COME UN TRIANGOLO DENTRO UN CERCHIO
 
 

Ed ecco l’ennesimo trucchetto di Patrick Jane, mentalista da strapazzo.
Figuriamoci se riuscirà a leggere la mente a lei, l’agente Teresa Lisbon, poliziotta tutta d’un pezzo, addestrata a catturare killer e a non farsi manipolare. Lo asseconderà solo per prenderlo in giro quando fallirà. E anche perché, suo malgrado, è curiosa.
Le ha detto di pensare a una forma geometrica dentro l’altra, dopodiché lui avrebbe di sicuro indovinato (anche se Jane odia questa parola, quasi quanto la parola “sensitivo”, perché lui non indovina, lui osserva e trae le sue conclusioni, che sono ovviamente giuste).
Un’immagine le si forma subito nella testa: un triangolo dentro un cerchio.
“Un triangolo dentro un cerchio”, dichiara lui con solennità, come se avesse chiaramente visto il disegno attraverso la corteccia cerebrale trasparente della poliziotta e ora lo traducesse in parole.
No, Lisbon non gli avrebbe dato questa soddisfazione. Prova a negare, ma non è stata mai brava a mentire (Jane glielo ripete in continuazione, e lei non capisce se si tratta di un insulto o di un complimento).
“Pensavo a un ottagono dentro un rettangolo”, lo sfida.
Jane, per un attimo, sembra confuso, e mandarlo in confusione non ha prezzo. Nemmeno l’intensità dei suoi bellissimi occhi blu con cui la sta fissando non ha prezzo. Ma questa è un’altra faccenda inquietante e imbarazzante che Lisbon non ha intenzione di approfondire. Meglio le forme geometriche.
Quando vuole, anche lei è capace di mentire alla perfezione.
Peccato che un sorriso di troppo la tradisca e, alla fine, non possa fare a meno di ammettere l’irritante verità: anche questa volta il suo saccente consulente ha ragione. Ha proprio pensato a un triangolo dentro a un cerchio.
“Bravo, e va bene, mi hai beccata”, confessa in tono scherzoso. Non le piace perdere, ma, dopotutto si tratta solo di uno stupido giochetto.
O no?
“Ora ho accesso a tutti i tuoi pensieri più reconditi”, la minaccia Jane con quell’aria da saputello che le mette sempre una gran voglia di strozzarlo.
“Sì certo…”. Per chi l’ha presa quell’idiota?
“Dico sul serio”, insiste la voce ipnotica del mentalista.
“Ok. Adesso a cosa sto pensando?”, gli domanda, alzando il mento verso l’alto in gesto di sfida.
“Che sei contenta che io ti prenda in giro e che non possa davvero leggerti nel pensiero”, pontifica Jane.
Esattamente quello che l’astuta-agente-Teresa-Lisbon-che-non-si-fa-manipolare sta pensando da quando è iniziato il giochetto. Dannazione se è bravo.
Prova a negare, ma è ovvio che non ci creda nemmeno lei.
Quindi alla fine ammette.
“Sì, in realtà sì, ma non per i motivi che credi”, si giustifica goffamente. Intuisce di avergli lanciato la palla perfetta, ma ormai è troppo tardi per impedirgli di fare punto. Vorrebbe sotterrarsi, ma probabilmente non basterebbe.
E Patrick Jane non è certo il tipo da lasciarsi sfuggire una ghiotta occasione del genere.
“Quali sono questi motivi?”, le chiede, seriamente interessato.
Forse, stavolta, non ne ha davvero idea. Forse Teresa non è poi così trasparente come le vuole far credere. Forse non basta un triangolo dentro un cerchio. O forse è un altro dei suoi terribili trucchetti. Forse sa benissimo perché lei non lo vuole nella sua testa.
“Non importa”, si schermisce Lisbon ancora più goffamente, abbassando gli occhi, ormai in confusione e rossa come una di quelle fragole mature che le piacciono tanto. Bella scenetta da fare in ufficio davanti ai suoi sottoposti, pensa. E ci si mette pure Rigsby che, pur essendo ottuso su molte cose quando si tratta di lavoro e della sua vita privata, questa volta si dimostra di una perspicacia impressionante facendo notare a tutti che il capo sta arrossendo.
Jane ora la sta scrutando con interesse quasi scientifico. “Stai arrossendo?”, chiede conferma con un lampo d’ironia nello sguardo, anche se non ne ha certo bisogno, visto che Teresa è consapevole che il suo viso stia andando a fuoco e che nessuno (tanto meno il re degli osservatori) possa non averlo notato. È ancora più facile del triangolo dentro al cerchio.
Perfetto. Aveva appena confessato di non volere che lui le leggesse la mente, ma che non era per i motivi che lui credeva. Negare con forza qualcosa è come affermarla, gridandola ai quattro venti: questo è uno degli assiomi basilari che perfino un mentalista principiante (o un povero poliziotto che si trova a collaborare ogni giorno con un Patrick Jane), conosce.
La verità è che i motivi sono esattamente quelli che il consulente crede, anzi, quelli che Teresa immagina che lui creda.
Ma non lo ammetterà mai, nemmeno sotto tortura. Nemmeno a se stessa.
Appena in tempo per salvarle la reputazione, arriva la cavalleria, cioè Santo Cho, che li richiama all’ordine, attirando l’attenzione di tutta la squadra: hanno un caso. Ottima notizia. Qualcuno è morto, ma, per questa volta meglio così, pensa la buona Teresa.
Jane sta continuando a scrutarla, ma lei si è già ripresa: dopotutto è il capo qui dentro.
Quel farabutto non è così bravo come vuol far credere e, grazie a Dio, non legge davvero nel pensiero: quindi non scoprirà mai che nei pensieri più reconditi della granitica agente Lisbon compare un po’ troppo spesso un consulente biondo e irritante, che lei considera un po’ troppo sexy per la sua sanità mentale.
Forse è salva, per ora.
Per fortuna la realtà è molto più complicata di un triangolo dentro un cerchio.
 
 
 
*********
 
Ciao, eccomi di nuovo qui a scribacchiare qualcosa sui miei protagonisti preferiti del mio telefilm preferito, complice il rewatch da quarantena.
A presto
Lu