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Autore: villainsarethebest    02/05/2020    1 recensioni
Manipolazione, inganno, disperazione: Firestorm li conosce tutti, li ha vissuti tutti sulla propria corazza e li ha repressi tutti nel buco più profondo della sua memoria. Dopo tutti i secoli di soprusi che l'hanno spezzata e segnata, solo poche cose ha deciso di tenere sempre in mente: ogni volta che cadrà, si rialzerà; quando proveranno a zittirla, lei parlerà ancora più forte; se qualcuno oserà incatenarla lei si ribellerà con tutte le sue forze.
Ricordi e decisioni che tiene segrete dentro di sé come il suo passato, nascosto a tutti, anche al suo signore, Lord Megatron.
Il confine tra lucidità e pazzia non è mai stato più allineato e per uscire sana e salva dalle sfide che stanno per presentarsi dovrà essere più forte di quanto sia mai stata.
Lei non è schiava. Lei non è un'assassina. Lei non è una guerriera.
Lei è una protettrice. Questo non glielo potranno mai togliere.
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Megatron, Nuovo personaggio, Predaking, Starscream
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Transformers: Prime
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«Hai sentito Lord Megatron. Smettila di strisciare. E io ti consiglio di fermare subito il tuo pianificare. Non ti porterà a nulla di buono.»

«Come sei premurosa a ricordarmi che cosa ha detto Megatron! Ma sbaglio o avverto una certa preoccupazione nei miei confronti?»

«Finirai per farti ammazzare sicuramente e Lord Megatron poi non avrà più il suo sacco da boxe preferito. Da chi credi che andrà poi?» puntualizzò Firestorm.

«Quanto sei simpatica» commentò Starscream roteando le ottiche. «E comunque non hai da preoccuparti, Megatron non alzerebbe mai un pugno contro di te. Semmai alzerebbe qualcos’altro.»

«Lo dici tu. E risparmiami certe battute» disse Firestorm tagliente.

Starscream fece per ribattere, ma l’arrivo improvviso del Terzo in Comando alle loro spalle lo fece sobbalzare dallo spavento. «Soundwave!» lo nominò apprestandosi a celare la sua reazione.

Firestorm invece non aveva battuto ciglia, come sempre. Ma cos’è, la avvisa in anticipo? «Temo che girovagando tra le stelle per così tanto tempo il padrone sia ritornato con un pizzico di pazzia» disse mal velando il suo diletto. Un Megatron pazzo era un Megatron umiliabile e sovvertibile. «Da quando è rientrato Lord Megatron ha dimostrato di non avere più capacità di giudizio. Aumenta la sorveglianza globale!*» impose al mech silenzioso.

«Smettila di strisciare e aspetta i miei ordini» riprodusse Soundwave estrapolando le parole dalla precedente conversazione con loro.

«È quello che gli ho detto anch’io. Io torno al lavoro, ho ancora dei rapporti da stilare. Contattatemi se ci sono novità» disse Firestorm ricevendo un cenno d’assenso da Soundwave, ignorando completamente lo schiamazzare profuso di Starscream contro l’ex gladiatore.

Lasciò i suoi superiori sul ponte a discutere il da farsi, o per essere più precisi, lasciò Soundwave ad ascoltare e memorizzare ogni assurdità e probabile insubordinazione dell’altro. Anche se lo aiuto finisce sempre e comunque per scavarsi la fossa da solo, rifletté la femme entrando nelle sue stanze e raccogliendo dei datapad.

Passò il resto del giorno vagando da una miniera all’altra, appuntandosi le quantità di energon estratte, quante risorse rimanevano da raccogliere e direzionando verso nuove vene di energon i minatori, così da non lasciare sprecato un solo cristallo. Nel suo lavoro la femme era sempre precisa, nessun altro oltre a Soundwave pareggiava con la sua meticolosità ed era sempre stata meritevole di lodi per questo – il che corrispondeva ad altra invidia e rancore; ciò che le mancava in combattimento lo bilanciava con tutto il resto. Era probabilmente la Decepticon più competente in una così vasta gamma di ambiti, e francamente Firestorm avrebbe di gran lunga preferito non essere così brava ed efficiente, ma a lavorare per Megatron non si era mai troppo cauti. Era scesa tempo fa a patti con se stessa, lasciando che il tiranno avvolgesse intorno a lei catene invisibili, ma allo stesso tempo legandosi le mani dietro la schiena da sé quanto bastava da risultare utile, talvolta indispensabile, ma non eccezionale. Brillare di luce propria era un male e l’obiettivo era restare nella sicura ombra del suo leader. Già aveva dovuto barattare la preziosissima informazione della sua abilità per ottenere la protezione del tiranno, tirare troppo la corda e mettersi in mostra era la cosa peggiore che potesse fare da quel giorno in poi.

Anche l’essersi sempre mostrata disponibile a conversare con Megatron aveva fatto la sua parte, sebbene odiasse ogni istante di quelle chiacchierate dovendo tra l’altro fingere di apprezzarle minimamente; era una bugiarda più grande di Starscream, solo che lei sapeva recitare a dovere. Comunque, occhio e orecchio attenti della femme erano sempre allerta anche e soprattutto durante quelle occasioni, in cerca di qualsiasi informazione che potesse rivelarsi utile in futuro, ma Megatron era assai attento a ciò che si lasciava sfuggire, nonostante si fidasse ciecamente della seeker. Ciò che quindi Firestorm aveva memorizzato erano piccoli gesti, espressioni sul viso del tiranno, fluttuazioni del suo campo elettromagnetico, sprazzi della sua intelligente quanto contorta mente. Particolari innotabili e di poco conto per chiunque, ma non per lei. In mezzo alla palude di orrori e demoni che era la sua scintilla, Firestorm aveva scorto un barlume di normalità, un lascito del vecchio Megatron sepolto in profondità e di cui il mech non si curava, anzi ne era sicuramente ripugnato, ma era ciò che faceva la differenza. Era ciò che tutt’oggi Optimus Prime sperava di riportare alla luce.

Povero ingenuo. Il Prime era testardo, dopo tutti quegli anni non aveva ancora accettato che Megatron non voleva tornare indietro. Ed era ciò che Firestorm teneva sempre a mente.

Riordinando i suoi pensieri, scrisse i dati relativi all’ultima miniera che avrebbe visitato quel giorno, riponendo nel suo sub-spazio il datapad e avvisando le guardie che aveva finito. Uscì dalla miniera scavata nel fianco di una montagna, percependo il vento soffiarle contro freddo. Si trasformò e, come aveva raggiunto ogni luogo in quelle ore, scelse di spostarsi in volo anziché richiedendo un ponte terrestre.

Come tutti i seeker Firestorm amava volare, toccare le nuvole con le ali e lasciarsi trasportare dalle correnti d’aria; da lassù aveva una visione d’insieme del mondo che le dava una flebile sensazione di controllo. Sentiva di poter abbracciare il mondo con le ali quando era in cielo. Quando volava la sua mente riusciva a schiarirsi un po’ e a riordinare i pensieri, accantonando temporaneamente quelli più molesti. Peccato che non fosse in grado di rilassarsi e semplicemente godersi l’attimo: anche quando non aveva alcun compito Firestorm non si concedeva il lusso di avere delle pause, i suoi circuiti non si fermavano mai. Quei brevi momenti di svago che ogni tanto comparivano li prendeva al volo – andare a letto col bel dottore per esempio – ma il flusso di pensieri non poteva essere interrotto e le turbolenze nella sua scintilla non la lasciavano mai, nemmeno volando. C’era sempre quel peso sulla sua scintilla, che gravava su di lei come uno stormo di schegge pronto a divorarla, ed era così da eoni ormai. Per questo era sempre più attenta di tutti, più prudente di tutti, più reattiva di tutti. Doveva stare costantemente allerta. Non poteva permettersi di riposare.

Quando tornò alla Nemesis con i datapad compilati erano passate diverse ore; aveva ispezionato otto miniere sparse in tutto il continente americano. Andò sulla plancia per consegnare i rapporti personalmente a Megatron, ma lui non era ancora rientrato. Soundwave intanto stava lavorando a un monitor in tutta tranquillità.

«Novità?»

Il mech si voltò verso di lei e fece partire un video assai curioso: un essere umano era in catene, tenuto sospeso a diversi metri da terra con Strarscream al suo fianco.

«Un prigioniero» comprese la seeker. «Bene. Aspetterò che Lord Megatron ritorni per fare rapporto.» Con Soundwave stava sempre attenta alle parole che diceva, perché quello avrebbe potuto usarle contro di lei spifferando tutto a Megatron; per questo non mancava mai di motivare le sue azioni, e come sempre ricevette un segno d’assenso dall’altro.

Firestorm passò nella sua camera al piano inferiore del vascello per lasciare lì i datapad, dopodiché andò a sbirciare cosa stava combinando il Comandante dei Cieli sul ponte. La porta automatica si aprì con un sibilo, rivelando la sua presenza a Starscream.

«Firestorm, già di ritorno! Permettimi di presentarti il nostro ospite, l’agente speciale Fowler» enunciò Starscream con fare teatrale.

«Fantastico, un altro con! Qualcun altro vuole unirsi alla festa?» biascicò Fowler.

Firestorm studiò l’umano mentre questo la guardava astioso, ma era chiaramente annebbiato. Spostò lo sguardo sul suo interrogatore e notò il pungolo nelle mani del SIC. Con un solo sguardo fece capire a Starscream che attendeva una spiegazione. A volte tendeva a comportarsi proprio come Soundwave.

«Il caro Fowler non voleva collaborare, così ho dovuto prendere misure più drastiche. Gli ho chiesto gentilmente di condividere con noi la posizione della base degli Autobot, ma non si è ancora deciso a cooperare. Magari tu puoi fargli cambiare idea.»

«Non rientra tra le mie mansioni» si giustificò apatica. «Attento a non esagerare Comandante, l’umano è fragile.»

«Ehi! Io non sono una fragile donzella, sono puri muscoli di integrità americana e che il vecchio Sam mi sia testimone!» sbottò con ritrovato vigore.

Starscream ridacchiò. «Attento agente Fowler, questa fragile donzella potrebbe decidere di dimostrarti il contrario. Sappi che Firestorm è fra le più capaci guerriere che Megatron ha a sua disposizione!» la vezzeggiò guardando la subordinata lezioso.

«Tsk, vorrei proprio vedere!»

«Adesso basta! Le tue ciance mi hanno stancato!»

In tutto questo Firestorm non aveva aggiunto parola, limitandosi a fare da spettatrice a quello scambio di battute. Non trovando interessante l’interrogatorio, Firestorm decise di andarsene.

Era già alla porta quando l’umano le rivolse nuovamente la parola. «Ehi, tu con i dread, perché non resti a farci compagnia?»

Firestorm si fermò e si voltò; il suo sguardo era così intenso e magnetico che calamitò l’attenzione di prigioniero e interrogatore. «Mi dispiace agente Fowler, ma io sono più un lupo solitario» e se ne andò, ben sapendo di avere ancora i loro occhi puntati addosso.

Si ritirò nel suo alloggio e si sdraiò sul letto; aveva svolto ogni incarico assegnatole e non sapeva come occupare il resto del tempo in attesa della prossima follia di Megatron. Un bagno sarebbe l’ideale, pensò conscia del sottile strato di polvere che le ricopriva la corazza e le ali, segno delle ore passate in miniera. Si alzò ed entrò nella piccola stanza collegata a quella principale e adibita a cabina doccia e zona rinfresco; lì teneva un lucidatore regalatole da Knock Out e diversi unguenti per la cura del corpo, sia quelli essenziali che alcuni extra sempre gentilmente concessi dal vanesio dottore. Knock Out tendeva a rimbeccarla di continuo per la poca attenzione che prestava al suo aspetto e Firestorm ricordò alcune delle volte in cui, oltre alla consueta revisione dei sistemi, ne approfittava per lucidarle l’armatura piena di graffi insignificanti mentre era in stasi. Glielo aveva ribadito ogni volta, non è una mia priorità – anche perché raramente riuscivano a ferirla in combattimento, dopotutto la sua specialità era la difesa – ma quello era sordo alle sue proteste e prenderlo a calci per una simile sciocchezza non ne valeva la pena.

Forse è perché non gliele ho mai date che continua a rifarlo.

Rimosse il diadema che le teneva lontani dal viso le componenti attaccate alla sua testa, che l’umano aveva chiamato dread. In effetti, potevano richiamare le escrescenze cheratinose che ricoprivano le teste della maggioranza degli umani. Aveva notato che le femmine terrestri tendevano a portarli di varia lunghezza e le più giovani preferivano lunghezze maggiori, mentre gli uomini per lo più li avevano corti, come l’agente Fowler. Firestorm era incuriosita da tutte le varianti bizzarre che potevano comparire nella genetica umana e occasionalmente si domandava che aspetto avrebbe avuto se fosse stata una di loro. Gli umani avevano tutti le sclere bianche; le sue sarebbero rimaste nere o si sarebbero adattate? E la sua pelle sarebbe stata scura come la sua protoforma, similmente all’agente Fowler?

Che idiozia.

In generale evitava di avvicinarsi ai terrestri e a tutto ciò che li riguardava, come la loro cultura, la loro storia, la loro filosofia; non che fossero banali o che non trovasse genialità in essi, ma non voleva averci niente a che fare. Off-limits, tabù, proibiti: la Terra e i suoi abitanti erano tutto questo per lei.

Aprì il getto di solvente e cominciò a lustrarsi con una spugna di materiale liscio e inorganico. Non era sicura di quanto tempo avesse a disposizione, tuttavia le piaceva lasciarsi cullare dal ticchettio sul suo metallo e concentrarsi unicamente su quello. Era uno dei pochi momenti in cui riusciva a distaccarsi un po’ dalla realtà, assurdamente meglio persino di volare, chiudendo le ottiche e rivedendo la splendente Cybertron, la sua amata città, Vos, gli alti palazzi che riflettevano la luce del sole e i cieli pieni di vita, le risate dei bambini e il borbottio degli adulti, che vivevano le loro vite come più gli andava…

Riaprì le ottiche stancamente. Non doveva farsi trascinare dalla nostalgia o sarebbe sprofondata nel baratro sempre di più fino a non riuscire a riemergerne. Rilasciò una ventata e appoggiò la fronte alla parete, percependo il tiepido liquido scivolarle tra i dread e lungo la schiena. Pulì con cura le sue belle ali cremisi dalle finiture dorate, l’unica parte di lei che riceveva un trattamento di bellezza periodicamente. Aveva altri dettagli dorati sul petto, sulle braccia e lungo le cosce fino al ginocchio, abbinati alle sue ottiche e che le conferivano un aspetto regale. Lo riconosceva a se stessa, era una bella femme; era slanciata, aveva un’altezza nella media al contrario della nanerottola Arcee e delle curve attraenti. Firestorm, nonostante all’apparenza fosse decisamente attraente, sapeva di essere orribile dentro e dopo tutti quei millenni ancora si chiedeva se doveva addossarsene o meno la colpa.

Chiuse il getto e si asciugò frettolosamente. Indossò nuovamente il suo diadema cremisi; ricordava uno dei caratteri di scrittura umana, la lettera dell’alfabeto “M”, con gli angoli appuntiti e affilati. Poteva fungere come arma se necessario – lo aveva già appurato in passato. Il centro le copriva parte della fronte, mentre il resto le incorniciava il viso; il tutto creava un insieme armonico che faceva cadere le ottiche di tutti sulla sua persona. Gli umani lo avrebbero definito “cerchietto” molto probabilmente. Non voleva saperne del pianeta sul quale si trovava, eppure non poteva fare a meno di restarne influenzata almeno un minimo, una sconfitta che la rattristava.

Dovresti curare di più il tuo aspetto!

Disattivò la presa magnetica del diadema e se lo rigirò tra le mani. Magari potrei modificarlo giusto un po’…

Ci lavorò sopra per quasi un’ora, interrotta da un messaggio di uno dei vehicon di turno al centro comunicazioni, che non mancò di annunciarsi come RO-817, avvisandola del rientro di Megatron. Risistemò l’ornamento sul capo, prese i datapad con i rapporti e si avviò verso il piano superiore, dov’era certa avrebbe trovato il Lord dei Decepticon.

Appena varcata la soglia della sala di monitoraggio, accanto al centro di comando, non rimase affatto stupita dello spettacolo in corso; sarebbe stato insolito non vedere Megatron che rimproverava e torreggiava su Starscream con i suoi modi da selvaggio. Affiancò Soundwave e alcuni vehicon che si erano fermati a osservare la scena, ignorando il sobbalzo che fecero quando finalmente si accorsero di lei, diversi secondi più tardi, e aspettò che il tiranno finisse di strapazzare il Vosiano.

Megatron si voltò con una smorfia sul viso deturpato da più di mille battaglie. «Firestorm, non ti ho sentita entrare.»

«Era piuttosto impegnato, non la biasimo per non avermi notata mio signore. Ho i resoconti sull’andamento delle miniere dalla D-2 alla D-9; gli scavi procedono bene e le consegne sono regolari.»

«Ottimo.»

«Posso chiederle dov’è stato nelle ultime ore?» domandò la femme tenendosi pronta a qualsiasi brillante progetto avesse concepito.

«A testare il potere del sangue dell’Unicron: decisamente promettente. Con la capacità di risuscitare i morti potrò assemblare un esercito imbattibile; i nostri fratelli Decepticon torneranno presto a combattere al nostro fianco.»

Ma che diamine…? «Come intende procedere Lord Megatron?» indagò, conscia che il piano del suo signore le avrebbe dato la nausea.

«Grazie al ponte spaziale spediremo il restante energon oscuro su Cybertron e la mia armata ci raggiungerà qui per schiacciare una volta per tutte Optimus Prime! Soundwave» contattò il TIC «portaci alle coordinate del ponte» comandò.

Di male in peggio, meditò Firestorm contenendo il ribrezzo. Il piano di Megatron era ripugnante. Deturpare il sonno dei soldati caduti. È proprio caduto in basso.

Mentre Firestorm e Starscream seguirono poi Megatron sulla plancia nella vicina stanza, Soundwave lasciò la sua postazione dopo che il SIC gli aveva ordinato di raggiungere una qualche località terrestre da cui direzionare il ponte spaziale, dato che il sistema di puntamento della nave era stato danneggiato durante la precedente infiltrazione degli Autobot sulla nave.

«Signore, gli Autobot sono qui!» li avvertì un vehicon.

Tutti si voltarono verso il monitor, che ritraeva i cinque nemici sul ponte spaziale con i cannoni carichi e sguardi ardenti di determinazione.

Megatron rise divertito. «Optimus Prime, riesce sempre a non deludermi; al contrario di te Starscream!*» ringhiò.

«Non ha alcun motivo di preoccuparsi signore, Soundwave si sta allineando alle coordinate di Cybertron, del resto come da mie istruzioni, signore» rispose con un sorriso affilato il SIC.

«Lord Megatron, sono a sua disposizione: vuole che intervenga?» si offrì Firestorm, più che per fame di energon per allontanarsi dal Kaoniano e dalla sua mente malata.

Quello ci rifletté un attimo sopra ispezionandola, poi si voltò unendo le mani dietro la schiena. «Non ancora» rispose flemmatico.

Il Lord tornò a dare le spalle ai due ufficiali mentre questi gli si avvicinarono pronti a eseguire qualsiasi suo ordine. Il centro di comando principale della Nemesis cadde nel silenzio. Da lì avevano una più ampia visuale dell’esterno della nave, in particolare dell’enorme costruzione circolare che si estendeva all’orizzonte immersa in un mare di stelle. Sopra di essa, delle minuscole figure colorate attendevano con trepidazione la loro mossa.

«Ne sono quasi certo Lord Megatron, credo che gli Autobot stiano tramando qualcosa» chiosò Starscream per riguadagnare l’attenzione del suo maestro.

Le sue parole come sempre irritarono il Lord, che avvicinò pericolosamente la faccia a quella del seeker. «Sei quasi certo, Starscream?» rimarcò acido e si ritrasse sdegnato, schiacciando un pulsante sulla console davanti a lui e inviando le truppe all’attacco.

Forse avrebbe più fortuna se si ammutolisse come Soundwave, pensò Firestorm evitando di roteare le ottiche esasperata.

Soundwave, dal posto sperduto del pianeta sottostante dal quale stava manovrando il ponte per allinearlo alle coordinate del loro pianeta natale, riuscì nell’intento, ma il compiacimento del SIC durò poco perché gli Autobot stavano tentando di sviare il suo lavoro facendo dannare Starscream, ma in pochi minuti Soundwave riottenne il controllo e stabilizzò il ponte. Megatron lasciò i due seeker sfoggiando un ghigno sinistro.

«Questa è la fine per gli Autobot!» gongolò Starscream pieno d’aspettativa sfoggiando una delle sue maschere cariche di sicurezza.

«Aspetta a esultare; potrebbero avere già pronto il contrattacco» smorzò il suo entusiasmo Firestorm.

«Che cosa? Ma perché diavolo – ah già, perché sono schifosamente fortunati. Quando imparerai a essere un po’ più ottimista?»

«L’esito non è ancora stabilito, per quanto le probabilità di vittoria tendano a nostro favore.»

«Ecco, già meglio» commentò Starscream. «Immagina Firestorm, stasera la guerra potrebbe essere finita e noi saremo i padroni indiscussi della nuova Cybertron! Berremo fino a ubriacarci e faremo la bella vita per sempre!»

«Evita di delirare e concentrati sul presente» replicò la femme annoiata.

Il seeker roteò platealmente le ottiche sbuffando. «Primus, quanto sei pessimista!» chiosò osservando assieme all’altra il ponte spaziale venir attivato e l’enorme blocco di energon oscuro attraversarlo. Il SIC si voltò a guardare Firestorm. «La cosa ti turba?» domandò ben ricordando la reazione che lo tesso atto le aveva provocato nella miniera.

«Ormai è fatta» rispose scrollando le spalle, ben celando il suo disappunto e sopprimendo la furia che le stava montando dentro. Si chinò verso di lui e gli sussurrò: «Taci ora, potrebbero sentirci.»

«Sono muto come un pesce!» asserì con un sorrisetto e facendole l’occhiolino.

Firestorm tornò a focalizzarsi sulle forze Autobot, intente ad abbattere come birilli i loro soldati, non perdendo di vista gli spostamenti del suo leader. «Lord Megatron si è buttato nella mischia» disse, convinta che Starscream non stesse tenendo d’occhio gli eventi in corso sulla struttura, ma lei sapeva meglio di chiunque altro che bisognava essere sempre vigili e non distrarsi come faceva lui. Il solito menefreghista.

«Lasciamo che si diverta; magari è la volta buona che riesce a spegnere la scintilla di Prime» disse l’altro gesticolando, indifferente alle azioni del suo leader, ma poi sgranò le ottiche esterrefatto alla visione davanti a lui. «Guarda che roba! Il nostro esercito è arrivato!»

Firestorm assottigliò lo sguardo. «Che stanno combinando i sottoposti di Prime?»

«Uh? Oh no!» Starscream contattò immediatamente Megatron. «Signore?»

«Si può sapere che cosa vuoi?»

«Non per mettere in dubbio la sua saggezza onniveggente, ma credo che gli Autobot si stiano inventando qualcosa, sotto il ponte questa volta!»

Non passò neanche un minuto che Megatron richiamò. «Starscream, l’armata è in avvicinamento. Appuntamento al ponte per il prelievo.»  

«Ricevuto Lord Megatron. A più tardi Firestorm, quando festeggeremo la nostra vittoria!»

Convinto tu.

Rimase a studiare la battaglia e i movimenti degli Autobot, finché le sue ottiche non scorsero delle anomalie prima che il SIC facesse in tempo a lasciare la stanza. «Il ponte…» disse vedendo la struttura iniziare a sgretolarsi. «Lo hanno manomesso!»

«Che cosa?!» strepitò Starscream fuori di sé ritornando alla postazione fulmineo.

«Lord Megatron, vada via da lì, è pericoloso» disse Firestorm attraverso il comm-link, ma venne completamente ignorata.

Starscream nel frattempo aveva fatto allontanare la Nemesis e questo fece arrabbiare Megatron, ma ormai non c’era più niente da fare. Il ponte esplose con una violenza inaudita; l’onda sprigionata investì in pieno la Nemesis e tutti i cybertroniani al suo interno barcollarono e persero l’equilibrio, ad eccezione dei pochi che si aggrapparono a console, pareti e tavoli pur di non cadere.

«Ahia che botta!» si lamentò il SIC massaggiandosi la testa. «È tutta colpa tua e del tuo dannato vizio di avere sempre ragione! Ora, Megatron non può essere sopravvissuto all’esplosione, dico bene?» schiamazzò Starscream con sguardo truce.

Firestorm lo guardò torva. «Assai improbabile» sentenziò e le sue parole furono musica per le orecchie del più subdolo seeker, che si ritrovò a sorridere malevolo. Firestorm avrebbe volentieri sottolineato che improbabile non corrispondeva a impossibile, ma nell’eventualità in cui Megatron fosse misticamente riapparso – come terrorcon o meno, sano di mente non lo sarebbe stato in entrambi i casi – decise di restare in silenzio e vedere con le proprie ottiche come gli eventi da lì in poi si sarebbero evoluti.

«Decepticon» iniziò il discorso Starscream davanti ai vehicon che si erano radunati nella sala subito dopo la distruzione del ponte spaziale, «è con sommo e profondo dolore che sono costretto ad annotare sul diario di bordo che la scintilla vitale di Megatron purtroppo oggi si è spenta. Porgete il vostro saluto a Starscream.»


 
 
 
* dialoghi presi e alcuni rivisti e modificati dall’episodio 2 della prima stagione “La rimonta delle tenebre, parte 3”

* dialoghi presi e alcuni rivisti e modificati dall’episodio 2 della prima stagione “La rimonta delle tenebre, parte 5”
 
 
 
 
   
 
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