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Autore: Hotaru_Key22    03/05/2020    2 recensioni
Questa storia è una soulmate!AU in cui ogni persona ha sulla pelle un tatuaggio con scritta sopra la prima frase che la propria anima gemella gli rivolgerà. Spero vi piaccia!
[Storia partecipante al contest "The one about Soulmates" indetto da Soficoifiocchi (DeaPotteriana) sul forum di EFP.]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres, Mark Sloan, Miranda Bailey
Note: Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione
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Parlantina fastidiosa
 
Arizona si svegliò di scatto, voltandosi a guardare di fianco a lei come se avesse paura di trovarvi un mostro.
Sospirò, alzandosi velocemente dal letto ed iniziando a raccogliere i vestiti che aveva gettato via senza pensarci troppo la sera prima.
Si girò solo di tanto in tanto ad osservare la rossa che ancora dormiva, temendo di poterla svegliare e di dover intraprendere con lei un’altra delle solite conversazioni sul perché per lei trovare l’anima gemella fosse tanto importante.
Il fatto era che le sembrava di inciampare ogni volta ed ogni volta di doversi rialzare. E tutto questo le faceva perdere tempo nella sua corsa verso la felicità.
Arizona sapeva che una sola persona era destinata a lei e che con quella persona sarebbe stata davvero felice. Lo sapeva da quando aveva imparato a leggere quella piccola parola scritta proprio sotto il suo occhio destro: okay.
Aveva sempre odiato il fatto che tutti potessero vederla lì, anche perché questo aveva causato gran parte delle sue cadute.
Tutte le donne con cui le era capitato di andare a letto o di spendere del tempo, pensando fossero quella giusta, le avevano spudoratamente mentito.
Anche svariati uomini l’avevano fatto, ma lei aveva deciso di ignorarli. Credeva che l’anima gemella dovesse essere la sua perfetta metà e dunque non poteva di certo essere un uomo.
Uscì velocemente dalla casa della donna, senza neanche pettinarsi, e prese dalla borsa il suo telefono per capire che ore fossero. Era in ritardo.
Guidò fino all’ospedale con gli occhi azzurri stanchi e feriti.
Ogni volta si sentiva solo una stupida. Tutte le volte avrebbe solo potuto chiedere alla donna che aveva di fronte di mostrarle il suo tatuaggio prima che fosse troppo tardi e fregarsene della paura di sembrare sgarbata o pazza a quella giusta. Eppure è la prima impressione la più importante, no?
Posteggiò davanti all’ospedale e corse all’interno, dirigendosi spedita al reparto di pediatria.
Indossò il suo camice e lo stetoscopio come un fulmine, sistemando come meglio poteva i capelli biondi e stampandosi in faccia uno dei suoi migliori sorrisi.
«Ciao, Mikey, come stiamo oggi?» chiese, entrando nella stanza di uno dei suoi pazienti preferiti.
Il piccolino aveva solo sette anni e già gli era stata diagnosticata una leucemia, attendevano un donatore.
«Bene, dottoressa Robbins!» esclamò il bambino con un sorriso energico «Ha trovato un donatore?»
«Ancora no, Mikey, ma ce la stiamo mettendo tutta…»
Uscì da quella stanza ancora più a pezzi di prima, dirigendosi verso la lavagna con su scritte tutte le operazioni del giorno per ricordarsi cosa la attendeva durante la mattinata ed eventualmente per prepararsi.
Nel fare ciò, con la testa che aveva quella mattina, inciampò sui suoi stessi piedi e cadde rovinosamente su qualcosa di per niente freddo e duro che constatò dunque non essere il pavimento.
Un uomo giaceva sotto di lei con un’espressione che spaziava tra l’essere confuso, l’essere infastidito e l’essere interessato alla figura che gli stava di fronte.
«Non dire una parola» gli intimò Arizona, notando lo sguardo dell’uomo, che doveva essere un medico, puntato verso il suo occhio destro.
«Non mi è mai capitato di cadere addosso a qualcuno, ma se mi capitasse penso che la prima cosa che farei sarebbe scusarmi o chiedergli se si è fatto male…» protestò lo sconosciuto, mentre Arizona gli tendeva una mano per aiutarlo a rialzarsi.
«Hai ragione, scusa, ti sei fatto male?» farfugliò la bionda sentendo l’imbarazzo crescere dentro di lei prepotentemente «È stata una notte difficile e ho un bambino con una leucemia e nessun donatore ed ultimamente mi sembra di continuare ad inciampare e a cadere e inciampare di nuovo e non so fino a quando riuscirò a rialzarmi…»
L’uomo sembrava sinceramente divertito e perplesso, tanto che disse: «Strana conversazione da fare con una persona di cui non sai neanche il nome…»
Arizona sorrise, mordendosi il labbro inferiore, poi si presentò: «Sono Arizona Robbins…»
«Io Mark Sloan» rispose lo sconosciuto, stringendole la mano «E comunque mi sembra che tu ti sia rialzata stavolta, no?»
«Sono caduta su qualcosa di morbido» mormorò Arizona, sorridendo ancora e lanciando un’occhiata verso il tabellone delle operazioni.
«Senti non è che ti va una birra più tardi?» chiese Mark, guardando anche lui nella direzione della sua meta originaria «Non è un appuntamento, invito anche altra gente.»
La bionda inspirò profondamente e pensò che forse, se fosse andata in un bar con altre persone, sarebbe stato più basso il rischio di inciampare in qualche nuova donna che cercava solo l’avventura di una notte.
«Va bene» acconsentì, prestando molta attenzione a luogo e orario nella speranza di non dimenticarli.
 
La sera arrivò prima di quanto pensasse e si ritrovò a dover scegliere in fretta e furia qualcosa da mettersi, optando poi per un outfit semplice per non dare nell’occhio.
Si mise in macchina e guidò fino al locale che Mark le aveva comunicato quella mattina. Era abbastanza in ritardo, così cercò di sbrigarsi e fortunatamente non trovò troppo traffico.
Il locale era una birreria, vicina all’ospedale, in cui le era capitato di andare un paio di volte; sicuramente avrebbe incontrato qualche collega. Sospirò, pensando a quanto fosse complicato trovare un posteggio e che probabilmente l’immagine che si stava formando di lei nella mente di Mark non era per niente buona, anche considerando la figuraccia della mattina.
Finalmente un parcheggio forse un po’ piccolo si palesò alla vista di Arizona, che iniziò a fare tutte le manovre possibili pur di farci stare la macchina, finendo però inevitabilmente per tamponare un’auto nera posteggiata di fronte.
«Diamine!» esclamò, mentre l’auto iniziava a disperdere uno snervante antifurto nell’aria circostante.
Qualcuno bussò sul suo finestrino e, voltandosi, riconobbe la persona peggiore a cui avrebbe mai potuto tamponare la macchina: Miranda Bailey.
Aprì lo sportello istintivamente e, nel farlo, urtò la donna che cadde a terra.
«Oddio!» gridò, scendendo in fretta dall’auto e aiutando la collega a rialzarsi «Scusami! Mi dispiace tanto, io ero sovrappensiero e…»
«Speri di cavartela così facilmente?» le chiese Miranda, scoccandole una delle sue peggiori occhiate di sfida.
Arizona chiuse lentamente lo sportello e successivamente la macchina, rivolgendo alla donna dinnanzi a sé un sorriso di circostanza, poi scappò verso il locale senza voltarsi indietro.
Afferrò per le spalle la prima persona che si ritrovò davanti e si rese subito conto di quanto fosse carina e di come la sua pelle fosse morbida sotto la presa delle sue mani.
Rimasero entrambe in silenzio per alcuni secondi, infine Arizona iniziò a parlare: «Ho fatto un vero casino e non so come rimediare, e quindi sono qui perché non sapevo a chi chiedere e mi rendo conto che non ti conosco però - aspetta, perché fai quella faccia? No, non importa, ti prego, ho bisogno di aiuto e- ehi! Guarda che tatuaggio lungo che hai! La tua anima gemella deve avere una super parlanti- oh cazzo.»
La donna che la bionda stava ora fissando nel panico più totale, con il cuore che andava a mille e le labbra che tremavano appena, scoppiò in una fragorosa risata, prima di sussurrare un “okay” e baciarla.
Arizona non riuscì mai a capire se a rendere quel bacio il più bello che avesse mai avuto fosse la donna mora a cui le labbra appartenevano, o la consapevolezza che fosse lei la sua anima gemella.
Non tornò più fuori a fronteggiare Miranda, ma offrì a Callie, così si chiamava quella bellissima donna che sarebbe diventata parte integrante della sua vita, una birra. Parlarono per tutta la sera, cercando di conoscersi meglio e risero molto.
Callie era solare, luminosa e le sue risate erano le più melodiose che Arizona avesse mai sentito, però era anche dolce e sapeva essere seria e riflessiva se la situazione lo richiedeva. E poi era anche molto sexy.
«Allora avevo ragione» disse verso la fine della serata Mark, affiancando le due donne.
«Come?» domandò Callie, aggrottando le sopracciglia senza capire.
«Stamattina, quando ho incontrato Arizona, ho pensato subito fosse lei la tua anima gemella» spiegò l’uomo sorseggiando il suo Maritini «Non faceva altro che blaterare di inciampare e cadere e la prima cosa a cui ho pensato è stata che aveva proprio una parlantina fastidiosa…»
   
 
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