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Autore: wittyy_name    01/05/2020    2 recensioni
Lance e i suoi amici sono da anni frequentatori assidui dell’Altea Dance Studio. Non solo per i corsi, ma anche per trovarsi, allenarsi e passare il tempo con altre persone che amano ballare. Partecipano ogni anno all’audizione per rappresentare Altea alle regionali di ballo. Lance tenta sempre l’audizione da solista, ma quest’anno non ce l’ha fatta a partecipare e la sua unica possibilità è andata in fumo. Lo stesso accade al suo ignaro rivale, Keith.
*
Per fortuna, Shiro ha un piano geniale: convincere Lance e Keith a fare un’audizione di coppia.
*
Con un po’ di convincimento, e molto impegno, quei due potrebbero riuscirci e andare alle regionali… oppure rovinare tutto.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Allura, Kogane Keith, McClain Lance, Takashi Shirogane
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Riassunto del capitolo: Okay, ritorniamo alla frase di prima: Oh. Col. CAZZO.


 

Note dell'autrice: Ehi, ragazzi! Siamo tornate! Io sono Wittyy e l'illustratrice è Sora; forse avete già letto la nostra altra fic Operation:Time Out.

Ecco qui la Dance AU che avevamo in mente fin da quando avevamo iniziato O:TO. Questa qui sarà bella lunga (per chi mi conosce nel fandom di Homestuck, sa benissimo in cosa si sta imbarcando) e siamo molto entusiaste di averla iniziata.

Abbiamo creato un blog su Tumblr per questa fic per aiutarci a raggruppare tutti i video che ci hanno ispirato lo stile di danza di ciascun personaggio. Tutti i link sono nelle note in fondo.

Buona lettura, ragazzi!

Note della traduttrice [DanceLikeAnHippogriff]: Mi scuso in anticipo perché NON ho trovato un metodo alternativo per rendere il personaggio di Pidge come non-binary in lingua italiana. Tutti i pronomi che ho usato sono al maschile, purtroppo... Se siete a conoscenza di un modo per evitare di cadere nella binarietà della lingua italiana, sarò più che felice di modificare la traduzione in modo da renderla più fedele all'intento originale dell'autrice.

Detto questo, sono felicissima di poter portare (e, spero, di rendere onore a) questa fic che ha spopolato nel fandom anglofono di Voltron anche qui su EFP! Un grandissimo grazie va alla mia beta, CrispyGarden, a cui dedico anche la traduzione, e ad andreanighteye, che ha iniziato questo ambiziosissimo progetto di traduzione per far conoscere la scrittura di wittyy qui su EFP, decidendo di prendermi a bordo <3

Vi auguro una buona lettura!


 

“Non riesco a credere che neanche uno di voi mi abbia chiesto di fargli da partner. Pensavo che fossimo amici.” Si lamentò Lance con fare drammatico, abbandonandosi addosso a Pidge e spingendolo addosso al braccio di Hunk. Lance appoggiò la testa sulla sua spalla.

“Lance, tu odi ballare in coppia.” Disse Pidge in tono piatto. “Avresti almeno detto sì se te l’avessimo chiesto?”

Lance fece una smorfia, arricciando il naso e le labbra. “Non è quello il punto, Pidge.”

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“La mia argomentazione è decisamente valida e non dovresti ignorarla.” Erano seduti a gambe incrociate al centro della sala prove di Hunk e Pidge, ammassati di fronte al computer di Pidge. Sullo schermo c’era una playlist di YouTube, che stavano scrollando distrattamente.

“La tua argomentazione fa schifo. Huuuunk.” Inclinò la testa all’indietro per guardarlo, gli occhi spalancati e le labbra imbronciate. “Tu avresti ballato con me, amico, vero?”

Hunk lo guardò di sbieco per poi riportare la sua attenzione sullo schermo. “Eeeecco, no. Mi dispiace, Lance, ti vogliamo bene e tutto, ma sei una pigna in culo per queste cose.”

Lance si drizzò a sedere, guardandoli. Alzò le braccia al cielo. “Non è vero!”

“Sì che lo è.” Concordò Pidge. “Sei letteralmente la peggiore persona con cui creare coreografie di ballo. Ci abbiamo già provato, Lance. Mai più.”

Hunk annuì. “Amen.”

Lance incrociò le braccia al petto, incurvando le spalle. Distolse lo sguardo con uno sbuffo. “Begli amici che siete.”

“Tanto farai l’audizione per il posto singolo in ogni caso, no?”

“Beh, sì, ma-”

“Quindi non vedo il problema. Andiamo avanti, per favore.” Alzò gli occhi al cielo, riuscendo in qualche modo a coinvolgere tutto il corpo in quel movimento.

“Il punto è che sono offeso!”

“È fantastico, amico, ma non è che potresti tipo… offenderti in silenzio? Abbiamo la stanza solo per un’ora e dobbiamo decidere la musica per la nostra audizione.”

Lance sospirò, accasciandosi nuovamente addosso a Pidge. Appoggiò la guancia sulla sua testa, le braccia ancora incrociate con fare testardo. “E va beeeeeeeene.”

“Che ne dici di questa qui?” Chiese Pidge.

Hunk aggrottò la fronte, pensieroso. “Non è quella che hanno ballato i vincitori del terzo posto l’anno scorso?”

Pidge emise un verso pensieroso. “Sì, penso che tu abbia ragione.”

“Oh! Oh! Che ne dici di-”

Pidge gli schiaffeggiò la mano. “Non toccare lo schermo.”

Hunk si strinse nelle spalle massaggiandosi la mano. “Ehi, ho bisogno di questa mano se vuoi che balli con te!”

Pidge alzò di nuovo gli occhi al cielo, cliccando su un’altra canzone. “Shiro non ne ha bisogno.”

“Okay, touché… Mi piacerebbe comunque tenermi entrambe le mani.”

“Allora non toccare lo schermo.”

“Ballare senza una gamba, quello che sarebbe difficile.” Disse Lance.

Pidge lo ignorò. “Che ne dici di questa?”

“Non l’avete già portata due anni fa?” Chiese Lance.

I due si scambiarono uno sguardo.

“Davvero?”

“Non lo ricordo?”

Lance ridacchiò. “Eh, già. Non avete vinto, ma l’avete già ballata sicuro. Hunk ha piroettato così veloce che per poco non vomitava sul palco.”

“Okay, quindi questa no.”

“Che ne dici di un mix tra le due? Hanno un buon vibe e potremmo tipo, usare entrambi i nostri stili, penso.”

“Uuuuugh, non questa canzone.” Si lamentò Lance, allungandosi per cliccare sullo skip. Pidge gli schiaffeggiò la mano prontamente, e Lance la ritirò con uno scatto, stringendosela al petto. Seduto con la schiena diritta, se la massaggiò, guardando male Pidge. “Dio mio, ma sono davvero mani quelle? Non dovrebbero essere, che ne so, morbide o che so io?”

Pidge lo guardò, lanciandogli quello sguardo esasperato che conosceva bene. “Lance, non tutti usano così tanta lozione e crema idratante come te.”

“Okay, ma le tue mani sono tipo, dure e ruvide.”

“Vero?” Hunk lo guardò da sopra la testa di Pidge e alzò la mano, imitando un colpo. “E com’è che sono così veloci?”

Lance si scostò da Pidge assottigliando lo sguardo. “Non è che sei un qualche tipo di robot?”

“Se crederlo ti farà smettere di toccare la mia roba, allora pensa quello che vuoi.” Indicò il suo computer. “E quindi perché questa canzone no?”

“Uh, forse perché sono stato scaricato a San Valentino?”

“E che cosa c’entra con la canzone?”

“La stavano passando in radio al bar!”

Pidge fece un respiro profondo, abbracciandosi il torso con un braccio e usando l’altra mano per stringersi il ponte del naso. “Mi stai davvero dicendo che non vuoi che usiamo questa canzone che è, tra l’altro, una buona canzone-”

“Che funziona molto bene con i nostri stili.”

“-grazie, Hunk. Perché una ragazza ti ha scaricato quando questa canzone era in onda?”

“Sì! Era il giorno di San Valentino, Pidge! Chi farebbe mai una cosa simile?!”

“Da quant’è che uscivate insieme?”

“Beh, era, uhm, il nostro primo appuntamento, ma comunque- Pidge, non ridere! Non è divertente!”

Pidge soffocò la risata con le mani, ma non riuscì a nascondere il suo sorriso. “Lance, se dovessimo bocciare tutte le canzoni che hai sentito durante i tuoi pessimi appuntamenti, ci rimarrebbero solo vecchi pezzi jazz e ninnenanne.”

 “Wow, okay, punto primo: che stronzi?” Alzò un dito per poi aggiungerne un secondo. “Punto secondo, c’è stata quella volta che-”

“Oh mio dio.” Pidge alzò gli occhi al cielo con fare così drammatico che si sbilanciò all’indietro e si accasciò addosso a Hunk. Si schiaffò le mani sul volto per poi piegare la testa all’indietro, sbirciando Hunk dagli spazi tra le dita. “Hunk, nostro figlio è patetico. Dove abbiamo sbagliato?”

“Ehi!” Scattò Lance. “Devo forse ripetermi? Siete degli stronzi.”

Hunk diede dei colpetti alla testa di Pidge, scuotendo il capo. “Su, su, Pidge. Abbiamo fatto del nostro meglio. Non è colpa nostra se è un po’ patetico.”

“Un po’?”

“Okay, forse un po’ tanto.”

Wow, Hunk!”

Hunk gli rivolse un ghigno che mantenne per un secondo. “Seriamente, però, amico. Non hai proprio potere di veto sulla nostra scaletta.”

“Uhm, col cazzo che non ce l’ho! Dovrò subirmi qualunque canzone deciderete per mesi. Ho il diritto di potervela bocciare.”

Pidge si trascinò le mani sul volto. Gli rivolse un ghigno, gli angoli degli occhi leggermente corrugati. “Quindi questo vuol dire che noi possiamo bocciare la tua scaletta?”

L’espressione baldanzosa di Lance andò in frantumi e lui distolse lo sguardo, le spalle incassate. “Colpito e affondato.”

“Come pensavo.”

“Non devi allenarti anche tu, in ogni caso?” Chiese Hunk con un sopracciglio inarcato.

Lance si tirò su a sedere spalancando gli occhi. “Merda, hai ragione.” Si tastò le tasche dei pantaloni. “Che ore sono?”

Pidge lanciò un’occhiata allo schermo. “È passata l’una da qualche minuto.”

“Okay, allora!” Lance si mise in piedi, stiracchiando le braccia sopra la testa e inarcandosi leggermente all’indietro. “Ho un appuntamento con la sala prove.” Fece un passo indietro, poggiando il piede destro dietro a quello sinistro e facendo un piccolo inchino, spostando le braccia di lato. “A più tardi, nerdoni.” Disse, rivolgendogli uno scherzoso saluto militare accompagnato da un occhiolino. Afferrò il suo zaino, piroettò sui talloni e si diresse verso la porta.

“Potremo anche non avere potere di veto, ma se scegli di nuovo Britney Spears io con quest’amicizia ho chiuso!” Lo avvertì Pidge.

Lance gli fece il medio da dietro la spalla e se ne andò.

La sua sala prove era un piano sopra quella. La buona vecchia stanza 4C. La prima volta l’aveva scelta per ripicca.

Quando avevano iniziato a partecipare alle gare si prenotavano sale prova separate. Pidge e Hunk in una e Lance in un’altra. Si prenotavano stanza vicine, ovvio. Perché non avrebbero dovuto? Erano migliori amici! Amici per la vita! Ma poi Pidge aveva iniziato a prendere in giro le canzoni che sceglieva Lance, quindi lui aveva ovviamente iniziato a metterla su nientemeno che a volumi estremamente alti in modo che Pidge potesse apprezzarla appieno anche dalla stanza accanto. E poi… quella scaramuccia gli era sfuggita di mano. Ci fu perfino una volta in cui Pidge e Hunk tentarono di manomettere le casse nella sala di Lance che, per ripicca, si mise a cantare a pieni polmoni Baby di Justin Bieber fino a quando non si offrirono di riparargliele. Ci erano voluti solo 10 minuti.

Dopodiché, Pidge e Hunk scelsero una stanza, la 3C per la precisione, che aveva sempre quelle ai lati già prenotate. Lance, prendendo il gesto come una sfida, aveva scelto la buona vecchia 4C. Così non solo poteva sparare la sua musica a tutto volume, ma anche ballare a passi pesanti sul loro soffitto.

Il tutto non durò che qualche settimana prima che tutti loro se ne stancassero, ma Lance si era già affezionato a quella stanza. Era la sua stanza. Beh, certo, la usavano anche altre persone. Ma Lance la prenotava sempre. Era una creatura abitudinaria, okay? Gli piaceva allenarsi in un ambiente familiare. Anche se il cavo AUX era un po’ bacato e le casse ronzavano quando la musica era troppo alta; anche se c’erano delle assi sconnesse sulle quali poteva inciampare e uno degli specchi era super macchiato. Quella stanza aveva carattere.
Mentre saliva le scale tirò fuori il telefono, scrollando con fare pigro la sua playlist. Non aveva deciso una scaletta per quell’anno, figurarsi la canzone per l’audizione. Non lo faceva mai in anticipo. Lasciava andare la musica in shuffle fino a quando un pezzo non lo ispirava. Finché non sentiva quello giusto.

Il quarto piano era praticamente deserto. Erano a metà giornata e le vere e proprie lezioni di ballo non sarebbero iniziate che nel pomeriggio tardo, quando gran parte delle scuole avevano finito. Le uniche persone che c’erano a quell’ora erano quelli come lui (che non andavano a scuola e non avevano un lavoro dalle 8:00 alle 17:00) e come Pidge e Hunk (studenti del college con lezioni a orari strani). Era un ottimo momento per allenarsi, davvero. Niente bambini che correvano in giro, il quarto piano tutto per lui, pace e-

Perché sentiva della musica?

E non il solito rumore ovattato che si sentiva dal piano di sotto o di sopra. Era come… una musica forte e chiara. Musica che proveniva da quel piano. Lance alzò lo sguardo, passando in rassegna la fila di porte. Erano tutte chiuse tranne una. Una che era socchiusa. Una da cui uscivano musica e luce. Chi cavolo si stava allenando al quarto piano? Non c’erano abbastanza persone in giro a quell’ora del giorno perché lì ci fosse qualcuno a parte lui. Il secondo e terzo piano erano pieni di sale prova tra cui scegliere.
E quella era forse… era la 4C?
Oh. Col. CAZZO.
Si ficcò il telefono in tasca e marciò verso la stanza. Ugh, ma che musica era poi? Un qualche tipo di pop, okay, la maggior parte di loro lo ballava. Ma quello non era neanche… tipo nella top 40. Lance non era neanche sicuro di aver sentito quella canzone in giro. E non sarebbe certo rimasto lì ad ascoltarla. Aveva cose da fare. E per cose, intendeva cogliere di sorpresa lo stronzo che gli aveva fregato la stanza.
Mise la mano sulla porta con l’intento di spalancarla, ma nel momento in cui lo fece la musica cambiò. Poteva anche non conoscere quella canzone, ma ne sapeva abbastanza da capire che quello stop improvviso non faceva parte del pezzo. Esitò a quel silenzio, e una nuova canzone partì. Quella la conosceva: Pompeii dei Bastille.
Uh, forse i gusti musicali di quello stronzo non erano poi così male.

Ammise che aveva stuzzicato la sua curiosità.

Lance aprì lentamente la porta sui primi versi della canzone, sbirciando dalla fessura.

Okay, era un ragazzo. Un ragazzo in pantaloni neri attillati, una maglietta nera che gli cadeva giusta e una camicia di flanella rossa a maniche lunghe legata in vita. Si era appena legato i capelli neri in una piccola coda, esponendo il suo collo pallido e slanciato. E indossava dei guanti neri senza dita. Un po’ alternativo, ma ehi, non era male. Ci poteva stare.

Okay, quindi quello stronzo era un bono della madonna. Almeno da dietro. Fooooorse poteva perdonarlo per avergli fregato la stanza. Forse. Cazzo, forse potevano condividerla?

Il ragazzo molleggiò sui talloni a ritmo per un po’ e si mosse sulla prima strofa. Si mise velocemente in posizione, un passo di lato, il ginocchio piegato, il braccio corrispondente in alto e piegato. Poi fece un movimento lento, le braccia in alto che si incrociavano sul corpo, e girò i piedi per spostare il peso sull’altro piede. Mano sul petto, l’altro braccio teso mentre i piedi si univano.

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Il modo in cui si muoveva era… bellissimo. Alternava, in perfetta sincronia con la canzone, dei movimenti veloci con altri lenti e aggraziati, muovendo le braccia e le gambe con una precisione estrema per poi seguire con maestria le parole del brano.

La velocità con cui spostava il peso, assumendo nuove posizioni e fermandosi con precisione millimetrica come se esistesse uno stampo per quella posa precisa gli ricordò molto lo stile preferito di Pidge. Ma il modo in cui i suoi arti rollavano, espressivi e mutevoli, era simile a quello di Allura. Era una combinazione fenomenale.

Anche quando il ritmo aumentò e i suoi movimenti si fecero più veloci, c’erano comunque momenti in cui si fermava all’improvviso per fare quelle mosse fluide per poi farsi di nuovo veloci e irregolari. Ci mise perfino un salto ed era possibile saltare in slow motion a quel modo? O forse fu solo la sua percezione…

Si era un po’ incantato, folgorato dalla danza di quel ragazzo. Era così coordinato, così calcolato; eppure c’era bellezza nella consapevolezza con cui muoveva il suo corpo proprio come voleva lui.

Poi il ragazzo si voltò, e Lance scorse il suo volto e per poco non soffocò – merda, era Keith? Quel Keith Kogane?!

Forse gli era scappato un suono strozzato, ma anche se fosse era stato inghiottito dalla musica.

Okay, ritorniamo alla frase di prima: Oh. Col. CAZZO.

Sembrava che Keith non lo avesse notato. Bene, voleva l’elemento sorpresa.

Proprio sul ritornello, richiuse appena la porta. Fece un passo indietro e la aprì con un calcio. Oh sì, drammatico, in pieno stile Lance McClain.

Entrò nella stanza, godendosi il modo in Keith esitò nei suoi movimenti e per poco non cadde perdendo l’equilibrio. Il ragazzo si ricompose e si girò di scatto per fissarlo con gli occhi spalancati e la bocca aperta.
 Sì, era bello avere il coltello dalla parte del manico.

“Tu!” Scattò Lance, indicandolo. “Sei nella mia sala prove!”

Keith lo fissò per un lungo momento prima di richiudere la bocca e raddrizzare la schiena, corrugando le sopracciglia.

Lance diede la colpa al codino. Quello stupido, stupido codino che aveva camuffato il mullet tipico del ragazzo. Se lo avesse visto lo avrebbe capito fin da subito e non avrebbe sprecato il suo tempo ad ammirarlo. Non si meritava la sua ammirazione.
“Di che cazzo stai parlando?”
Lance appoggiò entrambe le mani sui fianchi e spostò il peso su una gamba, sporgendosi in avanti. Inarcò un sopracciglio. “Uhh, sto parlando del fatto che tu sei nella mia sala prove? Pronto? Hai il mullet che ti copre le orecchie per caso?”

Keith abbassò appena il mento e incrociò le braccia al petto. Squadrò Lance da capo a piedi, e il ragazzo si irrigidì sotto quello sguardo indagatore. Gli occhi di Keith si posarono per un attimo sulla sua t-shirt per poi analizzare i braccialetti colorati che aveva ai polsi. Lance sentì il calore arrampicarglisi su per il collo e ricacciò indietro quello strano misto di imbarazzo e offesa.
 La sua maglietta ‘Getting Bi’ era un delle sue preferite, okay? Un po’ ammiccante, certo, ma la adorava. Gliel’aveva regalata Pidge per scherzo. Lui gliene aveva presa una con scritto ‘Non-Binary Day’ con la N e la B in maiuscolo e in grassetto. E i braccialetti glieli avevano fatti i suoi fratelli e nipotini, quindi avrebbe letteralmente litigato con Keith se avesse osato dire qualcosa in merito.

Fece del suo meglio per non agitarsi. Infine, Keith riportò lo sguardo sul suo volto. “E chi saresti tu?”
A Lance cadde la mascella. Diceva… diceva sul serio? “Chi sono? Uhh, mi chiamo Lance?” Keith sbatté le palpebre e lo fissò con sguardo neutro. Lance ci riprovò. “Eravamo nello stesso corso di ballo lo scorso anno? Sono tipo… sempre qui? Praticamente ci vivo, dai!”

Il ragazzo sbatté nuovamente le palpebre e sembrò avere un’illuminazione. “Oh, aspetta, mi ricordo di te. Hai fatto l’audizione per uno dei posti alle regionali lo scorso anno.”

Lance, in tutta onestà, si sentì un po’ sollevato. Indicò l’altro con una mano, l’altra ancora saldamente ancorata alla sua anca sporgente. “Esatto! Eravamo rivali! Sai, Lance e Keith, testa a testa.”

“Non pensavo che ti fossi guadagnato un posto.” C’era dell’irritazione nella sua voce, che aveva iniziato a crescere da quando si era ripreso dalla sorpresa. In circostanze normali, Lance avrebbe detto che non lo poteva biasimare. Ma dato che si trattava di Keith, lo poteva e lo avrebbe biasimato eccome. Si meritava quell’interruzione! Era nella stanza di Lance! Lance si era prenotato e tutto! Per non parlare del fatto che Keith gli stava decisamente mancando di rispetto.

Lance corrugò la fronte, cercando di non tenergli il muso, e gli diede un’occhiataccia. “Sì, beh, ce l’ho fatta perché tu hai mollato.”

Quelle parole sembrarono sorprenderlo. Inarcò un sopracciglio, incuriosito. “Hai vinto?”

“Sì! Certo… più o meno.” Lance cincischiò e incrociò le braccia al petto, alzando il mento. Si rifiutava di essere il primo a distogliere lo sguardo da quella gara di occhiatacce. “Sono arrivato terzo.” Okay, non era così impressionante, e non era neanche riuscito ad arrivare alle nazionali, ma si era comunque conquistato il podio e doveva pur valere qualcosa, no?

“Beh, congratulazioni.” Disse Keith arido, il che punse Lance sul vivo.

Serrò la mascella e strinse i pugni. “Grazie.” Disse, la sua voce pregna di amaro sarcasmo. Fece un passo di lato entrando ancora di più nella stanza e gli rivolse un mezzo inchino, indicando la porta con un gesto ampio. “Ora se non ti dispiace, questa è la mia sala prove e devo iniziare a prepararmi per le audizioni.”

Ecco di nuovo il sopracciglio di Keith che si inarcava fino a sparire nascosto dalla sua frangia. “Questa non è la tua sala prove.”

“Certo che lo è!” Lance per poco non urlò dall’agitazione. Si raddrizzò e marciò verso Keith. Si fermò proprio di fronte a lui e gli picchiettò il petto con un dito. “Ascolta, amico. Questa è la mia sala prove. La prenoto sempre io. E che cazzo, dovrebbero mettere un cartello sulla porta con scritto ‘Stanza di Lance, vietato l’ingresso ai mullet’.”

Keith aggrottò le sopracciglia e gli spinse via la mano con uno schiaffo. “Senti, non so che problemi tu abbia-”

Lance alzò le braccia al cielo. “Il mio problema sei tu!”

“-ma l’ho prenotata io questa stanza. E se non ti dispiace, vorrei allenarmi da solo.”

che mi dispiace perché, come ho già ripetuto più volte, questa è la mia stanza.”

Keith emise un verso frustrato coprendosi il volto con la mano e scosse la testa, il braccio molle lungo il fianco. Inclinò leggermente la testa, sempre guardandolo storto e accigliato. “Senti, c’è perfino il mio nome sull’orario fuori dalla porta. Se solo tu potessi-”

“Non serve che lo guardi!” Scattò Lance, indicando la porta dietro di lui. “Quella lista è sbagliata sicuro. Ci dev’essere stato uno scambio. E ora scusa il disturbo, ma vattene.”

Keith non si mosse. “Perché non te ne vai semplicemente in un’altra stanza? Ci sono letteralmente 10 stanze su questo piano e non c’è mai nessuno a quest’ora.”

Lance boccheggiò portandosi una mano al petto. “Perché non me ne- okay, amico, lascia che ti spieghi una cosa.” Fece una piroetta sui talloni e alzò le braccia, indicando l’intera stanza. “Questa stanza e io, abbiamo una storia. Io e lei ci conosciamo da moooolto tempo.”

“Lei?”

“Zitto!” Scattò Lance, guardandolo storto da dietro la spalla. Era solo una sua impressione… o Keith sembrava un po’ divertito? No, doveva esserselo immaginato. Era solo che l’espressione acida di Keith aveva strati su strati. “Okay, dov’ero rimasto?”

“La storia.”

“Ah sì, abbiamo una storia. Una storia che ha le sue radici nell’amicizia e nella determinazione. Il nostro primo incontro è stato voluto dal caso, ma il legame che abbiamo forgiato è speciale e ora lei è la mia casa e io sono la sua.”

“Ma tu sei sempre così?”

 Lance lo ignorò e prese a camminare in un ampio cerchio, le mani sui fianchi, lasciando vagare il suo sguardo per la stanza. “Certo, non è bella da vedere, e a volte fa fin troppo caldo qui, ma ha personalità. Prendi, ad esempio, queste assi di legno.” Si fermò in corrispondenza delle assi scricchiolanti, ma quando ci camminò sopra non emisero alcun suono. Aggrottò le sopracciglia. “Forse non si sentono scricchiolanti oggi.” Borbottò, per poi girarsi e indicare con fare drammatico. “O quelle bolle-” Si interruppe quando notò che il punto che aveva indicato era completamente piatto. “O le macchie sul-” Fece scattare la testa all’insù, ma lo specchio, quello che era graffiato e sbeccato e crepato da quando utilizzava quella stanza era, in realtà, pulito e immacolato.

Aggrottò ancora di più le sopracciglia e rimase fermo sul posto con le braccia lungo i fianchi. “Uh.” Disse, principalmente a se stesso. Lasciò vagare lo sguardo per la stanza. Ora che la guardava meglio… Non c’era un altro poster sul muro? E si era sempre assicurato che le sedie fossero impilate in un angolo diverso da quello…

Pompeii terminò e un’altra canzone iniziò al suo posto, il tutto mentre Lance rimase in silenzio e Keith lo fissava.

Lance evitò il suo sguardo, grattandosi la nuca con la mano. “Immagino che tu non abbia avuto nessun problema col cavo AUX?”

Lo guardò di sottecchi giusto in tempo per vedere Keith che scuoteva la testa una volta. “Nope.”

“Uh,” Ripeté Lance, perché era tutto quello che riusciva a pensare di dire e gli si annodò lo stomaco. Forse… aveva fatto un errore. Forse. “Che stanza è questa?”

“4D.”

Sì, okay, aveva proprio fatto un errore. E si era reso uno zimbello nel mentre. Ma l’avrebbe mai ammesso? No. Per niente al mondo.

“Okaaaay.” Disse lentamente, intrecciando le mani dietro la testa. “Dato che hai già iniziato ad allenarti, e io sono così clemente, ti lascerò tenere la stanza. Andrò… semplicemente a trovarmene un’altra.” Tirò un piccolo calcetto, lasciando che il suo peso ci si appoggiasse lentamente prima di incamminarsi velocemente verso la porta. Sperava di essere riuscito a girarsi in tempo perché Keith non vedesse il rossore farsi strada sul suo viso.

Keith gli parlò quando raggiunse la porta, e quella volta c’era sicuramente divertimento nel suo tono strafottente. “Sei nella stanza sbagliata, eh?”

“No!” Scattò Lance e afferrò il pomello mentre usciva. Non si girò quando chiuse la porta un po’ più forte del necessario.

Si appoggiò contro la porta di fianco alla stanza di Keith, cercando di riprendere fiato e sopprimere un po’ dell’adrenalina che gli era entrata in circolo. Ora che la guardava di sottecchi notò che, in effetti, la porta era la 4D. Ed era lampante. Scritto in grande con la tempera dorata, e un po’ sbeccato. Fanculo, perché non l’aveva visto prima di rendersi un cretino? Beh, se prima Keith non si ricordava di lui, ora se lo sarebbe ricordato sicuro. Ma non era affatto quello il modo in cui Lance voleva essere ricordato. Magari come figo, bello, affascinante e un ballerino da paura. Certamente non come un idiota che aveva fatto irruzione nella sala prove altrui pensando che fosse la sua.

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Sentì la musica fermarsi prima che partisse di nuovo Pompeii e, in quel silenzio, giurò di aver sentito una risata soffocata.
Dio, che stronzo.
Spingendosi via dal muro, Lance marciò a passi pesanti verso la sua stanza. La vera stanza 4C. Che era, sfortunatamente, solo una stanza più in là. Era facile sbagliarsi, okay?
Chiuse la porta con forse troppa forza. Lanciò un’occhiataccia agli specchi a muro, dietro ai quali poteva ancora sentire Pompeii che andava. Solo per un momento, la sua mente gli ripropose Keith che ballava, i suoi movimenti fluidi e precisi, ipnotici… ma quel momento finì e Lance scagliò la sua borsa sul pavimento prima di camminare rumorosamente verso il cavo AUX.
Lo collegò al telefono per poi tirare fuori ancora una volta la sua playlist. La fece partire in shuffle e non si sorprese quando le casse emisero solo un alto crepitio. Appoggiò il telefono sul tavolo, girandolo nella giusta angolazione, e mosse il cavo con attenzione come sapeva fare lui. E subito le prime parole di Glad You Came si sentirono chiare, seguite dall’opening strumentale. Mosse la testa a ritmo, il corpo che molleggiava, e ripescò il telecomando bluetooth dalla tasca. Quelli erano stati i 20 dollari meglio spesi della sua vita.

Alzò il volume per soffocare, e forse anche superare, la musica della porta affianco, e si mosse verso il centro della sala con dei passi di shuffle, girandosi sui talloni e avvitandosi in una piroetta, un braccio alzato. Si fermò di fronte allo specchio e si fece un sorriso smagliante. Poi iniziarono le strofe e si mise a ballare.

Chiuse gli occhi mentre muoveva le braccia e le gambe, il corpo intero. Ogni passo, ogni gesto, ogni rollata dei fianchi era a tempo con la musica. Niente a che vedere con lo stile preciso e calcolato di Pidge. Per niente come le mosse ampie e nette di Hunk o fluenti ed elaborate come quelle di Shiro e Allura. Cazzo, non erano neanche energiche come quelle di Coran. Ma erano vere. Aveva sempre lasciato che fosse la musica a scorrere in lui lasciando che il suo corpo si muovesse da solo. Certo, aveva imparato mosse e stili, ma quando si trattava di fare sul serio, faceva solo quello che sentiva giusto.

Molleggiò sul tallone, l’altro piede che lo faceva ruotare con passi piccoli e veloci. Teneva le braccia in fuori e angolate mentre girava. Poi puntò il telecomando verso il telefono e cambiò canzone. Il tutto era durato meno di un minuto.

Abbandonò la testa all’indietro e rise quando partì Push It. Il suo stile di ballo cambiò subito per adattarsi al brano. Quel classico durò solo 30 secondi poiché stava di nuovo cambiando canzone.
Nel silenzio tra i brani, notò che Pompeii era finita e che c’era un’altra canzone che risuonava nella stanza accanto. Una che non conosceva. Ma la sovrastò subito con Ke$ha. Non poteva fermarsi. Cantò TiK ToK trascinando i piedi sul pavimento e indicandosi nello specchio. Quella canzone la tenne più a lungo delle altre. Quasi per un minuto intero prima di cambiarla. Club Can’t Handle Me. I suoi movimenti si fecero più morbidi, più fluidi, ma mantenne un certo molleggio nei passi.

Ed eccolo lì. Era quello il processo che Lance tanto amava. Mandava Pidge fuori di testa ed era per questo che si rifiutava di stare nella stessa stanza di Lance quando lo faceva. Era vagamente stupito dal fatto che non gli avesse ancora mandato un messaggio per dirgli di piantarla in quel preciso istante. Era sicuro che potessero sentirlo dal piano di sotto. Quando si trattava di trovare la canzone perfetta su cui ideare una coreografia si doveva fare un po’ di shuffle. Ma se Pidge lo faceva a computer, guardando le canzoni, Lance lo faceva a quel modo. Impostava la sua intera libreria su shuffle e le provava tutte sulla sua pelle, schiacciando il tasto ‘next’ sul telecomando bluetooth.

Alcune le teneva per quasi un minuto e altre solo per cinque secondi. La media era di 30 secondi. Non aveva ancora trovato niente e non era sicuro di cosa stesse cercando. Ma quando sarebbe arrivata l’avrebbe saputo. Si fidava del suo istinto. Fino a quel momento aveva funzionato.

Ascoltò canzoni vecchie di decenni e nuove hit, tutto quello che aveva nel telefono. Perse il senso del tempo e di quanti brani avesse messo su. Cinque minuti? Dieci? Trenta?

Era nel bel mezzo di Bulletproof, cantandola ovviamente, quando sentì dei colpi. Si fermò mentre stava piroettando sul tallone e per poco non cadde. Lanciò un’occhiataccia al pavimento, aspettandosi di sentire le urla di Pidge. Quello che sentì, però, furono degli altri colpi sul muro e la voce di Keith.

“Muoviti a scegliere una cazzo di canzone!”

Lance fece scattare la testa per fissare lo specchio a muro. Strinse gli occhi guardando il suo riflesso. “È il mio metodo!” Urlò, pigiando il bottone. Partì subito il fischiettio di Moves Like Jagger.

“Il tuo metodo fa schifo!”

“Non ti sento!” Urlò di rimando, fischiettando a tempo, e intrecciò le mani dietro la schiena e si pavoneggiò con passi scattosi.

“E allora abbassa la musica!”

Lance camminò per la stanza facendo scivolate drammatiche e larghe piroette, inarcandosi lentamente usando tutto il corpo. Cantò i primi due versi prima di rispondergli. “Non si può fare, mullet boy! Mi toccherebbe ascoltare la tua musica orrenda e non mi si addice quello stile di vita.”

“Come pensi che mi senta io? Mi obblighi ad ascoltare la tua voce!”

Lance boccheggiò, inciampando sui suoi piedi mentre marciava verso lo specchio. “Scusami?! La mia voce è una benedizione!” Urlò in piedi di fronte allo specchio e guardando il muro, furioso.

“Una maledizione, più che altro.” Non stava urlando, ma la sua voce era alta abbastanza da sentirsi attraverso il muro.

Lance si gonfiò. “Come il tuo mullet, vorrai dire.”

“Ma che problemi hai?”

“Problemi? Beh, tanto per cominciare, mi hai fatto credere che mi avessi fregato la stanza!” Non era vero ma… sapete com’è, semantica. “E secondo, stai ostacolando il mio metodo!”

E terzo, era ancora imbarazzatissimo per la scenata che aveva fatto a Keith irrompendo nella stanza. Per non parlare di come lo aveva occhieggiato. Ugh. Poteva già sentire il volto in fiamme al solo pensiero. Non avrebbe mai superato quell’imbarazzo. Doveva trovare il modo di impressionare Keith ballando o sarebbe stato ricordato per sempre come l’idiota che l’aveva colto di sorpresa.
Non si sarebbe soffermato troppo sul perché se ne preoccupasse. Forse perché non si era ricordato di lui prima, ma Lance eccome se si ricordava di lui, quindi… sì, si era un po’ offeso.

“Ed eccoci tornati sul punto ‘il tuo metodo fa schifo.”

Lance alzò una mano e premette il bottone. Quella canzone non gli andava più. Un suono di cembali computerizzati proruppe dalle casse insieme a un ritmo familiare. Sogghignò, il malumore già dissipato. Oh sì, non c’era niente che un po’ di T-Swift non potesse migliorare.

I stay out too late,” Cantò, allontanandosi dallo specchio con movenze esagerate, schioccando le dita lungo la coscia. “Got nothing in my brain.”

Sentì una risata sguaiata dalla stanza accanto. “Proprio quello che direi di te!”

Lance girò la testa per guardare il muro di traverso e alzò il naso all’aria, continuando il suo jazz al centro della stanza e cantando giusto un pelino più forte. “That’s what people say, mm mm, that’s what people say.”

Continuò a ballare, chiudendo gli occhi e facendo del suo meglio per isolarsi dai rumori che provenivano dall’altra stanza. Non stava funzionando granché. Quella canzone non aveva dei bei bassi e riusciva a sentire la musica di Keith, anche se ovattata. Riuscì a distinguere vagamente un brano dei Panic! at the Disco. Quando arrivò il ritornello, impugnò il telecomando e alzò il volume.

E già che c’era premette il bottone.

Poteva sentire il volume della musica di Keith che si alzava sotto l’opening di Danza Kuduro e gli stava rovinando il ritmo. Alzò istintivamente il volume al massimo, cantando in spagnolo e muovendo i fianchi sulle note della canzone sparata a bomba dalle casse. Ma Keith alzò il volume per rivaleggiare con lui. Oh, era così che se la sarebbero giocata allora. Okay, Lance ci stava. Aveva un sacco di esperienza in materia.

Mandò avanti la canzone per ripicca, contò fino a dieci e poi passò alla successiva. Ancora e ancora. Il tutto senza smettere di ballare. Il cambio di ritmo era drastico, cozzante, e aveva a malapena il tempo di abituarsi prima che il brano cambiasse. Ma ne valeva la pena perché si stava assaporando l’idea di dare fastidio a Keith. Quindi ballava con mosse disimpegnate, molleggiando sui talloni, tirando calci, ruotando le braccia, piroettando sui talloni per poi scivolare o saltare di lato, rollando i fianchi.

Passarono circa 20 canzoni prima che sentisse delle urla dalla stanza accanto.

“Sai che se vuoi fare l’audizione per le regionali devi scegliere una canzone invece di fare shuffle ogni 5 secondi, vero?”
“Scusami, ne aspetto DIECI di secondi.” Lo sapeva. Stava contando. Poté sentire un riff di chitarra familiare attraverso il muro, sotto l’opening particolarmente bassa della canzone su cui si era fermato, insieme a una voce ben scandita. “E tu dovresti scegliere una canzone di questo secolo!” Ignorò il fatto che Dancing With Myself era azzeccato come pezzo. E ignorò anche il fatto che gli piacesse.
“Billy Idol è senza tempo!” Ribatté Keith. Lance poteva sentire l’irritazione nella sua voce e ne godeva un sacco. Ghignò, chiedendosi che aspetto avesse Keith quando quel suo atteggiamento arrogante e distaccato andava in frantumi. Non credeva di averlo mai visto esprimere qualcosa che non fosse indifferenza o noia… e un po’ di irritazione quando era entrata nella sua stanza poco fa, ovviamente. “E poi, tu hai messo su Oingo Boingo un minuto fa e quella non è per niente di questo secolo!”
Il ghigno di Lance si spense. “Dead Man’s Party è un’ottima canzone con un ottimo ritmo!” Non avrebbe sottolineato il fatto che l’aveva sentita per la prima volta su Dance Dance revolution e che otteneva un punteggio perfetto ogni volta che la ballava. Non credeva che avrebbe fatto colpo su Keith a quel modo.
La canzone di Keith terminò proprio mentre Lance premeva il bottone di nuovo e si ritrovò bombardato da Shut Up and Dance, come se fosse in Dolby Sorround. I pezzi erano sfasati di qualche secondo, ma era chiaro che fossero la stessa canzone. Per poco non fece cadere il telecomando nella fretta di cambiarla. Non avrebbe MAI ammesso che lui e Keith avevano gli stessi gusti in fatto di musica. Si sentiva la faccia in fiamme ed era grato del fatto che Keith non lo poteva vedere.
La canzone nella stanza accanto cambiò qualche attimo dopo e sentì gli applausi e l’intro delicata in arpeggio di Top of The World prima di sovrastarla con le sue casse che sparavano a bomba Lady Gaga.

Si mise a scuotere le anche, rollando con movimenti rapidi delle gambe, le braccia che seguivano il ritmo, quando la sua musica si spense.

E si ritrovò immerso nel silenzio.

Si fermò sul posto, gli occhi che scrutavano la stanza. Gli fischiavano le orecchie, ma quello era l’unico suono che sentiva. C’era della musica in lontananza che veniva da qualche parte dell’edificio, ma sicuramente non dalla stanza di Keith. Anche quella era silenziosa. Inquietante.

Poi sentì Pidge urlare da sotto il pavimento di legno, scocciato. “Siete ufficialmente scollegati. Tutti e due!”

Abbassò di scatto lo sguardo e si portò le mani ai fianchi. Picchiò il suolo con il piede. “Pidge, ma che cazzo?!”
“Siamo stufi di sorbirci il vostro combattimento tra galli! Qualcuno qui sta cercando di essere produttivo!” La sua voce era ovattata dal pavimento, ma si sentiva chiara.

“Huuuunk!” Lance strascicò il suo nome in un lungo e basso lamento.

“Scusa, amico, ma è stata una mia idea.” Non sembrava dispiaciuto neanche un po’.

“E come mi dovrei allenare io adesso?!” Lance calpestò di nuovo il pavimento con forza, le braccia incrociate al petto.

“Mettitela via e usa le cuffiette!” Rispose Pidge.

Lance emise un lamento, sperando che si sentisse attraverso il pavimento. “È tutta colpa di Keith!”

“Ehi!” Scattò Keith dall’altra parte del muro.

Per tutta risposta, Lance sentì della musica provenire dal piano di sotto, ovattata. Era decisamente a volume più basso di quella che lui e Keith avevano ascoltato. Si soffiò i capelli dal viso con uno sbuffo e marciò verso il suo iPhone, assicurandosi di rendere ogni suo passo il più pesante e rumoroso possibile. Staccò con forza il cavo AUX dal telefono e prese la sua borsa per recuperare le cuffie. Se le mise in testa e le collegò al cellulare, facendo partire nuovamente la musica.

Fece una smorfia per il volume troppo alto e si affrettò ad abbassarlo. Raddrizzò la sua postura con un sospiro e lasciò che il suo corpo si muovesse ancora una volta seguendo il ritmo. Almeno a quel modo non doveva sorbirsi la stupida musica di Keith o la sua stupida voce. Niente distrazioni. Solo lui e la sua musica. Non avrebbe più pensato a Flanella McMullet.

O al suo stupido codino.

O allo stupido modo in cui muoveva il suo corpo.

O al suo stupido culo in quei jeans.

Già, a niente di tutto quello.

Come volevasi dimostrare, Lance non riuscì a combinare molto nel tempo che gli rimaneva a disposizione. Dopo l’interruzione di Keith e quella di Pidge e Hunk trovava difficile ritrovare il mood giusto. Ogni volta che si sentiva particolarmente irritato o offeso, si assicurava di calcare per bene i suoi passi in modo che i suoi amici dabbasso potessero sentirlo.

Il telefono che teneva in mano vibrò e lanciò una breve occhiata allo schermo; Pidge gli aveva mandato un messaggio dicendo che la sua ora era scaduta e che se non era al piano di sotto entro i prossimi cinque minuti, se ne sarebbero andati senza di lui. Guardò l’ora e si rese conto di aver sforato di sette minuti. Fortunatamente, sembrava che non ci fosse nessuno che si era prenotato dopo di lui. Abbassò la musica a un volume più normale, raccolse le sue cose e uscì.

Ondeggiò la testa a ritmo di Dancing Queen e fece un lungo passo mentre usciva dalla porta, facendo scorrere l’altro piede in una scivolata sulle parole “You can jiiiive”. Si rese conto che Keith lo stava fissando solo quando sentì il rumore di un’altra porta che si chiudeva.
Indossava ancora quella flanella rossa attorno ai fianchi invece di metterla nella sua borsa come le persone normali. E Lance non avrebbe ammesso che gli stava bene. E non notò di certo come la maglietta nera di Keith aderiva al suo corpo per il sudore, né come gli erano rimaste incollate alla fronte e al viso delle ciocche di capelli. Teneva lo zaino su una spalla sola, una mano sullo spallaccio, e delle cuffie rosse attorno al collo. Lo stava fissando con un sopracciglio inarcato, e Lance poteva giurare di aver visto le sue labbra piegarsi in uno spasmo di divertimento.

Lance gli lanciò un’occhiataccia e si tolse le cuffie, mettendosele attorno al collo. “Che c’è?”

Keith scosse la testa e lasciò la presa della maniglia per avviarsi lungo il corridoio. “Niente.” Quando gli passò di fianco, lo spintonò con la spalla.

Lance inciampò di un passo indietro e irrigidì le braccia lungo i fianchi, le mani strette a pugno, gridando: “Ehi! Guarda dove vai!”

Keith continuò a camminare, ma gli lanciò un’occhiata da sopra la spalla e si tirò giù la palpebra inferiore con il dito medio, facendogli una linguaccia. “Guarda meglio la stanza in cui entri la prossima volta.”

Lance si gonfiò, le labbra strette in un broncio, e cercò di lottare contro il rossore che gli stava strisciando su per il collo. Ma Keith non lo stava più guardando. Brontolò qualcosa di incomprensibile e in parte in spagnolo, si ficcò le mani in tasca incassando le spalle e lo seguì, trascinando i piedi. Non che volesse seguirlo. Era solo che andavano nella stessa direzione.
Si aspettò che Keith si fermasse di fronte all’ascensore situato alla fine del corridoio, ma lo vide dirigersi verso le scale. Anche Lance di solito prendeva le scale. Ma per un momento accarezzò l’idea di usare l’ascensore solo per stare lontano da Keith. Quel pensiero svanì immediatamente. Col cazzo che avrebbe lasciato credere a Keith di essere pigro. Erano in una scuola di ballo, accidenti. Se non riusciva a fare qualche rampa di scale faceva prima ad andarsene.

Quindi seguì Keith lungo le scale. Keith arrivò al pianerottolo a metà strada verso il terzo piano e nel mentre alzò lo sguardo, incrociando quello di Lance. Lance si congelò sul posto, un piede sollevato sopra il prossimo gradino, esitante. Poi quel momento passò e Keith distolse lo sguardo, continuando la sua discesa.

Perché si sentiva così offeso? Non significava niente, sicuro, ma gli sembrava che lo avesse ignorato. Si era già reso ridicolo di fronte a lui e ora quel ragazzo stava facendo l’indifferente e il santarellino e, sinceramente, la cosa lo irritava.

Forse era irrazionale. Probabilmente lo era. Ma allo stesso tempo, fanculo.

Fece un altro passo e la canzone nelle cuffie cambiò; ecco che T-Swift arrivava di nuovo in suo aiuto. Ecco le prime note di Bad Blood, e il volume era abbastanza alto perché anche Keith potesse sentirlo. Le sue labbra si curvarono lentamente in un ghigno e saltò giù per le scale a passo sostenuto prima ancora di capire che cosa stesse facendo.

Non gli ci volle molto per superare Keith, spintonandolo con la spalla mentre schizzava giù per le scale. Quando si girò per guardarlo, Keith aveva le sopracciglia corrugate e le labbra semiaperte per la sorpresa. Lance inclinò la testa di lato, ghignò, e gli rivolse un saluto di scherno prima di continuare a scendere.

Keith lo raggiunse in un paio di secondi. Lance poteva sentire il rumore dei suoi passi che acceleravano dietro di lui e sentì il suo cuore che batteva altrettanto veloce. Si ritrovarono a correre giù per le scale subito dopo. Lance prese a scendere i gradini a due a due, tenendosi in testa, ma Keith lo superò al pianerottolo successivo, afferrando l’angolo del corrimano e lanciandosi per saltarlo al volo e atterrare così sulla rampa di scale dopo. Lance saltò gli ultimi quattro gradini prima del pianerottolo, si diede una spinta usando il muro e praticamente volò giù per le scale.

Mentre facevano il pianerottolo prima dell’ultima rampa di scale, Lance diede una rapida occhiata indietro solo per vedere che Keith l’aveva imitato. Non ebbe il tempo di pensare a quello che aveva visto perché saltò l’ultimo pezzo, Keith in aria a un secondo dietro di lui.

I suoi piedi toccarono il suolo un secondo prima di Keith.

“Aha!” Disse ad alta voce e senza fiato, raddrizzando la schiena e alzando le braccia al cielo in segno di vittoria. “Ho vinto!”

Keith era piegato dietro di lui, le mani sulle ginocchia, ansante. “Non stavamo… facendo una gara…” Disse mentre cercava di riprendere fiato.

“Ah no?” Lance incrociò le braccia al petto facendo scattare l’anca in fuori e gli rivolse un ghigno, guardandolo dall’alto in basso. “E allora perché mi sei scattato dietro?”

Keith inclinò la testa per lanciargli un’occhiataccia da sotto i capelli che gli erano ricaduti sulla fronte. Era solo una sua impressione o si era improvvisamente alzata la temperatura su quelle scale? Keith sospirò e si raddrizzò, sistemandosi la cinghia dello zaino sulla spalla. “Fai come vuoi.” Disse, sollevando le spalle mentre se ne andava, lasciandolo solo sulle scale.

Lance non era sicuro di cosa lo avesse posseduto per farlo muovere, ma si ritrovò a corrergli dietro. “Ehi!” Urlò con una mano sullo stipite della porta. Keith si era già allontanato di qualche metro e si stava dirigendo verso la porta in fondo al corridoio che portava al parcheggio. Si fermò e si voltò, un sopracciglio inarcato come una domanda silenziosa. Non teneva più le sopracciglia corrucciate, ma non stava neanche sorridendo. Era sempre così acido?
 “Hai fatto le audizioni per le regionali quest’anno?”

Keith sollevò anche l’altro sopracciglio. Sbatté le palpebre, e Lance si agitò a quel silenzio. Che c’è? Era una domanda innocente. Non era così difficile. Keith però sembrò pensarci su. Aggrottò le sopracciglia e strinse le labbra, guardando di lato. “Io, uh… sì?”

“Bene!” Lo sguardo di Keith scattò su di lui, e Lance si appoggiò allo stipite tenendo una mano sul fianco e rivolgendogli un ghigno. “Perché ti dimostrerò che posso prenderti a calci in culo.”

“Solo se prima riesci a decidere una canzone.” Rispose Keith impassibile, ma Lance poteva giurare di aver visto le sue labbra avere uno spasmo.

Lance si portò una mano al petto in un gesto che era quasi interamente di finta offesa, sussultando rumorosamente per buona misura. “Oh, è una sfida allora, mullet!”

Keith alzò gli occhi al cielo, ma quando gli diede le spalle Lance riuscì a vedere le sue labbra che si curvavano in un piccolo sorriso. Lo guardò mentre si allontanava, un ghigno stampato in faccia, prima di raggiungere Pidge e Hunk.

Non ci volle molto ai suoi amici per cavargli la storia di bocca e passarono tutto il viaggio in macchina verso casa a ridere di Lance mentre lui borbottava qualcosa sul trovarsi dei nuovi amici.


Note dell'autriceQui trovate il ballo che stava facendo Keith. E Sora si è portata avanti e ha disegnato tutti i personaggi della fic! E pensare che questa fic è nata perché a Sora piaceva l’immagine di Keith che ballava da solo in quello stesso identico outfit mentre Lance lo guardava. Ora abbiamo una fic intera. WTF

PER FAVORE, NON RIPOSTATE I DISEGNI DI QUESTA FIC! Rebloggateli dall’artista in persona QUI.
Il mio Tumblr
Il Tumbrl dell’artista
Tumblr di Shut up and Dance With me

   
 
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