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Autore: rocchi68    03/05/2020    1 recensioni
Dawn era sempre stata una ragazza che, anche dinanzi alle difficoltà più disparate, affrontava il tutto con un sorriso e una dolcezza disarmante.
Una sera, però, si era ritrovata davanti a un’amara sorpresa.
Non aveva amiche, non aveva un posto in cui stare, era stata tradita dal proprio fidanzato nel momento di massimo splendore ed era frustrata da tutti quei fallimenti in rapida successione che potevano sancire la sua completa rovina.
Poteva spegnersi, cercare una scappatoia per la felicità oppure chiedere un ultimo disperato consiglio all’unica persona che mai l’aveva abbandonata.
Sempre che quest’ultimo fosse d’accordo…
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Duncan, Scott, Zoey | Coppie: Duncan/Gwen
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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La tana di Scott, così poteva essere definita, era una discarica a cielo aperto.
Il paragone con la struttura della periferia era più che adatto per un posto simile. Roba sparsa ovunque, disordine a farla da padrone e odore di chiuso fastidioso: erano questi gli elementi che accolsero quella sera i due.
Se il rosso ne era abituato, per Dawn quello fu uno choc. Lei che era sempre stata una maniaca delle pulizie era entrata in territorio nemico e, se non fosse stato per il disturbo che avrebbe arrecato ai vicini, avrebbe sicuramente cominciato con il passare l’aspirapolvere, con l’aprire porte e balconi e con lo sbattere i tappeti.
L’indomani, se così poteva essere definito poiché mezzanotte era già passata da diversi minuti, avrebbe ripagato l’aiuto dell’amico, sistemando quel casino.
L’unica cosa che la consolava era sapere che lui era dalla sua parte e che la stanza degli ospiti era effettivamente l’unica priva di vestiti sparpagliati, di macchie sui tappeti e di libri ammassati in giro senza alcun senso e a rischio crollo. Tutte le altre stanze, dalla cucina al minuscolo salotto, passando per il bagno e per la camera di Scott, sembravano essere state vittimizzate da un qualche terremoto.
La stanchezza, comunque, le aveva prosciugato ogni istinto bellicoso e le aveva fatto sembrare quel posto un Paradiso.
Protetta, senza troppi pensieri e con la consapevolezza di non aver sbagliato in nulla, crollò in pochi minuti sul morbido letto che le era stato messo a disposizione.
Di tutt’altro umore era il padrone di casa. Non era arrabbiato perché lei, senza volerlo, aveva definito il suo casino come fastidioso e urtante, ma solo perché qualcuno aveva osato ferire un suo caro amico. Qualsiasi cosa pensasse, lo riportava sempre a quella considerazione: Beverly era un bastardo che, se fosse dipeso da lui, avrebbe pagato con la vita. L’avrebbe volentieri affettato con uno dei coltellacci del Pahkitew e lo avrebbe seviziato nei modi peggiori possibili.
Ma la fortuna di quel porco era l’aver trovato un’anima pia. Solo Dawn, la ragazza che aveva tradito nel più squallido dei modi, non avrebbe esagito una vendetta così cruenta.  Avrebbe sempre evitato una soluzione del genere e il rosso, consapevole di questo, era scivolato fino al divano per capire cosa fare.
Non aveva mentito quando le aveva detto che poteva fermarsi, anche se per un periodo relativamente breve.
Poche settimane e doveva andarsene dal suo alloggio. Non agiva per cattiveria, ma quell’appartamento era stato comprato solo per fargli capire se era capace di vivere in autonomia. E Dawn, sotto questo punto di vista, non rappresentava la figura d’autonomia cui aveva pensato.
“Un mese.” Borbottò il rosso, fissando un tempo limite.
Superate quelle settimane, Scott l’avrebbe convinta che era il caso di risolvere la questione.
Che andasse a vivere dai suoi parenti o che comprasse un nuovo appartamento era lo stesso: Dawn non poteva fermarsi lì e questo lo avrebbe compreso tra alcune ore.
 
Erano circa le 10 di mattina quando lei si svegliò.
Avvolta dalla piacevole oscurità della sua stanza, si girò alla sua sinistra, quasi credesse d’aver sempre sognato e con la speranza di ritrovare, quindi, Beverly al suo fianco.
Voltandosi, però, incontrò solo il freddo muro biancastro.
Non era più un sogno o una fantasia, ma era successo davvero: era stata tradita da quello che credeva il suo ragazzo e che avrebbe dovuto amarla e alimentare i suoi sentimenti.
La cosa, poi, che la faceva ancora più arrabbiare era che aveva perso alcuni amici a causa sua. Solo per proteggerlo e per fidarsi, aveva mandato a spasso Zoey e Gwen. E anche con Scott era stata su quella strada. Lui, però, si era dimostrato di tutt’altra pasta. Era sempre stato un tipo che, dinanzi ad un’offesa, scrollava le spalle e ghignava divertito, quasi t’invitasse a continuare con quel ritmo, per poi, magari, in un attimo di pausa, vomitarti addosso offese e battute che ti avrebbero segnato per settimane.
Il rosso aveva letto le carte di Beverly e, come in una partita di poker cui assisteva spesso al locale, aveva bleffato, l’aveva illuso e poi aveva sbancato il tavolo. Aveva ignorato volutamente Dawn, rendendolo il maschio alfa della situazione, anche se la sua ritirata in punta di piedi era stata strategica.
Pensando a questo, aveva tolto il pigiama-felpa che aveva trovato nell’armadio dell’amico e si era rimessa la maglietta azzurra con cui era scappata.
Non era per nulla felice di quel momento della sua vita, ma con un sorriso tirato e con la speranza che tutto potesse solo migliorare, uscì dalla sua stanza.
Analizzò per un attimo i pochi quadri appesi in corridoio e sfiorò appena il cappotto che aveva portato con sé. Percorse, quindi, il piccolo corridoio e si ritrovò in salotto e poi in cucina, dove una figura stava già preparando la colazione.
“Ben svegliata Dawn.” La salutò, avvertendo i suoi passi leggeri e girandosi con sicurezza.
“Grazie.”
“Come stai? Dormito bene?” Domandò, invitandola con una mano a sedersi vicino a lui.
“Ero così stanca e delusa che sono crollata subito.”
“Ti piace la tua stanza?” Chiese Scott, incontrando un suo sorriso abbozzato.
“È un po’ piccola.” Mormorò, pentendosi quasi subito di quelle parole.
“Tutta la mia casa lo è.”
“Se è accogliente, non importa la grandezza.” Obiettò la giovane, rimangiandosi la critica cui aveva appena dato voce.
“Guarda che non intendo cacciarti per cosi poco.” Sorrise, versando il caffè caldo in una tazza e afferrando, dal mobiletto color panna, una piccola scatolina contenente il poco zucchero rimasto e una confezione sigillata di biscotti.
“Dove abitavo prima, mi sentivo fuoriposto.”
“Questo prima o dopo la faccenda di ieri sera?” Domandò il rosso, aprendo il pacchetto e addentando un frollino al cacao.
“Molto prima.”
“Immagino che Beverly non fosse il ragazzo amorevole che ti aspettavi.”
“Già.”
“Le tue amiche te l’avevano detto, anche se ormai è tardi per piangere.” Sentenziò Scott, rialzandosi e recuperando dal frigo il latte fresco.
“Ora non so nemmeno che fine abbiano fatto.”
“So che non dovrei chiedertelo, ma che intenzioni hai? Non conosco i tuoi orari all’Università, ma immagino che dovresti avere lezione.” Tentò, girando il bacon che friggeva nella padella.
“Sì.”
“Siete nel periodo di pausa?”
“Non abbiamo obbligo di frequenza.” Borbottò la giovane, sorseggiando il caffè amaro che l’amico le aveva appena servito.
“Tendo a dimenticarlo.”
“Dovresti saperlo, vecchio universitario.” Lo canzonò, ritrovando il sorriso.
“Lavoro e studio non vanno d’accordo e un anno mi è bastato.” Sbuffò il rosso, rigirando le uova strapazzate.
“Devo solo prepararmi ai prossimi esami.”
“Sei sicura che questo sia il posto adatto per studiare?” Tentò Scott, appoggiando il mestolo e girandosi verso la ragazza.
“Certo che lo è.”
“Mi spiace deluderti, ma non puoi restare qui per sempre. Quest’appartamento è così piccolo che è già un miracolo se ci sto io.” Ammise, sbuffando sconsolato.
“Non mi vuoi?”
“È troppo complicato da spiegare.” Commentò, grattandosi la barba appena accennata e prestando attenzione di non bruciare nulla.
“Non accampare scuse.”
“Posso coprirti per un mese, ma non di più.” Sussurrò, riempiendo i piatti e porgendone uno all’amica che ne studiò il contenuto.
“Nemmeno se ti aiutassi con le pulizie?”
“Io non sono Beverly che ha suo padre pronto a scucire la grana per pagare l’affitto.”
“Ma…”
“Sono figlio di contadini e non ho i fondi per tenerti qui.”
“Hai detto un mese?” Richiese la giovane.
“Se fossi autonoma e se la tua presenza fosse necessaria, non ti farei fretta.”
“Non riuscirò mai a trovare qualcuno che mi ospiti.”
“Mi spiace.” Si scusò Scott, assaggiando parte della sua colazione.
“Vedrò d’inventarmi qualcosa.”
“Se preparassi la colazione questa sorta di convivenza avrebbe i suoi vantaggi.” Ghignò il rosso, facendole recuperare il sorriso.
Scott sapeva bene che quella situazione era complicata.
Avrebbe condiviso l’appartamento per un mese intero con una sua amica e avrebbe dovuto organizzarsi in base ai suoi impegni. Tutto dannatamente complicato per uno che aveva sempre contato solo le ore che gli restavano di riposo prima di lavorare e che, ora, era costretto in qualche modo a conciliarsi con i suoi impegni scolastici.
“E l’Università?” Chiese di nuovo, fissandola intensamente.
“Io…”
“Non puoi restare qui dentro per sempre.”
“Davvero non posso?”
“Certo che no.”
“Perché?”
“Credo che quell’unica maglietta che indossi non resista per un mese senza sporcarsi.” Ammise Scott, afferrando un biscotto e intingendolo, per sbaglio, nel caffè.
“Maledizione.”
“Oggi sarebbe il mio giorno di riposo e, forse, potrei accompagnarti al tuo vecchio appartamento per prendere le tue cose.”
“Lo faresti davvero?”
“Avrei altro da fare, quindi, chiedimelo ora prima che cambi idea.” Sorrise, voltandosi per un attimo.
“Potresti accompagnarmi, per favore?”
“È sempre bello parlare con qualcuno che conosce ancora le buone maniere.” Rispose, recuperando i piatti ormai vuoti e riponendoli nella lavastoviglie.
“A differenza tua che lasci tutto in giro.”
“E questo cosa centra?”
“Tornati a casa, mi aiuterai con le pulizie.” Lo minacciò, notando che l’amico usciva dalla cucina e si avviava verso la sua stanza con il chiaro intento di vestirsi.
Scott aveva intuito che quello sarebbe stato solo il primo di una serie di giorni davvero bizzarri.
 
Tempo di mettersi una maglietta decente, una felpa di un verde militare intenso con tanto di tasche molto profonde e un paio di jeans tendente al grigio, lui era già tornato in salotto.
Dawn era seduta comodamente sul divano con aria triste e, nel vederla così giù di morale, Scott credeva d’aver fatto qualcosa di sbagliato.
Lo sentiva fin nelle viscere che era colpa sua.
Anche se non sapeva di cosa.
Forse era stato troppo schietto nell’ammettere che la convivenza era impossibile o le aveva mostrato una realtà che lei conosceva bene e che l’aveva riportata alla sua vecchia relazione, dove Beverly, con i soldi del padre, faceva lo splendido e poteva garantire per entrambi.
Il rosso, specie se pensava a quest’ipotesi, diventava nero di rabbia.
Non era colpa sua se la sua famiglia non era nata con la camicia, se si era fermato alla maturità, se per mangiare aveva accettato uno dei primi lavori che aveva trovato e se per i primi mesi in quell’appartamento aveva consumato solo pane, acqua e scatolette di tonno.
A lui, la sua vita, piaceva così com’era.
Niente sussulti, una relazione tranquilla e sincera con Courtney, un lavoro discreto e qualche buon amico con cui uscire ogni tanto per festeggiare.
“Andiamo prima che si faccia notte.” Esordì, prendendo le chiavi della sua auto e costringendola, quindi ad alzarsi dal divano.
Giunti al parcheggio, il silenzio continuava a riecheggiare tra loro.
Era rimasto intruso mentre scendevano le scale, mentre una signora del vicinato salutava il rosso con un cenno della mano e mentre il portone dell’ingresso cigolava pesantemente sui cardini.
“Quali impegni hai per i prossimi giorni, Scott?” Chiese Dawn, dopo essersi seduta comodamente al lato passeggero.
“Impegni?”
“Vorrei sapere i tuoi orari di lavoro.”
“La prossima settimana mi becco l’orario pomeridiano.”
“Dalle 14 alle 20?”
“Ti sei messa a spiare il vecchio Chef mentre scriveva il nostro orario?” Domandò, mettendo in moto e uscendo dalla sua via.
“Ho sparato a indovinare.”
“Tu invece hai le mattine all’Università?”
“Non so se riuscirò a presentarmi.” Mormorò, torturandosi le mani e notando come lui ricordasse perfettamente dove abitava, nonostante l’unica volta che l’aveva scarrozzata in giro. In questo aveva un’ottima, se non eccellente, memoria.
Era una calda giornata di giugno, quando Scott aveva da poco preso la patente e aveva accettato con Mike di andare al mare. Credeva fosse una semplice gita e pertanto aveva rubato le chiavi dell’auto di Duncan, contando sul fatto che fosse sempre strafatto e non si sarebbe mai accorto dell’assenza del bidone che suo padre gli aveva regalato.
Quel giorno lei si era divertita un mondo, tra scherzi e chiacchiere di ogni tipo e lui si era offerto di riaccompagnarla a casa.
Da quella serata aveva imparato dove fosse il suo appartamento, anche se non vi fu alcun seguito.
Beverly, infatti, si era impuntato e Dawn, con una balla dietro l’altra, era finita con il rifiutare ogni ritrovo futuro.
Troppo lontano.
Troppo impegnata.
Troppo influenzata.
Usava sempre quel troppo come una scusa.
“Devi chiedermi qualcosa Dawn?” Tentò Scott, notando la sua espressione.
“Avrei bisogno di uno strappo.”
“Andata e ritorno.” Continuò lui, soffiando e annuendo appena.
“Sì.”
“Sarà un po’ difficile fare tutto senza ricevere nulla in cambio e costringendo Chef a rivedere i miei classici orari.” Ricominciò pensieroso.
“Che cosa vorresti?” Chiese, paralizzandosi e tremando appena, aspettandosi qualche richiesta di pessimo gusto.
“Dovrai fare anche il mio giro di lavatrici e pure una sessione intensiva di stiro.”
“Questo è un ricatto.” Sorrise, sciogliendosi divertita.
“Oh sì…lo è eccome.”
“Maledetto.” Mormorò, cercando di trattenersi dal sorridere.
“Ti vedo preoccupata: credi che ci sia qualcuno nel tuo vecchio appartamento?” Domandò, ignorando la sua affermazione.
“Beverly a quest’ora è in giro con il padre.”
“Avrai, quindi, campo libero per muoverti con maggior sicurezza.”
“Io non voglio mettere piede in quella stanza.” Ribatté la giovane, ricordandosi di cosa era avvenuto tra quelle quattro mura.
“Che lavoro ingrato.” Sbuffò il rosso, immaginandosi chi si sarebbe dovuto sobbarcare quel compito assurdo.
Infatti, giunti a destinazione, Dawn era rimasta ferma in salotto, recuperando i suoi libri scolastici, mentre Scott si era avventurato dentro l’appartamento. Se paragonato al suo, quello era una reggia.
La sua topaia non reggeva il confronto e già la loro stanza da letto, laddove lei l’aveva beccato in flagrante, era circa metà della sua abitazione. E i paragoni non finivano qui. Aperto l’armadio, il rosso si ritrovò circondato da una serie di vestiti.
Alcuni leggeri, altri pesanti, altri eleganti e sportivi.
Lui non sapeva nemmeno da dove cominciare e, per non sbagliare, arraffò tutto il possibile, mettendo i suoi abiti in una serie di valigie.
Stesso discorso per la sua biancheria intima e per altri oggetti che lei aveva descritto.
Tempo mezzora ed entrambi erano usciti con almeno quattro valigie cariche di roba, oltre a tre borse piene di tutti i volumi che Dawn usava con l’Università.
Erano scappati come ladri ed erano tornati all’appartamento di Scott che, con tutta la roba che Dawn aveva preteso di portarsi dietro, sembrava ancora più piccolo.
“Ti consiglio di sistemare solo le cose che avrai intenzione d’usare.”
“So che devo stare per un solo mese.” Ribatté lei, facendogli storcere la bocca.
“Non rendermi le cose difficili.”
“Mi aiuterai Scott?” Chiese la ragazza, facendogli gli occhi dolci.
“Ti sembro il tipo che abbandona gli amici in difficoltà?”
“Tra un mese lo farai.”
“Se tu fossi al mio posto che faresti?”
“Ti ospiterei per tutto il tempo necessario.”
“Anche se fossi fidanzata? Scusa se stento a crederci.”
“Io…”
“Cercherò di aiutarti il più possibile.” Promise, portando le valigie nella stanza degli ospiti e aprendone la prima.
Per un paio di ore Dawn sarebbe stata impegnata a sistemare le sue cose e ciò avrebbe concesso al rosso un po’ di tempo per riposare.
 
Passato il pranzo, i due si divisero.
Scott si rinchiuse nella sua camera con il chiaro intento di riposare un po’, dopo la lunga notte insonne, mentre Dawn si ritrovò a sistemare le sue cose nell’armadio.
Ora che era riposata e non andava di fretta, poteva studiare con calma la sua stanza.
Era molto piccola. Un letto e un semplice comodino sulla destra, una piccola finestra che faceva filtrare un po’ di luce naturale, alcuni scaffali sgombri, un armadio e una libreria in mogano che avrebbe accolto buona parte dei suoi volumi.
A differenza delle altre stanze sembrava che quella fosse oggetto di cura dell’amico e che dovesse rimanere assolutamente intatta. Non trovava altra spiegazione per una camera così pulita e accogliente che non mostrava nemmeno un dito di polvere.
Giratasi verso la sveglia, si accorse che erano quasi le 15 e uscì, quindi, dalla sua tana.
La porta di fronte a lei era chiusa e, per non disturbare eccessivamente il suo coinquilino, si avviò verso il salotto.
Messo piede nella piccola sala, iniziò con l’osservare il disordine in cui era capitata. Vestiti ammassati su una sedia che sembrava quasi collassare, mobili impolverati e vecchie riviste sparpagliate su un tavolino che nessuno degnava di uno sguardo da almeno tre mesi.
Anche la cucina era devastata.
Molti piatti ancora appoggiati in giro senza averli caricati nella lavastoviglie, piani di lavoro unti e macchiati e alcuni ingredienti prossimi alla data di scadenza riempivano quella stanza che per qualche motivo non si era salvata da Scott.
Tutto l’ordine che mostrava mentre lavorava, cozzava incredibilmente con il caos che lui aveva evocato nella sua baracca. L’unico vantaggio di quella baraonda era la concentrazione in una zona ristretta.
Pulite le mensole, sistemati i piatti, riordinati gli ingredienti e arieggiata un po’ la stanza…ecco che la cucina assumeva tutt’altro aspetto.
In poco tempo era tornato tutto a brillare e anche il salotto era stato attraversato dalla pulizia che Dawn tanto adorava.
Non era un eufemismo dire che in un paio di ore, quasi tutte le stanze erano complete.
Solo una mancava alla sua opera e questa era la tana della iena. Inizialmente bussò appena e non udendo risposta, aprì parzialmente la porta.
La stanza era avvolta da una lieve oscurità che permetteva comunque alla giovane d’avere ben chiare le disposizioni dei mobili. In termini di grandezza quella camera superava di poco quella degli ospiti, anche se qui il caos raggiungeva picchi enormi. Coperte stropicciate e gettate ovunque, un cuscino sgualcito e penzolante nel vuoto, vestiti sporchi buttati in un angolo della stanza, altri vestiti puliti ammassati come in salotto su una povera sedia, libri in bilico sopra la scrivania in mogano e tanto altro.
Poi vi era lui: Scott che dormiva a petto nudo e che stringeva in un abbraccio il suo cuscino.
Nel vederlo così, Dawn sorrise.
Sembrava vulnerabile, nonostante la sua tempra d’acciaio, anche se la cosa che più le piaceva era il sorriso genuino e ingenuo che aveva spodestato il solito ghigno strafottente.
E nel vederlo in quello stato, lei sperò che rimanesse così per sempre, consapevole tuttavia che quella visione era destinata a svanire ogni qualvolta usciva dalla sua stanza. Era un qualcosa di troppo intimo e privato che, diventando di ordine pubblico, avrebbe distrutto la sua immagine di barman brillante e glaciale.
Perché Scott, era innegabile, era molto interessante. In molte, prima che esibisse, anche dietro al bancone, l’anello di fidanzamento di Courtney, ci avevano provato spudoratamente e il locale era meta attrattiva di molte liceali e universitarie solo per la sua bella presenza. Non a caso quando Duncan era presente, perfino i guadagni si afflosciavano e spingevano Chef a chiedersi come fosse possibile un simile calo. Incrociando lo schema degli orari con i guadagni registrati su pc, aveva intuito il motivo per cui il suo Pahkitew conoscesse, anche in una singola giornata, picchi incredibili alternati a improvvisi sprofondamenti.
Dawn, puntandolo e ignorando il tappeto increspato che aveva sotto i piedi e che aveva rischiato di farla scivolare sul pavimento, si avvicinò e iniziò a smuoverlo appena.
“Scott…Scott…” Bisbigliò con inaspettata delicatezza.
“Hmm…” Mugugnò, girandosi dalla parte opposta.
“È ora di svegliarsi.”
“Ancora…un po’.”
“Possibile che tu sia così pigro.” Sospirò esasperata, scrollandolo un po’ più forte e facendogli aprire leggermente gli occhi.
Giusto il tempo di adattarsi alla poca luce presente e rivolse alla sua ospite una breve occhiata, resistendo comunque alla tentazione di rigirarsi dalla parte opposta e di borbottare qualcosa d’inudibile che sarebbe stata pari a un’auto maledizione per aver accolto quella seccatura su due gambe.
“Che c’è?” Chiese con voce impastata dal lungo sonno, stropicciandosi gli occhi e rimettendosi, con fatica, seduto.
“Io…”
“Mi svegli e poi fai scena muta? Ti meriteresti un rimprovero.” Sorrise, stiracchiandosi appena e sbadigliando sonoramente.
“Dovrei sistemare la tua stanza.”
“Questo sarebbe il tuo tentativo di farmi cambiare idea?” Domandò, rimettendosi in piedi e fissandola con superiorità.
“Perché non lo scopri?” Provò, stuzzicandolo appena.
“Perché sarebbe troppo pericoloso.” Rispose, raccogliendo la maglietta e indossandola, coprendo ciò che fino a qualche minuto prima era rimasto in bella mostra dinanzi alla coinquilina.
“Le pulizie non sono mai pericolose.” Replicò con un pizzico di fastidio nella voce.
“Se non mi minacci con l’aspirapolvere, è probabile.”
“Lasciami fare e non accadrà.”
“E va bene, seccatura.” Soffiò annoiato, uscendo dalla sua stanza e lasciandole il controllo completo della situazione.
 




Angolo autore:

Ryuk: Non credo sia una scelta saggia.

Che cosa stai blaterando?

Ryuk: Convivere con una ragazza è l'errore più grosso che Scott potesse commettere.

Anche perchè deve avere a che fare con le strambere di Dawn e deve pure risollevarle l'umore per quanto combinato da Beverly, giusto?

Ryuk: Un uomo è libero solo quando non ha nessuna costrizione.

Ovviamente ci siamo ricordati giusto in tempo per pubblicare.
Già al secondo capitolo un ritardo sarebbe stato troppo. Questa libertà me la prenderò più avanti.

Ryuk: E fu così che il terzo capitolo uscì verso Natale.

I primi capitoli, lo ammetto, sono un po' lenti a ingranare. Servono per presentare i vari personaggi e per l'azione bisognerà pazientare un po'. Detto questo, spero che la storia continui a intrigarvi.

Ryuk: Intanto vi salutiamo.

Oltre ad augurarvi una buona settimana.
A presto!
 
   
 
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