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Autore: beep beep richie    01/05/2020    2 recensioni
IT [ REDDIE!AU ]
Di cosa profuma Richie Tozier? Un quesito simile, prima di quel momento, Eddie non se l’era mai posto. Se ne stava in piedi davanti allo specchio del bagno a fissare il proprio riflesso ed aveva appena finito di constatare che la camicia con le palme di Richie fosse molto, anzi tremendamente larga, cazzo. Di cosa profuma Richie Tozier? Di stupido, innanzitutto. Aprì gli occhi e si rese conto di star sorridendo, piuttosto soddisfatto, ma farlo in assenza del suo amico gli sembrò un attimo dopo un po’ sciocco. Che gusto c’era ad insultare Richie se quello non poteva sentirlo? Se lo figurò proprio: s’immaginò quello che, ridendosela, quella sua risatina del cazzo, gli diceva che insultarlo in sua assenza fosse poco producente e poi faceva un’imitazione di qualcosa che Eddie non conosceva. «Sta’ zitto, Richie!» Un. Attimo. Cavolo. «Oh, perfetto, adesso per colpa tua mi metto anche a parlare da solo!» Era peggio di un’infezione, Rich gli avrebbe fatto venire una malattia mentale e non andava bene, oh, non andava proprio bene. Se gli avesse fatto venire una malattia, sua madre ne sarebbe uscita pazza.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il piano di Stacey

 
Se qualcuno avesse chiesto a Eddie se la sua vita avesse raggiunto finalmente un certo equilibrio, lui non avrebbe risposto di sì. A conti fatti, però, non stava andando tanto male. Da dieci giorni a questa parte Stacey non si era mai allontanata dal gruppo e qualsiasi cosa facessero ed ovunque andassero era sempre lì con loro, ma nessuno l’aveva ancora definita una Perdente. Non era stata neanche definita la ragazza di Richie, quindi la loro doveva essere stata, come si soleva dire, solo una botta e via. Tremendo, sì, ma sopportabile. Eddie poi sentiva di ricevere ancora molte attenzioni dal corvino – certo, ne riceveva un po’ troppe per i suoi gusti anche Stacey, ma almeno non era stato messo da parte. Sua madre inoltre non era tornata sul discorso dell’omosessualità di tre giorni prima e lui aveva finto (per sentirsi un po’ meglio) che questo non fosse mai esistito, e quando esisteva ripensava a quello che gli aveva detto Richie, così andava tutto bene.
 
Se qualcuno avesse chiesto a Richie se la sua vita avesse raggiunto finalmente un certo equilibrio, probabilmente neanche lui avrebbe risposto di sì, ma un lato positivo c’era: a distanza di qualche giorno Eddie non sapeva ancora niente della sua gigantesca cotta per lui e forse c’era da fidarsi davvero di Stacey! Il che lo tranquillizzava.
 
Se qualcuno avesse chiesto a Stacey se la sua vita avesse raggiunto finalmente un certo equilibrio, lei avrebbe risposto di sì. Era convinta che tutto stesse andando per il meglio: il suo piano procedeva liscio come l’olio, come aveva raccontato una sera a Greta e le sue amiche in camera sua davanti a tanti tubetti di smalto, e nel mentre non si annoiava nemmeno. In fondo le piaceva trascorrere i pomeriggi ai Barren coi Perdenti – e le piaceva ancora di più passarli assieme a Mike, fondamentale per il suo piano.
 
 
«Prima le signore!» aveva educatamente permesso lui quel tardo pomeriggio in cui si erano recati da soli al rifugio. Stacey era scesa per prima di sotto e si era sdraiata subito sull’amaca. Aveva riso, lasciando sorpreso Mike, mentre strusciava simpaticamente il sedere sulla superficie.
 
«Ora il mio culo profuma soprattutto di Richie Tozier!» aveva spiegato divertita, alludendo a quanto spesso il corvino stesse sdraiato lì più del dovuto.
 
«E di cosa profuma Richie Tozier?» aveva chiesto Mike ridendo assieme a lei. 
 
«Naturalmente di Eddie Kaspbrak!» Mike sembrava non pensarla troppo diversamente. «Vieni, Mikey!» Aveva fatto segno con una mano di avvicinarsi e con l’altra aveva tamburellato sull’amaca, allora il ragazzo aveva avanzato sin lì, ma non si era seduto perché non voleva rubarle spazio.
 
«Ti scatto una foto, vuoi?»
 
«Sono già in posa!» aveva scherzato lei, per poi mettercisi davvero – in posa – e sorridere. Mike aveva usato la sua macchina fotografica per quello che gli era sembrato uno dei suoi scatti più belli. Aveva sorriso nel vedere quanto fosse carina Stacey anche da dietro quell’obbiettivo. «Sei uscita davvero bene!»
 
«Sicuro, con un fotografo bravo come te!» Gli aveva indicato di nuovo di sedersi accanto a lei. «E soprattutto carino! Ora ti siedi con me o no?!»
 
 
Stacey aveva saputo che alla fine il castano avesse ottenuto l’autorizzazione firmata da sua madre, però non aveva capito perché ancora non l’avesse consegnata. Nel bene e nel male aveva imparato a conoscerlo e non gli sembrava da lui rimandare all’ultimo qualcosa di talmente importante. Scrollò le spalle, concludendo tra sé e sé che non fosse un problema a cui badare troppo. Quei due verranno alla gita, faranno i finocchi e se servirà avranno anche il mio aiuto, infine farò quello che devo fare, era il suo piano. Perfetto, no? pensò Stacey, quella mattina, guardando in cortile i due piccioncini – Eddie si lamentava del fumo della sigaretta di Richie e lui continuava ridente a prenderlo in giro, anche se poi il fumo lo buttava fuori dall’altro lato perché non gli andasse in faccia. Sì, perfetto, confermò, ripetendosi mentalmente il piano. Mike mi sarà di grandissimo aiuto e quando torneremo dalla settimana bianca non...
Si distrasse un momento – Bill aveva baciato Beverly per la prima volta in pubblico e Richie aveva iniziato a strillare, perciò Eddie aveva cominciato a farlo ancora più forte per farlo stare zitto, Stan se ne era andato per non sentirli e Ben l’aveva seguito con la scusa di riportarlo indietro, anche se aveva gli occhi troppo lucidi perché fosse solo questo.
Stacey si ritrovò ad osservare questa scenetta con le labbra schiuse e quando qualche secondo di troppo dopo se ne accorse rise, poi chiuse la bocca.
Dov’ero? Come finiva il suo piano? Con Greta e le sue amiche che la veneravano dopo tutta quella fatica? Quanto tempo occorreva per farsi adorare, oltre che accettare? Quando Stacey era arrivata in quella classe era metà Gennaio, in tempo comunque per l’inizio del secondo quadrimestre, ma la settimana bianca sarebbe stata nei primi di Febbraio. Conclusa questa e conclusi i successivi step, sarebbe arrivato qualcosa come il 15 di Febbraio, se si facevano i conti. Occorreva sul serio tanto tempo per fare in modo di non ricevere lo stesso trattamento avuto nella vecchia scuola, occorreva tanta fatica per non essere sola, tanta cattiveria per sentirsi migliore?
A quanto pareva, sì.
Se solo avesse avuto i Perdenti come veri amici...
Se avesse accettato la loro amicizia e dato loro la propria, nonostante si trattasse di Perdenti...
Se fosse diventata una Perdente anche lei, se avesse accettato di esserlo...
 
«Stai zitto tu, Eds!» fu la frase che interruppe i pensieri di Stacey. Richie ficcò la sigaretta accesa in bocca al ragazzo, che sbiancò. Ci furono questi tre secondi di pace per i Perdenti in cui Eddie parve in coma, ma poi il suo viso, da bianco, si fece sempre più rosso finché non esplose.
 
«COSA STRACAZZO TI SALTA IN TESTA DI FARE?!?!?!?» La sigaretta ovviamente era finita per terra ed era stata anche delicatamente (furiosamente) schiacciata. «Era accesa, coglione! Lo sai che mia madre non vuole che fumo ed ha ragione! Cazzo! Quante volte ti devo ripetere che per un misero tiro ci vogliono anni perché-»
 
«Sì, sì.» lo interruppe Richie, agitando una mano in un gesto di noncuranza ed andando a dargli con l’altra una bella pacca sulla schiena che lo fece avanzare di un passo – e che lo fece infastidire ancora di più. «Ho capito l’ambaradàm, non c’è bisogno che continui!»
 
«Io ti ammazzo!» esclamò, allungando le braccia verso il corvino con l’intento di aggredirlo fisicamente. Fu Beverly a fermarlo mettendosi in mezzo.
 
«Magari più tardi, okay?» Rise. «La campanella sta suonando, ragazzi!»
 
«Ma come, Bevvie? Non lo sai che avere addosso le mani di Eduardo è il mio sogno erotico più grande?»
 
Mentre tornarono in classe, Richie domandò a Beverly come fosse baciare Big Bill e si indignò perché non era stato lui a baciarlo per primo, lo considerava un tradimento.
 
«Beep-beep Richie!» dissero più o meno tutti.
 
Una decina di minuti dopo, qualcun altro fece il suo nome.
 
«Tozier?» Richie non rispose. L’insegnante sospirò e alzò gli occhi dal registro per andare a cercare l’alunno. «Tozier! La lezione non è nemmeno incominciata!» E lui era già distratto.
 
«Mi scusi!» rispose distrattamente, domandandosi perché diamine l’insegnante dovesse fare l’appello se la sua non era nemmeno la prima ora. «Sa, è dura restare sveglio fino al proprio nome quando si è alla fine dell’appello!»
 
Qualcuno rise (tra cui anche Eddie, sommessamente per non farsi scoprire dall’insegnante), ma quei pochissimi schiamazzi vennero messi a tacere presto da una mano sbattuta violentemente sulla cattedra.
 
«Silenzio!» li rimproverò. «Voi piccole canaglie mi farete venire i capelli bianchi prima dei miei cinquant’anni!» Sbuffò, quindi finì l’appello.
«Vorrei ricordare a chi ancora non l’ha fatto di portare l’autorizzazione per la gita! Che stiamo aspettando?» Controllò il foglio su cui si era segnato i nomi mancanti e domandò: «Jones? Kaspbrak? Stewart?»
 
«Giuro che la porto domani, mi sono dimenticato!» si scusò immediatamente Steven Jones. Eddie aveva ancora qualche secondo per andare nel panic-cioè!, per inventarsi una scusa mentre parlava Cassidy Stewart.
 
«I miei non sono ancora molto convinti se lasciarmi andare o no, mi scusi. Tanto la consegna scade tra quattro giorni, non è vero, professore?»
 
«Beh...» Eddie inarcò un sopracciglio quando sentì l’insegnante tentennare. «A dire il vero c’è un problemino coi docenti accompagnatori, io non posso più portarvi per un affare personale e stiamo cercando un sostituto.»
 
«E allora perché tanta fretta?» chiese un alunno, ma il professore lo fulminò con lo sguardo e quello comprese di dover tacere.
 
«Voi pensate a portare l’autorizzazione il prima possibile, noi insegnanti risolviamo questa cosa.»
 
«Ma ci sarà di sicuro la gita, non è vero?»
 
«Sicuro! La maggior parte di voi ha già pagato!» L’occhiataccia stavolta la lanciò ai tre che non avevano portato ancora l’autorizzazione. Eddie cominciò a sentirsi agitato, non aveva pensato ai soldi e avrebbe dovuto prenderli in prestito a sua madre senza farsi scoprire, oh, non mi piace, non mi piace affatto. «Non serve alcun rimborso, la gita si fa! Ciò non toglie che dovete sbrigarvi, ragazzi. Sapete come finisce, altrimenti? Che arriva il giorno della scadenza e voi vi dimenticate l’autorizzazione e non partite più! Parlo per esperienza e perché conosco i miei polli!»
 
«Ma quindi quando scade la consegna?» chiese Steven Jones.
 
«Tu portala domani e basta, Jones.»
 
«Non ha risposto alla mia domanda!»
 
L’insegnante si strinse nelle spalle e sospirò.
 
«Presumo prima della partenza... Ma per voi è come se scadesse tra un paio di giorni, quindi forza! Capito anche tu, Kaspbrak?»
 
Eddie deglutì e annuì. Doveva assolutamente risolvere questa faccenda.
 
«Però di fatto non scade tra due giorni. Né tra quattro...» rifletté qualcuno, facendo sospirare l’insegnante.
 
«Sì, d’accordo, d’accordo... Bene, adesso che abbiamo finito con le burocrazie è ora di interrogare. Toh, proprio Kaspbrak dovevo sentire! Alla lavagna! Ti sei preparato per oggi?»
 
Eddie Kaspbrak in: la mia vita fa schifo.
 
Anche se poi alla fine un voto accettabile lo ottenne, però con moooolta fatica. E molti aiuti.
 
 
*
 
 
DRIIIIIIIIIIIIIIIIIIINNN!
 
«Grazie ragazzi!» fece Eddie, poco sconsolato.
 
«A che s-s-servono altrimenti gli-gli a-amici?» rispose Bill, sorridendogli in maniera rassicurante. Eddie gli rispose tirando un sorrisetto che doveva mostrargli tanta gratitudine. Si voltò verso Richie e prima che questo potesse uscirsene con il solito Animo, dottor Kappa! gli si rivolse.
 
«Grazie sul serio, Rich...»
 
Richie gli diede una pacca sulla schiena.
 
«Quando vuoi, Eds! Ma cerca di fare più attenzione a cosa ti suggeriamo, non puoi scambiare un cazzo di sei per un sette!»
 
Arrossì, convenendo tra sé e sé di fare veramente schifo in matematica, sì, ma... «Non è colpa mia se tu non sai suggerire!»
 
«Pisellino, perché mi fai questo? Non vorrai comportarti da ingrato, orsacchiotto? L’ho fatto per te, dovresti ringraziare!»
 
Eddie alzò un sopracciglio, Stan gli occhi.
 
«Se stai cercando di imitare mia madre, stai fallendo miseramente. Sentiti, non ci assomigli neanche lontanamente, fai schifo!» Però Richie e Bill lo avevano davvero aiutato con l’interrogazione di matematica, perciò non poteva sul serio fare l’ingrato e per una buona volta lo lasciò vincere. «Però hai ragione, infatti ti ho già ringraziato! Forse dovresti cominciare a darmi un po’ di ripetizioni private...»
 
«Ooh ooh, adesso è così che si chiamano? Ripetizioni private?» Richie gli fece l’occhiolino, procurandosi così una bella manata in faccia. Le ragazze risero, anche Bill e Ben.
 
«Scherzi a parte, ragazzi, dovremmo parlare di cose serie! Eddie!» lo indicò Beverly.
 
«Io?» Eh?!
 
«Che vuoi fare con questa autorizzazione, la porti o no?» continuò la rossa.
 
«Hanno r-ragione!» La sua ragazza e l’insegnante. «Se non ti dai una m-m-mossa rischi di dimenticartela e non p-partire, Eddie!»
 
Gli altri annuirono.
 
«Non preoccupatevi, non me la scordo!» assicurò lui. «Ce l’ho sempre con me!»
 
«Anche adesso?» domandò Ben, confuso.
 
«Certo!»
 
«E allora perché ancora non l’hai consegnata?» chiese pure.
 
«Lunga storia! Tranquilli, ragazzi! È tutto sotto controllo!»
 
«Okay!» si fidò Bill, dunque lo fecero anche gli altri, nonostante solo il corvino sapesse cosa ci fosse sotto. «Ma n-n-non te ne dimenticare, v-va bene? Devi p-partire con tutti noi!»
 
«Senz’altro, Bill!» assicurò nuovamente Eddie.
 
«C-che ne dite di d-decidere le d-d-disposizioni nelle c-camere?»
 
«Possiamo deciderle noi?» fece Stacey, che probabilmente si era distratta con il suo stupido piano (tante erano le volte che se lo ripeteva!) e si era persa questo dettaglio.
 
«Sì!» fu Ben a rispondere. «Hanno detto che possiamo pensarci noi!» Un tempo non sarebbe stato felice di questa notizia, non avrebbe saputo scegliere con chi dormire in gita perché non aveva amici, ma da quando c’erano i Perdenti era tutto diverso. Inizialmente Richie adorava vedere Covone felice perché fra le tante cose sentiva che a essergli amico faceva anche una buona azione, ora invece la sua felicità lo contagiava e basta. Certo, era ben lontana da quella di Eddie, la felicità di Eddie era tutt’altra cosa, molto più grossa, ma quella di Covone non era comunque da buttare.
 
«Io voglio stare in pace.» disse solo Stan, anticipando qualsiasi decisione.
 
«Tu starai con me, Stanny!» fece Richie mettendogli un braccio attorno al collo. Stan gli prese la mano con due dita e la tolse come stesse buttando via una zanzara morta. Magari Richie stesse zitto come una zanzara morta! «E con Eddie, ovviamente!» Quella mano finì direttamente sulla guancia dell’ultimo, stretta tra due dita. «Carino carino caaaa-»
 
«Non mi toccare!» Anche Eddie allontanò la mano di Richie.
 
«-rino.» terminò quello. Stan riprese la parola poi.
 
«Non mi farò problemi a commettere un omicidio se costretto a convivere con voi due.»
 
«Io sono un ottimo compagno di stanza!» ribatté Eddie con tono offeso.
 
«No, non lo sei.» Breve e conciso.
 
«Invece lo sono! E poi lo sai che ci sono persone più disordinate di me tra noi?!» (Come fosse solo una questione di ordine...!)
 
Ben mise su un’espressione un po’ colpevole, ma rimase in silenzio. Non serviva che nessuno desse ragione a Eddie, Stan era comunque convinto di avercela lui e gli bastò ribattere con un’occhiataccia. A Eddie non piacque affatto.
 
«Andiamo, Stanny!» s’intromise Richie. «Capisco che a te piacciano le vecchiette, ma devo ricordarti quanto saresti fortunato a condividere la stanza con un esserino così carino come Eds?» Gli prese di nuovo la guancia.
 
«VUOI LASCIARMI LA FACCIA O NO?!»
 
Beverly e Stacey si scambiarono un’occhiata d’intesa, ridendo. Sembravano tutti divertiti tranne i tre. Due, anzi: Richie se la spassava, solo Eddie pareva infastidito e Stan con le scatole rotte (l’ultima volta che aveva osato dire di avere il cazzo rotto, Richie aveva cominciato a dire che il pisello glielo avessero già tagliato) – fece roteare gli occhi per l’ennesima volta.
 
«In conclusione non ho intenzione di stare in camera con questi due. Quando stanno insieme mi fanno venire il mal di testa.»
 
Bill rise, quindi propose: «P-puoi stare con me e-e Eddie!»
 
«Cosa?!» Richie finalmente lasciò perdere l’altro. «E mi tenete fuori così, traditori?»
 
«B-beh, pensavo che io e Eddie s-s-saremmo stati i-insieme.» Cosa che fece sorridere Eddie. «E dato c-che Stan non-non vuole s-stare con loro, e posso c-capirlo, a-a-allora dovremmo fare che...»
 
«’Fanculo!» Richie tornò ad aggrapparsi a Stan. «Io mi prendo Urina, fate il cazzo che vi pare!»
 
«Noi prendiamo Ben!» fece Eddie, aggrappandosi invece a quello.
 
Nessuno in realtà ribatté: Stan non poteva sopportare Eddie e Richie nella stessa stanza, forse soprattutto Eddie, ma Richie era pur sempre il suo migliore amico e gli stava bene; Ben era contentissimo di stare in camera con Eddie e Bill, ma gli sarebbe andato bene chiunque, non faceva favoritismi; Bill avrebbe voluto con sé anche Richie, ma in fin dei conti neanche lui faceva grossi favoritismi, preferiva  giusto stare con Eddie; Eddie con Ben e Bill ci stava benissimo e sarebbe stato strano se avesse ribattuto per fare in modo di stare in camera con Richie e lasciare gli altri tre per conto loro.
 
«Bene!»
 
«A-allora siamo d-d’accordo!»
 
«Noi due dovremmo trovarci una terza compagna!» fece Stacey a Beverly dandole un cinque a rallenty e finendo semplicemente col stringerle la mano. Quella le fece l’occhiolino.
 
«Passiamo le prossime ricreazioni a conoscere le ragazze delle altre classi!»
 
«Ci sto!»
 
«Nessun altro coglione in camera con noi.» chiarì Stan a Richie. «Basti già tu.»
 
Lì terminò la loro conversazione e cominciò un’altra lezione. Un paio di ore dopo, per grazia divina, arrivò l’ora di pranzo.
 
Eddie rimase sorpreso quando, sempre per grazia divina, la prima a salutare fu...
 
«Ci vediamo domani, meraviglie!»
 
... Stacey?
 
«Dove vai tanto di fretta, dolcezza?» chiese Richie.
 
«Papà mi aspetta per pranzo, abbiamo degli ospiti! Roba da adulti!» Fece un gesto di noncuranza con la mano. «Poi devo andare da Mike, mi aspetta davanti L’Aladdin!»
 
«Andate al cinema senza di noi?!»
 
«No, sciocchino!» rise lei. «Andiamo a dare un’occhiata alle locandine!»
 
«E p-perché?» Bill non era l’unico ad essere confuso.
 
«Io e Mikey ci diamo alla fotografia, bella gente! Prima dobbiamo osservare, poi ci metteremo all’azione!»
 
«Un corso di fotografia?» Stavolta fu Ben a esporre il proprio dubbio.
 
«Poi vi racconto, va bene?» Rise di nuovo, la solita risata che Eddie odiava, ma che stava cominciando a sopportare per il quieto vivere. «Buon pranzo!»
 
«Sicura che non vuoi un passaggio?» le urlò dietro Richie, che era pur sempre suo vicino di casa, ma lei continuò a camminare. Richie si strinse nelle spalle. «Come vuole. Comunque, dove eravamo rimasti?»
 
«A me e te che dobbiamo comprarci un nuovo pacco di sigarette, Richie! Anche la riserva è praticamente finita!» fece la rossa.
 
«Ottimo! Lo vogliamo mettere in atto una volta per tutte questo benedetto piano con Eddie che distrae il suo spacciatore e tu che rubi un paio di pacchetti?! Sono al verde!»
 
Eddie gli rispose con un dito medio, Beverly con una risata.
 
«Credevo avessi fatto un lavoretto per tuo padre l’altro giorno!» rispose lei.
 
«Infatti!» confermò, drammatico. «Ho speso già tutto!»
 
Beverly rise di nuovo.
 
«Io e Eddie comunque non possiamo adesso! Andiamo a pranzo insieme.»
 
«Che vuol dire che andate a pranzo insieme?»
 
«Che andiamo a pranzo insieme, tesoro.»
 
«E non ci invitate neanche?!» Sconvolto. «L’ho detto che state diventando tutti dei traditori!»
 
«Non siamo traditori, poi ci rifaremo!» Sperò di consolarlo così dicendo. «Ci vediamo, ragazzi!» accorciò la rossa, divertita ma anche un po’ intenerita dall’espressione offesa di Richie.
 
«Sì, sì, ci vediamo, quando i traditori si stuferanno e-»
 
Richie si zittì nell’istante in cui Eddie andò ad abbracciarlo per salutarlo, la bocca aperta ed un rossore sulle guance che solitamente vedeva al più piccolo. Sentendolo tacere, Eddie rise, poi si staccò e si avviò con Beverly in bici verso casa di sua zia.
 
«Stai... stai bene, Richie?» tentò Ben, vedendolo di pietra a guardare in direzione di Eddie che si allontanava, un’espressione ebete in volto.
 
«Smettila.» Stan sbuffò, giudicando il livello di sottonaggine dell’amico. «Puoi anche tornare a respirare, se n’è andato.»
 
Ben non capì, Bill ebbe qualche idea. C’era un’altra cosa che Ben non capiva: «Ma perché saltano tutti le lezioni pomeridiane?»
 
 
*
 
 
«Grazie, signora, era tutto squisito!» ringraziò Eddie, alzandosi da tavola appena dopo la sua amica. La zia della rossa ringraziò a sua volta i ragazzi e quando questi si offrirono di aiutare a sparecchiare lei li fece dileguare.
 
Si fiondarono immediatamente in camera di Beverly e lì contemporaneamente si gettarono di schiena sul letto, emettendo lo stesso suono che significava una sola cosa:
 
«Sono piena, cazzo.»
 
«A chi lo dici!» l’appoggiò. «Tua zia cucina per un esercito! Se mia madre scoprisse quanto ho mangiato e soprattutto quanti zuccheri ho assunto, mi vieterebbe di tornare qui una seconda volta!»
 
«Tua madre ti vieta comunque di venire qui, Eddie!» precisò.
 
«Vero...»
 
Beverly rise così che il morale non scendesse a entrambi sotto ai piedi. Sembrò funzionare.
 
«Beh, ti concede di andare da Bill almeno!»
 
«Anche da Ben! Però c’è da dire che all’inizio, da dopo la morte di Georgie, si faceva sempre il segno della croce, credo!»
 
Beverly batté entrambe le mani sulla propria pancia.
 
«Credi che si provi lo stesso?» Pausa ad effetto. «Ad essere incinta?» Vide che Eddie era arrossito, allora rise nuovamente. «Una grossa, gonfia, piena pancia!»
 
«Beh... credo sia un po’ diverso...» Cosa dovrei saperne io?! E non voglio saperlo! C’era da dire, infatti, che Eddie credeva una cosa: fosse stato una ragazza, avrebbe avuto proprio la fobia di rimanere incinta. Le voglie da soddisfare, i dolori, il vomito, l’essere continuamente trattato in modo speciale, come se avere come madre Sonia Kaspbrak non bastasse, e poi soprattutto il parto. Quello gli faceva una paura cane.
 
«Senti, Eddie!» disse Bev, distraendolo fortunatamente dai suoi pensieri, con una teatralità che lo incuriosì parecchio. Prese una mano dell’amico e la posizionò sulla propria pancia. Eddie per un attimo pensò di dover sentire qualcosa per davvero. Attese un secondo e... «Sta scalciando!»
 
Risero, una risata che li faceva sentire leggeri. Non che uno dei due si sentisse la pancia leggera, ma questo non frenò la ragazza dall’alzarsi all’improvviso dal letto afferrando per le mani Eddie e trascinandoselo verso l’armadio.
 
«Zia ha potuto comprarmi la tuta da sci, vuoi vederla?»
 
«Sicuro!» disse lui, ma lei la stava già spostando le grucce vicine per mostrargliela. Quando la ebbe tra le mani, la lasciò cadere verticalmente davanti al proprio corpo, entusiasta.
 
«Che ne pensi?»
 
Pensava che Beverly avesse scelto il miglior colore per far risaltare quello dei suoi capelli, ma quasi sicuramente di tute da sci ce ne erano di pochi colori, perlomeno quelle che sua zia si poteva permettere. Pensava che lui neanche ci aveva pensato alla tuta da sci, ma si sarebbe arrangiato e sarebbe andato sulla neve vestito così come a Derry quando era inverno.
 
«Mi piace un sacco! Scommetto che ti sta benissimo!»
 
«Perché scommettere quando puoi vederlo coi tuoi occhi!» Gli strizzò l’occhio. «Me la provo, anche se devi essere clemente: quando l’ho provata la prima volta non ero incinta!»
 
Eddie rise, lei lo seguì un istante dopo.
 
«Ti sta bene se mi cambio qui? Non posso metterla con la gonna sotto!»
 
Non c’era malizia negli occhi dell’amica, ma non c’era vergogna neppure. Guardandola, Eddie credette per un attimo che, se ci fosse stato qualcun altro, Beverly lo avrebbe fatto uscire dalla stanza per cambiarsi, oppure sarebbe andata lei in bagno a vestirsi. Arrossì comunque.
 
«Sì, posso uscire se v-»
 
«Non preoccuparti!» fece togliendosi le scarpe.
 
«Non credo che Bill... sai...» tentò lui, non sapendo bene come dire che al ragazzo di lei non sarebbe andato a genio saperlo in camera con lei mezza nuda.
 
«In tal caso aspetta fuori la porta, fai la guardia così che non entri mia zia, okay?»
 
Ecco, ora era decisamente meglio! Eddie annuì, prima di sparire chiedendo semplicemente: «Perfetto! Dimmi quando hai fatto!»
 
Quando fu dietro la porta, in attesa, la sua mente cominciò a fargli brutti scherzi: E se Bev non si vergogna perché sa che non mi interessa? Non nel senso che non mi piace, nel senso che non mi piacciono le ragazze. Cazzo, lei sa?! Si vede? Da cosa l’ha capito? Ci si può spogliare davanti all’amico gay, no? Tanto non gli interessa, non gli piace, non mi piace, invece se si spogliasse Richie io... accidenti! Credo che preferirei persino vedere Bill spogliarsi! Cioè, non lo guarderei, però insomma, cazzo, cazzo, cazzo cazzo cazzo, io... Beverly...
 
«Faaattooo!» trillò lei, una nota di soddisfazione nella sua voce.
 
Veloce!
 
Fortunatamente distratto una seconda volta dai suoi pensieri del cazzo, tornò in camera e ammirò la figura che aveva davanti. Sorrise per quanto le stava bene quella tuta. I colori non facevano a botte fra di loro, come aveva immaginato, e chissà da quando era diventato questo esperto di moda.
 
«Ti sta davvero bene! Mi piacciono un sacco i colori!»
 
Frena! pensò. Se Bev ha questa sensazione che sono gay, non posso mostrarmi così attento alla moda, non c’è questo stereotipo per cui...?
 
«Grazie!» La rossa girò su se stessa. «Ma l’importante è che è comodissima! Con questa addosso sarò velocissima e leggerissima sugli sci! A proposito, tu hai già preso la tua? Voglio vederla!»
 
«Oh, sì.» mentì lui. «Però adesso non possiamo andare a casa mia... cioè, non puoi venire a casa mia...»
 
«D’accordo, d’accordo!» Beverly annuì, comprensiva. «Non c’è problema, ti ammirerò in tutto il tuo splendore direttamente in gita!»
 
Questo era un problema, perché Bev avrebbe visto dei normali abiti invernali, non la tuta da sci... però Eddie le sorrise lo stesso.
 
«Ora mi rivesto, prima che ci sudi dentro!»
 
Attese che l’amico uscisse dalla sua stanza, ma stavolta, rosso come un peperone, lui si voltò e basta. Lei lo fissò di schiena per alcuni istanti, ma riuscire ad entrare nella mente di Eddie Kaspbrak era meno facile del previsto, anche se molte cose lei sapeva di averle comprese benissimo anche senza che lui le dicesse, perciò sbuffò una risata e iniziò a cambiarsi.
 
Alle orecchie di lui risultava spaventoso il suono della zip che si abbassava, ma fu proprio quello a dargli coraggio.
 
«Bev?» la chiamò.
 
«Sì?» fece lei, in apparenza distratta e più concentrata sul proprio outfit, invece attentissima al castano.
 
«Perché non mi hai chiesto di uscire dalla stanza?»
 
«Beh, sei voltato di spalle!» fece lei con lo stesso tono di prima.
 
«Sì, ma potrei girarmi all’improvviso e sbirciare!» Questa frase la divertì.
 
«Ma non lo faresti mai, Eddie.»
 
Era vero.
 
«Non ti vergogni? E se invece-»
 
«Non ti interesso.» tagliò corto lei. Anche se non la vedeva, Eddie sentiva dalla sua voce che stava sorridendo.
 
«Non lo sai.»
 
«Oh, invece lo so!» Si era tolta la tuta ed i pantaloni, non restava che rimettersi la gonna e di nuovo le scarpe. «Come so che non potresti mai provarci con la ragazza del tuo migliore amico.»
 
Questa frase lo rassicurò: sembrava dire non ti piaccio io, ragazza di Bill, non uno spaventoso non ti piacciono le ragazze. Gli sfuggì un sospiro, sentendosi un briciolo più sollevato.
 
«Puoi voltarti!» disse finalmente Beverly.
 
Tranquillo, Eddie fece così e si ritrovò davanti il petto nudo di Beverly.
 
«Allora, Eddie? Ti piace?» Il suo tono era malizioso, talmente sensuale il modo in cui si accarezzava da sola un seno da fare terrore.
 
Non riusciva più a respirare, i polmoni si stringevano fino a diventare piccoli come un chicco di mais e tastarsi i fianchi era inutile, era sparito come per magia il marsupio con dentro l’inalatore e cazzo, oh, cazzo...!
 
«Eddie?» lo richiamò un’altra volta Beverly. «Ho detto che ho fatto, puoi voltarti!»
 
Stranita dal suo comportamento, gli girò attorno e quando si ritrovò faccia a faccia con lui vide che aveva la bocca spalancata e stava cercando di prendere quanto più fiato possibile, qualcosa lo aveva spaventato e anche se poi non avrebbe emesso alcun fiato, aveva la faccia di chi voleva urlare dalla disperazione.
 
«Tesoro...» Si risparmiò il “che succede?”, ma gli circondò il corpo con le braccia e posò una mano sulla sua nuca perché Eddie poggiasse il volto proprio contro quel petto e si sentisse al sicuro in quell’abbraccio quasi materno.
 
«Se lo sai...» cominciò Eddie, scoprendosi in lacrime.
 
«Se so cosa, Eddie?» domandò lei, accarezzandogli delicatamente i capelli, ma lui non le rispose.
 
«Se lo sai, non glielo dire, per favore! Per favore! Lascia che sia io, un giorno...» Il pianto gli impedì di continuare.
 
 
*
 
 
«Eddieeeeee!»
 
Il suo nome urlato nelle orecchie rischiò di fargli scappare la rana da sotto la campana. Cazzo.
 
«Sssh!» fece Eddie, portando un dito sulla bocca per zittire Stacey. «Mi hai fatto prendere un colpo, poteva cadermi tutto!»
 
«Scuusa!»
 
Sì, certo, scuse più false non ce ne sono, si disse lui, sbuffando nel sentirla ridere.
 
«Vuoi essere il mio consulente-»
 
«In questo momento non voglio essere proprio un bel niente!» la interruppe, indicando il lavoro da fare per scienze. «A parte uno studente che cerca di non fare danni. Basta Richie per quelli!» Frase che fece ridere la compagna. «E comunque l’ultima volta che ti ho dato retta mi hai messo nei casini, perciò no.»
 
«Dai, non fare l’antipatico, Eddie-Freddie!» Gli rubò la penna e segnò qualcosa sulla scheda di laboratorio che aveva sul banco. Eddie inarcò un sopracciglio.
 
«Quanto hai in scienze?»
 
«Il voto massimo, tranquillo.» disse e almeno in quel caso Eddie si fidò. Insomma, lui di certo era peggio di lei in ogni caso... La ragazza gli rimise la penna tra le dita. «Comunque, ho bisogno del tuo aiuto!»
 
«Non credo di essere la persona più adatta, sinceramente...»
 
«Ma se non ti ho detto nemmeno di cosa si tratta!»
 
«Questa volta non voglio sapere i dettagli dei tuoi...» Arrossì di brutto. «...rapporti sessuali.» continuò a voce più bassa.
 
«No, ma che! Anche se in effetti non è tanto diversa la questione!» Ne rise.
 
«Appunto.» Si scocciò. «C-chiedi a Bev.» Perché tutti dovevano parlare con lui di sesso?! Era imbarazzante, cazzo!
 
«In realtà in questo caso mi serve un aiuto da parte di un ragazzo!»
 
Eddie inarcò un sopracciglio, poi tentò: «Chiedi a Bill...? Lui sa sempre cosa fare!»
 
Stacey fece roteare gli occhi.
 
«No, sciocco, chiedo a te!» Lo seguì da un angolo all’altro del laboratorio, non prendendo affatto i suoi movimenti come un “non voglio starti a sentire”. «Si tratta di Mike!»
 
«Mike?» Niente Richie?
 
«Sai mantenere un segreto?»
 
«No.» mentì Eddie solo per togliersela dalle scatole, ma lei fece finta di non sentire.
 
«Lo trovo molto carino, diciamo.» Questa era semplicemente un’altra delle fasi del suo piano, forse la meno malvagia. Almeno per Eddie e Richie.
 
Il ragazzo lasciò perdere il suo lavoro per un attimo, il tempo di sgranare gli occhi e chiedere: «Ti piace Mike?!»
 
«Fa’ silenzio, sciocchino!» Ancora con questo “sciocchino” fastidioso?! «Sì, circa. Cioè, sì. Mi piace. Devi aiutarmi.»
 
«Ma non ti piaceva Richie?!» Almeno aveva abbassato la voce come richiesto.
 
«Cosa? No, assolutamente no!» rispose Stacey, lasciandolo sorpreso – talmente sorpreso che non riusciva ancora ad esserne felice come una Pasqua. «Che ti salta in mente?!»
 
«Ma... avete fatto... quello che avete fatto!»
 
Lei rise notando come fosse quello un taboo per il ragazzo. E quanto fosse rosso.
 
«Sì, per provare! Ma a me non piace Richie ed a Richie non piaccio io!»
 
“A Richie non piaccio io...”
 
«Ne sei sicura?» Stentava a crederci, sul serio.
 
Stacey sbuffò una risata.
 
«Uffa, ma quante volte te lo devo dire?! Sì! Forza, Eddie, sii un po’ più collaborativo!»
 
«E allora chi gli piace?» Non riuscì proprio a non chiederglielo.
 
Stacey fu colta in contropiede: non aveva preso in considerazione la possibilità di sentirsi rivolgere proprio quella domanda, perciò non aveva studiato una risposta adatta. Le parve più saggio dire: «Pronto, stavamo parlando di me e Mikey!»
 
Questo però era vero e se Eddie avesse insistito, forse sarebbe sembrato che... insomma...! Allora annuì, lasciando perdere e rispondendo sorprendentemente: «Ti aiuto!» Nel senso che avrebbe aiutato Stacey a stare lontana da Richie, non che avrebbe messo Mike nei guai – dopotutto non era solo geloso, non si fidava proprio di lei! Ancora non gli era chiaro perché Greta si trovasse a casa sua, quella volta, quando a scuola invece nemmeno si salutavano.
 
«Wow! Fantastico! Fatti abbracciare!» Neanche il tempo di dirlo che gli stava già addosso. L’insegnante li rimproverò e Stacey si staccò da Eddie.
 
 
*
 
 
Quel pomeriggio nessuno avrebbe lasciato la clubhouse per parecchio tempo ancora. Quando erano arrivati c’era un bel sole in cielo, ma da ormai tre ore l’acquazzone batteva sul suolo che ricopriva le loro teste.
 
«Marzo pazzerello, guarda il sole e prendi l’ombrello!»
 
«S-siamo a f-fine Gennaio, Richie!»
 
Si erano portati diverse coperte su cui stendersi, ma a saperlo ne avrebbero prese altre per coprirsi. Ben era stato più veloce di Bill (e della sua balbuzie) ad offrire alla sua ragazza il proprio giubbotto e a Mike era sembrato carino fare lo stesso per Stacey. Stacey... che a seguito di quel gesto aveva fatto l’occhiolino a Eddie e lui si era curato di forzare un sorrisetto. Stan era fisso a guardare le prevedibili mosse di Richie e dopo neanche due minuti quello ovviamente non si era smentito ed aveva insistito per dare a Eddie il suo giubbotto.
 
«Tanto non ho freddo.»
 
Tipico, aveva pensato Stanley.
 
Il lato positivo era che, sentendosi in debito, Eddie aveva permesso a Richie di stare sull’amaca insieme a lui per i suoi dieci minuti.
 
Tanto sarebbe andata così ugualmente, altro pensiero di Stanley.
 
Anche se non si trattava di soli dieci minuti: già tutti erano stati sull’amaca un paio di volte e ormai erano comodamente sdraiati a terra sulle coperte, a nessuno più interessava starsene sull’amaca e rispettare i turni.
 
Prevedibile, sempre Stanley.
 
Così ecco i Perdenti e Stacey ammucchiati sul cotone e poco distanti Eddie e Richie sull’amaca, gamba contro gamba. Oh!, e Richie aveva una mano sulla caviglia dell’altro ed ogni tanto la muoveva su e giù in una carezza.
 
Grazie a Dio ho i pantaloni lunghi, altrimenti si accorge della pelle d’oca.
 
«C-credo che m-manchi poco!» disse Bill, rispondendo alla questione di cui stavano discutendo.
 
«Fai sentire!» disse Stacey, allungandosi verso di lui e tastandogli prima una guancia e poi il mento con un mano. Le venne da ridere sentendo quanto liscia fosse la sua pelle. «A me sembri liscio come il culo di un bambino!»
 
Qualcuno rise con lei.
 
«S-sì, è vero! Ma p-presto crescerà!» ribatté Bill, riferendosi alla barba.
 
Anche Beverly andò a carezzargli una guancia, ma non per provare chi avesse ragione – il suo doveva essere un gesto romantico. Disse: «A me piaci così!»
 
Non importava quanto sembrasse impacciato il sorriso del ragazzo: in realtà non lo era affatto, lui si sentiva sicurissimo di sé in quel momento e se la sua ragazza lo apprezzava anche senza barba, cosa lo frenava dal tirarsi in avanti per rubarle un bacio? Niente!
 
«G-grazie, Bev!» fece quando le loro labbra si staccarono.
 
Stavolta era lei a sentirsi impacciata.
 
«E ancora osate dire che non state insieme...!» scherzò Mike.
 
«Mikey, Mikey, Mikey, la bella Bevvie è la sola che può dirci quanti gliene crescono di peli al caro vecchio Big Bill, ma non sulla faccia!» parlò la Boccaccia. (Facendo ridere Eddie.)
 
«C-chiudi quella b-bocca, Richie! C-comunque a-al nostro anno solo Jacobson ha l-la b-b-barba!»
 
«Strano che Stan l’Uomo ancora non ce l’abbia! Dove li nascondi i tuoi pelucchi, Stanny?» Sempre Richie che non stava zitto. Lo ignorarono tutti.
 
«Però Dave ha i baffi!» ricordò Stacey e Beverly confermò.
 
«E che baffetti! Pari pari a quelli dell’amichetto di Staniel!»
 
«Beep-beep, Richie!» fece Beverly, ma tanto Stan ignorò felicemente la battuta con Hitler.
 
«Anche Barbara, quella riccia dell’altra classe, avete presente? Cazzo, pure quella ha i baffi!» sghignazzò ancora il corvino, facendo un’altra volta ridere Eddie, ma almeno adesso questo si degnò di colpirlo in faccia con un piede per la cazzata detta. Richie tolse quel piedino profumato dalla propria faccia come se nulla fosse e disse: «Sì, ho capito, ho capito, beep-beep, Richie! Ho sentito!»
 
«Io comunque sto iniziando a radermi, la mattina! Qualche peletto mi esce!»
 
«E bravo Mike!» Ancora Boccaccia. A quanto pareva non aveva proprio capito di dover stare zitto. «Sai che ogni tanto anche io?»
 
«Sì, non ci crede nessuno!» ribatté scherzoso Eddie, colpendolo di nuovo con un piede.
 
«Oh, certo, perché tu, stronzetto, sei proprio un malfidato! Se toccassi, capiresti!»
 
«Non hai un cazzo in faccia!»
 
Ma Richie gli stava già togliendo il calzino per fargli sentire con la pianta del piede quanto non fosse liscia (e invece lo era) la sua faccia.
 
«Che cazzo fai!?» Qualcuno rise, guardandoli. Di certo non Stan. «M-ma sei scemo?! Si crepa di freddo! Lascia il calzino!» Tentò di ribellarsi e Richie alla fine fece come richiesto.
 
«Allora allunga la tua bella manina e senti con quella!»
 
Se gli avesse accarezzato la guancia, Eddie sarebbe morto dall’imbarazzo e pure di caldo, cotto a puntino sulle guance, però sembrava... innocuo, ecco, posare per un istante i polpastrelli sul suo mento. Lo fece dunque.
 
«Come pensavo: sei esattamente come noi, neanche un peletto! Inutile che ti vanti tanto!»
 
«Oh no, tesoruccio! Innanzitutto come voi questo grandissimo cazzo, dato che tu, mio piccolo Eds, sarai l’ultimo ad avere dei peli sulla faccia, sempre che li avrai, e poi devi sentire meglio! Se ci posi sopra le labbra te ne accorgi!» Ridacchiò.
 
Ecco, sta facendo di nuovo il coglione. Lo fa di proposito!
 
Così imbronciato, Eddie era comunque adorabile agli occhi del Tozier. Quello si puntellò il mento con due dita.
 
«Forza, amore, aspetto il mio bacinooo!»
 
«Io non ti bacio!»
 
«Mi stai rifiutando in questo modo?! Oh miei dèi, santissime divinità del cielo e della terra, ma non scordiamoci quelle dell’acqua!, il mio tesoruccio si sta sul serio rifiutando di baciarm-»
 
Un calcio in faccia lo zittì... per un attimo solo.
 
«Ahi...» Diceva? «Si sta rifiutando di baciarmi?! Che triste sorte è questa per...»
 
«Stai zitto, Richie!!!»
 
Gli schiamazzi terminarono circa un minuto dopo, quando Stacey prese la parola: «Andiamo, Eddie! Non la finirà finché non gli darai un bacino! Che ti costa?»
 
«Non ha tutti i torti...» fece Mike, divertito.
 
«BAAAAAACIOOO, BAAAACIOOOO!» Fu Stacey a far partire il coro che fece arrossire Eddie fino alla punta del naso. Anche Richie decise di prendere parte a quel coretto.
 
«Andatevene tutti a ‘fanculo!» borbottò il castano, allontanandosi il più possibile da Richie, ma sempre restando sull’amaca.
 
«Perché non me lo fai tu il culo, Eds?» gli venne chiesto maliziosamente, una delle solite prese in giro.
 
«Dai, Eddie!» insistette Stacey mentre qualcun altro rideva.
 
Beverly, che aveva osservato il castano per tutto il tempo, attese un altro istante ancora e poi concluse: «Lasciatelo stare!»
 
Però poi parlò Stan. Una provocazione che nessuno si aspettava, ma doveva essere stanco del ritardo evidente dei due idioti. Disse: «Eddie è troppo orgoglioso per fare una cosa del genere.»
 
Aveva ragione! Ma era così orgoglioso da volergli andare contro per provare di non esserlo! Tutti stentarono a crederci allora quando Eddie andò a posare un bacetto sul mento di Richie – tutti tranne Stan, aspettandosi esattamente quella reazione, finalmente sereno perché nessuno più avrebbe gridato.
 
 
*
 
 
Dopo due lunghi e grigi giorni di pioggia, finalmente il sole era tornato. Eddie aveva concluso i suoi compiti per casa, aveva usato il telefono per chiamare Richie e chiedergli se in settimana potesse davvero dargli quelle ripetizioni di matematica di cui avevano parlato e quello aveva accettato. Si era infilato in fretta il giubbotto, aveva dato un bacino a sua madre ed era uscito di casa. Ora aveva appena smesso di pedalare, quindi lasciò cadere la bici sul vialetto e guardò verso casa Tozier. La porta si stava aprendo proprio in quel momento, attese un istante e vide uscirne fuori Richie con alcuni attrezzi: sicuramente suo padre gli aveva dato qualche lavoretto da fare in cambio di qualche soldo per comprarsi l’ultimo pacchetto di sigarette prima della partenza per la settimana bianca.
 
«Eds!» Gli occhi di Richie si illuminarono non appena vide l’amico. «Che sorpresa! Che ci fai qui?»
 
«Hey, Rich!» Il sorriso con cui Eddie lo salutò era stra-carino, però era strano che il ragazzo non si fosse avvicinato. «Giusto una visita!» mentì, lasciandolo confuso. Gli piaceva quando Richie aggrottava la fronte e si sentiva una fighetta a pensarlo. Gli piaceva anche di più quando si aggiustava gli occhiali in maniera un po’ impacciata sul naso.
 
«Oh... beh, è sempre un piacere! Adesso dovrei tagliare... ecco... l’erba per papà...» Ma posso farlo dopo! Continuò così la frase nella testa di Richie. «Oggi è particolarmente generoso, ha detto che è disposto a darmi il doppio se la faccio bene! Che cazzo di culo, eh? Ma se vuoi...»
 
«Non ti preoccupare!» lo interruppe Eddie, ancora lontano, capendo come avrebbe proseguito Rich. «Tanto ho da fare! Ci vediamo domani, okay?»
 
«... eh?» Ma non era venuto lì per lui? Che voleva dire che aveva da fare? E perché cazzo sorrideva in modo così fottutamente adorabile? «No, ma guarda che posso sempre-»
 
«Sì, con Stacey! Dobbiamo sbrigare alcune cose, sai...!»
 
Che cazzo?! si domandò il corvino. Lo shock gli procurò dell’evidente ritardo, perché Eddie fu abbastanza veloce da salutarlo con un dolce A domani, Rich! prima di andare a bussare alla porta di Stacey.
  
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