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Autore: tata_angel    01/05/2020    0 recensioni
"Poi successe, non sapeva neanche lui come, ma successe:
Due paia di occhi che si incontrano, un sorriso che non era riuscito a ricambiare e un cuore che non riusciva a fermare. Tutto intorno a lui si era fermato. Da quando l’orchestra aveva smesso di suonare? E da quando si trovava in una stanza vuota? E perché sentiva qualcosa che gli stesse per scoppiare all'altezza del petto?"
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Nuovo Personaggio, Rein
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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ARATA

In un silenzio assordante e in un buio profondo si poteva distinguere la sagoma di un corpo inerme adagiato a terra. Avvicinandocisi si poteva notare il petto alzarsi e abbassarsi per il respiro.
Il ragazzo steso a terra cercava con tutte le sue forze di aprire gli occhi e combattere contro la durezza del proprio corpo. Cercava di alzare il braccio o una gamba, ma sentiva gli arti completamente addormentati, sentiva un peso opprimerlo e spingerlo verso il basso impedendogli così ogni piccolo movimento.
Sentiva le palpebre pesanti, quasi fossero incollate, tanto da non poterle aprire per poter vedere cosa avesse intorno. Allo stesso tempo, però, sentiva in lui una strana sensazione di pace e tranquillità.
Due occhi viola si sforzarono di adattasi alla luce che li avvolgeva. Il ragazzo socchiuse gli occhi, giusto il tempo di adattarsi e, con cautela, si alzò dal pavimento e fissò gli occhi sulle mani che aveva davanti a sé.
Le guardò attentamente poi, ancora lentamente, si sfiorò il viso: le guancie, il naso, il mento e scivolò giù per il collo. Scese ancora più giù con la mano e scoprì solo in quel momento di essere completamente nudo. Si guardò intorno spaesato, non sapeva che fare, fin quando non sentì una voce attirare la sua attenzione. Cercò di coprire la sua nudità posando la mano sul suo punto più intimo.
Notò che la voce era calma e dolce, quindi cercò di rilassarsi aspettando gli desse delle spiegazioni.
-Come ti senti?-   si sentì chiedere
-Un po’ stordito. In realtà mi sento strano, cos’è questa sensazione che sento?-
-Non preoccuparti, passerà presto -
-Non capisco- si lamentò lui
-Per adesso non fare domande, con il tempo potrai capire – spiegò la donna enigmatica, per poi sorridere affettuosamente all’espressione imbronciata del ragazzo che era ancora seduto a terra.
-Ascoltami, caro: ti ho dato una nuova opportunità. Stasera ci sarà una festa nel Regno dei Gioielli, sarebbe l’occasione perfetta per farti conoscere. Che ne dici?- propose la donna evitando le lamentele del ragazzo
-Non ho dei vestiti adeguati- disse indicandosi il corpo nudo
-A quello ci penso io -
Quella situazione gli sembrava surreale: come aveva fatto quella donna a far apparire dal nulla dei vestiti?
Sconvolto si alzò, dimenticandosi di essere nudo, e si avvicinò per guardare meglio ciò che la donna misteriosa gli aveva offerto.
-Sono per me?- chiese sconvolto il ragazzo. Non riusciva a credere che quei vestiti fossero per lui, che avrebbe potuto indossarli. Dentro di lui sentiva che quegli abiti fossero un lusso, che quello che aveva davanti agli occhi non appartenesse al suo stile di vita
-Certo, sono per te. Adesso ti dirò esattamente cosa devi fare, così da non trovarti spaesato. Ascoltami attentamente.-
Così, si disse che avrebbe dovuto approfittarne finché poteva perché non ci sarebbe stato nulla di male.
 
∞∞∞
Niente. Quella donna non gli aveva spiegato assolutamente nulla! È stata capace solo di spiegargli come giungere nel regno dei gioielli.
-Ci rivedremo, non preoccuparti- gli avevo detto prima di sparire nel buio e lasciarlo di nuovo solo, senza neanche rispondere alle sue domande. Tanto per cominciare, cosa significava “ti ho dato un’altra possibilità?”. A giudicare dalla scomparsa di quella donna, il ragazzo capì che avrebbe dovuto aspettare per affrontare quella conversazione. Anche se, si disse, avrebbe anche potuto dirgli chi fosse. Così, giusto per capirci qualcosa.
Si ritrovò col fiato corto non appena poté ammirare il castello maestoso che si stagliava davanti a lui. Era un edificio affascinante, quasi da togliere il fiato e, sebbene in lui sentisse un’ondata di familiarità pervadergli il petto, restò ammirato da quell’edificio come se non avesse mai visto tale bellezza.
Ma era proprio sicura che poteva entrare in quel castello?
-Avanti. Entra.- lo esortò la donna.
Si riprese da quel momento di ammirazione, annuì convinto per infondersi quel coraggio che, in realtà gli mancava e s’incammino verso l’ingresso del palazzo. Una volta vicino all’ingresso posò con curiosità la mano sulla porta e la lasciò scorrere sulla superficie bianca. Sentì la superficie liscia interrotta da delle pietre preziose incastonate in modo sparso, senza seguire un filo logico. Strinse con forza la maniglia al centro della porta, socchiuse gli occhi e rilasciò un sospiro che lasciava intendere tutta la sua frustrazione.
Doveva mostrare sicurezza, così gli aveva consigliato la donna. Lo aveva fatto specchiare per dargli modo di guardarsi attentamente, di conoscersi, di scoprirsi di nuovo. Ricordava perfettamente l’immagine che aveva visto allo specchio.
Davanti a sé si ritrovò l’immagine di un ragazzo che poteva definire comune: occhi grandi e viola che, se avesse visto su un’altra persona, avrebbe pensato potessero contenere un intero mondo; capelli biondo intenso, dal taglio sbarazzino e fumoso che gli incorniciavano il volto tondo e delicato; un naso che puntava leggermente all’insù che gli donava un aspetto tenero; una bocca carnosa e piena dal color rosso intenso; corpo minuto e gambe lunghe che gli donavano un aspetto elegante, da vero principe. Quello che amava meno, però, era la sua pelle bianca, quasi pallida.  Si era avvicinato con incertezza al suo riflesso e lo aveva sfiorato con delicatezza per poi ritirare subito dopo la mano come si fosse scottato. Non si sentiva rappresentato da quell’immagine, gli piaceva certo, ma sentiva che quel corpo era un qualcosa di estraneo per lui.
-Questo non posso essere io- bisbigliò incerto 
– Siete sicura che questo sono io? Non sento familiarità con il mio corpo- spiegò
LA donna rise leggermente-In effetti, tesoro, questo non dovrebbe essere il tuo corpo- gli disse semplicemente lei, per poi zittirsi.
 
Per l’ultima volta si toccò il viso, come a sincerarsi che fosse ancora lì, che non avesse cambiato sembianze. Poi, scivolò all’interno della sala da ballo già affollato dai reali provenienti dai diversi regni. Lo tramortì subito un senso di inadeguatezza. Sentì poi un peso sul petto che quasi lo soffocava. Si inoltrò ancora nella folla di persone i cui sguardi si posavano su di lui. Non riusciva a comprendere che tipo di sguardi fossero: erano di sgomento? Di sorpresa? Di sdegno? Non riusciva a capirlo, ma li sentiva su di sé e, all’improvviso, sentì un calore insolito alle guancie e il bisogno di abbassare gli occhi, come se quel gesto potesse difenderlo dagli sguardi indiscreti e persistenti.
Si sentì toccare leggermente il braccio e si voltò di scatto, si ritrovò con due gemme verdi a guardarlo dall’alto in basso con sguardo perplesso.
-Scusatemi, ma voi chi siete?- chiese la ragazza bionda davanti a lui. “Chi sei?” ecco, chi era? Ironico, no? Non sapeva rispondere neanche alla domanda più semplice. Stava per rispondere e dire alla ragazza che se ne stava andando, ma venne interrotto proprio da lei, mostrandogli un carattere piuttosto frizzante. 
-Non importa. Potete rimanere, sembrate un ragazzo a posto- sentenziò la ragazza per poi afferrare gli estremi del vestito sfarzoso che stava indossando, e andarsene con estrema eleganza.
Il ragazzo restò per un attimo a fissare il punto da dove era sparita quella ragazza e inclinò la testa “che tipo strano” si disse sorridendo .  
 
∞∞∞
Erano passate circa due ore da quando aveva messo piede alla festa e si poteva ritenere soddisfatto: era riuscito a scambiare qualche parole con alcune persone presenti e iniziava a sentirsi a suo agio. Si sistemò il vestito per stirare delle pieghe che in verità non c’erano e si fece ancora coraggio per arrivare alla fine di quella serata.
Poi successe, non sapeva neanche lui come, ma successe:
Due paia di occhi che si incontrano, un sorriso che non era riuscito a ricambiare e un cuore che non riusciva a fermare. Tutto intorno a lui si era fermato. Da quando l’orchestra aveva smesso di suonare? E da quando si trovava in una stanza vuota? E perché sentiva qualcosa che gli stesse per scoppiare all’altezza del petto? Non avrebbe mai potuto descrivere le emozioni che stava provando in quel momento, le parole non avrebbero mai potuto esprimere ciò che provava: un calore espandersi poco a poco dal petto fino al resto del corpo. All’improvviso quel calore, però, fu sostituito dal freddo in un solo secondo, quando i suoi occhi si posarono su un braccio apparentemente innocuo, se non fosse avvolto alla vita delle ragazza che gli aveva provocato una simile tempesta dentro.
Osservò la ragazza con attenzione, senza vergogna. La guardò da quell’ondata di capelli turchini acconciati in una coda da cavallo che le arrivava fino alla fine della schiena, il viso delicato coperto da un leggero strato di trucco. Aveva gli occhi grandi, enormi. Dolcezza, ecco cosa esprimevano quegli occhi: dolcezza, accoglienza e familiarità. Anche se macchiati da un ombra di malinconia.
Le labbra piene che si curvavano in un sorriso lo avevano totalmente rapito, d’istinto si passò la lingua sulle sue per inumidirle.
Poi lei se ne andò trasportata al centro della pista da ballo. Ballava con il principe che l’accompagnava. Si muoveva con leggerezza ed eleganza sulla pista. La sua figura sinuosa che si muoveva sulle note della musica che l’orchestra stava suonando lo ammaliava totalmente.
∞∞∞
Senza alcuna ragione si ritrovò a vagare per la sala da ballo alla ricerca di quella ragazza. Voleva conoscerne almeno il nome. Forse non poteva sperare in niente, ma voleva almeno un nome da sussurrare mentre si cullava fino ad addormentarsi.
Continuò a cercare, fin quando, da una finestra, scorse una chioma azzurra inconfondibile. Come un canto di una sirena, quei capelli lo richiamavano verso quella ragazza con il volto all’insù mentre permetteva al vento di giocare con i suoi capelli. Strinse la mano in un pugno ferreo per trattenersi dal toccarle i capelli.
Non sapeva quando era arrivato a un centimetro da lei, ma sentì un dolce profumo di fragola inondarle le narici e in cuor suo sapeva a chi appartenesse. Con uno slancio incomprensibile si fece più vicino, si pose accanto a lei e, prima che potesse parlare, lei lo guardò e gli rivolse la parola.
-Voi dovete essere il ragazzo di cui mi ha parlato Altezza.-
Il ragazzo la guardò interrogativo non capendo a chi si stesse riferendo
-La ragazza dai capelli biondi- rispose la turchina indicando una ragazza nella sala. L’aveva riconosciuta, era la ragazza che aveva incrociato appena arrivato. Annuì debolmente e puntò di nuovo il suo sguardo su di lei
-Mi sembra di capire che, come al suo solito, non si minimante presentata. Tipico.- quasi brontolò la ragazza
-Sì, sono io- rispose impacciato sorvolando sulla lamentela di poco prima
-Piacere di conoscervi. Mi chiamo Rein, sono la principessa del Regno Solare- si presentò cordialmente allungandogli la mano
-Piacere mio- le rispose prendendole la mano e posandovi leggermente le labbra per un baciamano ‘ricordati le labbra non devono mai toccare la mano’ si ripeté nella testa le parole della donna che aveva incontrato ore prima.
Si soffermò sulla pelle liscia della ragazza. Avrebbe dovuto lasciarle la mano, ma continuò a stringerla nella sua, muovendo impercettibilmente il pollice sul dorso. Sentì un senso di deja vù, come se quella pelle l’avesse toccate altre volte. Sorrise subito, seppur leggermente, provò a scostare quel pensiero per mantenere la mente lucida ed evitare di commettere qualche errore o far spaventare la principessa o farla scappare.
Non gli sfuggì il lieve rossore che imporporò le guance dall’aspetto morbido della principessa. La turchina tossicchiò leggermente per rompere l’imbarazzo che stava sentendo, sfilò la mano e ruppe il silenzio
-E voi? Posso sapere il vostro nome o è un segreto?- chiese curiosa
Il ragazzo guardò il viso della principessa, i cui occhi erano illuminati dalla curiosità e sorrise. Alla principessa, però, non sfuggì la natura di quel sorriso, aveva capito che quello era un sorriso che sapeva di nervosismo. Il ragazzo non sapeva come rispondere, cosa poteva inventarsi? Qual’era effettivamente il suo nome? Non sapeva chi fosse, quale fosse il suo nome, non sapeva nulla. Tutto ciò che lo circondava, quello che provava era tutta una novità per lui. Lui stesso era una novità. Sentiva solo una sensazione di novità...
-Arata- rispose - Il mio nome è Arata, sono il principe di un regno lontano da qui- rispose tranquillo, con la speranza che la principessa non gli chiedesse dettagli sul suo regno. *
-Non vi ho mai visto, presumo non vi piaccia presenziare ai balli di palazzo- indagò Rein
-No, infatti, ma questa volta ho dovuto fare un’eccezione. Mi hanno praticamente costretto a presenziare- rispose lui. Si accorse in quel momento di avere un vocabolario molto povero, decise quindi, di ripetere dei vocaboli che avrebbe sentito pronunciare da altri che gli sembrava avere un bel suono.
-Ditemi, avremo il piacere di incontrarvi di nuovo o questa sarà la prima e ultima apparizione?- chiese sorridendo la turchina
-Non so, se presenziare ai balli mi darà la possibilità di conversare con voi, potrei prendere in considerazione la possibilità di partecipare- azzardò lui. Ma che diamine gli era passato per la testa?
Rein, dal canto suo, arrossì abbassando immediatamente lo sguardo. Arata non poté fare diversamente. Non capiva da dove avesse preso tutta quella spavalderia. Come ha potuto pensare che quella potesse essere una risposta da dare a una principessa, oltretutto già impegnata con qualcuno?
-Oh, io sono sempre presente. Il mio ruolo da principessa e amica dei regnanti dei vari regni mi impongono di esserci- rispose appena ripresasi dal momento di imbarazzo.
-Quindi siete presente a questi eventi per obbligo?- chiese il biondo
-Oh no, è un piacere. Si conosce sempre nuova gente e posso passare del tempo con i miei amici. Non è solo un dovere- rispose la principessa -ora devo andare, sarebbe un piacere incontrarvi di nuovo- si congedò la ragazza
-Anche per me, principessa- rispose facendo un lieve inchino.
Mentre guardava la figura di quella ragazza allontanarsi, sentiva il cuore tornare a una velocità normale.

∞∞∞
Non era passato tanto tempo per la cerimonia successiva.
Arata si trovò davanti alla porta che lo avrebbe condotto all’interno del Regno del Sole.
Arrivato nella sala da ballo si ritrovò circondato da centinaia di persone, si sentì disorientato, non aveva idea da quale parte andare. Sentì poi una mano sulla spalla e, voltandosi, si ritrovò davanti il sorriso che gli era mancato in quei giorni. Guardò quegli occhi vispi con una luce di gioia e non perse tempo nel salutare.
-Buona sera principessa, è un piacere rivedervi. Come siete stata in questo periodo?- chiese cordiale
-Molto bene. Voi? Come è andato il viaggio fin qui? Immagino sia stato impegnativo- chiese educatamente Rein
-E’ andato piuttosto bene. Un po’ noioso oserei dire, ma non mi posso lamentare- mentì Arata cercando di intavolare un discorso regale e non incappare in un altro errore imperdonabile come quello commesso alla festa nel Regno dei Gioielli. Se doveva essere onesto si chiedeva con quale coraggio stava davanti a lei fingendo che non fosse successo nulla.
-Sono sollevata- asserì la ragazza - mi chiedevo- riprese dopo qualche secondo di silenzio -conoscete qualche regnante del nostro regno? Mi sembrate piuttosto spaesato a essere sincera- azzardò la turchina
-Siete piuttosto sveglia. In effetti non conosco alcun regnante e non ho nessuno con cui parlare a parte voi- rispose il biondo
-Volete che vi presenti qualche principe o principessa? Sono molto gentili qui e avrebbero piacere di fare nuove conoscenze. Che resti tra noi, non è solito per noi vedere nuovi volti- sogghignò Rein.
Arata si perse un attimo a osservarla, notando le strane rughette che le si erano formate vicino agli occhi e sorrise lievemente
-Non so, non sono per le nuove conoscenze- rispose il ragazzo
-Ma con me state parlando o sbaglio?-
-Vi siete avvicinata voi- si difese il biondo
-Touché” rispose Rein “Mi state dunque chiedendo di lasciarvi in pace?- chiese nervosamente Rein
-Non mi permetterei mai. Non siete una cattiva compagnia- la stuzzicò Arata. Ecco di nuovo quella sfacciataggine, perché gli sembrava così semplice e familiare stuzzicarla in quel modo. 
-Dovrei prenderlo come un complimento?- chiese divertita
-Assolutamente sì!-
 
∞∞∞
Arata vagava tranquillamente per le vie del regno del Sole, esattamente come aveva fatto nel Regno dei Gioielli. Infatti, al contrario di quello che aveva fatto intendre alla principessa Rein, Arata non si era mai allontanato dal pianeta Wonder, era sempre rimasto nei dintorni e, quel poco di viaggio che aveva dovuto intraprendere non era stato affatto stancante, perché nel Regno del Sole ci era arrivato grazie a quella donna dai capelli rosa che lo aveva obbligato ad andare al ballo del Regno del Sole perché  – A questo non puoi proprio mancare. Ti ho fatto rinascere proprio per questo ballo- e dunque si era ritrovato in un battito di ciglia nel regno solare appena in tempo per l’inizio del ballo.
 
Mentre passeggiava per quelle strade, sentiva una sensazione di familiarità. Tra quei viottoli si perdeva per qualche minuto, nella speranza di trovare tra i suoi ricordi qualcosa che gli potesse far ricordare qualcosa, ma non riuscì a scovare nulla. Passeggiava a passo lento, di tanto in tanto alzava il naso all’insù per odorare quei dolci profumi che emanavano i vari negozi che costeggiavano le strade. Non sapeva che fare in quel momento, aveva bisogno di un posto in cui sistemarsi e riposarsi, ma non sapeva dove rivolgersi. Inoltre, quella donna non si era fatta più vedere. Al ballo precedente, nel Regno dei Gioielli, si era palesata immediatamente per procurargli un nascondiglio, ma questa volta lo aveva lasciato solo, con l’unico chiodo fisso con le parole che gli aveva detto: Ti ho fatto rinascere. Rinascere aveva detto, quindi quella era una nuova vita? E perché avrebbe dovuto dargli una nuova vita? Cosa era successo?
Senza guardare dove stesse mettendo piede, si scontrò con una figura esile che barcollò all’indietro. Prontamente, il biondo afferrò il braccio per tenere la ragazza in equilibrio. Aveva i capelli castani e gli occhi che scappavano per la timidezza mentre sorrise gentilmente e si scusò per il suo errore. Arata le sorrise gentile, facendole intendere che stesse bene.
-Perdonatemi, sono davvero sbadata- si scusò la ragazza facendo un leggero inchino
-E’ perché passeggiate con il capo chino. Perché non camminate con la testa alta? Non avete alcun bisogno di nascondervi- la riprese lui, per poi mozzicarsi la lingua. ma da dove aveva preso tutta quella confidenza? Non si sarebbe sorpreso se gli fosse arrivato un ceffone in pieno viso
-Perdonate la mia cafonaggine, non avrei dovuto- si scusò subito dopo
-Oh, non preoccupatevi, non mi sono affatto offesa. È un difetto su cui sto lavorando- rispose la principessa
-Non sono d’accordo- si affrettò Arata “ che sia un difetto, intendo. Credo, invece, sia una qualità. Sono sicuro che è proprio la vostra timidezza e pacatezza che vi permette di comprendere meglio le persone che vi circondano. Il vostro carattere è il vostro punto di forza- spiegò Arata, come se la conoscesse da sempre
-Solo che, se riusciste a camminare a testa alta, riuscireste a infondere più sicurezza al vostro popolo- continuò -ma il mio è solo un consiglio, non una critica. Se pensate che stia esagerando basta dirmelo e io mi zittisco e non…- iniziò a blaterare a vanvera
-Mirlo, piacere- si presentò la principessa interrompendo il suo sproloquio
-Come?-
-Il mio nome è Mirlo, sono la principessa del Regno della Goccia. E no, non mi avete affatto offesa- chiarì lei sorridendo. Lo guardavo con dolcezza, con comprensione e un pizzico di pietà. Conosceva fin troppo bene quelle situazioni: il timore di aver esagerato, il timore di essersi presa quella troppa confidenza da apparire sfrontata (come dimenticarsi di quando aveva detto ad Altezza, senza giri di parole, che il suo atteggiamento era dir poco stupido e infantile?).
-Arata- si presentò lui spaesato -scusate ancora-
Mirlo, dal canto suo, sorrise dolcemente. Non sapeva perché non fosse scappata, ma sapeva che il ragazzo che aveva davanti la accettava esattamente come era. Non ricordava da quanto tempo non si sentiva accettata e apprezzata per il suo carattere. Ricordava solo critiche nel suo modo di essere, sulla sua timidezza, ma mai aveva trovato qualcuno capace di apprezzarlo. Gli era profondamente riconoscente.
 
-Perdonatemi se mi permetto, ma vi vedo piuttosto spaesato- indagò lei
-No, semplicemente passeggiando per le strade mi sono ritrovato affascinato da questa città, vorrei sostare qui per qualche giorno, ma non ho un posto dove andare- rispose Arata. Era vero, voleva restare per capire se la sua sensazione di appartenenza avesse un fondamento. Voleva capire se fosse uscito di senno o se c’era qualcosa che quella donna che avrebbe dovuto dargli una mano, gli stesse omettendo una parte della sua vita. Era sicuro che quella donna lo conoscesse. Era sicuro che quella donna avesse tanto da raccontargli. E allora perché non lo faceva?
-Oh, comprendo. Conosco le due principesse di questo regno, sono un po’ squilibrate, ma vi accoglierebbero con piacere al loro castello. Se volete possiamo chiedere a loro- propose Mirlo.
-Non vorrei disturbare nessuno- rispose impacciato. L’ultima cosa che avrebbe voluto era imporsi in casa (castello per l’esattezza) di qualcuno.
-Alcun disturbo, ne sono certa. I regnanti di questo regno sono molto gentili e accoglienti, oltretutto amano sempre nuova compagnia. Che non se ne parli più, seguitemi- sentenziò alla fine.
Arata si chiese se era un vizio non far finire di parlare le persone.
 
∞∞∞
Arata si ritrovò di nuovo davanti a quella ragazza che aveva attirato la sua attenzione in quelle serate in cui avevo partecipato ai balli di corte. Bella come se la ricordava, ma il suo sguardo non poté fondersi con quello della ragazza perché il braccio che l’avvolgeva attirava tutta la sua attenzione. Avrebbe voluto sottoporre quel braccio alle peggiori delle torture, ma si ricompose.
Si inchinò lievemente per porgere i suoi rispetti e si raddrizzò velocemente ringraziando i due regnanti che lo avrebbero ospitato per qualche giorno.
Alla fine Mirlo aveva ragione, il re e la regina del Regno del Sole avevano una predisposizione all’accoglienza e alle nuove conoscenze.
-Sono felice di ospitarvi a casa mia. Potremo conversare con più tranquillità- esordì la turchina sfoggiando un suo sorriso, lui si limitò ad annuire leggermente.
-Bene, Camelot vi guiderà nelle vostre stanze. Spero possano essere abbastanza comode per voi- disse Elsa
-Lo saranno certamente- rispose Arata, Elsa sorrise soddisfatta, chinando il capo per il suo compiacimento. Le sembrava un ragazzo molto educato, si vedeva chiaramente che fosse un principe e si complimentò mentalmente con i genitori per averlo cresciuto in modo così eccellente.
 
Quella sera Arata non riusciva a dormire. Stanco di guardare sempre il solito soffitto, decise di uscire dalla sua stanza. Vagando senza pensare, si ritrovò nella cucina del castello. Senza chiedersi come ci fosse finito si avvicinò al frigorifero cercando qualcosa da bere. Trovò del latte e se lo versò in una tazza che si procurò dalla credenza a pochi passi da lui. Stava sorseggiando tranquillamente quando una voce lo risvegliò
-Che ci fate alzato a quest’ora della notte?-
Arata si voltò, trovandosi la figura della turchina sulla soglia della porta
-Non riuscivo a dormire, voi?-
-Non riuscivo a dormire- rispose semplicemente sedendosi e continuando a fissarlo intensamente
-Mi ricordate un amico, anche lui beveva del latte quando non riusciva a dormire la notte. In realtà, me lo ricordate in varie situazioni. Alle volte mi sembra di vedere sul vostro volto le sue espressioni- gli disse quasi a volersi giustificare per gli sguardi intensi che gli riservava.
-Era speciale per voi?- chiese Arata mentre sorseggiava il latte
-Sì, era la mia mano destra. Sì, posso dire così- rispose
-Posso chiedervi che fine ha fatto?-
-Se ne è andato. C’è stata una guerra contro la magia nera e ha perso la vita-  rispose malinconica Rein -Se solo potessi abbracciarlo di nuovo. Mi manca molto-
-Mi dispiace- si rabbuiò Arata che, d’istinto allungò la mano per stringere delicatamente quella morbida della turchina. Rein restò a guardare le loro mani giunte, strette saldamente da far diventare bianche le nocche delle mani.
Si lasciò crogiolare dal calore delle mani del ragazzo davanti a lei, mentre le sue guancie si tinsero di un adorabile rosso.
Rein puntò i suoi occhi in quelli di Arata, persa nei suoi pensieri. Ricordava di aver sentito queste sensazione da bambina, ma, in quel momento erano più amplificate. Diede la colpa all’età avanzata, provava delle sensazione di una giovane donna piuttosto che quelle di una bambina che fu molto tempo fa.
Entrambi, però, sentivano quel profondo trasporto, quella forte attrazione che li spingeva l’uno contro l’altra.  Come se si conoscessero. Come se si fossero cercati, rincorsi e poi trovati dopo molto tempo. Eppure si erano conosciuti poche settimane.
Rein si schiarì la voce, riportando la realtà intorno a loro, ritirò le mani portandosele nelle tasche della vestaglia e si congedò, senza dare una possibilità al ragazzo di risponderle.
 
Rein era scappata via dalle sue emozioni. Da quelle sue strani e forti emozioni che voleva scrollarsi di dosso.

∞∞∞
I giorni nel castello del Regno Solare erano passati tra una passeggiata per le strade e una chiacchierata con i regnanti e i sudditi.
La regina Elsa e il re Toulouse avevano dato piena disposizione ad Arata affinché il principe potesse fermarsi ancora per qualche giorno nel loro regno.
Da parte sua, Arata, aveva dato inizio a un viaggio che per lui aveva assunto un importante significato. Aveva iniziato un viaggio dentro se stesso, per capire chi fosse e per trovare un modo per riempire quel grande vuoto di memoria che aveva. Si sentiva solo e perso nonostante intorno a sé sentiva una sensazione di casa. Sapeva di dover trovare le risposte alle sue domande.
Quella sera, come le sere precedenti si ritrovò nel roseto del giardino del castello. Ogni sera si incontrava con la donna dai lunghi capelli rosa che aveva visto la prima volta al suo risveglio.
Cercava delle risposte, ma la donna dai lunghi capelli lo liquidava con delle frasi a cui non riusciva a dar loro un significato.
-Non riesci a dormire neanche stanotte?- di nuovo la voce di quella donna, era arrivata finalmente. Davanti a lui si materializzò la figura gentile.
-No, cerco ancora delle risposte. Voglio sapere chi sono, io non ricordo nulla- si lamentò il ragazzo. La donna sorrise dolcemente, quasi con fare materno.
Si avvicinò al ragazzo accanto a lui e gli accarezzò il viso e sorridendo gli rispose: -Non temere. Se vuoi sapere davvero chi sei, cerca le rispose nelle tue emozioni e nelle sensazioni. Impara ad ascoltarti, impara a capirti. Sono sicura che il tuo cuore ti sta urlando la risposta, ma tu non lo ascolti.-
Non era la risposta che voleva sentire Arata, ma non poté fare altro se non arrendersi
-Troverai te stesso nel momento in cui riuscirai a trovare casa  tua- concluse la donna per poi dissolversi nell’aria fresca della notte.
Arata si ritrovò immerso di nuovo nel giardino circondato di rose rosse il cui profumo gli inondava le narici riuscendo a farlo rilassare. Sorrise debolmente per poi tornare a casa.
Era sul letto quando cercò di riflettere sulle parole di quella signora, ma non riusciva a trovarne un senso.  Dov’era casa sua? Non sapeva neanche se quello fosse il suo regno. Cosa poteva fare? L’unica cosa che sapeva in quel momento è che il suo corpo lo trascinava al fianco della principessa dai capelli blu.
Ed è con il profumo di quella ragazza che si era addormentato quella sera.
 
                                                                                           ∞∞∞
La vista era offuscata, ciò che riusciva a vedere era solo il colore blu. Si concentrò per mettere a fuoco: si ritrovò due pozzi di occhi azzurri avvolti dal terrore e dalla paura, con due lacrime che scorrevano sulle guance arrossate per lo sforzo.
“Per favore non andartene. Resta con me, non lasciarmi” continuava a ripetere una voce spezzata dal pianto. Riusciva a riconoscere quella voce: Rein.

Arata si svegliò quella mattina pieno di sudore e un senso di angoscia ad appesantirgli il petto. Riuscì a fatica a riprendere un respiro regolare. Quella scena che aveva appena sognato, la sentiva così vera. Nonostante fosse un sogno sentiva il dolore, sentiva l’angoscia, il non volerla lasciare, l’istinto quasi incontrollabile di abbracciarla, ma non poteva. Sentiva il cuore spezzarsi dal forte dolore e poi il buio. Che significato poteva avere quello strano sogno? Perché, nel sogno, si sentiva così diverso, così piccolo tra le sue mani?
 
∞∞∞
Per tutto il giorno Arata aveva cercato di scrollarsi quella strana sensazione che gli si era attaccata addosso. Anche quella sera si era rintanato nel roseto per riflettere da solo.
Era assorto nei suoi pensieri quando sentì una leggere risata che lo fece voltare subito e si ritrovò la principessa Rein davanti a sé. Iniziò a domandarsi se quella ragazza lo stesse seguendo. Era imbarazzante il numero di volte in cui si erano ritrovati nello stesso posto.
-Mi seguite?- chiese semplicemente
-Non sapevo avreste scoperto le mie intenzioni. Adesso cosa faccio?-  rispose sarcastica.
E di nuovo, la testa gli pulsò all’improvviso, la vista sfocata che assumeva il contorno di blu. Qualcosa di setoso che gli sfiorava il corpo e un profumo dolce che lo ammaliava.
“Che fifone!”
“Non è vero.. figurati se mi fa paura un animale del bosco.”

Si ridestò subito, ritrovandosi la mano di Rein sulla sua spalla e quello sguardo impaurito che aveva visto nel suo sogno. Strizzò gli occhi per riprendersi.
-Cosa avete?- chiese Rein
-Nulla. Non ho nulla, non preoccupatevi- rispose Arata sorridendole per convincerla.
-Cosa ci fate qui da solo a quest’ora?- chiese Rein
-Potrei chiedervi lo stesso-
-Non si risponde a una domanda con un’altra domanda non lo sapevate?- ribatté Rein
-E chi lo ha detto?-
-Io- rispose -Sono la principessa di questo castello, quindi in assenza dei re posso fare io le regole. Non credete?- rispose.
Entrambi si guardarono negli occhi, un momento più intenso dell’altro per poi scoppiare in una risata che alle orecchie dei due sembrava più nervosa che divertita. Era una risata che sapeva di nervosismo, un modo per coprire un qualcosa che non poteva essere mostrato e Arata non sapeva il perché, eppure dentro di sé sapeva che la sua mancata memoria e quell’anello di fidanzamento che la ragazza portava al dito erano la risposta a tutto. Rein era promessa sposa e lui sapeva che non poteva pretendere nulla, non poteva donarle se stesso, perché in fondo non sapeva che cosa le avrebbe potuto donare. Per quello che sapeva poteva essere un criminale fuggito dalla prigione.
Rein, da parte sua sentiva quell’anello al dito sempre più leggero e pesante allo stesso tempo. Non sentiva più cosa simboleggiasse, ma lo sentiva stringersi sempre di più attorno al suo dito ricordandole i suoi doveri e i suoi limiti. Dentro di sé, però, sentiva quel desiderio che la spingeva tra le braccia di un altro uomo che non era colui a cui era promessa sposa. Sentiva nel petto il cuore che le batteva all’impazzata, sentiva dentro di sé una calamita che l’attirava a quello sconosciuto che aveva a qualche centimetro. Era spaventata, ma allo stesso tempo sentiva una sensazione di conforto, di protezione e di familiarità che non poteva negare. Sentiva una tempesta dentro, una lotta tra cuore e mente che l’affliggeva.
E si chiese come ci si potesse sentire attratti da una persona in così poco tempo. Si chiese cos’è che poteva attrarla così tanto verso quell’uomo. Forse il senso del proibito? Il senso di ribellione che, in qualche modo aveva caratterizzato la sua infanzia e quella di sua sorella?
Si lasciò andare nella tranquillità della notte, a osservare la luna che aveva sempre amato.
Arata la guardava ammaliato, di nuovo, come un ragazzino che guardava la sua prima cotta e arrossì furiosamente per poi voltarsi per non farsi notare.
Restarono così per un po’, fino a quando Arata, preso da un impulso più forte di lui non sfiorò le dita di Rein con le sue e la stessa ragazza non decise di intrecciare le loro dita.
-Mi piace stare così- asserì Rein. Poi silenzio.
 
 
∞∞∞
Il giorno dopo il palazzo era in gran fermento per l’imminente ballo di corte. Le cameriere correvano in tutte le direzione per preparare attentamente il banchetto e Rein si affrettava a fermare sua sorella dal divorare il cibo presente nella sala.
-Non cambierai mai sorella mia- si esasperò Rein
-Ho fame, che ci posso fare?- si lagnò la rossa, Rein le sorrise affettuosamente per poi prenderle le mani
-Forza, andiamo a scegliere l’abito per stasera- disse -Che ne dici di cambiare colori? Mi sono stufato di vestire abiti blu-
-Penso sia una bella idea- rispose Fine
-E allora stasera scegliamo da sole i nostri abiti!- concluse Rein
 
La sala da ballo era talmente affollata da rendere perfino difficile muoversi. I regnanti del Regno del Sole avevano dichiarato che avrebbero fatto un grande annuncio quella sera tanto da lasciare tutti in uno stato di agitazione in tutti i presenti.
 
                                                                                            ∞∞∞
Arata continuava a insultarsi mentalmente per la reazione che aveva avuto.
Rein non gli apparteneva, era semplicemente una ragazza che aveva conosciuto da poco e con cui aveva il piacere di conversare, eppure sentiva un senso di soffocamento quando i regnanti avevano annunciato, con grande soddisfazione, che la loro adorata figlia si sarebbe sposata da lì a poco con il principe del Regno dei Gioielli. Sentì il proprio mondo, fatte di illusioni e segreti, sgretolarsi davanti ai suoi occhi. Sapeva che sarebbe accaduto, sapeva che Rein si sarebbe sposata, l’anello che indossava non ammetteva repliche, eppure la consapevolezza non gli aveva evitato uno strappo del cuore.
Aveva bisogno d’aria, aveva bisogno di respirare aria pulita e non quella gioiosa che riempiva la sala da ballo.
Paradossalmente sentiva come se il desiderio avuto per tutta una vita si stesse frantumando e gli stesse scivolando via come granelli di sabbia dalle mani. Avrebbe voluto entrare in quella sala e prenderla per mano e trascinarla via, avrebbe voluto portarla via con sé per vivere insieme, ma sapeva perfettamente che quello era solo un suo desiderio. Non sapeva quali fossero i sentimenti della ragazza per lui, nonostante i suoi occhi azzurri si erano posati su di lui, anche se, durante il discorso dei suoi genitori, non faceva che guardare lui.
Arata non sapeva cosa provasse Rein.
A dirla tutta non sapeva neanche cosa stesse provando lui stesso. Sentiva quelle strane sensazioni, il cuore che gli martellava nel petto, si sentiva travolto da un uragano al quale non sapeva dare un nome.
Essere un umano faceva davvero così schifo?
Appena arrivato al suo solito posto si sedette a terra, assorto nei suoi pensieri con la testa che gli martellava, cercò di organizzare le sue idee e trovare le risposte alla sue domande.
-Ti vedo assorto nei tuoi pensieri. Qualche problema?- quella voce, l’avrebbe riconosciuta tra altre mille, perché era la voce che aveva bisogno di ascoltare. Si alzò di scatto allarmato dalla sua presenza. Quella donna era l’unica persona che poteva rispondere alle sue domande.
-Ho bisogno di sapere!- esordì il ragazzo -Devo sapere chi sono, da dove vengo e cos’è questa strana sensazione che provo quando sono accanto a quella ragazza. Perché sento questo dolore sapendo che si deve sposare con qualcuno? Perché non voglio che lo faccia? Ho bisogno di sapere, questi dubbi mi stanno facendo impazzire.-
La donna si portò una ciocca di capelli dietro le orecchie che, a parere di Arata, era semplicemente un modo per perdere tempo.
-Pensavo che con la tua saggezza saresti riuscito a capirlo, ma suppongo che tu abbia perso tutta la tua intelligenza-  lo prese in giro la donna. Arata assottigliò lo sguardo indignato per poi replicare seccamente -Permettetemi di dissentire. Sento che tutto questo sia correlato al mio passato che voi state cercando di tenermi nascosto-
-E se fosse vero?- chiese lei
-Qualcosa mi dice che non mi darete le risposte che sto cercando- asserì Arata
-Dipende da quello che riesci a cogliere tu- rispose enigmatica la donna
- Io non devo cogliere proprio niente. Io ho il diritto di sapere senza questi giri di parole. Chi sono? Da dove vengo? E perché sento queste forte emozioni per lei? E perché ho l’impressione che queste emozioni mi appartengano sin dal passato?- la incalzò il ragazzo
- Dovresti capirlo tu. Io già ho ti ho mandato degli aiuti, ma tu devi saperli leggere- rispose lei, poi sparì lasciando una folata di vento che  scompigliò i capelli del ragazzo.
“Ascolta il tuo cuore” sentì un sussurro il biondo che, preso dal nervoso si tirò appena i capelli per liberarsi dalla frustrazione che sentiva per la situazione che stava vivendo.
 
∞∞∞
Stava passeggiando, di nuovo, tra il profumo inebriante delle rose del giardino del castello, quando si fermò di colpo alla vista della principessa seduta tra i fili d’erba.
-Ci ritroviamo di nuovo- costatò la principessa
-Già- rispose Arata, chiedendosi mentalmente come abbia fatto la principessa ad accorgersi della sua presenza. Si sedette accanto alla turchina, come se fosse una loro abitudine, come se si stessero incontrando ad un appuntamento organizzato.
-Quindi ti sposerai- asserì il biondo, senza però poter evitare il tono freddo e di disappunto
-Sì, a quanto pare- rispose lei
-Non mi sembri convinta- la schernì Arata
-Sto avendo dei ripensamenti- rispose completamente onesta lei -Con te posso essere sincera, vero?- chiese poi, Arata annuì meccanicamente, incredulo alla fiducia che la principessa gli stesse dando
-Allora perché non ti rifiuti?- chiese il biondo
-Non lo so neanche io. Forse perché so che ciò che il mio cuore vuole è totalmente irrazionale e impossibile da ottenere-
Stava parlando di lui? Un parte irrazionale di Arata gli diceva che la principessa stesse parlando di lui, che era lui la ragione per la quale non si volesse sposare. Sentì le labbra tendersi in un sorriso ampio che cercò di sopprimere. E poi sentiva il petto gonfiarsi, e poi, e poi cos’era quella sensazione alla bocca dello stomaco? Cos’era quella voglia persistente di prenderle la mano e stringerla? Cos’era quel bruciore al cuore che sentiva quando il suo cervello gli impediva di fare alcuna mossa?
-Sai, la vita è davvero strana. L’amore è una cosa strana. Se mi chiedessero come descriverli non saprei cosa dire. Fino a qualche tempo fa avrei pronunciato il nome di Bright senza esitazione, adesso non ne sono più sicura-
-Perché?-
-Quando guardo gli occhi di Bright non sento più le stesse emozioni che sentivo prima. Quello che sentivo e provavo con Bright adesso le provo dieci volte più intensamente con qualcun altro. Quella sensazione di protezione, di calore, di abbraccio, di appartenenza le provo guardando gli occhi profondi che non appartengono a Bright e questo mi spaventa. È irrazionale, è impossibile eppure mi sento sempre più attratta-
Arata trattenne il fiato, cercando di carpire il significato delle parole di Rein. 
-Alle volte ciò che è razionale non è la cosa giusta da fare- si ritrovò a dire
-E tu?- chiese Rein -Hai mai avuto questa sensazione? Ti sei mai sentito come se ti dovessi trattenere mentre senti un desiderio forte crescere dentro di te?-
Arata avrebbe voluto risponderle che sì, aveva provato quella sensazione, eccome se l’aveva provata. La stava provando anche in quel momento, a pochi passi da lei. Lei, che risvegliava in lui desideri che non riusciva a riconoscere. Riusciva a sentire una strana sensazione che lo spingeva verso la ragazza che aveva davanti a sé.
Ingoiò il nodo in gola e cercò di rispondere senza far trapelare il suo nervosismo: -Sì, qualche volta.-
 
∞∞∞
Senza che Arata se ne accorgesse era passata una settimana dal giorno in cui aveva accettato l’offerta dei reali del Regno del Sole e in quell’asso di tempo aveva scoperto molti vicoli nascosti della città, dove, alle volte, si sentiva, ancora, come fosse a casa. Alcuni giorni riusciva a sentire addirittura quella sensazione di appartenenza che lo inchiodava a terra e si ritrovava respirare a pieni polmoni e permettere a quel profumo di fresco circolargli nelle vene.
Poi ritornava al castello e, insieme alla sensazione di casa, sentiva di nuovo il peso sulle spalle e il timore di incontrare la principessa Rein perché sapeva avrebbe dovuto resistere dall’avvicinarsi a lei.
Quella mattina, tornato nella sua stanza, trovò sul suo letto un biglietto. Lo lesse con curiosità, non sapeva a chi potesse appartenere. Poi se lo avvicinò al viso e sentì un profumo. Se avesse dovuto descrivere con una parola quel profumo avrebbe scelto: Blu. Improvvisamente tutto era blu: la sua stanza era blu, la sua mente era blu le sue emozioni sapevano di blu.
 
Erano le undici di sera quando si ritrovò al fianco della principessa blu a guardare il cielo notturno. Lei avvolta dalla luce argentea della luna che la faceva sembrare ancor più attraente ed elegante di quanto già non fosse.
-Sei sempre stata così elegante?- chiese Arata, la principessa scoppiò in una risata che squarciò in modo piacevole il silenzio della notte. In quel silenzio la sua risata rimbombò così dolce e cristallina, sembrava dominasse l’atmosfera notturna; come se la notte le appartenesse, come se fosse il suo elemento. eppure Arata non si curò minimamente della possibilità che quella risata potesse attirare l’attenzione di qualcuno e spezzare quel momento. Confidava semplicemente nella sua fortuna affinché quel loro attimo non svanisse.
-Assolutamente no. Pensavo lo sapeste anche voi: io e mia sorella eravamo nominate le principesse meno principesche del pianeta Wonder- rispose lei
-Presumo che la vostra fama non fosse così forte, nel mio regno non è mai arrivata questa voce-  la punzecchiò Arata.
-Quindi non vi è arrivata neanche la voce del mio fidanzamento con il principe Bright- chiese
-No, non sapeva neanche quello-
-Capisco-
Ritornarono di nuovo in quel silenzio che sapeva di eterno e di conforto. Entrambi trovarono il loro piccolo mondo restando al fianco dell’altro permettendo a quel vento dolce di soffiare e portar via le preoccupazione che dovevano affrontare alla luce del sole.
 
“Sono felice di conoscervi”
“dice che siete simpatiche e un po’ pasticcione”

Di nuovo quella fitta alla testa. Di nuovo quella voce. Arata si strinse il capo con forza, nella speranza di alleviare quel dolore insopportabile che lo affliggeva. La principessa Rein gli si avvicinò posandogli una mano sulla spalla, senza dire una parola per non infastidirlo ulteriormente. Arata gemette un poco senza poter sopprimere quel dolore lancinante. Avrebbe voluto strapparsi i capelli per alleviare quel pulsare che sentiva alla testa. Si accartocciò su se stesso e aspettò, sapeva che quel dolore sarebbe scomparse nel giro di pochi minuti, anche se a lui sembrava uno spazio infinito.
Quando Rein si accorse che Arata si fosse rilassato, gli accarezzò la spalla dolcemente chiedendogli come stesse e cosa fosse successo. Arata scrollò le spalle: cosa poteva dirle se nemmeno lui sapeva cosa gli prendeva
-Qualche volta mi prendono delle forti emicranie, ma è tutto finito. Non vi preoccupate- liquidò il discorso
-Ne siete sicuro?- chiese preoccupata la turchina
-Certo- annuì lui. E tutto cadde di nuovo nel silenzio.
 
Senza neanche rendersene conto si ritrovarono con le dita intrecciate, spalla contro spalla
 -Sentite ancora quella sensazione di cui parlavate l’altra volta?- chiese Arata
-Sì, ancora lo sento e ogni volta diventa sempre più difficile da sopprimere.- rispose sinceramente Rein.
E tutto era diventato rosso, come le labbra che si era ritrovato a guardare e che cercava con tutta la sua forza di non catturare tra le sue. E poi le guardò, muoversi sinuose e peccaminose che gli chiedevano cosa stesse provando in quel momento, pregandolo di essere completamente sincero.
-Bene- si ritrovò a dire senza ragionare su come rispondere alla domanda della turchina. Rein dal canto suo sentiva di voler gettare via quell’anello che la costringeva, che le disegnava i limiti da non superare e che lei avrebbe voluto cancellare. Sentiva di averli ormai superati e allora perché non riuscita ad arrivare fino alla fine? Quell’anello al dito era come un filo che la legava al principe che tanto aveva amato, ma che si era rivelato solo un amore di gioventù, di una bambina che sognava il principe perfetto. Ormai era una donna, aveva trovato l’uomo che le aveva rapito il cuore e tutti i suoi sensi. Ogni sua parte, ogni fibra del suo corpo le urlava di gettarsi tra le braccia di quell’uomo che gli stava stringendo la mano possessivamente e dolcemente allo stesso tempo. E lui? Lui cosa provava? Poteva essere la paura del rifiuto a bloccarla così tanto? Ma si sentiva desiderata da lui, si sentiva una donna desiderata, una donna completa perché sentiva in Arata affetto e desiderio
-Lo senti con il principe Bright? Senti tutte queste emozioni con lui?- lei scosse la testa fortemente
-No-  rispose decisa -lui non mi fa sentire desiderata, non mi fa sentire una donna- spiegò con il fiato corto. La turchina si portò una mano sul petto sentendosi il cuore scoppiare.
Ormai i due erano vicini, erano arrivati a un punto dal quale non potevano più scappare. Il desiderio li aveva travolti completamente, il profumo dell’altro aveva invaso loro i sensi. Era in quel momento in cui non sentivano più alcun limite, alcuna inibizione, che si  abbandonarono a quello che il loro corpo stava chiedendo loro.
Arata chiuse completamente la distanza tra di loro, possedendo quelle labbra che tanto aveva desiderato. Quelle labbra morbide che si muovevano contro le sue facendo crescere in lui il desiderio. E si chiese perché avesse aspettato così tanto tempo per farlo, ma il pensiero della rispose lo fece tremare. Pensare che quello labbra che stava baciando fossero state baciate da qualcun altro gli faceva nascere in lui un forte senso di inquietudine, quindi approfondì il bacio, tanto da far sparire le tracce del principe Bright dalle sue labbra e dai suoi ricordi. Voleva che Rein fosse invasa totalmente da lui. Voleva che in Rein non ci fosse traccia dell’altro. Voleva che Rein continuasse a vivere con solo il ricordo del suo bacio, dei ricordi di lui. Egoisticamente sperava che fosse a lui che avrebbe pensato quando sarebbe stata con Bright. Sperava che quando avrebbe stretto la mano di Bright, lei immaginasse la sua pelle. Sperava che quando lo avrebbe baciato, avrebbe pensato alle sue labbra. Avrebbe voluto portarla via, liberarla da quel matrimonio che lei non voleva, ma, dentro di sé, sentiva come se il suo tempo con Rein avesse una scadenza. Sentiva che il suo passato lo avrebbe raggiunto a breve e che lo avrebbe portato lontano, via da Rein. E allora voleva prendere qualcosa di lei, avere qualcosa che Bright non avrebbe mai potuto avere. Rein, dal canto suo, si abbandonò totalmente al bacio, si fece trasportare dalle forti emozioni che stava provando mentre la sua lingua si muoveva in sincrono con quella di Arata. Passò le dita tra i capelli crespi di Arata e si fece trasportare da quel senso di benessere che le procurava. Ed era in quel momento, in quel preciso istante, mentre le loro lingue si scontravano e le mani di Arata le cingevano possessive i fianchi, che riuscì a sentirsi una donna, riuscì a sentirsi desiderata.
Si ritrovarono sdraiati a terra, mentre le loro lingue non davano segno di volersi lasciare, se non per riprendere fiato. L’azzurro degli occhi limpidi di Rein si scontrò con il viola di Arata, mentre di rosso si dipinse il loro mondo, perché li circondava ormai un’aria pesante, carica di una passione che nessuno dei due aveva mai provato e Rein se ne vergognò: le sue guance si erano imporporate di rosso donandole un aspetto delicato e tenero che si scontrava con forza contro l’atmosfera che i due avevano creato.
Eppure in quel momento Rein non volle pensare a nulla, niente che non fosse lei, Arata e il loro magico momento. Presa da una spinta di coraggio e di egoismo sorrise ad Arata e si abbandonò. Si abbandonò totalmente e profondamente a lui, donandogli ciò che poteva dargli e Arata l’accolse, gentilmente, dolcemente e calorosamente. Gli donò la sua dolcezza, le sue incertezze, la sua inesperienza, la sua purezza. Gli donò tutto ciò che poteva concedergli perché sapeva che quella notte non l’avrebbe mai rimpianta.
 
∞∞∞
Tornare alla vita di tutti i giorni fu difficile per Rein, riusciva ancora a sentire la pelle calda delle mani di Arata che le percorrevano i fianchi nudi, sentiva ancora il suo respiro sul collo mentre il biondo le sussurrava “stanotte sii mia”. Rabbrividiva di piacere per quel contatto tra le loro labbra e rabbrividiva di paura per il contatto con la realtà. Avrebbe presto sposato il principe dei suoi sogni, lo stesso principe che aveva tradito eppure non si sentiva sbagliata, non sentivo alcun senso di colpa dentro di lei. Le scappò un dolce sorriso che le adornò deliziosamente le labbra che, prontamente, si toccò per ricordare ancora la notte passata.
Rein si recò nella sala in cui sapeva avrebbe trovato suo padre, l’unica persona capace di darle i giusti consigli, l’unica persona capace di comprenderla e di cui lei si fidasse.
I due avevano sempre avuto un forte legame, forse per i caratteri simili o gli obbiettivi comuni, ma si trovavano in sintonia su molte questioni, anche per le scelte che riguardavano il regno.
Appena Toulouse notò sua figlia, mise da parte i documenti di cui si stava occupando e la accolse con il solito sorriso affettuoso.
-Perché sei qui?- chiese Toulouse, consapevole di una qualche possibile difficoltà che sua figlia stesse attraversando. Era forse per i colori comuni, ma Toulouse capiva l’umore di sua figlia anche dalla sfumatura del colore dei suoi occhi.
-Padre, con voi posso parlare liberamente, vero? Voi non mi giudichereste mai?- chiese incerta la principessa, Toulouse si sistemò sulla sedia, sentiva un tono di serietà che lo spaventò.
-Certo figlia mia, puoi dirmi qualsiasi cosa- rispose lui
-Padre, cosa fareste se non mi volessi più sposare, o almeno se non voglio sposarmi con il principe Bright?- Toulouse si pietrificò, sapeva benissimo che il principe Bright era sempre stato il principe dei suoi sogni, che lo aveva sempre amato, per questo non capì questo cambio di idea.
-Ma tesoro, hai sempre detto di amarlo, cos’è questo cambio repentino?-
-Non lo so padre, davvero, non lo so. Non sento più quelle emozioni che sentivo prima, non sento più quel trasporto emotivo. Inoltre, non mi sento amata, non mi sento amata come donna. Bright è un uomo dal cuore d’oro e vuole bene a tutti ed è questo che sento da lui: un affetto incondizionato, nulla di più. Io voglio sentirmi amata come donna, non come persona, voglio sentirmi desiderata. È sbagliato padre?-
Toulouse non sapeva cosa dire. Dubitava esistesse un padre che si sarebbe sentito a suo agio in un discorso di quel tipo con la propria figlia. Ai suoi occhi, Rein, come Fine, era ancora la loro bambina, ma quei discorsi gli facevano capire che, a malincuore, le sue bambine erano ormai delle donne. Ingoiò il nodo in gola, per poter avere la forza di affrontare quel discorso in modo neutrale senza far vincere il suo lato da padre protettivo.
-Vedi Rein, ormai sei una donna ed è normale avere questi pensieri- tossì – Crescere significa anche questo: cambiare le prospettive e le vedute. È normale che a dieci anni sognavi il principe azzurro ch ti avrebbe amata e protetta, ma crescendo cambi i punti di vista. Crescendo scopri tante altre cose che sfuggono agli occhi di una bambina. Crescendo cambi i tuoi obbiettivi. Capisci che, sì, l’amore rende tutto più bello, più dolce, ma nella vita ci possono essere altri tipi di obbiettivi da raggiungere. Ora devi solo capire se il tuo amore per Bright è mutato o è rimasto quella cotta da bambina-
-E come lo posso capire?- chiese insicura Rein
-Se ciò che provi per l’uomo che scaturisce in te questi dubbi è più forte. Chiudi gli occhi, lasciati trasportare solo dal tuo cuore e immaginati tra vent'anni. Chi c'è al tuo fianco?- Rein annuì, aveva appena confessato a suo padre che c’era effettivamente un uomo nei suoi pensieri. Si chiedeva Rein, se suo padre avesse capito di chi si trattasse e se avesse intuito cosa fosse successo tra loro.
-Queste tue emozioni sono ricambiate?- chiese suo padre, Rein annuì di nuovo.
-E allora scopri cosa vuole il tuo cuore e cosa vuole il suo- rispose Toulouse
-E con Bright e il matrimonio?-
-Ci penseremo poi- la rassicurò Toulouse, omettendo che, nel caso di annullamento del matrimonio, avrebbero dovuto affrontare un caso diplomatico devastante, ma non poteva permettere che sua figlia decidesse di sacrificare la sua felicità per una questione diplomatica.
Rein sorrise grata per il supporto che suo padre le stava mostrando. Sapeva che suo padre le sarebbe sempre rimasto vicino, ma dentro di sé aveva paura che questa volta sarebbe stata un’eccezione. Temeva che suo padre non avrebbe accettato lo scandalo di un matrimonio reale annullato, eppure, come al solito era lì, al suo fianco, pronto a difenderla dal mondo esterno. Con gli occhi lucidi si alzò dalla sedia e si avvicinò a lui, gli sorrise dolcemente e gli poggiò un bacio sulla guancia.
-Grazie padre-
∞∞∞
-Di nuovo qui? Non riesci a dormire neanche stanotte?- chiese Rein quando trovò una figura nel buio seduto ala tavolo della cucina.
-Già- rispose Arata. Non riusciva a non pensare alla notte precedente, alla notte che, ne era sicuro, avrebbe ricordato per tutta la vita. Non avrebbe mai potuto dimenticare quella sensazione che lo aveva avvolto, che li aveva avvolti. Quel momento sarebbe rimasto sempre con lui, qualsiasi sarebbe stato il suo futuro.
Ricordava perfettamente la pelle di Rein a contatto con le sue dita, ricordava perfettamente come i loro corpi si accarezzavano, si muovevano in sintonia. Ricordava ancora tutte le risposte ricevute dal corpo di Rein. Ricordava anche il profumo delle rose che li circondavano. Ricordava anche la sensazione di vuoto quando ognuno era rientrato nella loro stanza.
In quel momento sentiva le mani tramare dalla voglia di toccare di nuovo la sua pelle, di sfilarle quella vestaglia e unirsi di nuovo con lei. Lì nel buio con solo la leggera luce della stanza affianco a illuminarla guardava le sue forme, guardava quel corpo che solo ventiquattro ore prima era tra le sue dita e tremava per avere più contatto. Guardava il suo viso, le sue labbra e non erano più passionali come la sera prima, erano dolci, amorevoli pronti ad amarlo.
Rein gli si avvicinò e lo prese per mano conducendolo in quello che ormai era diventato il loro posto.
-Ho parlato con mio padre- disse tutto d’un fiato
-Cosa?-
-Gli ho parlato, gli ho detto di non essere convinta di voler sposare il principe Bright.- Arata le strinse le mani
-Cosa ti ha detto?-
-Mi ha incoraggiata a capire cosa voglio e che troveremo un modo per annullare il matrimonio, se volessi farlo.-
Arata rimase sbigottito, non poteva credere che la donna che aveva davanti a sé avesse avuto il coraggio di chiedere l’annullamento del suo matrimonio per lui, per un uomo appena conosciuto.
-Quindi? Cosa pensi di fare?- chiese Arata
-Chiederò l’annullamento del matrimonio. Perché, anche se tu non mi volessi, non posso sposare un uomo che non amo e non mi ama. Non sarebbe giusto per nessuno dei due- rispose secca Rein
-Adesso devi rispondermi tu, che intenzioni hai con me?-
Arata rimase un momento in silenzio, solo a pensare alla possibilità di perderla lo spaventava -Io non lo so, io non..- farfugliò. Cosa poteva offrirle se non sapeva da dove venga, chi fosse, cosa avesse? Non sapeva cosa fare? era in totale confusione. Avrebbe voluto risponderle, avrebbe voluto sostenerla.
Rein, dal canto suo, con le spalle dritte, il petto gonfio e l’espressione di orgoglio impressa sul volto -Va bene- aveva detto semplicemente. E Arata si sentì mancare il respiro, mentre vedeva la schiena di Rein allontanarsi sentiva il cuore stringersi sempre di più.
∞∞∞
Non sapeva esattamente perché avesse chiesto a Rein di incontrarsi nel roseto, aveva solo ascoltato il suo cuore che gli chiedeva di incontrarla. Rein aveva deciso di presentarsi all’appuntamento, con la sua solita aria di donna orgogliosa.
-Dimmi- disse soltanto
-Scusami se ieri non ho risposto, ma mi hai preso alla sprovvista. Non pensavo avresti annullato il matrimonio per me- iniziò Arata
-Io non annullerò il matrimonio per te- lo interruppe lei -lo annullerò per me, per non restare incatenata ad un matrimonio infelice- spiegò secca lei.
Arata ingoiò rumorosamente. Gli era sempre piaciuto questo essere sincero e forte della principessa, ma, per la prima volta, si sentiva intimidito.
Il biondo si avvicinò a Rein, le prese le mani e le strinse tra le sue, chiuse gli occhi e sospirò.
-Grazie per essere venuta- disse semplicemente prima di baciarla. Questa volta la baciò piano, dolcemente e profondamente. Si fece trasportare completamente e, forse, lì tra le braccia di Rein aveva capito di cosa stesse parlando la signora dai lunghi capelli che gli appariva. Quando era al fianco di Rein, quando sentiva le sue braccia avvolte intorno al suo corpo si sentiva a casa . Quello che sentiva per Rein era amore. Amava Rein. Era profondamente e irrimediabilmente innamorato di quella donna.
Non sapeva da dove arrivasse quella sensazione, l’aveva mai provata? ma era prepotente, quasi da fargli scoppiare il cuore. Sentiva un calore espandersi nel petto e il desiderio affinché quel momento non finisse mai.
E invece eccolo quel bagliore, lo stesso che Arata vedeva ogni volta che la donna dai lunghi capelli rosa gli si mostrava davanti.
Si sentì improvvisamente piccolo; Rein sentì il calore delle labbra di Arata svanire e la presa salda sui suoi fianchi alleggerirsi. Aprì gli occhi alla ricerca del ragazzo, ma non ne trovò alcuna traccia. Vedeva solo così tanta luce da farle bruciare gli occhi.
-Cosa sta succedendo?- sentì una voce allarmata chiedere. Conosceva quella voce, nel suo cuore quella piccola fiamma di speranza si riaccese completamente. Quella era la voce che più desiderava ascoltare, la voce che più le mancava in assoluto, anche quando non faceva altro che urlarle di fare cose che lei non voleva fare. Si guardò intorno con ansia, nella speranza di trovare la fonte di quella voce.
Poco a poco la luce si affievolì e poté guardare con più chiarezza: davanti a lei ritrovò la principessa Grace a guardarla dolcemente e comprensiva e accanto alla principessa un esserino piccolo e fragile che avrebbe voluto stringere a sé quasi a farlo soffocare per quanto le fosse mancato.
“Poomo!” esclamò lei con sorpresa. Sul viso le si allargò un ampio sorriso, temeva che non sarebbe più riuscita a vedere l’amico e compagno di avventure. Molte volte le si materializzava davanti agli occhi l’immagine del folletto che giaceva a terra senza vita. Ricordava ancora quella battaglia contro l’oscurità nitidamente. Ricordava ancora la sensazione che provò mentre sentiva il rumore che il suo cuore procurava mentre si spezzava profondamente. Ricordava le sue urla mentre chiamava disperatamente il nome di Poomo per farlo risvegliare perché non poteva  e non doveva morire lasciandola sola contro il mondo. Per quanto piccolo, per lei, era diventato una barriera, un sostegno, una costante sempre presente nelle sua vita. La sua morte aveva lasciato dentro di lei un profondo senso di irrequietezza, un senso di vuoto che non riusciva a colmare.
Dalla morte di Poomo aveva imparato a tenersi stretta le persone che più amava e forse anche per questo che aveva deciso di annullare il matrimonio: non voleva perdere anche Arata.
Arata era stato l’unico a colmare il vuoto che aveva lasciato il folletto, aveva riempito di parole sagge la sua vita esattamente come faceva Poomo. Quando l’abbracciava, si sentiva avvolgere dallo stesso calore che l’avvolgeva quando Poomo, stanco, si posava sulla sua spalla e le si accoccolava addosso. Con Arata non sentiva poi così tanto la mancanza di quelle piccole manine che la sfioravano dolcemente, come se fosse la cosa più preziosa al mondo. Arata l’aveva riportata alla gioia, all’allegria e alla serenità. Per quanto il suo cuore soffrisse per la mancanza di Poomo, con Arata si era risentita di nuovo completa.
-Io non capisco. Cosa sta succedendo?- chiese Rein singhiozzando
-Principessa Rein!- esclamò felice Poomo
-Poomo! Cosa sta succedendo? Perché Poomo è qui? Se è vivo, perché non è tornato prima? Dov’è Arata? Principessa Grace, spiegatemi ve ne prego- supplicò Rein sconvolta.
Sentiva il cuore diviso a metà: una parte scoppiava dalla felicità perché, finalmente, davanti a sé aveva Poomo; dall’altra, però, si sentiva mancare per l’assenza di Arata.
La principessa Grace tirò un sospiro, soddisfatta per essere finalmente arrivata  alla fine. Sorrise mentre cercava le parole giuste affinché Poomo e Rein potessero capire cosa stesse succedendo .
-Cara Rein, da quanto tempo- salutò la donna
-Salve Principessa Grace, sono lieta di vedervi di nuovo- salutò cordiale Rein
-Vedo che non siete più la principessa meno principesca del pianeta- sorrise Grace
-Non crediate Principessa Grace, riesco a dissimulare quando la situazione lo richiede- scherzò la turchina facendo ridere sinceramente la donna che aveva davanti
Rein guardò Poomo, era in un evidente stato di confusione : si guardava intorno, cercando di capire cosa stesse succedendo. La turchina ebbe un attimo di esitazione, non sembrava il solito folletto allegro che era solito essere. Cosa gli era successo?
-Principessa Grace, potete spiegarmi cosa sta succedendo?- chiese educatamente Rein.
La Principessa Grace annuì e si preparò a un lungo discorso.
-Vedi Rein, come sai l’ultima lotta contro il male non è stata affatto semplice, nonostante l’abbiate vinta e che il mostro contro cui combattevate si nutrisse della felicità- cominciò, fermandosi dopo poco
-E allora? Cosa c’entra con Poomo?” chiese
-E’ stato Poomo a dare il colpo di grazia al mostro. Il motivo per il quale avete trovato Poomo privo di sensi è perché lui ha deciso di privarsi della sua felicità affinché non venisse rubata la vostra. Quelle sfere dalla luce calde che sono cadute su di voi, quelle che vi hanno fatto riconquistare il sorriso, era l’essenza della felicità di Poomo non ciò che restava del mostro-
-Ricordo. Ricordo anche che nessuno di noi era riuscito a comprendere perché all’improvviso si fosse sentito male – rispose Rein
-Cara Rein, ricordi quando il mostro vi ha inglobate nella sua bolla? La vostra energia si stava esaurendo poco a poco, e così fu per Poomo. La sua energia si è deteriorata poco a poco- spiegò la Principessa Grace
Rein scrollò la testa non capendoci molto – Ma lui è qui, questo significa che non è morto. Allora perché non è tornato prima?- si lamentò
Principessa Rein, Poomo ha perso le energia e con loro ha perso anche la vita, ma lo ha fatto per difendere te e tua sorella. Era il suo lavoro, lui doveva istruirvi, accompagnarvi nella vostra avventura e difendervi e lo ha fatto. Per questo ho deciso di dargli un’altra opportunità, la vita che ha sempre voluto vivere-
-Cosa intendete?-
-Ero davvero grata a Poomo per il meraviglioso lavoro svolto e ho sentito il dovere di aiutarlo e provare a utilizzare tutti i miei poteri per aiutarlo a risvegliarlo. Ci sono riuscita, l’ho risvegliato, e quando mi ha chiesto perché lo avessi fatto, io gli ho risposto che volevo ringraziarlo per il suo coraggio. Abbiamo iniziato a parlare e, insieme, abbiamo fatto un po’ il bilancio della sua avventura con voi. Lui mi confidò di essere soddisfatto con il loro svolto, ma che aveva un unico rimpianto: non essere stato abbastanza per poterti stare vicino Rein. O, perlomeno, non ha potuto farlo come avrebbe voluto-
Rein guardò Grace confusa, quindi Grace riprese la parola – Ti amava Rein, ti ha sempre amata ed è per questo che ho deciso di donargli la vita umana che voleva per poterti stare vicino. Tu ami Arata, ma in verità hai sempre amato Poomo. Hai sempre creduto che l’affetto che sentivi per Poomo fosse del profondo affetto verso un amico, ma l’apparizione di Arata ti ha fatto capire che quello per Poomo era qualcosa di più forte-
Rein si permise alla confusione di sopraffarla. Mai aveva pensato che Poomo potesse amarla. Aveva sempre pensato che il folletto si comportasse con lei allo stesso modo in cui si comportava con Fine. Certo, alle volte aveva notato un tono più dolce o un comportamento più accondiscendente nei suoi confronti, ma aveva dato colpa al suo caratteraccio. D’altronde era stata lei a creare un litigio inutile per la sua gelosia per Bright. Si era sempre sentita quella viziata, in un certo senso, e aveva dato per scontato che quell’approccio che Poomo aveva assunto nei suoi confronti fosse dovuto proprio a quello. Aveva anche notato un profondo legame e una certa chimica che si erano andati a creare con lui attraverso gli anni, ma non ci aveva dato molto peso o, almeno, non l’aveva mai ricondotto a un possibile sentimento da parte di Poomo. A dirla tutta, Rein, egoisticamente, non aveva mai pensato che il folletto potesse amare o innamorarsi. Forse era stato sciocco da parte sua.
Rein si ritrovò ad annuire mentre metteva tutti i pezzi al loro posto: quando rivedeva in Arata le movenze di Poomo, quando guardava gli occhi di Arata e vedeva la stessa dolcezza che vedeva negli occhi del folletto, quando sentiva nel tocco di Arata quel senso di familiarità. Ha sempre trovato un po’ di Poomo in Arata.
-Arata è Poomo - ammise ad alta voce. Era forse quello il motivo per il quale Rein si era ritrova innamorata di quel ragazzo dopo così poco tempo? Era forse per quello che aveva sentito la mancanza di Arata subito dopo la prima sera in cui lo aveva visto? Aveva ritrovato Poomo, aveva ritrovato colui che gli mancava come l’aria
-Non ci credo- sospirò Rein – Non posso credere di aver avuto Poomo così vicino a me e non essermene accorta- si lamentò
-Non essere dura con te stessa. In fin dei conti lo avevi capito, la colpa non è di certo tua se vi siete ritrovati in una situazione così surreale- la consolò Grace.
-Adesso cosa succederà Principessa Grace? Poomo tornerà da me? Vi prego, fatelo tornare da me- la supplicò, Grace le sorrise comprensiva
-Questo dovrà sceglierlo Poomo- rispose Grace.
Rein guardò Poomo rendendosi conto che non si era mai avvicinato a lei e, per un momento, tutte le sue certezze si frantumarono un po’. Avrebbe voluto abbracciarlo. Avrebbe voluto che lui si tuffasse tra le sue braccia come faceva anni prima.
Grace si voltò verso Poomo sorridendogli dolcemente.
Poomo dal canto suo rimase fermo al suo posto ad ascoltare le parole della Principessa Grace. Si ritrovava ancora in stato di confusione, si sentiva ancora in bilico tra Poomo e Arata. Non sapeva più dove iniziasse Poomo e dove finisse Arata.
Sentiva una gran confusione e un misto di informazioni ed emozioni che non riusciva a mettere al loro posto. Cercò di mantenere la calma e guardò le due che lo guardavano aspettando che si riprendesse.
-Principessa Rein, io..- non riuscì a completare la frase. Il folletto prese un respiro profondo
-E’ vero Poomo? Tutto quello che ha detto la Principessa Grace, è vero?- chiese diretta la turchina
-Credo di sì, io … ricordo che-
-Poomo- sospirò Rein – Vieni qui- lo esortò lei.
Il folletto si tuffò subito tra le braccia di Rein, permettendo al profumo dei capelli della principessa di inondargli le narici, poi si staccò, la guardò negli occhi e si perse in quel azzurro cristallino che amava tanto e sorrise.
I due capirono subito: si amavano e non potevano fare nulla per sopprimere il loro sentimento.
Grace capì, Poomo avrebbe rinunciato alla sua forma di folletto per poter stare con Rein
-Bene, presumo che Poomo abbia preso la sua decisione- ruppe il silenzio Grace
Poomo annuì, sicuro della sua scelta: amava Rein, non poteva fare altrimenti.
E allora Grace strinse forte la bacchetta tra le mani, prese coraggio e regalò a Poomo ciò che desiderava di più: le sembianze umane e una vita con Rein.
I due si ritrovarono di nuovo davanti l’uno all’altra sorridendosi.
-Poomo- lo chiamò Rein, il ragazzo scosse la testa – Da adesso sono Arata- la corresse mentre le spostava una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Poi si baciarono, di nuovo, dolcemente, assaporandosi quel momento in cui si erano ritrovati per davvero. Arata, finalmente sapeva chi fosse, conosceva il suo passato ed era pronto per costruirsi il suo nuovo presente e il suo futuro.
 
 
*Arata: fresco, nuovo. Ho scelto questo nome proprio per marcare il nuovo inizio di Poomo in una nuova vita.
 
**Angolo autrice
*toc toc torno dopo secoli. No, non sono fuggita, ogni tanto sbuco di nuovo dal nulla.
Per prima cosa volevo scusarmi con coloro a cui ho parlato di questo progetto e che stavano aspettando la sua pubblicazione. Chiedo davvero scusa, ma ho avuto davvero degli ostacoli. E poi volevo ringraziare a coloro che sono arrivati fin qui nonostante la lunghezza della OS.
Ancora non riesco  a credere che finalmente sia riuscita a concluderla. Sembra un’eternità da quando l’ho iniziata. In effetti è un’eternità. Credo siano due anni ormai che provo a scriverla e tra alti e bassi personali e i vari abbandoni da parte del pc non sono riuscita a completarla prima.
Dunque, non chiedetemi da quale mente io abbia partorito questa idea perché non lo so. Non so spiegarmi davvero il senso di tutto ciò. Non credo ci sia qualcosa di simile, è da un po’ che non giro sul fandom  * si va a nascondere *, ma chiedo scusa se qualcuno ci sia arrivato prima di me. Permettetemi di pubblicarla, perché, davvero, sono anni che ci sto lavorando. Ho dovuto anche sopportare la visione della seconda stagione dell’anime (che non amo per nulla) per cercare di far combaciare gli eventi il più possibile.
Spero che, per quanto assurda, vi sia piaciuta. A dire la verità, mentre scrivevo questa OS ho pensavo a un possibile prequel, ma non so se sia il caso di scriverlo, temo di rovinarla e appesantirla troppo. L’idea che ho in mente è piuttosto stramba, ma ho paura di cadere nel banale e non avere lo stesso effetto di questa OS. Quindi, credo la lascerò così.
Non mi resta altro che salutarvi e sperare di non aver fatto errori (orrori) grammaticali. Ho controllato decine di volte e spero di aver migliorato il lavoro. Ho smesso di rileggerla perché ogni volta che lo facevo finivo sempre per aggiungere qualcosa e temevo di esagerare e scrivere qualcosa di inesatto che avrebbe rovinato poi tutta la storia.
Cielo, non pensavo ci si potesse sentire così emozionati nel pubblicare una ff
Volevo anche dire che presto cambierò anche il nome dell’account, per questo ho aggiunto un’immagine visibile, così da poter associare il mio account all’immagine visto che il nome camierà.
A presto.
Un abbraccio, Tata
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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