericolo per lei.
“Questo lo so bene, principessa” quell’appellativo le graffiò la lingua come sabbia. Ai non ricordava quando aveva iniziato a chiamarla così o forse l’aveva sempre fatto.  Un tuono lontano sorprese i due interlocutori mentre un ennesimo sbaglio venne emesso dalla piccola scienziata.
“Vedo che neanche questa notte hai dormito” all’udire quella frase Ai corrucciò la fronte: avrebbe potuto benissimo  chiederle se avesse riposato abbastanza o se si fosse alzata presto eppure aveva parlato con una anormale sicurezza, come se conoscesse benissimo la verità.
“Mi hai spiato?” sibilò tagliente come un vetro portandosi i capelli dietro all’orecchio. Lui non rispose subito, ma lasciò che le velenose parole della scienziata fossero portate via dal vento sempre più forte.
“No, semplicemente ho notato la luce accesa” un amaro sorriso si dipinse sul volto della ramata. Mentiva, lo sapeva benissimo che stava mentendo: nonostante le grandi tende in casa Kudo la ragazzina l’aveva beccato a spiarla più volte al giorno. Un brivido attanagliò la sua schiena riscuotendola dal torpore.
“Forza, è meglio se rientriamo” la precedette lui notando il calore venir meno dal piccolo e stanco corpo della sua interlocutrice. Lei si limitò ad indugiare il suo sguardo su di lui come lui aveva fatto così tante volte.
“Ok” rispose fredda e glaciale seguendo il suo consiglio. Sulla soglia però si bloccò all’istante.
“Subaru?” all’udire il suo nome venir pronunciato da lei la pacatezza e la compostezza vennero a meno allo studente. Lei notò questa cosa, ma cercò di non darci troppa importanza.
“Odio le persone che mi mentono” concluse neutrale riprendendo la sua camminata.
Un amaro sorriso si dipinse sul volto coperto di cerone dell’agente dell’FBI.
Sì, lui lo sapeva bene.
   
 
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