Anime & Manga > Il grande sogno di Maya
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Autore: Nisi    03/05/2020    1 recensioni
Revisione completata, pubblicazione riprende regolarmente.
'E' piuttosto improbabile che in questi boschi lei possa incontrare l’imperatore del Giappone e consorte, quindi l’abito da cerimonia non è richiesto.”
Shiori lo guardò male, agitandogli sotto il naso un maglione di pile. “Questo abbigliamento non mi dona affatto.”
Kenji si tolse gli occhiali e le diede una buona occhiata. “E’ bella lo stesso. E badi, questo non è un complimento, ma una oggettiva osservazione della realtà!”
Non è umanamente possibile che in una persona sola si concentrino tanti difetti: piattola, lagna, viziata, macigno, pallista, intrigante, nevrotica, cozza…
Ci ho pensato su e sono giunta alla conclusione che Shiori l’abbiano fatta diventare così.
Quindi quello che ci vuole è qualcuno che la rieduchi, nella fattispecie un serioso ingegnere con una spiccata tendenza alle gaffes
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'I tre volti della Dea'
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In realtà non è che fosse proprio partita, era letteralmente fuggita dalla residenza dei Takamiya all’alba.
Non subito, in quanto la preparazione dei bagagli le aveva preso più tempo del dovuto, da cosa nasce cosa e aveva fatto tardi, anche perché Shiori non aveva mai fatto una valigia in vita sua. Aveva riempito cinque bauli, ma si era accorta ben presto che muoversi con quel peso non sarebbe stato molto pratico e soprattutto non sarebbe passato inosservato. Quindi, da cinque, i bauli erano diventati quattro, da quattro, tre… fino ad essere sostituiti con una Samsonite robusta ed un trolley enorme per contenere i suoi prodotti di bellezza che da soli facevano un totale che un operaio della FIAT riesce a racimolare in dieci anni di lavoro (o dodici di cassa integrazione, visto il periodaccio).

Suo nonno non avrebbe mai approvato e la tata nemmeno, quindi Shiori chiamò un taxi alla chetichella, dopo aver perso un quarto d’ora per capire come si chiamasse un taxi,  e si fece portare alla stazione di Tokyo. Coi capelli solitamente svolazzanti nascosti in un cappello, degli occhiali da sole enormi nonostante fosse ancora scuro e una mise dimessa (un vestito di Valentino dell’anno precedente), perse un’altra buona mezz’ora per capire che treno prendere, dove si comprassero i biglietti e, infine, dove fosse il binario per lo Shinkansen diretto a Kyoto. Fece appena in tempo a prendere posto nel suo sedile nel vagone di prima classe che il treno lasciò silenziosamente la stazione.

Shiori si sentì eccitata a provare a vivere come facevano le persone normali, per lei era tutto nuovo e per la prima volta non era in compagnia di qualcuno.

Il viaggio non fu lungo, dovette cambiare il treno e prendere quello diretto a Nara. Da lì un altro taxi e prima che si rendesse conto si ritrovò nel Paese della Dea Scarlatta.

Si fece portare nell’albergo migliore del luogo, un ryokan in verità abbastanza semplice e prese una stanza.

Si ritrovò seduta sul tatami e come unici compagni Samsonite e Trolley e: “E adesso cosa faccio?”, si domandò perplessa. E subito si rispose: “Devo andare a cercare la Dea Scarlatta”, dimenticando che la Dea probabilmente non passeggiava spesso per la sua terra e di certo non si fermava a chiacchierare amabilmente coi suoi conterranei: viste le brutte esperienze precedenti sarebbe stata sicuramente un po’ tocca a volerlo fare, ma chi siamo noi per rovinare la festa a una povera (beh, mica tanto) ragazza in cerca di amore?

Fatto sta che Shiori uscì dal ryokan talmente galvanizzata che non fece caso all’aria frizzantina, né al fatto che un paio di scarpe tacco 12 con plateau di quattro centimetri non fosse l’ideale per recarsi nel bosco, né che l’abito di Valentino di seta leggera non la proteggesse granché dal freddo e dall’umidità post-temporale.
Cominciò ad avanzare nel bosco senza guardarsi veramente attorno e chiedendosi cosa mai ci fosse di magico in quel posto lontano da qualsiasi boutique decente, ma coraggiosamente continuò a camminare nonostante i piedi cominciassero a dolerle, ma l’amore merita questo e altro e i sacrifici non contano.

I suoi nobili propositi affondarono a finire presto nella melma, anzi, più che i suoi nobili propositi, ad affondare nella melma furono le sue Christian Louboutin, comprese di tacco 12 e plateau arrivate direttamente da Parigi perché nel negozio di Ginza quel modello non era disponibile. Il fango era talmente spesso che non le fu possibile liberare le sue scarpe. Essendo una ragazza intelligente, le ci volle poco per capire che o lasciava lì le scarpe, e avrebbe dovuto rientrare scalza, oppure rimaneva lì in mezzo alla melma ad aspettare che la Dea Scarlatta le si palesasse di fronte e che, prima di procurarle uno straccio di uomo, le facesse la cortesia di disincastrare le calzature da quel blob marrone e magari di dare loro una pulitina. Tanto lei era una Dea e quindi tutto poteva.

Nel mentre che cercava di valutare obiettivamente la situazione, si sentì cingere la vita da dietro e un paio di maschie braccia la sollevarono. Al diavolo le Louboutin, pensò Shiori, qui è arrivato il mio principe azzurro, il mio signor Darcy, il mio signor Knightley, il Capitano Wenworth e tutta la schiera di baldi giovani di austeniana memoria (Shiori aveva un debole per la Austen, la Miuchi si è dimenticata di dirlo) ed elevando una silenziosa preghiera alla Dea che aveva finalmente posto fine alla sua disperata ricerca dell’amore, si abbandonò tra le braccia del suo salvatore.

* * *

Nonostante si pensi in generale che quando Dio stava distribuendo cervelli Shiori fosse ad innaffiare le sue orchidee, l’erede dei Takamiya non era affatto una persona stupida. Per cui, non appena il Mr. Darcy della situazione se la caricò sulle spalle come fosse un sacco di patate e lei si rese conto che il suo salvatore non olezzava di profumo francese, ma di sudore rancido, arrivò alla conclusione che qualcosa non stesse andando per il verso giusto e solo la sua solida fede scintoista le impedì di arrabbiarsi furiosamente con la Dea.

“Mi lasci! Mi lasci andare!” si lamentò tempestando di pugni la schiena del puzzone.
Purtroppo l’uomo, sorpreso da quella aggressione, la lasciò effettivamente andare. Dico purtroppo perché Shiori, senza più l’ausilio delle Louboutin si ritrovò nel fango fino alle caviglie.
L’uomo che l’aveva salvata la fissò con uno sguardo stranito. Lei non poteva saperlo, ma si trovava davanti la stessa persona che aveva tirato fuori dai guai Eisuke Hayami, quindi ricorderete che l’uomo era sordo e muto, quindi gli strepiti di Shiori non gli fecero né caldo, né freddo.

Approfittando di una pausa tra uno strillo e l’altro, Jin Shimada (questo era il suo nome), se la caricò ancora sulle spalle e ricominciò a camminare.
Shiori non fiatò: non era abituata a farsi portare in quel modo, quindi aveva paura che l’uomo la facesse cadere.

Cosa che non avvenne, per fortuna sua e delle nostre orecchie. La lasciò andare solamente quando, entrato in una capanna di legno piuttosto malconcia, la depositò sul tatami senza troppi complimenti.

La Dea non poteva averle giocato un tiro tanto barbino, non era assolutamente possibile: Maya e Ayumi si erano trovati fior di pretendenti (nonostante quello di Ayumi fosse un gajin dal naso enorme e con un tremendo gusto nel vestire a dispetto del fatto che fosse un français) e lei, l’erede dei Takamiya non poteva accompagnarsi a quell’uomo tanto male in arnese. Va bene che l’amore era cieco, ma in questo caso si trattava di maculopatia associata a glaucoma e cataratta con distacco della retina. In soldoni: non ci vedeva una pippa.

Per la prima volta nella sua vita, Shiori versò delle lacrime sincere per la cocente delusione. Però apprezzò il fatto che “quello” sapesse preparare un tè davvero ottimo. Siccome non si poteva piangere bene e sorseggiare con grazia, optò per dedicarsi alla bevanda, tanto più che aveva un freddo becco e quella era una mano santa.

Il “coso” le fece cenno di aspettare e uscì dalla casa mentre Shiori continuava a godersi il suo tè e ripensando alla crudele sorte che le era toccata.

Dopo qualche minuto senti una voce maschile poco lontana “Jin, cosa mi vuoi far vedere questa volta? Un altro uccellino?” , poi la porta si aprì ed entrò un uomo alto e no, neanche in questo caso si trattava del signor Darcy. E quanto a quello che il misterioso uomo si aspettava, l’uccello non si trovava nella stanza e lei non aveva né ali, né zampe o piume di alcun genere.

A quel punto di disperazione Shiori si sarebbe accontentata di un vecchio come il Capitano Brandon, ma nemmeno in quel caso le sue preghiere vennero soddisfatte.
L’uomo era piuttosto alto per la media giapponese, aveva la barba non fatta, portava gli occhiali, teneva i capelli raccolti in una coda ed era vestito con un jeans e una camicia scrupolosamente pulita e stirata che però era stata lavata troppe volte.

“Non è un uccello, questo. Abbiamo qui nientepopodimeno che Shiori Takamiya”.

  * * *
Tetide e Ninfea, che piacere dopo tanto tempo! Spero il capitolo sia stato di vostro gradimento.
   
 
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