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Autore: PapySanzo89    29/04/2020    2 recensioni
Partecipo alla challenge di Fanwrite.it sulle soulmates, 7 prompt per 7 giorni.
3. Conto alla rovescia
5. Scriversi sulla pelle
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Deadpool, Peter Parker
Note: AU, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3. Conto alla rovescia
 
 
 
 
 
Wade fissa il suo polso e l’unica cosa che vede sono numeri e numeri e numeri. Non ha ancora imparato a contare fino a dieci ma sa leggere singolarmente i numeri che si trova sul piccolo polso fino.
Due.
Quattro.
Cinque.
Quattro.
Zero.
Zero.
Non ha mai visto un numero così lungo nemmeno a scuola, nemmeno sui polsi dei suoi amichetti e non capisce ancora bene come funzioni nonostante sua madre abbia provato a spiegarglielo un sacco di volte.
“Oh,” gli ha detto un giorno quando è venuta a prenderlo fuori di scuola -un maglione a collo alto nonostante fossero a primavera inoltrata ha fatto subito capire a Wade che a casa le cose non andavano bene, di nuovo- “Avrai molto da aspettare, tesoro. Ma sono sicura che ne varrà la pena.
Non sapeva se quel “molto” volesse dire che doveva aspettare addirittura fino la fine dell’anno scolastico, ma quei numeroni gli facevano temere di dover aspettare ben più a lungo.
 
***
 
Wade Winston Wilson ha quattordici anni e ha deciso che le anime gemelle sono una cosa da estirpare dalla faccia della Terra. Sono qualcosa di malsano, abbietto, qualcosa che non dovrebbe esistere data la cattiveria che viene fatta a persone che non se lo meritano.
 
È da solo al cimitero mentre la bara di sua madre viene ricoperta. Nel cielo c’è un sole splendido e un vento mite e se da una parte Wade pensa che dovrebbe scendere il diluvio universale per la perdita che ha subito dall’altra pensa che quello era il tempo preferito di sua madre.
Sua madre, morta suicida in cantina impiccandosi per il collo.
Suo padre non l’aveva nemmeno tirata giù quando l’aveva vista.
Suo padre probabilmente al momento è a sbronzarsi da qualche parte o a fare a botte con persone molto più deboli di lui.
Non si sono presentate al funerali nemmeno le sorelle di sua madre, nessuno ha mandato fiori, un biglietto di condoglianze, niente.
 
Se l’è cercata ha sentito dire al telefono da sua zia quando l’ha chiamata per riferirgli dell’accaduto.
Wade ha staccato il telefono dal muro e ha fatto a pezzi tutto ciò che si trovava intorno.
 
Non se l’è cercata! Avrebbe voluto urlare a pieni polmoni.
Come poteva essersela cercata se quella maledetta bomba a orologeria che era quel conto alla rovescia sul polso le aveva detto che sì, quell’uomo –quell’uomo- era la sua anima gemella? Colui che doveva proteggerla, trattarla bene, amarla e invece non aveva fatto altro che picchiarla, umiliarla, urlarle contro oscenità tali che perfino il loro cane sarebbe arrossito.
 
E poi sua madre sorrideva. Dopo essere stata picchiata, soggiogata, stuprata, andava da Wade e lo consolava. Wade non si è mai sentito così tanto schifoso come in quei momenti, dove l’unica gioia che aveva nella vita si ritrovava sanguinante e ferita ma comunque cercava di dirgli che andava tutto bene.
 
Wade veniva picchiato, beh, era ovvio che accadesse, soprattutto quando cercava di mettersi in mezzo tra lui e sua madre, ma nonostante il padre fosse un omone grande e grosso riusciva a tenergli testa il più delle volte, almeno prima di svenire ed essere preso a calci fino a fargli incrinare le costole.
 
Wade odiava suo padre, l’aveva sempre fatto, ma il suo odio finiva quando pensava che a sedici anni avrebbe preso sua madre e l’avrebbe portata via da quel posto grottesco, l’avrebbe portata lontano dove non le sarebbe mai più capitato nulla di simile. Avrebbe mollato la scuola, trovato un lavoro e poi a diciott’anni sarebbe entrato nell’esercito e le avrebbe mandato tutti i soldi che guadagnava e avrebbero vissuto giorni felici, insieme.
Ma sua madre adesso lo aveva abbandonato, lo aveva lasciato solo in balìa di quel mostro che era suo padre e adesso non aveva più alcuna voglia di scappare.
 
Lo avrebbe ucciso.
E tanti saluti.
 
Non ha più nulla da perdere.
Si copre il tatuaggio con una fascia e giura di non guardarlo mai più. Se anche avesse incontrato la sua anima gemella, un giorno, avrebbe fatto meglio a spararle e farla finita subito, che se il destino è beffardo quanto sembra gli sarebbe capitato qualcuno come suo padre.
O peggio, sua madre.
 
***
 
La vita da mercenario è un sogno ad occhi aperti.
Wade ha soldi, tempo libero a quantità e donne. Beh, anche uomini quando gli capita ma soprattutto donne.
La vita, finalmente, è degna di essere vissuta.
 
***
 
 
Vanessa è tutto ciò che gli è servito per domandarsi se Dio esiste sul serio perché –andiamo- è impossibile che una donna simile esista e non sia spuntata fuori dalle mani di Dio in persona.
Lasciando perdere per un attimo il fatto che sia uno schianto su tutti i punti di vista e quei suoi occhioni da cerbiatta, vogliamo parlare di quanto sia perfetta per Wade?
È stata l’unica –l’unica- ad avergli fatto venire il dubbio di togliersi la fascia dal polso per vedere se il tatuaggio fosse sparito, dubbio però venuto meno quando ha deciso che sarebbe rimasto con lei e basta, nessuno poteva obbligarlo a lasciarla, nessuno poteva obbligarlo a fargli fare la fine di sua madre.
Le ha detto anche di non voler saper nulla del suo tatuaggio, non vuole sapere se ce l’ha, se il conto alla rovescia si è fermato e poi è sparito, non vuole sapere nulla. E lei lo ha accontentato, perché Vanessa è perfetta per lui.
 
E poi è arrivato il cancro.
E con lui il Weapon X.
 
***
 
Il dolore non è mai stato un problema per Wade, è abituato ad essere picchiato, è abituato alle coltellate, agli spari, a ferite quasi mortali e ad ancora qualcosina in più ma di certo non è abituato a una camera iperbarica e all’essere quasi soffocato a morte per un’intera nottata ogni dieci minuti.
L’unico pensiero che lo tiene in vita, l’unica cosa che lo fa desistere dall’arrendersi e mandare quella vita di merda in malora è Vanessa.
 
***
 
Wade distrugge tutto ciò che ha intorno come ha sempre fatto, rade al suolo quel posto infernale e se ne va senza voltarsi indietro.
Il dolore è continuo, pressante, si sente come se avesse la febbre e stesse per vomitare da ogni poro presente sulla sua pelle. Pelle che ormai può essere paragonata solo ai tuoi peggiori incubi, dove vedi Freddy Krueger ma Freddy Krueger, in quel sogno, sei tu.
Come può tornare da Vanessa in quelle condizioni? Come può dirle di essere ancora vivo ma terribilmente somigliante alla carne appena macellata? Come può pretendere che stiano ancora insieme quando anche lui non riesce più a stare nemmeno con se stesso?
 
Perché la vita non lo sta lasciando maledettamente in pace?
 
***
 
Passano mesi.
Mesi in cui Wade si chiede cosa fare, mesi in cui si sente solo come un cane bastonato e lasciato lì a morire, si sente infelice e incazzato. Perché non riesce a sentire altro?
E quella testa di cazzo di Weasel non lo sta aiutando in nessuna maniera.
Perché ha solo amici di merda?
 
Sente l’attacco di panico salirgli dalle viscere e prenderlo in pieno petto, stringendogli i polmoni e impedendogli di respirare liberamente. Non sviene solo per forza d’animo ma decide che deve –deve- almeno vedere Vanessa. Vedere come sta, vedere il suo viso e i suoi bellissimi occhi, ne ha bisogno più di quanto al momento gli serva respirare.
 
***
 
Vanessa è bella come il primo giorno in cui l’ha vista, con i suoi occhioni verdi e le labbra dipinte di rosso. Le sono cresciuti i capelli, nota con soddisfazione, gli sono sempre piaciuti i capelli lunghi e lei è semplicemente una dea scesa in Terra, non c’è che dire.
Deve pensarla allo stesso il modo il tipo a cui è accompagnata, che la guarda con occhi sognanti mentre lei gli restituisce lo sguardo, guardandolo come non ha mai guardato Wade in tutti quegli anni che sono stati assieme.
Vanessa lo ha amato, di questo è sicuro –lo sa, lo sente-, ma a quanto pare non è mai bastato.
Wade a quel punto sorride amaro e decide che non gli interessa più niente, si toglie la fascia ormai consunta dal polso e guarda la data nascosta sotto ad essa.
La bomba ad orologeria non ha mai smesso il suo countdown e Wade può vedere che mancano ancora 52560 ore all’incontro col destino. 
 
Wade quella sera, per la prima di molte altre volte a venire, si pianta una pallottola in testa.
 
***
 
Dire che ha una crush per Spider-man è come dire che Britney Spears ha fatto qualche canzone orecchiabile. Praticamente è come bestemmiare in chiesa.
Il fatto che probabilmente Spidey abbia l’età giusta per mandarlo in galera se solo alza un dito su di lui è una delle poche cose che lo ferma dal dichiararsi suo schiavo sessuale a vita.
Non credeva possibile prendersi una sbandata simile alla sua età e dopo tutto quello che gli è successo, non per qualcuno che quando gli ha offerto una birra gli ha risposto di non avere ancora l’età legale per berla. Quella sera si è sentito talmente depresso da dover tirare fuori il karaoke di High School Musical e coreografare tutti i balletti di Sharpey per tirarsi su di morale.
 
Spidey, seduto accanto a lui sul tetto di un edificio abbandonato, lo guarda con le lenti opache della maschera che ha tirato fin sopra il naso e gli sorride mentre addenta il burrito che Wade ha comprato per l’occasione.
Ha un bellissimo sorriso, quel ragazzino, per non parlare poi di quanto riesce ad essere elastico e flessibile e okay è meglio fermarsi qui, grazie.
 
“Hai visto DP, non è poi così male fare parte dei buoni”
Spider-man prende un sorso di Pepsi (bravo ragazzo che preferisce l’originale al posto di quella maledetta Coca-Cola) e prende un altro burrito. Il ragazzo ha sempre una fame da lupi; Wade si chiede se mangia sempre a dovere, siccome sembra incredibilmente magro e questo è uno dei motivi per cui porta sempre qualcosa in più da lasciargli da portare a casa.
 
Parte dei buoni, eh?
 
Non se lo sarebbe mai aspettato in vita sua. I buoni. Ah!
Non ha mai nemmeno pensato di provare a entrare nella fazione Avengers -per carità di Dio!- perché come avrebbero mai potuto prenderlo seriamente? Il suo lavoro era completamente agli opposti rispetto al loro e non ha mai avuto questo folle desiderio di aiutare il prossimo, soprattutto gratis. L’unica cosa che lo invogliava a vedere gli Avengers da vicino era il voler assolutamente un autografo di Captain America, insomma, chi non vuole un autografo di Cap?
Però poi Iron-Dad ha mandato il suo figlioletto più prezioso a tenerlo d’occhio e quel figlioletto prezioso ha ben pensato di rivoluzionare la vita di Wade. Come Wade gliel’abbia permesso è ancora un mistero.
 
Wade si sente bene in sua presenza.
Sarà un po’ per il fatto che capisce ogni riferimento della sottocultura pop degli anni ’80, ma anche il fatto che parli a raffica lo fa sentire bene, lo fa sentire calmo e sereno, anche se ovviamente non parla più di lui. Merch with a mouth non è un titolo che si prende così facilmente, ci ha dovuto lavorare degli anni!
 
“Chiamami Wade, ragazzino, credo che ormai siamo entrati abbastanza in confidenza perché ti dica il mio nome.”
E perché vorrebbe sentire Spidey chiamarlo Wade piuttosto che Deadpool ma questo se lo tiene per sé.
 
Spidey lo guarda e la bocca si cruccia verso il basso ed è così adorabile che-
 
Non ci pensare, non ci pensare, non ci pensare…
 
“Ragazzino? Quanti anni pensi che abbia, sei?”
 
Wade sogghigna.
 
“Facciamo dodici? Probabilmente potresti essere mio figlio.” Il solo dirlo gli fa gelare il sangue.
 
“Tuo figlio un corno! Quanti anni hai, quaranta? E dovresti aver fatto un figlio comunque molto presto”
 
Wade lo guarda e rimane in silenzio, in attesa.
 
“Ho vent’anni, sono legalmente un adulto”
 
Così hanno sedici anni di differenza.
C’è qualcosa di strano nel pensarlo. Da una parte Wade pensava seriamente che Spidey fosse molto più piccolo di lui e dall’altra invece pensava quasi fossero coetanei. Forse è solo lui che è rimasto con la testa di un ragazzino e Spidey è decisamente maturo –per certe cose- per la sua età.
 
“Peter, comunque.” Spidey allunga una mano e va a prendere quella di Wade, stringendola. “Molto piacere di fare la tua conoscenza, Wade.”
 
Wade rimane stupito, non si aspettava un nome, non si aspettava niente di più di farsi chiamare Wade, davvero.
Quindi, siccome si trova in imbarazzo e non vuole ammetterlo, fa quello che sa fare meglio: parlare.
 
“Peter, eh? Petey è più carino forse. Petey-pie? Pete? No, Pete non mi piace. Honey-bum? Questo sarebbe perfetto soprattutto perché…”
 
Beh, ha vent’anni, che problema c’è a fare osservazioni simili adesso?
 
***
 
Wade è seduto sul solito tetto ad aspettare che Spidey finisca il giro di ronda e vada a fare lo spuntino delle tre del mattino con lui. Lo vede spuntare da dietro un grattacielo, aggraziato come sempre nei movimenti in quella sua tuta di spandex.
Dio, dovrebbe essere illegale un culo del genere.
O perlomeno dovrebbe essergli dato di toccarlo almeno una volta nella vita, morirebbe felice.
See, magari.
 
Spidey atterra sul tetto e si va a sedere accanto a lui senza dire una parola, alzando solo la mano facendo intendere di voler mangiare.
“Di poche parole questa sera Petey-pie?”
Spidey solleva la maschera fin sopra il mento e sospira, alzandosi e iniziando a camminare avanti e indietro per tutto il perimetro.
Wade lo osserva fare il giro una, due, tre volte fin quando non gli sembra piuttosto chiaro che qualcosa non va.
“C’è qualcosa nel tuo comportamento di questa sera che mi fa intendere che hai un qualche tipo di problema. Vuoi parlarne con lo zio ‘Pool?”
E per qualche strano motivo la frase sembra irritare ancora di più Peter, che si congela sul posto e va a fissarlo e sembra quasi arrabbiato con lui.
 
Merda. Che ho fatto?
 
Deve darsene atto, fa molto spesso cose di cui nemmeno si ricorda, ma non crede di aver mai fatto niente di niente per far infuriare Petey.
Il suo stesso cuore non ce la farebbe a sopportare una cosa del genere.
 
Petey fa un profondo respiro e sembra voler dire qualcosa ma alla fine ci ripensa, ricomincia a camminare e poi sembra ripensare pure a quello perché torna sui suoi passi e si rimette davanti a Wade.
 
Si toglie il guanto della mano destra e gli espone il polso e Wade vede per la prima volta il numero delle ore che rimangono a Peter prima di trovare la sua anima gemella.
Sono meno di 24.
 
Lo stomaco di Wade sobbalza e si richiude su se stesso.
Non ne vuole sapere. Non ne vuole sapere niente.
 
Non sono mai entrati in argomento lui e Peter, anzi, sembrava qualcosa che entrambi volevano evitare di affrontare, qualcosa di cui era meglio non parlare. Ora Wade capisce perfettamente il perché.
 
Ma perché, perché ci è ricascato ancora? Come ha fatto? Come ha potuto? Dopo tutto quello che ha passato, dopo tutto quello che è successo, come ha potuto…?
 
“Dì qualcosa, Wade.”
 
Wade, per la prima volta in vita sua, per la prima volta dall’uscita del Weapon X, per la prima volta da quando è chiamato merch with a mouth non ha niente da dire.
Si alza e semplicemente se ne va, lasciando Peter da solo sul tetto col thai che si sta pian piano raffreddando.
Non ce la fa, semplicemente non ce la fa a vedere qualcun altro andarsene in quel modo, non ce la fa a vedere qualcuno di così prezioso che gli viene portato nuovamente via.
 
Lascia Peter su un tetto e per la prima volta da quando fa parte degli Avengers va a piantarsi una pallottola nel cranio per cercare di avere un po’ di pace.
 
***
 
Il giorno dopo è una schifosa giornata di sole, una di quelle giornate che sarebbero piaciute un sacco a sua madre.
Perché giustamente gli mancava di pensare anche a sua madre in quel momento, come iniziare bene una giornata che già sapeva sarebbe andata di merda. Almeno a lui di sicuro, a Peter un po’ meno.
Si copre il viso con le mani e urla di frustrazione ma decide che no, basta, non può stare tutto il giorno chiuso in casa a deprimersi perché la crush finale della sua vita sta per trovarsi la fottuta stramaledetta anima gemella del cazzo.
Siano dannate, siano dannate tutte.
 
Si ritrova a vagare senza meta per la città.
Si sente un patetico vagabondo che non ha nulla a cui fare ritorno se non a uno squallido appartamento.
I soldi sono tutto gli ripeteva sempre il suo vecchio (beh, almeno fino prima che Wade gli sparasse) già da lì doveva capire che suo padre non aveva capito un cazzo dalla vita.
Certo, meglio essere depressi alle Bahamas che nel Queens, ma il problema di fondo non cambia, nemmeno se sei ricco sfondato, soprattutto se quello che hai voluto per tutta la vita è solo qualcuno che ti resti accanto.
 
“Oddio, mi scusi!”
Un ragazzo gli è finito addosso mentre se ne stava perso nei suoi pensieri ed è caduto a terra, spargendo varie carte sul cemento.
Wade lo osserva raccogliere rapido le carte, cercando di evitare che vengano calpestate. Si china per aiutarlo.
 
“Perché ti scusi ragazzo, colpa mia che me ne stavo fermo in mezzo alla strada”
 
Wade solleva gli occhi per un’istante ad incontrare quelli dell’altro e questo è tutto ciò che basta.
 
Il ragazzo chino davanti a lui a raccogliere carte non deve avere più di vent’anni, a giudicare dai vestiti e dal contenuto dello zaino dev’essere uno studente universitario ed è incredibilmente, fottutamente perso per quel ragazzo.
 
No, no. No!
 
Il cuore gli batte all’impazzata e non riesce a distogliere gli occhi da quelli così castani e così profondi, immensi e splendidi del ragazzo di fronte a lui.
Lo odia perché è la sua anima gemella.
Lo ama perché è la sua anima gemella.
 
Finalmente capisce perché sua madre ha passato tutto ciò che ha passato, perché si è lasciata tormentare, perché ha deciso di morire piuttosto che far male a quella mezza sega di suo padre. Se quel ragazzo gli chiedesse di buttarsi sotto una macchina in quel momento lo farebbe senza nemmeno pensarci un secondo, e non c’entra nulla il fattore rigenerativo.
 
Ma lui è innamorato di Peter.
Ma Peter oggi troverà qualcun altro.
 
Il ragazzo davanti a lui resta a fissarlo per diversi istanti senza dire niente e sembra contemplarlo e Wade si rende conto di cosa sta vedendo il ragazzo.
Un mostro.
Cristo santo, starà mentalmente chiedendo aiuto a qualche dio onnipotente di levargli un mostro del genere da davanti, si starà chiedendo cos’ha fatto di male per finire con uno sfigurato del genere.
 
Il ragazzo alza una mano e per un istante sembra tentennare, poi posa le dita delicate sul suo mento e Wade sente un calore come non ne ha mai sentiti prima. La folla, il traffico, l’intera maledetta città di New York sparisce a quel tocco.
 
Il ragazzo sbatte le palpebre velocemente un paio di volte e poi sorride e Wade vede il sole in quel sorriso.
 
“Wade?”
 
Wade si domanda stupidamente se si è presentato quando il ragazzo è caduto a terra perché non ricorda assolutamente di avergli detto il suo nome.
 
“DP?”
 
Ecco, adesso la cosa comincia ad essere inquietante perché quello sicuramente non l’ha detto.
Wade di ritrova comunque ad annuire.
 
Il ragazzo sorride e gli butta le braccia al collo.
“Sapevo che eri tu. Dovevi essere tu!”
 
Wade non capisce. O forse sì ma non può credere a una cosa del genere.
 
“Petey?” dice a mezzavoce, quasi terrorizzato che l’altro gli risponda di sì o anche di no.
 
Peter –Peter!- si solleva e lo guarda.
 
“Ero pronto a rifiutare qualsiasi persona non fossi stato tu.”
 
E non è assolutamente la cosa più romantica che gli sia mai stata detta?
 
Wade lo afferra per la nuca e lo trascina su di sé, baciandolo con foga in mezzo a un branco di sconosciuti, ancora entrambi seduti sul cemento con fogli che stanno svolazzando via ma non importa, niente ha importanza, nulla ha più importanza di stringere a sé Peter, baciarlo per poi finire a ridere istericamente sulla spalla di quest’ultimo che in qualche modo capisce, capisce tutto e semplicemente lo abbraccia sussurrandogli cose che Wade nemmeno coglie ma va bene, va tutto bene, va tutto talmente bene che Wade finalmente sente la vita dargli un po’ di pace.
 
 
 
 
 
NOTE AUTRICE:
Grazie come sempre a Yoko per il betaggio <3
Lascio la fic come ancora non coclusa perché c’è un’altra OS soulmates con loro che voglio scrivere e piuttosto che intasare con oneshottine le metto insieme.
Se avete letto fin qui, grazie ^^
   
 
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